Le lancette ed i calendari interattivi del 1996 segnano ancora quell'evento, quel giorno in cui Super Mario 64 approdò sul mercato per ergersi a bandiera d'una console, il Nintendo 64, che per quanto negli anni non abbia raggiunto il primo posto sul mercato, ha senz'altro fatto breccia su più d'una generazione di videogiocatori. Molti considerano il suddetto titolo come il più altisonante fra i capolavori integrali del genio di Shigeru Miyamoto e se quest'ultimo fosse interpellato, non potrebbe certo nascondere l'importanza e la consacrazione che il baffuto idraulico gli diede, e viceversa cui diede, al debutto tridimensionale della saga (peraltro già artefice d'uno scambievole successo a partire dalle primordiali gesta di Jumpman). Si pensi ora al terzo termine, i giocatori, e ad un mondo interattivo in cui il movimento era più una questione di limiti e barriere mascheranti; s'immagini poi la gioia di chi, per la prima volta a contatto col fantomatico joypad-tricorno e levetta analogica, si ritrovava esaltato al compiere piroette e scalare di balzo in balzo pareti, valli, castelli o cime innevate. 'It's a me Mario!' non fu una semplice frase: accompagnò verbalmente la rivoluzione del genere Platform e, espandendo i confini virtuali, dell'esplorazione come noi oggi la conosciamo.
La mappa è utilissima ed il più delle volte localizza la stella o le stelle di turno (nell'immagine quelle argentate).
Le Bob-Omb vanno trascinate nei rispettivi campi cromatici, vieppiù che si procede il ritmo diventerà decisamente incalzante.
Tuttavia l'immediatezza del suo sistema di controllo deve ora pur pattuire con l'assenza dello stick analogico del Ds ed assecondare di rimando le caratteristiche di quest'ultimo. Certamente è evidente che l'originale in quanto a ingegno nei controlli non venga eguagliato dal remake ora in analisi, ma le possibilità offerte dal “Touch Mode” risultano, col dovuto apprendimento, funzionali e fruibili.
La suddetta modalità gravita come intuibile maggiormente intorno allo schermo tattile, con l'ideale supporto del laccetto da posizionare sulla sommità del pollice. Posando la falangetta e il puntatore sullo screen inferiore si dà luogo ad un sistema che sopperisce alla mancanza accennata della levetta simulandola mediante postura e, soprattutto, tramite la velocità del moto virtuale applicato agli alter-ego (modificabile con una delicata e a tratti più sicura pressione). Avendo ritenuto tale sistema il migliore dei tre (uno è quello “Standard” che punta sull'uso delle pulsantiere; l'ultimo è il “Dual Hand”, focalizzato sul pennino) lo descriveremo maggiormente, ricordando che con X e Y si ruota la telecamera (rispettivamente a destra e sinistra) e con B si salta. Mentre A ottempera la funzione del tasto azione, i dorsali, infine, vengono richiamati qualora si voglia accentrare la visuale (L) e quando, durante il salto, si debba praticare la leggendaria schiacciata in posizione seduta (R, usato anche per accucciarsi).
I personaggi possono essere chiamati all'azione o entrando nei “camerini” interni al castello (nell'immagine) o trasformandosi momentaneamente in uno di essi mediante i rispettivi berretti.
Migliorie alla texturizzazione ed al motore poligonale fanno dimenticare presto la mancanza dell'anti-aliasing (sul quale, visto l'ambito portatile, è facile soprassedere).
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