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  1. #401
    Senior Member L'avatar di Majin Broly
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    PUNTO DI VISTA

    Lo odiava.
    Dalla prima volta in cui lei gli aveva posato i suoi dolci occhi azzurri addosso, non aveva fatto altro che odiarlo.
    Era arrivato in classe con quell’aria da cretino, i capelli scompigliati, l’emblema del nerd inutile, eppure lei l’aveva subito invitato a sedersi al suo fianco.
    Come se lui non esistesse.
    Da quanto tempo la conosceva? Da quanto cercava un qualunque pretesto per stare con lei, per dimostrarle di essere l’uomo giusto? Non si era forse allenato fino allo sfinimento, pur di essere perfetto per lei? A cosa serviva quel suo corpo così allenato, se non per convincerla che nessuno sulla terra era degno della sua incredibile bellezza?
    Eppure lei, in quegli anni, sembrava non averlo mai notato.
    Poi era arrivato lui. Un singolo giorno di scuola, e già lei gli si era appiccicata, al punto di chiedergli di portarla a casa. Quante volte lui le aveva offerto un passaggio, solo per sentirsi dire che non doveva disturbarsi per lei? Quello aveva rifiutato, meraviglioso imbecille, ma era stato solo l’inizio. Appena qualche settimana di calma, ed eccoli lì a confabulare tra i banchi, lei a sorridere, lui rosso in viso. Pensavano forse che lui fosse idiota, che non li vedesse?
    Iniziava a pensare che in qualche modo lei godesse nel farlo soffrire, nel vederlo morirle dietro mentre avverava il suo sogno alla persona sbagliata, all’ultimo arrivato.
    << Allora ti aspetto sotto casa mia! Non essere timido, forza, dovrai pur imparare come si tratta una ragazza! >>
    Li aveva seguiti, quel pomeriggio. Lei lo trascinava per negozi, lui imbambolato come un idiota. Non aveva la minima idea di come trattarla, di come lei meritasse di essere guardata, o toccata.
    Li osservò mangiare un gelato, ridere di cose che non poteva udire. Stavano forse ridendo di lui?
    Alla fine la riaccompagnò a casa, lei lo baciò su di una guancia, entrò in casa, e lui se ne andò ancora rosso come un peperone.
    Quanto era possibile soffrire oltre il punto cui era arrivato?
    Solo immaginarla fra le sue braccia gli straziava l’anima. Con che faccia l’avrebbe salutata in classe il giorno dopo? Come avrebbe potuto sopportare di vederli passeggiare assieme per i corridoi della scuola? Era distrutto, ma ormai poteva solo tornare a casa e sperare che il domani fosse anche solo un po’ meno doloroso del presente.

    Probabilmente, se c’era un dio, lo odiava. Che lei ormai si facesse beffe di lui e di ciò che provava non lo meravigliava, ma non riusciva davvero a sopportare che persino la sua migliore amica fosse coinvolta in tutto questo.
    << Allora, cosa hai intenzione di fare? >>
    << Non lo so, è da parecchio che ci penso, ma non so neppure se gli interesso davvero. >>
    << Da te questo non me lo sarei aspettato, da quando fai la scolaretta timida? >>
    << Con lui è diverso, sento che potrebbe essere la persona giusta, ma al punto in cui siamo rischierei di rovinare tutto. >>
    << Bah, secondo me … >>
    Non poteva ascoltare oltre. Le aveva viste confabulare oltre l’angolo del corridoio, e si era fermato ad ascoltare, ma ne aveva abbastanza. Non solo lei era completamente andata per lui, ma quello osava persino fare il difficile. Non riusciva neppure a capire se voleva abbracciarlo o spaccargli la faccia.
    << Ah! Ciao, non sapevo fossi qui! >>
    Dannato idiota. Si era perso nei propri pensieri e non l’aveva sentita arrivare. Sollevò lo sguardo, ancora carico di rabbia, e la guardò in faccia. Perché doveva essere così assurdamente bella, con il volto incorniciato da soffici capelli color oro e gli occhi simili ad un cielo estivo? Forse sarebbe stato tutto più facile, se lei non fosse stata tutto ciò che aveva sempre sognato nella vita. Vederla così non faceva altro che alimentare la sua furia.
    << Ho fretta, non ho tempo per te. >>
    La superò, e si morse il labbro inferiore non appena fu alle sue spalle. Non era giusto né umano soffrire così.

    Li vide confabulare e ridere ancora nei giorni seguenti. Ormai andare a scuola non era altro che una tortura. Lei non gli si staccava mai di dosso, sempre lì a parlottare, mentre l’altro assumeva sfumature dal rosso al viola.
    Alla fine, una mattina si finse malato, per ricaricare un po’ le batterie. Dopo quel giorno nel corridoio, lei non gli aveva più rivolto la parola, e lui non era stato più capace di dirle nulla. Non averla accanto e saperla con lui era due fatti che, sommati insieme, aveva superato la sua soglia di sopportazione. Che si fossero messi pure a pomiciare in classe quella mattina. Lui non li avrebbe visti, e non avrebbe sofferto.
    Erano circa le sei di sera quando sua madre lo cacciò a forza fuori di casa per “far uscire un po’ di aria tetra dalle mura domestiche”. Non aveva chiamato nessuno, e si era semplicemente diretto in centro senza alcuna idea in mente. Era quasi riuscito a rilassarsi, quando venne bruscamente riportato alla realtà. Poteva davvero essere così sfortunato?
    Non erano a più di venti metri da lui. Lui la cingeva fra le braccia, visibilmente imbarazzato in mezzo alla gente, lei era di spalle, e aveva il volto affondato nel suo petto.
    Serrò istintivamente i pugni, fino a non sentire più la punta delle dita, mentre il suo volto si tramutava in una maschera di rabbia. Voleva colpirlo, fargli del male, staccarlo da lei, qualunque cosa pur di far cessare l’orribile sensazione da cui era pervaso. Mosse un passo nella loro direzione, quando quello alzò lo sguardo e lo vide.
    I loro occhi si incrociarono per un breve istante. Sembrava sorpreso di vederlo lì, ma la sua espressione mutò nel giro di un secondo, quasi avesse percepito le sue intenzioni.
    Il suo sguardo divenne truce, gli occhi si assottigliarono. Abbasso per un momento lo sguardo sulla ragazza stretta al suo petto, poi tornò a fissarlo negli occhi.
    Era terrorizzato.
    Invece di continuare ad avanzare, iniziò senza alcun controllo a camminare all’indietro, con gli occhi fissi sull’altro, quasi si stesse allontanando da una belva feroce. Pochi passi, poi si voltò ed iniziò a correre. Non si rese neppure conto di essere arrivato alla porta di casa quando riuscì a fermarsi.
    Perché? Perché aveva avuto così tanta paura di quella nullità? Mai aveva provato un terrore simile in tutta la sua vita. Il suo corpo era ancora sconvolto dalla rabbia provata poco prima, ora sommata alla stanchezza e alla paura. Si chinò e vomitò sul prato a fianco.
    Non era mai stato più furioso. Era in collera con lei per la sua stupidità, con lui per avergli tolto l’amore della sua vita ed infine con se stesso per quella reazione assurda.
    Qualcuno doveva pagare.

