Killzone: Mercenary ci mette nei panni di Arran Danner, un guerriero mercenario che prende parte alla famosa guerra tra ISA e Helghast solo ed esclusivamente come "asso nella manica" del miglior offerente. Danner non segue alcun credo, se ne infischia delle morali e - soprattutto - non si fa scrupoli su niente. Nemmeno a puntare un'arma contro coloro che fino al giorno prima sono stati i suoi alleati. la dura legge di questo peculiare business, ma nessuno sa metterla in pratica meglio di lui. In veste di spin-off, Mercenary non si impegna a dare un proseguio agli eventi già visti su console casalinghe (per quello dovremo aspettare Shadow Fall e PS4), ma ci fa rivivere tutti i punti chiave della battaglia da un punto di vista esterno, maggiormente defilato. La sceneggiatura si snoda quindi attraverso svariati anni, dall'assalto Helghast su Vekta (Killzone 1) alla risposta ISA e al conseguente approdo sul Helgan (Killzone 2), e ci permetterà di vivere in prima persona quei retroscena più oscuri del conflitto che, silenziosamente, hanno contribuito alla vittoria degli alleati.
Senza ombra di dubbio, però, la vicenda di Danner non riesce a risultare appassionante quanto quella principale, complici anche protagonisti e comprimari non sviluppati a dovere o, in casi estremi, completamente da buttare. Non mancano però delle chicche interessanti. Kratek, l'antagonista di turno, è un personaggio tutto sommato interessante sia nel (cinico) carattere quanto nel design, mentre la possibilità di passare per la primissima volta nelle file degli Helghast (per motivi di trama che ovviamente non vogliamo svelarvi) apre un'orizzonte tutto nuovo alla saga. La verità è che Mercenary, pur catapultandoci in un racconto di contorno poco appassionante, riesce sempre e comunque a tenere alto l'interesse del giocatore grazie a continue sequenze altamente coreografiche e trovate di fondo che non finiscono mai di sorprendere. Il problema è che fallisce nello sfruttare a dovere le tante idee innovative e a trasformarle in qualcosa di realmente completo per un solo, semplice motivo: non ha il tempo necessario per farlo. La campagna in singolo è breve. Ma non breve come quella di un Call of Duty o di un Battlefield. Intendiamo proprio spaventosamente breve! Ed è assurdo perchè, parola nostra, è l'unico difetto che abbiamo trovato ad un prodotto curatissimo e potenzialmente perfetto in ogni suo altro aspetto. Credere, dopo 3 ore, di trovarsi di fronte al primo boss del gioco solo per poi assistere a dei titoli di coda che chiamare prematuri è un complimento... ci ha lasciato alquanto perplessi.
Ringraziando il cielo, Killzone: Mercenary è uno di quei titoli che guadagna longevità e divertimento ad un secondo, terzo, quarto o quinto giro. Campagna a parte, che non ha comunque modo di essere salvata, il gameplay si bea di una miriade di compiti secondari che riescono in qualche modo nella disperata impresa di salvare il single-player dalla dannazione totale. Nonostante la base del gioco sia rimasta pressocchè invariata, con controlli pesanti e realistici, atmosfere opprimenti e sparatorie fatte di continue coperture e spazi angusti, tutti i nuovi accorgimenti fatti dai Cambridge Studio riescono nell'obiettivo di rendere il tutto migliore, vario e persino più ragionato. Il level-design ne ha guadagnato in qualità, con ambientazioni stracolme di vie secondarie e scelte tattiche differenti. Non per nulla è stato aggiunto un radar in basso allo schermo, altra novità per la serie, grazie al quale potremo studiare le ronde nemiche per così sorprenderle alle spalle.
12