Non passò molto pertanto prima che sul “contenitore” di filmini delle vacanze e registrazioni di karaoke a livelli di oratorio cominciassero a giungere i trailer dei film e dei videogiochi o i video musicali più in voga del momento. A questi fecero seguito i canali specializzati degli “YouTuber”, ossia persone che “dicevano la loro” su vari argomenti, come ad esempio recensendo pellicole o Video Games - ciascuno col suo stile. Considerando che il sito, il quale campa di pubblicità e di “click”, ricompensa economicamente gli autori dei video più cliccati, per qualcuno “condividere” si è trasformato in un vero e proprio lavoro. A questo proposito, vi ricordiamo che poco tempo fa abbiamo pubblicato uno Speciale sull'argomento e sulle novità che stanno investendo l'ambiente.Ma torniamo al mondo delle grandi aziende (non per molto: torneremo a parlare di YouTuber tra poco). abbastanza palese che un'infrastruttura di questo genere rappresenti una vetrina pubblicitaria notevole: oltre ad avere il proprio personale canale dove trasmettere il proprio materiale informativo, le aziende non hanno infatti problemi a realizzare degli short di 15-20 secondi che il sito possa trasmettere, come veri e propri Spot, prima di mostrare il filmato richiesto dall'utente. Sapete tutti come va: cercate un video dei Queen e prima di poterlo vedere vi beccate 20 secondi di dopobarba al sandalo o di un film che magari non andrete mai a vedere al cinema.
Ma come abbiamo detto, l'andare delle cose è che la pubblicità arrivi ovunque. Da che mondo e mondo, sono sempre esistite le testate “schierate”, quelle cioè che riportano le loro notizie con un occhio di riguardo nei confronti di una o l'altra società. Non parliamo ovviamente degli “organi di partito”, preceduti solitamente nel titolo dalla particella “Official” (come OXM o OPM, per intenderci) o che hanno comunque un chiaro riferimento a un prodotto specifico: parliamo proprio di chi parla “indipendentemente” esprimendo però una malcelata preferenza nei confronti di una marca.
Per carità! Ciascuno è libero di avere la sua opinione e di esprimerla, e se effettivamente le sue simpatie vanno in quella direzione non c'è niente di male; la totale imparzialità, inoltre, non è probabilmente di questo mondo: molti sono stati accusati di essere “Sonari” o “Boxari” (par condicio) perché magari un giudizio appariva “all'altra sponda” un po' troppo simpatizzante. Il problema nasce però quando questa “simpatia” è motivata da validissimi argomenti... argomenti economici.Per molto tempo, la cosa è stata solo sospettata: una sorta di ipotesi “complottista” secondo cui le aziende pagavano gli YouTuber più seguiti perché parlassero bene, anche smaccatamente, dei loro prodotti. Senza nessuna prova, intendiamoci: illazioni, sospetti, mezzi pensieri e così via. E sotto sotto la convinzione che alla fin fine è così che va il mondo. Ma niente prove, niente accuse aperte, niente nomi specifici al centro dell'attenzione.
Questo fino al 21 Gennaio, giorno in cui potrebbe essere stato scoperchiato l'iconico “Vaso di Pandora” permettendo la prima fuga di notizie. La pietra dello scandalo è stata un accordo stretto tra Microsoft e il celebre canale Machinima destinato a dare visibilità “positiva” alla nuova console Xbox One. Secondo i termini dell'accordo offerto agli YouTuber, questi avrebbero ricevuto 3$ per ogni 1000 visualizzazioni di un filmato contenente 30 secondi di gameplay della nuova console entro i primi 2 minuti, oltre naturalmente a non dover parlare negativamente nella sua interezza di essa, di Microsoft e di Machinima (ricordiamo che YouTube di suo ricompensa gli autori dei video più cliccati con 1$ ogni 1000 views).
“Scandalo” o “non c'è niente di strano”? Sinceramente non pochi hanno sogghignato alla notizia, pensando frasi del tipo“mi stupisco che vi stupiate”, ma naturalmente la cosa non è così semplice. Laddove esprimere la propria opinione è sempre consentito, parlare bene di qualcosa per riceverne un compenso è invece pubblicità vera e propria, e in quanto tale è regolamentata da leggi precise. A fornire delle linee-guida sull'argomento pensa U.S. Federal Trade Commission, e qui casca l'asino.
Secondo le linee-guide dell'FTC un filmato pubblicitario deve riportare un apposito tag “advertisement”; in secondo luogo, non sarebbero ammissibili ambiguità o contatti “segreti” tra le parti del contratto. Le linee-guida del FTC non hanno di per sé valore legale: si limitano in realtà a fornire una condotta generale e degli esempi di come rispettare le norme vigenti. Ciò non togli che ciò che le norme richiedono è che la sponsorizzazione nei filmati sia “ben chiara e visibile”, un po' come succede qui in Italia in TV quando nell'angolino dell'inquadratura compare la scritta “messaggio promozionale”.
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