    Uno stupido compito in classe. Fissò per più di un’ora il foglio senza avere la minima idea o voglia di scrivere. Da quasi un mese ormai la scuola per lui non era altro che un luogo dove versare bile. Neppure si sarebbe accorto del segnale di consegna e dell’uscita del professore, se lei non si fosse alzata di scatto ad inseguirlo, rovesciando il contenuto dello zaino un po’ ovunque.
    << Prof, aspetti, la prego! Ho qui il compito, ho finito! >>
    Uscì di corsa dall’aula all’inseguimento. Nella bolgia che si era lasciata alle spalle, lui non poté fare a meno di notare la piccola busta bianca con sopra disegnato un ridicolo cuore rosa. La raccolse mentre tutti erano ancora intenti a discutere delle risposte date e degli errori fatti. Uscì dall’aula con aria indifferente e si diresse verso i bagni.
    Aprì piano la busta ed estrasse il contenuto, un foglio bianco con poche righe scritte a mano.
    “Stasera avrò lezioni aggiuntive fino alle venti. Se mi attenderai, ci sono tante cose di cui vorrei parlarti. Quando siamo insieme non riesco a comunicarti ciò che provo davvero, ma oggi mi farò forza, sperando che anche tu voglia ciò che voglio io. Un bacio.”
    La lesse due volte, poi la fece in mille pezzi a la gettò nel water. Dunque aveva deciso, aveva scelto quell’insulso ragazzino come compagno, e voleva aprirgli del tutto il suo cuore quella stessa sera.
    Come poteva aver ignorato così i suoi sentimenti?
    Stava per gettare anche la busta, quando prese la decisione. Uscì dal bagno e afferrò la prima matricola con uno zaino che gli passò davanti. Fu sufficiente scuoterlo un po’ per farsi dare un foglio e una penna. Subito si mise a scrivere, poi ricacciò il foglio nella busta e tornò in classe. L’intervallo non era ancora concluso, dunque fu facile gettare la busta tra le cose che lei non aveva ancora raccolto. Non vide o sentì nulla nelle due ore che lo separavano dal termine della giornata scolastica. Solo un pensiero continuava a martellare la sua mente.
    Non sarebbe mai stata sua.

  2. #402
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    << Dimmi la verit&#224;, c’&#232; lo zampino di Iresa in tutto questo. >>
    Videl lo fissava di sottecchi, intenta a rigirare il cucchiaino nel gelato.
    << La mia gelateria preferita, gli abiti, i discorsi. Senza contare il trascurabile dettaglio che quella pettegola non poteva certo trattenersi dal dirmi che le avevi chiesto di darti una mano per essere, come &#232; che le hai detto … un “fidanzato decentemente umano”.
    Gohan si limit&#242; ad abbassare la testa ed arrossire. Iresa nelle ultime settimane non aveva fatto altro che prenderlo in giro per i suoi modi e la sua ingenuit&#224;. Quella ragazza sembrava frivola, ma si era dimostrata incredibilmente gentile nell’aiutarlo a capire come prendere Videl sul lato sentimentale, laddove sucuramente non avrebbe mai potuto chiedere a suo padre di allenarlo. Certo, avrebbe voluto che sembrasse tutta farina del suo sacco, ma Videl pareva essersi divertita per tutto il pomeriggio, quindi anche se la bionda aveva vuotato subito il sacco non era un problema.
    << Mi chiedo come se la stia cavando stasera. >>
    Il saiyan alz&#242; lo sguardo sulla sua compagna, incuriosito.
    << Perch&#233;, cosa doveva fare? >>
    << Oh, ancora la questione con Sharpner. Gli va dietro da una vita e quel cretino ancora non se n’&#232; accorto. Negli ultimi tempi era molto gi&#249; perch&#233; lui le sembrava sempre pi&#249; freddo e distaccato, dovresti averlo notato persino tu. >>
    Gohan ricordava ancora il pomeriggio in cui Iresa era scoppiata a piangere farfugliando qualcosa sul loro compagno di classe biondo, abbracciandolo in mezzo alla gente. Non aveva afferrato il succo del problema, ma Sharpner le aveva fatto qualcosa che l’aveva ferita profondamente. Si era sentito tremendamente in imbarazzo in quel momento, ma la percezione di un intento violento di fronte a lui l’aveva distratto dalla ragazza che gli stava appiccicata. A non pi&#249; di venti metri il biondo stava avanzando con aria furiosa. Qualunque cosa stesse succedendo, quello aveva prima fatto piangere la sua amica, ed ora si presentava come una minaccia. Gohan aveva tolto per un istante la maschera da liceale, mostrando a Sharpner il volto del guerriero saiyan. Esseri ben pi&#249; potenti di lui sarebbero quanto meno indietreggianti di fronte a quello sguardo, e il ragazzo non aveva disatteso le aspettative. Prima che Iresa si fosse anche solo resa conto che qualcosa non andava, quello era gi&#224; sparito.
    << Beh, ci sei? Sembri perso nei ricordi. >>
    << S&#236;, s&#236;, stavo solo riflettendo sulla cosa. Che doveva fare oggi? >>
    << Beh, le ho detto che mi aveva stufato con questa storia, quindi ha deciso di lasciare un biglietto a Sharpner per incontrarlo stasera, dopo le sue lezioni supplementari. Mi auguro che quei due la finiscano di stressarmi con questa storia, ho gi&#224; i miei problemi col mio ragazzo mezzo alieno. >>
    Videl sorrise, e lui sorrise di rimando.

