Dunque, ci siamo fatti un'idea di quello che Darkspore ha da offrire, e il quadro che ne emerge è quello di un prodotto sicuramente competitivo e appetibile per chiunque di hack'n slash ci vive... eppure, cos'è che ci impedisce di lasciarci andare con l'entusiasmo ed elogiare per questo gioco un risultato degno delle alte ambizioni che si preponeva? Il problema della produzione targata Electronic Arts è uno, ma è grande: si tratta del carisma, o meglio, della mancanza di esso. Abbiamo parlato della trama deboluccia, e di come, in ogni caso, il genere sia potuto prosperare anche senza standard narrativi a cinque stelle; ecco, è il momento di fare una precisazione a questo punto fondamentale: i titoli che sono riusciti a imporsi hanno saputo compensare con altri fattori di coinvolgimento, Darkspore al contrario è arenato in ogni suo aspetto in questo limbo, fatto di una personalità che fatica ad emergere ed esprimersi in tutto il proprio potenziale, col risultato di lasciare chi sta davanti al monitor con ben pochi per considerare questo titolo come un'opera dotata di un'anima piuttosto che una semplice sommatoria di elementi di gameplay.
Abbiamo a disposizione un centinaio di PG giocabili? Il tentativo di imporli come "personaggi" non funziona a pieno, rendendo gli Eroi poco più che semplici fantocci senz'anima, fondamentali per le meccaniche di gioco ma senza nulla da dire al di là della ristretta -e non modificabile gamma di abilità a disposizione (una passiva, due azionabili e una in condivisione col resto del team, tutto qui).
Il raffinato editor? L'eccitazione di poter modificare le fattezze dei nostri guerrieri geneticamente modificati svanisce presto, dopodiché resta solamente l'operazione meccanica di equipaggiare di volta in volta i potenziamenti migliori per mantenere il livello della squadra all'altezza della missione successiva. Peraltro, anche gli oggetti in cui ci imbatteremo sembrano caduti vittima di un "gioco all'accumulo" fin troppo fine a se stesso; sono troppo rari i gadget capaci di solleticare il gusto per l'"oggetto unico" che vada oltre l'incremento di qualche numeretto nelle statistiche di base.
La struttura stessa delle diverse quest? La presenza di obiettivi secondari e di un relativo sistema di ricompense sembrerebbero spezzare la linearità della prevedibile impostazione "vai dal punto A al punto B, sconfiggi il boss e preparati per il prossimo round", ma la loro scarna varietà esaurisce in poco tempo l'effetto sperato, e paradossalmente, arriva ad amplificare la sensazione di monotonia.
Anche la veste grafica finisce per dare il suo contributo a questa galleria di occasioni mal sfruttate: è vero che l'engine utilizzato mette in mostra doti di tutto rispetto tra modelli poligonali egregiamente realizzati e grandi numeri di elementi gestiti in tempo reale con performance ineccepibili, ma è proprio l'appeal di ambientazioni e personaggi a funzionare a corrente alternata, prima di vedere finalmente degli scenari veramente evocativi, avremo modo di stufarci con gli interessi degli "sfondi spaliali standard" di cui le prime fasi di gioco sono abbondanti.
Tutte tasselli, questi, che come detto non sono altro che parte di un unico diifetto, che purtroppo, non può certo essere sottovalutato, men che meno se pensiamo al fattore longevità tarato decisamente verso l'alto, un fattore che dovrebbe imporre qualunque cosa possa minacciare di appiattire l'esperienza di gioco come il primissimo rischio da scongiurare.
Dunque, può bastare un buon DNA per fare un ottimo gioco? Purtroppo Maxis ci ha fornito una risposta negativa. Sia chiaro, Darkspore non è certo un brutto gioco o qualcosa di cestinabile senza tanti complimenti, ma al di là di una discreta new entry per amanti di questo genere e giocatori dalla vocazione cooperativa, resta una mole "stellare" di potenziale lasciato intravedere e mai più chiamato in causa., che lascia il rammarico per il grande gioco che sarebbe potuto venirne fuori. Ma per quello, la sola genetica non è evidentemente sufficiente, ci vuole anche un'anima.
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Darkspore è un hack'n slash più che discreto, ma sarebbe potuto (e dovuto) essere ben altro. Maxis ha messo sul piatto ottimi presupposti e buone idee, ma non è riuscita a conferire sufficiente personalità nel suo ultimo prodotto, che deve accontentarsi di essere "uno dei tanti" senza lasciare il segno come tutte le potenzialità del caso avrebbero potuto ambire. Un gioco, questo, consigliabile senza troppe riserve solamente agli amanti più incalliti del genere, e in generale un'occasione purtroppo mancata...



