Nel tardo pomeriggio, chiusero la palestra. Poi, i cinque – vale a dire i due maestri e le tre allieve – si divisero: Yamcha, Kaya e Ganja si diressero da una parte, lasciando che Crilin e Soya andassero nella direzione opposta.
Dopo aver girato qualche angolo, Ganja si fermò di colpo, inducendo gli altri due a seguirne l'esempio.
«Beh? Perché ti sei fermata?» domandò Yamcha, dubbioso.
«Mi è venuta un'ideona!»
«Sentiamo la tua grande ideona...» rispose Yamcha, alzando gli occhi al cielo.
«L'aperitivo... ormai è l'ora adatta!»
«Gyeah!» fu l'urlo di approvazione di Kaya. «It's time for a drink!»
«Immagino che non siate prive di esperienza in materia di alcolici... ad ogni modo, la mia risposta è no!» sentenziò il giovane con le cicatrici, cercando di mantenere un'espressione severa. «Vostra sorella vi ha affidato a me, e io intendo mantenere la mia promessa di portarvi a casa e di fare in modo che ci restiate!»
Kaya, simulando due occhioni scherzosamente ed affettatamente dolci, ribatté: «Maaaaa... Soya non ha mica detto che non possiamo fare una sosta intermedia al bar! Vuole solo che ce ne andiamo a casa, e ci arriveremo... ma dopo il bar!»
«Voi due siete tutte sceme... muoviamoci, dai!» tagliò corto il ragazzo. Purtroppo le sue due interlocutrici non erano tipe da portare eccessivo rispetto ad un maestro non troppo più anziano di loro, e Yamcha non era il tipo da ispirare a due ragazze quel tipo di deferenza.
«Eddai, socio! Che ti costa portarci una volta tanto al bar e offrirci da bere?»
«Cosa?!?» esclamò Yamcha, che cominciava a non poter trattenersi dalle risate. «Quindi dovrei pure pagare io per voi??»
«Beh logico...!» replicò prontamente Ganja, con l'indice da maestrina sentenziosa puntato in avanti. «Innanzitutto devi essere un cavaliere e un signore... e poi con tutti i soldi che ti paghiamo noi e gli altri iscritti, puoi anche permetterti di pagare un drinketto a due dame!»
«Certo! In effetti una che rinfaccia al suo cavaliere tutti i soldi che lui guadagna grazie al suo onesto lavoro, è una gran dama... raffinata, soprattutto...» rimbeccò lui con i pugni sui fianchi.
A questo punto Kaya intervenne e disse: «Ok, dai, ormai diamo per scontato che l'invito è accettato! Muoviamoci ad andare a 'sto bar, altrimenti facciamo tardi! Ricordati che devi anche accompagnarci a casa...», a cui fece eco Ganja: «Esatto, quindi prima finiremo il drink e meglio sarà per te, maestro e cavaliere Yamcha!» e detto ciò, le due sorelle lo afferrarono una per un braccio e una per l'altro, stringendolo calorosamente e quasi strattonandolo, sicché lo costrinsero ad andare avanti. Lui era in leggero imbarazzo, con gli occhi puntati al cielo.
Trovarono uno dei tanti bar del centro città; da alcuni minuti, i lampioni pubblici erano stati accesi. Il trio si sedette ad uno dei tavolinetti esterni: era una serata mite. Passò un cameriere a raccogliere le ordinazioni.
«Ora ti mostro se so essere raffinata o meno» disse Ganja rivolgendosi a Yamcha. «Brav'uomo!» iniziò lei con voce artefatta, mimando con la mano destra il gesto di un aristocratico che si aggiusta il monocolo. «Io e i signori qui presenti desidereremmo dei calici di prosecco che abbia alcune primavere alle spalle, cortesemente.»
«Ma il monocolo è da uomo, stupida! Le nobildonne hanno il ventaglio! Lascia fare a me.» ribatté Kaya. «Buon uomo, voglia perdonare l'atteggiamento maldestro di mia sorella e annoti fra le nostre consumazioni anche qualche tipologia di leccornia d'accompagnamento, se v'aggrada.» a quel “se v'aggrada”, la sorella e il maestro esplosero in una fragorosa risata.