    << Sharp … >>
    Il sangue scorreva in maniera incontrollata dalla ferita nel ventre, laddove era entrata la lama. La ragazza aspettava sotto un albero nel buio cortile della scuola, quando lui era arrivato.
    Non le aveva dato il tempo di dire nulla. Lei aveva sorriso, e lui l’aveva pugnalata allo stomaco. Aveva alzato lo sguardo, incontrando il suo, cercando di dire il suo nome.
    Era morta prima ancora di finire.
    Sharpner adagi&#242; il corpo sotto l’albero e lo mise nel sacco che si era portato. Gett&#242; molta acqua nel punto in cui il sangue aveva formato una piccola pozza, fino a che l’erba non fu pulita al punto da non destare sospetti. Mentre portava il corpo verso l’auto, non pot&#233; fare a meno di pensare quanto fosse leggero.
    Lo mise nel bagagliaio e guid&#242; fino al parco poco fuori citt&#224;. A quell’ora, coma si aspettava, era completamente deserto.
    Port&#242; il sacco sotto la grande e vecchia quercia alla quale aveva pensato quella mattina. Estrasse il corpo di Iresa e lo appoggi&#242; al tronco, badando bene di sporcare di sangue il prato attorno a lei. Nessuno doveva pensare che non fosse morta l&#236;.
    Guard&#242; l’orologio. Non doveva mancare pi&#249; di un quarto d’ora all’arrivo di Gohan. Ora doveva solo allontanarsi e chiamare la polizia al momento giusto.
    Apr&#236; lo zaino per nascondere la busta di plastica con gli abiti sporchi di sangue, quando un oggetto attrasse la sua attenzione.
    Non doveva essere l&#236;. Doveva essere nella borsa di Gohan, o nel suo armadietto.
    Afferr&#242; la piccola busta da lettere nel suo zaino e l’apr&#236;.
    “Caro Gohan, sento il bisogno di parlarti di noi due. Ti aspetter&#242; stasera, nove e trenta, al parco all’uscita ovest della citt&#224;, sotto la grande quercia. Saremo tranquilli. Baci.”
    Per quanto avesse camuffato bene la propria calligrafia, per quanto sapesse scrivere come Iresa sin dalle elementari, quando la metteva nei guai con biglietti di insulti alle maestre, quelle parole erano le sue, il biglietto che aveva scritto a Gohan.
    Non sarebbe mai arrivato. Iresa non aveva mai voluto rivelare a quel ragazzino i suoi sentimenti, n&#233; si sentiva impacciata di fronte a lui.
    Si volt&#242; verso il corpo della ragazza che aveva amato e cadde in ginocchio.
    Sharpner non sapeva nulla di resurrezioni, di magia o di aldil&#224;. Come ad ogni altro umano, gli era stato persino negato il ricordo di essere morto. Ai suoi occhi, ci&#242; che aveva fatto non aveva espiazione, n&#233; soluzione. Afferr&#242; il coltello e se lo piant&#242; nel petto.

    Re Enma non ebbe la minima esitazione. Invi&#242; l’anima di quel ragazzo immediatamente alla purificazione, senza alcuna attesa all’Inferno. Sapeva bene cosa sarebbe accaduto di l&#236; a poco, ed era compito suo fare in modo che le anime tormentate ricevessero il giusto riposo. Son Gohan avrebbe presto chiesto a quell’assurdo drago sulla Terra di riportare indietro le due povere anime che si erano presentate a lui nell’ultima ora. La ragazza, ora in Paradiso, sarebbe tornata in vita, ma non avrebbe permesso che tale destino toccasse anche a quello Sharpner.
    Esisteva un motivo ben preciso per cui le anime dannate venivano purificate e reincarnate.
    Per i malvagi era una seconda occasione, l’opportunit&#224; di fare ammenda per i propri peccati, ma per gli altri, per coloro che non erano corrotti nello spirito, era la sola protezione da una sofferenza senza fine.
    Come poteva lasciare che quel ragazzo finisse in Paradiso memore del suo tragico e folle errore, o peggio, che tornasse in vita solo per dover guardare negli occhi la ragazza che aveva sempre amato, leggendo in essi il disgusto per il suo assassino.
    Quello era il vero Inferno.
    Quando il Drago reclam&#242; l’anima della ragazza, Enma, come sempre negli ultimi decenni, gli concesse di portarla via con s&#233;, ma Sharpner se ne era gi&#224; andato.
    Da qualche parte nell’universo era appena nato un infante, un bambino che non sarebbe mai stato costretto a rimpiangere un tragico errore.
    Enma conged&#242; il drago, chiedendosi quando quegli umani avrebbero di nuovo compreso il reale valore della morte, poi guard&#242; di fronte a s&#233;.
    Come sempre, infinite anime attendevano il suo giudizio.


    Spoiler:
    La storia di fatto &#232; un trabocchetto, dato che la coppia che si mette insieme, sviluppa la propria storia e poi viene separata di fatto esiste solo nella testa di Sharpner. Di contorno abbiamo altre due relazioni, stavolta reali, una che nasce, quella tra Gohan e Videl, e l'altra che termina prima ancora di poter iniziare, ovvero quella tra Iresa e Sharpner. Non so se sono uscito dal seminato, ma la storia ad un certo punto si &#232; evoluta da s&#233;. Infine mi &#232; uscita automatica una rilfessione su come la morte in dragonball sia un nulla per i protagonisti, ma resti invece un concetto perfettamente umano per tutti coloro che non sono nella cerchia di Goku. Non so, il lavoro di per s&#233; mi piace o mi fa schifo a seconda dei momenti in cui lo leggo, dunque sono curioso di sapere come appare.

  3. #403
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    Piccolo post con prefazioni varie
    Spoiler:
    la storia è il seguito del film TDK Rises, nel caso non l'abbiate visto consiglio di evitare la lettura. Prima dell'uscita di TDK fecero un anime che raccontava cosa accadeva dopo Begins, per quanto riguarda la provenienza anime/manga sono apposto quindi. La storia è incentrata su Harley Quinn, già narrata nella serie animata, ma nel mio caso completamente riarrangiata ed adattata alla continuity dei film di Nolan. Ho tentato di riflettere il tema principale di Rises su Joker, ci tengo a dirlo, nel caso vi possa sembrare reso male

  4. #404
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    The Kissing Joke


