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Recensione Silent Hill 3

Giuseppe SchirruDi Giuseppe Schirru (4 giugno 2003)
Silent Hill 3 - Immagine 1
In Silent Hill 3 un dato espressivo, è lo scavare nella
dimensione della sofferenza psicologica. Ci sono molti modi di incutere terrore, ma sicuramente questo è uno dei più efficaci: farci assaporare le disgrazie che accadono nella nebbiosa cittadina, filtrate attraverso gli occhi di una sofferente protagonista, troppo debole per riuscire a incutere sicurezza nel giocatore, ma abbastanza caparbia per portare a termine e risolvere ancora una volta il mistero di Silent Hill. E così anche in questo terzo episodio le più grandi paure umane si rinnovano: non tanto mostri e mutanti vari, ma un terrore più intimo, quello a cui questa serie già dal primo capitolo ci ha abituati.

Horror. Anzi, Survival Horror. Una categoria di giochi coniata quasi 7 anni fa in occasione del primo Resident Evil, anche se i più pignoli farebbero risalire come capostipite il primo Alone in the Dark. Un genere che attualmente riscuote un successo enorme, e conta tra le sue fila mostri sacri e campioni d'incassi quali Resident Evil e Silent Hill, di cui recensiremo proprio in questa sede il terzo capitolo. Senza dimenticare poi Project Zero, la buona risposta di Wanadoo. A dover di cronaca, Silent Hill andrebbe inserito in un genere diverso, in quanto le meccaniche di gioco nonché il terrore che riesce a incutere al giocatore sono molto differenti dal capolavoro Capcom, ma l'essenzialità di rimanere vivi per portare a termine l'avventura unita ad un'atmosfera squisitamente horror, non lo sottraggono a questa categorizzazione.
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Silent Hill punta essenzialmente al terrore di tipo psicologico, realizzato tramite le solite convenzioni che la sfera audiovisiva riesce a ricreare: immagini truculente, atmosfera angosciante e da incubo, un sonoro d'eccezione, capace di terrorizzarci con melodie ed effetti azzeccatissimi, al fine di provocare un costante stato di tensione e senso di insicurezza e paura per quel che può accadere girato l'angolo. Quel che colpisce a primo impatto è l'ambientazione: bellissimo il gioco di luci, e la differenziazione tra la cittadina “normale” e quella maledetta, la contrapposizione di toni cupi a squarci improvvisi di luce, e una regia davvero bella e curata: ottime le telecamere, ottimi l'impianto sonoro e davvero grande la trama, lo svolgersi degli avvenimenti e i vari enigmi.

Che le cose si mettono male lo si capisce dai primi istanti, quando anche il giocatore si trova spaesato tra incubo e realtà, catapultato in una situazione di perenne incertezza. Come tutti i precedenti episodi, la trama di questo terzo capitolo è tutt'altro che chiara e lineare. Ci troviamo di fronte a vicende intricate, ingarbugliate, molto cervellotiche, che all'inizio non ci daranno nessun importante riferimento, ma che alla fine si ergeranno quasi a vessillo del gioco. Per ricostruire la storia ed avere un quadro completo, bisognerà giocare a fondo tutta l'avventura, e collezionare man mano tutti gli elementi, come tessere di un mosaico. La trama difatti è uno dei cardini del gioco, e sicuramente una tra le meglio curate e articolate di questo genere.
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