Se state chiedendovi dove l'avete già sentita, smettete di stressare le meningi e affittate il DVD di un vecchio capolavoro di Sergio Leone, “per qualche dollaro in più”, secondo capitolo della famosissima “trilogia del dollaro”.
In ogni caso, Double Agent è un videogioco e la chiave del suo successo di vendite, pur passando necessariamente per una trama godibile e ben strutturata, richiede soprattutto il supporto di un comparto tecnico impeccabile, di un gameplay appassionante e godibile e di una longevità che ne giustifichi l'acquisto a prezzo pieno. Il titolo Ubisoft, come spesso accade ai giochi prodotti e distribuiti dal colosso francese dell'intrattenimento europeo, consegue tutti questi obiettivi. Non in tutti i casi, però, il colpo centra il bersaglio ed è per questo che, nostro malgrado, non possiamo assegnare un voto più alto a SCDA. I problemi, ahimé, si manifestano proprio nell'area grafica, quella dove il gioco, lanciato in contemporanea anche su Xbox 360, pretendeva di fissare nuovi standard del genere. Qualche rallentamento di troppo, infatti, nonostante l'uso del pluricollaudato motore Unreal Engine 2, qui spremuto fino all'inverosimile, ha fatto innervosire pure il nostro Dual Core Intel nuovo di pacca con tanto di scheda 7900GTX. D'accordo che per i PCisti la smanettata d'ottimizzazione dopo aver installato un nuovo titolo è quasi un dovere, ormai, ma senza esagerare. Altrimenti c'è il rischio che la già consistente emorragia di giocatori a favore del mercato console, dove non bisogna fare altro che infilare il DVD e farlo girare, si trasformi da un'onda in tsunami.
Meglio il sonoro, caratterizzato da un'apprezzabile colonna di tracce stile “action movie” opportunamente accordate allo svolgimento del gioco. Di buon livello anche il doppiaggio che perde, ahimé, Luca Ward, sostituito con il pur ottimo Dario Oppido. Il gameplay del titolo, in sostanza, riprende la tradizione dei precedenti con il suo campionario di tecniche di corpo a corpo, acrobazie e gadgets supertecnologici che trasformano Sam Fisher in un vero e proprio superagente multiruolo. Peccato che l'IA dei nemici sembri a volte troppo simile a quella del primo indimenticato capostipite della serie, creando situazioni paradossali, mostrando in altre occasioni, invece, guizzi next-gen in grado di spiazzare lo stealth gamer più smaliziato.
In ogni caso, anche al livello più basso tra i tre disponibili, sarete costretti ad utilizzare spesso il caricamento dell'ultimo salvataggio, il che rende il gioco decisamente sfidante, forse al limite del tedio per i meno pazienti tra noi. Per fortuna la frustrazione è mitigata dalla varietà delle ambientazioni di gioco, degne di un film del miglior 007, che costringono il nostro Sam a spostarsi dall'Africa equatoriale all'abbagliante skyline della Shangai del Terzo Millennio, fino ad una nave da crociera in mezzo all'oceano.
La novità più rilevante, in ogni caso, rimane quella delle due barre della credibilità di Sam nei confronti dell'NSA e del JBA. Azzerare una delle due significa terminare anzi tempo il gioco, visto che la missione del nostro eroe richiede come condizione essenziale che egli sappia bilanciare le azioni in modo da non screditarsi del tutto né nei confronti del suo vecchio datore di lavoro, che a quel punto passerebbe a ritenerlo un traditore, né dei terroristi, rendendo in questo modo impossibile portare a termine il suo compito d'infiltrato. Nulla di nuovo nel comparto multiplayer, invece, peraltro sempre godibile. La sfida è, come il solito, tra le veloci e poco armate Spie e i lenti e micidiali Mercenari. Le prime dovranno tentare di hackerare, anche a distanza, dei terminali protetti dai secondi che vivono al solo scopo di eliminarle. Fino a 6 giocatori per volta potranno affrontarsi sui server dedicati, in coinvolgenti sfide con supporto vocale che aumenteranno la longevità del titolo. Se per Sam, stavolta, sarà davvero dura, Ubisoft può stare tranquilla. Il gioco è ben riuscito e questa caratteristica, assieme all'appeal del franchise ormai pluripremiato, porterà i giusti ritorni in termini di vendite. A questo punto, però, e in vista di un quinto capitolo in merito al quale viene davvero da chiedersi cosa mai d'altro riusciranno ad inventarsi, è d'obbligo fare il punto su qualche difetto di troppo su cui si è voluto per il momento lasciar correre, apportando i correttivi, veramente dovuti ad un pubblico ormai affezionato. Compratelo pure senza riserve, se vi piace il genere, ma state in campana per l'uscita di qualche patch che potrebbe rendere, a voi e al vostro super PC, la vita un po' più facile.
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Capitolo quattro. Ovvero squadra che vince non si cambia. Pronto a replicare ancora una volta il successo dei precedenti episodi, il quarto titolo della serie Splinter Cell debutta sugli scaffali in tempo per l'imminente rush natalizio degli acquisti, ipotecando sin d'ora una quota consistente del budget stanziato per lo shopping videoludico. La principale novità nelle nuove vicende di Sam Fisher, stavolta doppiato dal peraltro ottimo Dario Oppido (che sostituisce Luca “the gladiator” Ward), basta da sola a catalizzare l'interesse degli appassionati. Stavolta, ormai lo sanno anche i sassi, le avventure di Sam avranno inizio (prologo a parte) dal braccio di massima sicurezza di un carcere federale, dal quale dovrà evadere in compagnia di un pericoloso terrorista. Da lì in avanti l'intera campagna ci vedrà protagonisti di una mortale “partita doppia” da giocare in contemporanea sul tavolo dell'NSA e su quello dei radicali di estrema destra, fino ad un finale di cui ci rifiuteremo di rivelare qualcosa anche sotto tortura.