    Nella cella 237 di Arkham, un uomo stava per tornare a sorridere. Non aveva un’identit&#224;, n&#233; un posto al di fuori di quelle mura, ma solo un sorriso spento da tempo. All’apparenza un orribile sfregio, in verit&#224; la sua faccia, il suo simbolo. Divertita espressione che gli occhi nudi non sapevano materializzare, e che necessitava della semplice pittura bianca, rossa e nera per apparire in tutta la sua bellezza. Erano 8 anni che quel sorriso non si era pi&#249; manifestato, da quando era stato appeso a testa in gi&#249; sulla cima del Previtt Bulding ad assistere alla distruzione di Batman. Aveva vinto, non importava pi&#249; quello che sarebbe successo a Gotham, ora che il Cavaliere Oscuro era stato infranto. Gli stessi 8 anni in cui era sparito nel nulla con la nomina di infame, lasciando Gotham senza Batman, e Batman senza Joker. Poteva tornare a sorridere, entrare nella testa malata di qualche paziente e procurarsi una via d’uscita, ma perch&#233; ritornare a giocare senza il suo compagni di giochi preferito, che cos&#236; maldestramente tentava di apparire normale od addirittura eroico mentre vestito da pipistrello andava a caccia di criminali nella notte? No, Batman era diventato ci&#242; che rifiutava di ammettere dal primo momento in cui era apparso nei cieli di Gotham: era diventato un discriminato, un incompreso che sprecava la sua vita per quelle persone che senza indugi lo avevano ripudiato al primo problema. E quando finalmente era diventato un emarginato come Joker, qualcosa di giusto era accaduto a Gotham. Ma qualcos’altro stava cambiando. Era sulla bocca di tutti e a meno che non fossero dei bugiardi, Batman era tornato. Le voci per&#242; erano pi&#249; articolate di quanto sembrasse, e l’ombra di un uomo con la maschera stava oscurando Gotham. Era riuscito a bloccare la citt&#224; con un ordigno atomico. Arkham era stata graziata trovandosi al di fuori della morsa terrena di Gotham. Come se non bastasse, Arkham era passata in mano a forze militari politiche degli Stati Uniti appena iniziata l’invasione. E questo, l’uomo chiamato Bane, non era riuscito calcolarlo. O forse non faceva parte dei suoi piani, pens&#242; il prigioniero 237. Un’onda d’urto lo spinse contro uno dei materassi facendolo scivolare in ginocchio. La rivolta era iniziata, lo sapeva, e non da quel momento, ma da quando Batman la sera prima aveva fatto brillare il Gotham Bridge con un gigantesco pipistrello fiammeggiante. Quell’esplosione veniva da altro, per&#242;. La porta gli si apr&#236; quasi in faccia, rivelando Zsasz. Ai tempi di Falcone faceva il tirapiedi, anche se ad ogni vittima si faceva un segno sul corpo, usando quello stesso coltello che tanto amava. Non un folle, ma di sicuro un maniaco di quelli adatti a riempire le troppo poche celle di Arkham.
    <<Presto>> gli taglio le maniche della camicia di forza <<&#232; il momento di tornare a fare baldoria.>>
    <<Da dove proveniva quell’onda d’urto?>>
    <<E’ stato Batman, ha preso la bomba e l’ha portata via dalla citt&#224;. Andiamo!>>
    Un pensiero inizi&#242; a crescere dentro 237, mentre percorrevano le varie sale. I detenuti stavano conquistando ogni angolo. Mesi di pianificazione, e di certo non &#232; facile coi pazzi, ma ce l’avevano fatta. Tutto come calcolato. Se l’uomo con la maschera aveva fallito, allora Gotham era pronta per il ritorno del Joker. Un poliziotto era legato per terra, con la fronte sanguinante, 237 lo riconobbe. Edward Nigma, tutto il contrario di quello che dovrebbe essere un agente. Gli piaceva mettere alla prova, presentare indovinelli e testare l’intelligenza altrui per il solo scopo di far risaltare la propria. Se questi venivano risolti, un lieve tic gli attraversava il viso, seguito dal suo dire su come fossero semplici. Ne era ossessionato. Una volta disse che era un inventore e che aveva dedicato tutta la vita ad un progetto studiato per macchinare le onde sonore e creare una mappa virtuale. Aveva il progetto ma non i fondi, cos&#236; present&#242; la cosa a Lucius Fox, della Wayne Enterprises, ma questi gli disse che era un qualcosa che andava contro la legge e contro i cittadini, dandogli letteralmente buca. Ecco quindi spiegato il motivo per cui lavorava dentro quel sudiciume. In pochi odiano la Wayne Enterprises come il signor Nigma. Arrivato nella sala grande, 237 prese un coltello e si gett&#242; nella mischia. I soldati erano letteralmente divorati da quella massa di pazzi e maniaci, per questo non gli fu difficile arrivare alle spalle di uno e tranciargli il collo. Dopo un’ora era tutto finito. 237 sal&#236; sopra un tavolo, mentre i detenuti festeggiavano. Il prossimo passo era aizzare quel gruppo di animali e liberarli prima a Narrows, poi a Gotham. Stava per ricominciare tutto, finalmente. Un sorriso gli si stava inarcando, quando qualcosa lo ferm&#242; prima del tempo.
    <<Batman &#232; morto!>> diverse voci, tra cui Zsasz.
    237 scese e gli and&#242; in contro <<Che cosa hai detto?>>
    <<La bomba l’ha ucciso. Tutta Gotham &#232; in subbuglio, hanno ripreso il controllo e Batman si &#232; fatto saltare in aria lontano miglia dalla costa. Quello stupido idiota &#232; solo cenere!>> sorridendo in tutta la sua eccitazione. Tutta Arkham url&#242; di vittoria, pi&#249; di quanto avesse fatto durante la conquista da parte dei pazzi.
    Non c’era una sensazione definita per spiegare cosa 237 sentiva dentro di s&#233;. Se aveva vissuto sempre sul momento, forse per la prima volta prov&#242; uno spasmo di lucidit&#224;, e negli istanti in cui la sua faccia si perse nel vuoto, qualcosa dentro di lui si infranse. In un solo scatto, infil&#242; il coltello tra le budella di Zsasz, che lo fiss&#242; atterrito. Lo fece ancora, ancora ed ancora, dove un’espressione mostruosa sul suo volto cresceva di colpo in colpo, ed Arkham gioiva e festeggiava nei confronti della scomparsa di quello che invece era un loro fratello, ora perduto per sempre in mezzo all’atomo.

