Determinato a vincere, Chilled atterrò sul pianeta Saiya e si fece condurre alla presenza di Vegeta il Fortunato. Lo sfidò; Vegeta, irriverente, lo derise per il titolo di Re con il quale si era presentato. «Perfetto, straniero… se tu sei il Re dell’universo, oggi io diventerò il tuo Re!» Lo scontro fisico fu accanito: era la prima volta che Chilled aveva a che fare con un nemico in grado non solo di resistere ad un corpo a corpo con lui, ma anche da metterlo alle corde. Quando fu chiaro che si trovava in condizioni di inferiorità, Chilled si sentì indotto a giocare la sua carta vincente. Risuonavano nella sua mente le parole del possente genitore Frost: “Ricordati, figlio mio! Noi non saremo mai sconfitti… in caso di bisogno, possiamo trasformarci e raggiungere una potenza che travalica ogni limite conosciuto!”. La trasformazione era la chiave per sbloccare un potere maggiore, ma i figli di Frost non avevano mai avuto bisogno di farvi ricorso. Fu Chilled a sfoderare il suo vero aspetto che, per quanto più minuto e meno corazzato, era enormemente superiore al leader dei Saiyan. Vegeta, mosso da uno spontaneo spirito di miglioramento, poiché non aveva mai seguito forme di addestramento, imparò da Chilled – solo guardandolo ed imitandolo - il potere dell’emissione di energia interiore: ciò rese lo scontro ancora più intenso e complesso. Vari colpi lanciati agli alberi devastarono il paesaggio del pianeta, il che infastidì gradualmente, e non poco, il Saiyan – il quale era un animale attaccato al suo territorio; ma la goccia che fece traboccare il vaso furono alcuni attacchi energetici con cui, vigliaccamente, il figlio di Frost pose fine all’esistenza di alcuni fratelli di Vegeta che assistevano alla battaglia. Fu un attimo: il Fortunato si illuminò del colore dell’oro e divenne un Super Saiyan, fenomeno mai verificatosi prima d’allora nella storia dei Saiyan. Fu mirabile, subito dopo, assistere al biondo combattente che, in preda ad una sorta di possessione soprannaturale, raccolse nelle mani la propria energia interiore e, distendendo le braccia in avanti, urlò: “GARRICK CANNON!”
Subìto il colpo, Chilled fu costretto ad arrendersi. Il Super Saiyan, perso interesse verso un avversario indebolito e malconcio, ne ebbe compassione, schernendolo: «Così racconterai alla tua discendenza cos’è la sconfitta subita sulla tua pelle!»; subito dopo, i Saiyan attaccarono e trucidarono per ripicca una moltitudine di soldati giunti al seguito del Re spaziale, intimando loro di tenersi alla larga dalla loro patria. Chilled, gravemente ferito, pieno di fratture ed emorragie interne, tornò a casa col supporto di uno sparuto drappello di uomini; sembra che le ultime parole con cui si congedò dal pianeta invaso siano state: «Dovranno passare mille anni prima che i figli di Frost subiscano una nuova sconfitta.» La metafora voleva sottendere un monito per i posteri; ma con l’andar dei secoli, fu interpretata come una profezia e si tinse di colori leggendari. Certo è che, in quelle condizioni pietose, il figlio di Frost patì un’agonia breve prima di passare a miglior vita.
Da allora, l’atteggiamento della gente di Vegeta cambiò: dopo la vittoria epocale contro quel nemico che, con tutto il suo esercito, si era proclamato l’essere più potente dell’universo, i Saiyan acquisirono la consa-pevolezza di essere guardati dagli altri popoli dell’universo come un baluardo inespugnabile, un unicum, qualcosa di coeso ed irripetibile. Furono queste le origini del famoso orgoglio guerriero Saiyan, della co-scienza collettiva di un popolo che sapeva di essere una potenza invincibile.