Al cameriere sbigottito, Yamcha, sopprimendo le risate, disse: «Porti tre bicchieri di prosecco e un po' di salatini e patatine, via... lasci perdere queste due buffone.» Nell'arco di qualche minuto, l'ordinazione fu soddisfatta e bicchieri e ciotole arrivarono sul tavolo; nell'arco di qualche altro minuto, i bicchieri erano già vuoti, segno del fatto che le nostre due dame non sanno proprio cosa sia il bere con contegno; a ulteriore conferma di ciò, ordinarono un secondo giro di drink. Del resto si sa: ordinare e mandare giù sono due operazioni molto agili e semplici, che si sbrigano con una sveltezza disarmante… quando è qualcun altro a pagare. Yamcha era ormai pronto ad alzarsi e a portare via di peso le sue due compari, ma loro tanto insistettero che lui – come il povero imbecille che si rendeva conto di essere - si ritrovò a vedersi messo in conto un terzo giro, stavolta di whisky, senza nemmeno capire come si era arrivati a quel punto. «Alla salute dei due zietti e del nonnetto della Tartaruga!!» brindarono rumorosamente le due adolescenti, ciascuna con due occhietti lucidi lucidi e un sorriso svanito e sinistro dipinto sul volto. Evidentemente reggevano ben poco l'alcol, visto che era bastato così poco per farle diventare più che brille. Yamcha, ormai spazientito, ancora seduto a tavolino, chiese: «Perfetto, siete contente, ora che avete bevuto a sazietà? O volete svuotarmi ancora il portafogli?» Senza alcun preavviso, le due ragazze si alzarono dai loro posti e poggiarono i loro sederini ognuna su una coscia di Yamcha, che non capì dove volessero andare a parare.
«Abbiamo bevuto... ma ora abbiamo fame...» disse Ganja, stampandogli un bacio sulla guancia.
«E-eh?» balbettò il giovane. «M-ma che...»
«Non ti agitare... sono solo due coccole...» aggiunse con tono seducente Kaya, nonostante le uscisse una vocina un po' rauca, lasciandogli le due coccole rispettivamente sulla guancia e sul collo; Yamcha, che non era brillo ma sicuramente aveva i riflessi un po' allentati - visto che, da bravo atleta responsabile, non era un gran bevitore – mugolò: «Le coccole mi piacciono, ragazze... però qui davanti a tutti... non mi sembra il posto adatto...» Stava perdendo il controllo della situazione, la cui temperatura saliva vergognosamente.
«Kaya... mangiare va bene, ma se continui così per me non ne resterà niente... lasciamene un po'...» disse Ganja, mentre gli accarezzava i capelli e il bicipite. Il bello era che tutta la clientela che stava intorno a loro non si interessava completamente di quella mischia vivente di effusioni! Ma disgraziatamente, come nel più banale, prevedibile e stereotipato dei film a sfondo sentimentale, in quell'esatto momento, puntuale come un cavaliere dell'Apocalisse, ecco arrivare – attratta da quello spettacolino pseudo-scandaloso – la persona meno indicata, la peggiore che poteva passare in quel momento: Bulma. La donna, riconoscendo immediatamente il giovane che stava al centro di quel groviglio di coccole, si diresse a passo di carica verso il bar. In meno di due secondi i suoi occhi si arrossarono e si riempirono di lacrime calde ed amare: quella scena fu la proverbiale goccia che faceva traboccare un vaso ormai da tempo ricolmo di amarezze e dall'esasperazione di una storia ormai lacera dal dispiacere. È vero che molta di quella sofferenza interiore, Bulma se la era coltivata da sola nella propria mente; ma è vero anche che Yamcha obiettivamente non era stato senza colpe, alimentando il senso di abbandono della sua fidanzata, mese dopo mese ed anno dopo anno; per finire, la sua condotta degli ultimi mesi non aveva fatto che rendere precaria una situazione a cui mancava solo il colpo di grazia.
«Allora è così! Dal guardare culi e tette sei passato a...» e qui non sapeva trovare parole per continuare; ma proseguì indignata, digrignando i denti, col palmo della mano puntato in modo accusatorio verso quei tre, che gli occhi della gelosia le mostravano così strettamente avvinghiati, anche se ad uno sguardo meno coinvolto sentimentalmente sarebbero sembrate delle ingenue effusioni da sbronza. «...A questo!!» strillò alla fine la ragazza. «Bravissimo, davvero bravissimo! Trovati un'altra cretina da prendere in giro, signor Yamcha... tanto vedo che ne hai già due, di cretine!» Infine, la sua voce si spezzò per il pianto: «Con me hai chiuso per sempre! Io e te non siamo più niente... addio!» e scappò via, seminando per strada le proprie lacrime, prima ancora che il suo ormai ex fidanzato potesse anche solo iniziare a controbattere o alzarsi in piedi.