    <<Dottoressa Harleen Quinzel.>>
    <<E perch&#233; sarebbe venuta qui ad Arkham?>>
    <<Studio del paziente 237, anche se mi risulta che da un anno a questa parte lo teniate sempre in isolamento.>>
    <<Se lei avesse visto quello che ha fatto durante la rivolta, capirebbe. Come ha fatto a convincere il signor Arkham ad attuare questa buffonata?>>
    <<Il gentile Jeremiah Arkham ha concordato con me sul come sia necessario avere uno studio approfondito di un manipolatore come 237. Non vogliamo che i pazienti fuggiti sotto il suo piano rechino ulteriori danni a Narrows o, peggio ancora, a Gotham.>>
    <<Quei pazienti non daranno fastidio. Invece di fuggire da Arkham, fuggivano dal Clown. E anche lontano, spero per loro. >>
    <<Quello che lei spera conta poco in questa vicenda Agente Nigma. E’ lo stato che ha bisogno di questo provvedimento. Non che 237 sia l’unico del resto. Ho una lista di persone che passano dal vestirsi come spaventapasseri al ritenersi membri illuminati di chiss&#224; quale setta.>>
    <<Il profilo psicologico del Clown &#232; stato gi&#224; fatto anni fa dal dottor Strange, non mi prenda in giro. Oggi si pu&#242; anche far fare una gita scolastica alla Wayne Tower senza che ci sia bisogno di qualsiasi autorizzazione, figuriamoci procurarsi un permesso per questa farsa. Ma non mi riguarda.>> fece come una risata isterica <<Se vuole divertirsi con un pagliaccio dalla mente semplice, faccia pure.>> aprendole la porta.
    Aveva il viso pallido e delle lievi ombreggiature negli occhi. Il rossetto nero risaltava con i capelli biondi lasciati liberi sulle spalle. Vestita di un completo nero, aveva un passo elegante e si dimostrava una giovane ragazza da poco uscita dagli studi. La stanza era spartana, con due porte, un tavolo con un paio di sedie, i classici vetri e delle telecamere rotte, come ogni apparecchio elettronico ad Arkham da quando era scoppiata la rivolta. Gotham era risorta, ma distrutta. Molti criminali erano ancora liberi ed era richiesto un’enorme sforzo da parte di tutti i cittadini, di Gotham e Narrow, affinch&#233; si potesse ricostruire tutto. Il direttore di Arkham propose di mandare guardie e pazienti affinch&#233; aiutassero Gotham, lasciando l’edificio praticamente deserto, con poche guardie ed i soggetti pi&#249; malati o pericolosi. 237 stava seduto, incatenato, senza degnare di uno sguardo Harleen. Lei non si scompose, sedendosi e spargendo sul tavolo i suoi fascicoli. Conclusa l’operazione, Harleen si mise a guardarlo direttamente in faccia, con un’espressione soddisfatta sul viso. Lui continu&#242; a fissare il punto invisibile sulle sue mani appoggiate sul tavolo. Harleen prese uno dei suoi fascicoli e lo sfogli&#242;, iniziando a leggere:
    “Studio del paziente 237 ad opera di Hugo Strange. Nome criminale riconosciuto come Joker. Il paziente non ha origini definite, senza dati digitali o familiari. E’ un associale, un discriminato che si isola da ogni forma sociale, finch&#233; non ne ha bisogno per i suoi scopi. Le cicatrici non permettono un raffronto definito sul fatto che siano o meno state applicate dal paziente stesso. Per quanto riguarda gli attacchi terroristi, molti dati portano alla semplice contrapposizione con il criminale Batman. Non si sa se ci sia un legame tra i due, ma l’ossessione di Joker nei suoi confronti &#232; stato tale da far pensare ad una complicit&#224; durante gli avvenimenti che hanno portato alla drammatica morte di Harvey Dent. Il paziente si dimostra poco aperto ad una qualsiasi forma di vita sociale e non, rivelando un carattere debole, infantile ed arrabbiato, alla stregua dell’odio adolescenziale, nei suoi goffi tentativi di portare caos e distruzione seguendo un’idea distopica.”
    237 fece un lieve sorriso, continuando a guardarsi le mani.
    Ultima modifica di Dargil; 26-09-2012 alle 18:41

  5. #405
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    <<Questa era solo l’introduzione. Hugo Strange ha letteralmente distrutto personaggi come lei e Batman.>>
    <<Hugo Strange &#232; un povero fallito che straborda gelosia da tutti i pori. Venne qui per studiarmi, durando a malapena 20 minuti nelle ore concesse. Rimase atterrito quando si accorse che tutto quello che aveva pianificato non andava per il verso giusto. Se l’era preparato proprio per bene il suo discorso, e quando era troppo tardi, fugg&#236; come un cane. Oh ma lui lo sapeva, di sembrare un cane, rendendo il tutto ancora pi&#249; divertente.>> alzando gli occhi <<Che cosa vuole, dottoressa->>
    <<Quinzel. In questo istante non ci sta guardando nessuno, n&#233; ci stanno sentendo.>>
    <<Si?>>
    <<Nove anni fa c’era un uomo, Bryan Darrins. Lavorava nei cantieri, aveva la passione per l’hockey ed una famiglia composta dalla moglie e la figlia piccola. Si faceva vedere di rado dai suoi familiari, e le poche volte che accadeva era ubriaco, picchiandole entrambe. Le odiava, dicendole cose terribili. Un giorno apparve Batman e questo lo colp&#236; molto, facendo nascere da qualche parte nella sua testa l’idea di imitarlo. Lasci&#242; il lavoro, ma non avevamo abbastanza soldi per permetterci le sue armi, cos&#236; io smisi di andare a scuola, e mia madre fu costretta a dargli tutti i suoi risparmi, mai che non potesse bere. Poco tempo dopo venne trovato impiccato di fronte all’ufficio del Sindaco, ad opera di un certo Joker che ne aveva filmato gli ultimi istanti.>>
    Cadde il silenzio. Poi 237 scoppi&#242; a ridere, quasi come se la sbeffeggiasse.
    <<Vuole dirmi che ha fatto tutta questa strada soltanto per un ringraziamento? Molto divertente.>>
    Harleen apparve leggermente a disagio <<Non si tratta di averlo semplicemente ucciso.>>
    <<Ah no? Che cosa allora?>>
    <<Se anche si vestiva da Batman, rimaneva comunque un porco ingrato. Fu allora che capii che quello che agli occhi di tutti &#232; un eroe, agli occhi di chi gli sta vicino si dimostra come &#232; realmente. Il simbolo &#232; solo una stupida copertura per nascondere ogni tipo di uomo>> avvicinando il viso a quello di 237 e abbassando la voce <<compresi quelli come te.>>
    <<Come prego?>> sorpreso e divertito. Una donna spuntata dal nulla gli raccontava il proprio passato. Proprio a lui, terrorista maniaco che aveva fatto impazzire Gotham. Il mondo era strano. <<Pensavo che fosse grata.>>
    Ritorn&#242; a sedersi normalmente <<Lo sono, di molto anche. L’unico rimpianto &#232; non averlo potuto uccidere con le mie mani.>>
    237 assunse un’espressione divertita <<Sai, quando ho tagliato la gola a tuo padre, implorava di lasciarlo vivere>>
    <<Mai pensato il contrario>>
    <<Ma non &#232; finita qui. Diceva di avere una moglie ed una figlia e che dipendevano da lui, che nel profondo le voleva rivedere almeno un’ultima volta. Vedendola ora dottoressa, forse avrei dovuto lasciarlo vivere>> lanciando un’altra risata.
    Harleen not&#242; che senza pittura il suo viso diventava qualcosa di informe<<Inutile che continui con questo atteggiamento. Io ti capisco, devi solo lasciarmi entrare nel tuo mondo.>>
    237 divent&#242; serio <<No, non &#232; vero. Sei una ragazzina che si vanta della sua vendetta, ma non l’ha assaporata. Se fossi messa di fronte alla possibilit&#224; di uccidere una persona, mentre piange e geme di fronte a te, saresti esattamente come tutta quella brava gente fuori da questo posto, con troppa paura di fare il passo pi&#249; facile.>>
    <<Ti sbagli>> appoggiando le sue mani su quelle di 237 <<e presto lo capirai. Questa citt&#224; ha bisogno di una persona come te. Chi ti d&#224; del criminale ti reca soltanto offesa. Ed un simbolo come te ha bisogno di qualcuno capace di comprenderlo al suo fianco.>>
    <<Questa citt&#224; non ha bisogno di nessuno. Batman &#232; morto.>>
    <<Potresti rimanere sorpreso.>> togliendo le mani dalle sue ed alzandosi. 237 a quell’affermazione fu come scosso.
    <<Ritrova il sorriso, Joker, perch&#233; la prossima settimana avrai molto di cui essere contento. Te lo prometto.>> andandosene.
    237 la vide sparire. Non credeva ancora a quello che era successo. Una psicopatica che si spacciava per medico era riuscita a parlargli, facendogli come una dichiarazione d'amore. Non sapeva se ridere o essere perplesso. Rimase dubbioso, fissandosi la faccia riflessa sullo specchio di fronte. Abbass&#242; la testa di nuovo sulle mani. Questa volta c’era qualcosa. Una carta. Un Jolly ghignante con un bacio nero stampato sopra.