Già tempo prima della batosta, Chilled aveva messo su famiglia… la dinastia reale non si sarebbe estinta, e la sconfitta fu una lezione abbastanza sonora, visto che suo figlio Blizzard non si avvicinò a Saiya per molto tempo. Tuttavia non trascurò mai di monitorare gli eventi del popolo guerriero; aspettò la morte naturale del Fortunato per ripresentarsi sul pianeta dei Saiyan, nel frattempo ribattezzato Vegeta in onore del suo più glorioso combattente: quello stesso nome sarebbe stato trasmesso ai discendenti del capobranco, che nei secoli a venire si sarebbero fregiati del titolo di Re dei Saiyan. Presentatosi al popolo di Vegeta, ormai privi di un guerriero all’altezza del Fortunato in grado di competere con Blizzard, pervennero ad un accordo di non belligeranza, che col tempo divenne un trattato di collaborazione: fu così che, nei secoli che seguirono, le mani dei figli di Frost si allungarono e si strinsero sempre di più sul pianeta Vegeta, finché anche i Saiyan ne caddero schiavi. La strategia era: domare e civilizzare i Saiyan, addestrarli e sfruttarne la forza - superiore rispetto alle altre razze dello spazio – per una politica di conquista; infine, incanalare la loro aggressività per distruggere pianeti e decimare i popoli deboli, con i quali non poteva esistere competizione né crescita. Ciò comportò che il livello medio dei Saiyan si andò abbassando, perché gli scimmioni non trascorrevano giornate intere a lottare fra loro per crescere. Se un individuo lotta con un suo simile, c’è competizione, c’è potenziamento, c’è desiderio di sopraffazione… ma tra un uomo e una colonia di formiche, per quanto queste possano essere fameliche, non ci sarà mai competizione, e colui che le stermini in massa non può uscirne potenziato. In tal modo, la famiglia più potente della galassia era riuscita a impedire la crescita collettiva dei Saiyan, a “tenerli a bada”. Ogni tanto, qualche fortunello riusciva a sforare abbondantemente la media… nulla di irreparabile, perché nel frattempo anche i discendenti di Chilled, generazione dopo generazione, avevano amplificato le proprie capacità: in una cucciolata di fratelli, era sempre il più forte – non necessariamente il primogenito - a succedere al padre, rafforzando dunque il potere della Corona, che poggiava le proprie fondamenta sulla forza di chi la deteneva. Ciononostante, nessuno della dinastia, né il popolo dei Saiyan dimenticò mai la “leggenda” del Super Saiyan e le parole di Chilled agonizzante. Re dopo Re, venne l’epoca di Re Cold. Si approssimava il compimento del millennio dalla tragedia subita da Chilled: il giovane Freezer, figlio minore e più potente del Re, da qualche anno aveva ricevuto la reggenza di vari pianeti, fra cui la patata bollente rappresentata dal pianeta Vegeta, da cui sarebbe potuto scaturire l’inizio della fine. Era giunta l’ora di distruggere il pianeta Vegeta, prima che da esso crescesse e si sviluppasse un nuovo Super Saiyan. Cooler, piuttosto scettico sulla veridicità della leggenda, diede inizio alle sue ricerche: non gli interessava nulla di quel pianeta; si chiedeva però da dove derivasse questa arcana paura che si era trasmessa nella sua famiglia generazione dopo generazione. Freezer, capricciosamente, non volle temporeggiare oltre: avendo accesso al calendario degli arrivi e delle partenze da e per il pianeta Vegeta, scelse un giorno in cui il pianeta era densamente popolato per trasformare il mondo dei Saiyan in una spettacolare pioggia di fuochi d’artificio felicemente tragici. Mise in giro la voce che si fosse trattato di un meteorite; al contempo, mandò in giro squadre scelte composte da guerrieri potenti per completare il lavoro, uccidendo tutti i Saiyan che in quel periodo erano in missione. Perché avesse scelto di risparmiare la vita al Principe Vegeta e, con lui, al suo subordinato Nappa, restò un mistero per Cooler; Freezer sapeva che i due, essendo già molto forti, si sarebbero adagiati sugli allori, senza sentire il bisogno di migliorarsi per primeggiare, specialmente perché il tiranno non mancava di far sentire viva la sua sorveglianza. Inoltre, si trascurò di uccidere un debole Saiyan d’infimo livello, Radish, perché non giudicato pericoloso. In definitiva, Cooler bollò l’operazione come mediocremente eseguita, perché erano stati lasciati in vita troppi superstiti; peraltro, sfuggì all’attenzione di tutti l’esistenza di un neonato, che sarebbe divenuto noto come Son Goku.
Dopo aver ascoltato la sintesi di questo racconto, Vegeta aveva davanti ai suoi occhi un filo rosso che niti-damente collegava il passato della sua razza al presente suo e a quello di Kakaroth. «Quindi la tecnologia sottratta ai popoli sterminati, e quelle che chiamavate missioni e collaborazioni erano solo un modo per assicurarsi che noi Saiyan non superassimo mai una soglia di sicurezza… per controllarci e limitarci.»
«Esatto.» rispose Cooler. I suoi occhi traboccavano di sadico compiacimento al pensiero che i suoi antenati avessero tenuto sotto scacco un intero popolo guerriero con la paura e con l’astuzia.
Vegeta digrignava i denti: gli ribolliva il sangue nelle vene. Solo qualche anno prima aveva dovuto dichiarare guerra aperta al detestato datore di lavoro per sentire nascere forte l’esigenza di migliorarsi al punto da eliminarlo dalla galassia; ma, più ancora, era stato necessario incontrare Kakaroth e subire da lui una batosta più che sonora, perché si risvegliasse in Vegeta l’istinto di competizione. Per una serie fortuita di circostanze, in Vegeta si era verificata quella rottura dell’equilibrio al ribasso che gli antenati di Freezer e Cooler avevano instaurato nella razza Saiyan.
Se il Principe non avesse incontrato il guerriero di infimo livello, se la sua vita non avesse preso la piega che invece aveva preso, difficilmente il suo livello di combattimento avrebbe superato quello che ora gli appariva come un “misero” 18.000, ma di cui un tempo era andato molto fiero. Se ora era un Super Saiyan, in parte lo doveva anche all’indiretta sollecitazione ricevuta da parte di colui che gli aveva dimostrato che “anche un fallito potrebbe superare un nobile, se si impegna...”