Come giustamente notato in un altro thread, opportunamente disertato da chi di diritto non se ne intende e sta già brindando per niente, la sentenza della Cassazione non prende in esame le modifiche legislative apportate dal decreto Urbani, ma la versione dell'art. 171-ter vigente all'epoca dei fatti di causa, precedenti al 2004. E l'articolo è gravemente inesatto laddove, nel paragrafo «L'attuale previsione normativa», cita una versione della normativa stessa che tutto è tranne che attuale!!!
Attualmente, infatti, checché se ne dica nell'articolo di PI, l'art. 171-ter, comma 2, l. n. 633/41 prevede, tra l'altro, che:
«E' punito con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da cinque a trenta milioni di lire chiunque:
a) riproduce, duplica, trasmette o diffonde abusivamente, vende o pone altrimenti in commercio, cede a qualsiasi titolo o importa abusivamente oltre cinquanta copie o esemplari di opere tutelate dal diritto d'autore e da diritti connessi».
Vero è che il P2P è contemplato espressamente ai soli fini di lucro dall'art. 171-ter, comma 2 lett. a-bis), della stessa legge, laddove si prevede che sia punito, con la stessa pena, chiunque, «in violazione dell'articolo 16, a fini di lucro, comunica al pubblico immettendola in un sistema di reti telematiche, mediante connessioni di qualsiasi genere, un'opera dell'ingegno protetta dal diritto d'autore, o parte di essa», ma altrettanto vero è che:
a) la disposizione si riferisce esclusivamente a chi immette l'opera nel circuito del P2P, ossia a chi la rende disponibile per il download per la prima volta;
b)la magistratura contesta all'utente comune, nei casi di scambio a mezzo P2P in cui non sussista scopo di lucro, la disposizione, sopra citata, di cui all'art. 171-ter, comma 2 lett. a), giacché essa prevede la diffusione o la cessione a qualsiasi titolo di opere protette dal diritto d'autore ed è innegabile che, attraverso il P2P, si realizzino, appunto, diffusione o cessione.
Insomma, come diceva Shakespeare, qui, colleghi utenti, si sta facendo molto rumore per nulla, anche se in verità stuzzicati da un titolo che è del tutto sensazionalistico, supportato da un articolo che riporta dati legislativi inesatti o mal commentati, e quindi facilmente genera equivoci.
Potete trovare la sentenza della Cassazione, per esteso, su
www.penale.it, all'indirizzo
http://www.penale.it/page.asp?mode=1&IDPag=403 , ove potrete leggere, se ancora aveste dubbi, che la Suprema Corte si è chiaramente riferita addirittura al contesto normativo anteriore al 2000 (e quindi a quel contesto normativo ben precedente al 2004).