    <<Batman &#232; tornato.>>
    <<Bugiarda.>>
    <<Dico per davvero. Quel suo segnale nella notte &#232; tornato a brillare. Ma non si tratta solo di quello. Ci sono diversi avvistamenti che parlano di un individuo molto simile, praticamente uguale, che sta dando la caccia ai criminali sparsi per Gotham e Narrows. Voci provenienti da alcuni detective, parlano di criminali su criminali svenuti nei pressi del distretto di polizia.>>
    237 pens&#242; si trattasse di un altro individuo, ma cosa poteva saperne lui dell’effettiva morte di Batman, quando aveva passato tutto il tempo rinchiuso l&#236; dentro? Era un’idea che gli girava in testa da un po’ di tempo quando, mesi prima, l’agente Nigma affermava che se anche era uno stolto, Batman non era completamente stupido. In qualche modo in possesso di fondi illimitati, pilotare una tale creatura senza le dovute precauzioni sarebbe stato troppo stupido. Ne teorizz&#242; anche l’identit&#224;, trovando dei legami con un cittadino molto famoso a Gotham. In quell’occasione 237 lo ignor&#242;. Batman era Batman, non doveva avere altre identit&#224;, cos&#236; come Joker. Quinzel gli stava di nuovo di fronte e continuava a parlare di questa storia, cosa che creava una certa sensazione dentro 237. Tutta la settimana era stata turbolenta, lasciandolo dubbioso e pieno di pensieri a fronte di quell’ultima affermazione della donna. Bisognava metterla alla prova e vedere quanto era realmente stupida.
    <<Harleen Quinzel, che nome buffo. L’altra volta mi hai definito un simbolo che aveva bisogno di qualcuno al suo fianco, si? E perch&#233; credi di poter essere tu?>>
    Harleen, stranamente leggiadra rispetto all’ultima volta, disse <<Te l’ho detto, io posso capirti e tu puoi condividere con me i tuoi segreti.>>
    <<Una presunzione non nasce dal nulla. Perch&#233; hai cambiato il tuo nome proprio in Harleen Quinzel?>>
    Fu come se fosse a disagio, mentre le guance pallide arrossirono lievemente.
    <<C’erano delle notti in cui mio padre tornava a casa pi&#249; ubriaco del solito. Rientrava a notte fonda e spalancava la porta di camera mia con violenza, svegliandomi>> guard&#242; in basso e strinse le braccia tra le gambe, o almeno cos&#236; sembr&#242; a 237 <<Avevo un pupazzo, Arlecchino. Era mio, nessuno me lo aveva regalato, l’avevo trovato da sola, nella discarica. In quei momenti lo stringevo sempre forte, il suo sorriso mi scaldava. Non era un sorriso falso, come quello che assume la maggior parte della gente. Era qualcosa di crudele, spontaneo e dritto dal cuore. Mi dava sicurezza e soprattutto la certezza che un giorno ci sarebbe stata giustizia. Quel giorno fu Joker a farlo.>>
    237 stava capendo. Non c’era una logica in quella storia, nemmeno la stupida scusa della vendetta. C’era una ragazzina che vedeva in lui i suoi sogni avverarsi. Pensava di averci instillato un rapporto unico da quando lui stesso aveva ucciso il padre aguzzino. La ragazza si stava smontando come un giocattolo mal costruito, lo si vedeva da come cadeva in imbarazzo ad ogni suo sguardo. Era pazza di lui. E forse pazza di per s&#233;.
    <<Oh, vedo che sei tesa. Parlare di tuo padre ha rievocato in te dei ricordi, non &#232; cos&#236;?>>
    Il volto di Harleen si fece scuro <<Si.>>
    <<Ma non si tratta solo di ricordi. Riaffiorano anche le sensazioni di quei momenti. L’odio, il rancore, la paura e soprattutto, la voglia di vendicarti, si?>>
    <<Si.>>
    <<E questa voglia pu&#242; essere sfogata. Vedi, basta solo l’iniziativa, e tu mi dai l’idea di saperla prendere per davvero. Ti va di fare uno scherzo?>> assumendo un sorriso arlecchinesco.
    Harleen alz&#242; lo sguardo, rideva
    <<S&#236;.>>

    La guardia entr&#242; come previsto. Non era Nigma, occupato a riempire il suo giorno libero, ma un cittadino comune che viveva in uno scantinato con quel poco che si guadagnava come guardia ad Arkham. Meglio fare la guardia a quel museo piuttosto che perdersi tra le rovine della ricostruzione di Gotham. Il problema per&#242;, era che bastava qualsiasi persona per far parte del malvagio scherzo capitanato da 237. Appena entrato, Harleen lo colp&#236; sulla nuca, facendolo svenire. Nei confusi istanti di dormiveglia, si ritrov&#242; incatenato sulla sedia al posto dello sfregiato, con la bocca imbavagliata. Bavaglio inutile. Erano a malapena 10 le guardie presenti nel complesso, la sicurezza era ai minimi storici. Ma questo non importava. Lo sfregiato gli stava di fronte, osservandolo attentamente mentre inclinava la testa con quel suo modo di fare. La guardia fu inizialmente sorpresa di notare che la dottoressa aveva in mano il suo manganello. Nessun attimo di speranza gli pass&#242; per la testa, nemmeno l’idea che la donna usasse l’arma contro il detenuto. Era lei il carnefice e lui, l’agente, la vittima. La donna pareva agitata, non era chiaro se eccitata o in qualche modo spaventata. Nel suo dubbio, l’agente la implor&#242; con lo sguardo, ma questo la fece apparentemente arrabbiare. Lo sfregiato la guardava e le diceva che poteva farcela, che non era assolutamente difficile fare ci&#242; che avrebbe dovuto fare da sempre, appoggiandole una mano sulla spalla. Colta da una specie di furia, inizi&#242; a colpirlo di violenza sullo stomaco, per poi passare alla testa. Ad ogni colpo il mondo dell’agente diventava sempre pi&#249; buio. Ironicamente, riusc&#236; a contare quanti gliene diede, 9, prima di sentire la propria testa letteralmente alleggerirsi. L’ultima scena che vide fu la donna in lacrime che saltava sul petto dello sfregiato, mentre il cervello gli colava lentamente dal naso.
    Ultima modifica di Dargil; 26-09-2012 alle 18:59

  6. #406
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    Narrows era spenta, illuminata soltanto dai residui delle stelle non coperte dallo smog. Alcuni raggi lunari filtravano attraverso un’immensa nuvola ad est, anche se illuminavano per lo pi&#249; Gotham. Harleen era seduta al limite del tetto, il vestito da ballo nero e sporco in pi&#249; punti di un sangue rosso vivido. Si sentiva libera e soddisfatta, dopo l’omicidio di 10 persone, quella notte. Ad ognuna di essa, ad ogni viso sofferente, ad ogni gemito finale, sentiva i pensieri alleggerirsi, quasi scomparire, lasciando spazio al divertimento pi&#249; assoluto. Il suo amato aveva assistito ad ogni omicidio senza dire niente, escludendo il primo agente. Lei poteva notare una crescente soddisfazione nel suo viso, come se approvasse volta per volta le sue azioni. Questo la faceva impazzire di gioia. Erano andati a recuperare i rimasugli del Joker di 9 anni prima, mentre il trucco lo aveva portato direttamente lei. Ora 237 stava tornando a diventare ci&#242; di cui Gotham aveva bisogno, dopo tanto tempo. Era poco pi&#249; dietro di lei. Joker si volt&#242;. Sembrava davvero un’eternit&#224; dall’ultima volta in cui si era messo a ridere, ma ora stava succedendo. Tra quelle poche luci a Gotham, una pi&#249; di tutte attirava la sua attenzione. Quel segnale… era vero allora ci&#242; che la ragazza diceva. Questo gli fece venire una voglia matta di scoppiare a ridere, roba da torcersi le budella. And&#242; verso la ragazza seduta, senza farsi sentire, ed avvicin&#242; le mani sul suo collo. Per un istante rimase fermo, conscio di poterla afferrare e stritolarla sul momento. Invece le alz&#242;, ed appoggi&#242; le dita sulle sue labbra, tracciando delle scie con i rimasugli del trucco rosso avanzati sulle mani. Lei non si mosse, aspett&#242; che finisse. Quando si gir&#242; Joker disse
    <<Il sorriso ti dona.>>
    Lei sorrise mostrando i denti bianchi ed inarcando ancora di pi&#249; il segno rosso che copriva le guance e le labbra, che mantenevano comunque il rossetto nero. Guardandolo in faccia, si accorse si un piccolo taglio sotto l’occhio destro, ormai diventato cicatrice. Joker se ne accorse.
    <<L’ultimo regalo di Batman. Cos&#236; ingrato. Gli stavo raccontando una storia.>>
    <<E’ per lui che hai ucciso tutti quei detenuti, un anno fa, ho ragione?>>
    Joker ricord&#242; quell’avvenimento. Era perfettamente lucido, ma impazzito. Aveva ucciso chiunque gli capitasse tra i piedi, facendo fuggire terrorizzati gli altri prigionieri.
    <<Loro erano un branco di stolti. Anche se si tratta del tuo peggior nemico, c’&#232; bisogno comunque di rispetto.>>
    <<Perch&#233; eri ossessionato da Batman?>>
    “Non puoi capire”, pens&#242; Joker
    <<Perch&#233; stava diventando un ipocrita, piccola Harley. Se riesci a riassumere un’epoca intera in una sola persona, allora otterrai qualcosa di simile a Batman. Lui credeva di essere la parte nascosta, quella giusta ed eroica che Gotham, o qualunque altra citt&#224; fosse, contenesse sotto la maschera di paura e corruzione. Ho dimostrato che era lui ad essere la maschera, che la vera Gotham &#232; fatta di persone come me, nel loro piccolo. Gli ideali, quelli che tentava di proteggere spacciandoli per suoi, quelli erano solo uno stupido scherzo.>>
    Harley si alz&#242; andandoci faccia a faccia. Joker pens&#242; che bastava una spinta, una sola piccola spinta per farla precipitare gi&#249;.
    <<Eppure non riesci a togliertelo dalla testa. Cos’ha di cos&#236; speciale da fartelo entrare in ogni tuo pensiero? Perch&#233; pensi ancora a lui ora che ci sono io?>> avvicinandosi cos&#236; tanto da far toccare i corpi.
    <<Be’, forse concorderai con me. Non pensi anche tu che lui sia troppo divertente?>> scoppiando in una risata compiaciuta. Ma Harley lo interruppe con due dita sulle labbra. Inizi&#242; a percorrergli le cicatrici, prima a destra e poi a sinistra, tracciando tutti i rilievi. Poi lentamente avvicin&#242; il viso al suo, arrivando poco a poco ad appoggiare le labbra alle sue.
    <<Ed ecco che il cerchio si chiude>> disse Joker prima che lei potesse baciarlo. Lui la spinse dolcemente di lato e si gir&#242; a destra
    <<Vero, Batman?>>
    Harley non se ne era accorta. Una figura scura che risaltava a malapena tra le ombre. Ad un certo punto ne usc&#236;. Joker aveva il volto soddisfatto. Quando i pochi raggi di luna riuscirono a superare le putride nuvole di Narrows, l’individuo era finalmente rivelato. Indossava un cappuccio, protesi del lungo mantello nero che aveva alle spalle. L’armatura era molto simile a quella che Joker ricordava, ma apparentemente pi&#249; leggera, con le braccia scoperte nella zona del gomito.
    Joker alz&#242; le braccia <<Ti sono mancato?>>
    La figura gli si avvent&#242; in contro. Joker negli anni aveva perso la forma, ma non la capacit&#224; di improvvisare. Prese Harley e la gett&#242; incontro a Batman. Lui la scost&#242; velocemente, ma non tanto quanto la velocit&#224; con cui Joker raccolse un tubo di ferro ed estrasse uno dei suoi coltelli. Us&#242; il tubo e lo colp&#236; nel basso ventre, facendo partire un contrattacco da parte di Batman dettato da una parata di gomito e successivo sgambetto. Nell’istante in cui stava cadendo, riusc&#236; ad infilargli il coltello tra le costole, ma stavolta pareva che la protezione fosse pi&#249; resistente, facendo partire subito un pugno verso la faccia ghignante che croll&#242; a terra insieme al resto del corpo. Batman lo afferr&#242; con entrambe le braccia per il camice, ma Joker aveva gi&#224; estratto un altro coltello, mirato in uno dei punti scoperti che aveva intravisto cadendo. Questa volta il colpo fece effetto, e Batman lo lasci&#242; indietreggiando goffamente. Joker ne approfitt&#242; usando il vecchio trucco del coltello sulla scarpa e gli tir&#242; un calcio sull’ombelico con tutte le sue forze, sempre da sdraiato, facendo indietreggiare ancora di pi&#249; la figura nera. Appena rialzato, gli si avvent&#242; in contro iniziando a colpirlo ripetutamente col tubo di ferro. Funzionava, finch&#233; Batman non si rimise composto parando volta per volta i colpi con i suoi bracciali. Quei dannati bracciali e quelle dannate lamette. Parata un’altra serie di colpi, diede un calcio che spinse Joker lontano. Nell’istante in cui Joker riprendeva il controllo, Batman estraeva un oggetto da dietro la cintura. Grosso quanto un telecomando, di forma cilindrica, improvvisamente si allung&#242; da entrambi i lati, rivelandosi un bastone fatto da chiss&#224; quale materiale. Joker si lanci&#242; istintivamente alla carica col suo passo gobbo, ma il vigilante nero disponeva di un’arma letale. Facendo girare con entrambe le braccia il bastone, riusc&#236; a parare e disarmare Joker del tubo, ripagandolo subito dopo di un colpo allo stomaco successivamente alzato in pieno viso. Mentre sentiva il sapore del sangue, Joker estrasse altri due coltelli. Prov&#242; un affondo schivato con una giravolta, subito seguita da un colpo dritto sulle costole. Ma non si arrese, e tent&#242; un colpo a mezzaluna che venne schivato da Batman abbassandosi e facendo partire un altro colpo di bastone dal basso all’alto. Questa volta lo colp&#236; al mento, facendogli per un attimo vedere le stelle. Cadde rovinosamente all’indietro, lontano anche. Forse sempre per istinto, riusc&#236; a lanciargli uno dei coltelli al volo. Venne parato facilmente col bastone, come per ribadire quanto fosse blanda la sua tecnica. Era per terra, sconfitto. Il vigilante gli si avvicin&#242;, bastone ritirato da come era apparso. Joker non fece a meno di notare una figura dietro le spalle di Batman. Un martello gli colp&#236; in pieno la parte sinistra della faccia, facendolo rantolare per terra. Harley inizi&#242; a colpirlo prima sulle gambe, poi sulle costole, mentre si dimenava inutilmente per riprendere il controllo. Joker era quasi estasiato da quella vista. Harley rideva, rideva in modo ossesso. La dentatura bianca brillava in mezzo alla striscia rossa che partiva da un orecchio all’altro. Continu&#242;, ed intanto Batman sembrava come perdere sempre di pi&#249; le forze.
    Non era la prima volta che Joker sentiva una sensazione indefinita, e vedendo Harley in quel modo, ripens&#242; ad Harvey Dent ed al suo ghigno mostruoso da uomo diviso. Si alz&#242;, a fatica ed imprecando a denti stretti tenendosi la mano su una costola. Si avvicin&#242; ad Harley prima che potesse colpire la testa inerme, fermandole il braccio in tempo. Lei lo guard&#242; come stupita.
    Ultima modifica di Dargil; 26-09-2012 alle 18:40

  7. #407
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    <<Joker?>>
    Lui la attir&#242; a s&#233;, togliendole lentamente il martello di mano e gettandolo lontano. Petto contro petto, porse le braccia come se stessero per danzare.
    <<Harley, Harley, Harley Quinn. Che cosa devo fare con te?>> iniziando una lieve giravolta, con lei che accompagnava i suoi passi di ballo. Non molto lontano, si sentirono delle sirene.
    <<Cosa c’&#232;? Ho sbagliato qualcosa?>> chiese lei con una faccia infantile.
    <<Oh no, sei stata bravissima. Anche troppo.>> facendo andare avanti le giravolte.
    <<C’&#232; solo questo problema, e spero tu possa capirmi.>> finendo la giravolta e lasciandola andare in un lieve trotterellare, tenendole sempre la mano. Finiti i suoi giri, si trov&#242; sul bordo del tetto, tenuta di peso solo da Joker.
    <<Ho avuto quest’immagine, di te ed una vita non ordinaria. C’&#232; un alto potenziale nascosto sotto quel viso bambinesco, ma il dubbio mi assilla. Tu chi sei?>>
    Harley, che non riusciva a capire che cosa intendesse, disse <<Harley Quinn, me l’hai dato tu quel nome. Io sono parte di te, siamo insieme, si?>>
    Joker rise a conati <<Ecco a che cosa mi riferivo. Ti ricordi cosa mi hai detto una settimana fa? Te lo dico io. Hai detto di capirmi. Pensi che avere subito degli abusi da piccola ti dia la facolt&#224; di indossare vestiti sporchi di sangue, o di truccarti la faccia come una sgualdrina?>> Harley non capiva.
    <<Guarda la mia faccia, ad esempio>> disse in tono quasi rabbioso <<Te l’ho detto come mi sono fatto queste cicatrici? No, e nel caso te lo dicessi, sarebbe soltanto una di tante storie.>> la voce gli si abbass&#242; di volume, assumendo un tono serio <<Se vuoi avere per forza un passato, allora farai meglio ad avere pi&#249; opzioni possibili. Oh, piccola Harley, credi davvero che l’avere avuto qualche brutta giornata ti conceda il diritto di essere ci&#242; che sei diventata durante la nostra luna di miele ad Arkham? Non importa cosa ti sia successo o come, quella maschera continuer&#224; a sbiadire e dietro ci sar&#224; sempre e solo Harleen Quinzel, o qualsiasi sia il tuo vero nome. Non riesci a liberarti del tuo passato e pensi di poterti affidare a me per questo. Liberatene, cancellalo, se proprio vuoi diventare Harley Quinn. Altrimenti torna nella discarica, perch&#233; non sei poi tanto diversa da quella bambola trovata da piccola: un semplice pupazzo senza volont&#224;.>>
    Harley piangeva <<Ma io ti amo>>
    Joker assunse un’espressione melodrammatica, alzando la testa come per guardarla dall’alto al basso, con un tono di voce quasi grave
    <<Oh, ma lo so, certo che lo so! Ed &#232; per amore che lo faccio.>>
    Lasci&#242; scivolare lentamente la mano di lei, poco a poco. Continuava a fissarla negli occhi, per la prima volta cos&#236; sinceri ed innocenti. C’era davvero del potenziale.
    Arrivato all’orlo delle dita, lasci&#242; la presa.
    Poi le strinse di nuovo la mano. La tir&#242; verso di s&#233; e le diede un destro in pieno viso. Lei croll&#242; a terra, svenuta. Dopo un istante di silenzio, Joker tir&#242; un lungo sospiro. Si gir&#242; verso Batman, o quello che gli aveva rubato il costume. Cos&#236; inesperto, cos&#236; arrabbiato. Solo una stupida come Harley poteva credere che fosse il vero Batman. Gli and&#242; vicino, e si sedette a gambe incrociate. Ma volle crederci fino alla fine. Volle credere che fosse Batman, l'unica persona capace di completarlo, di occupargli i pensieri durante le notti solitarie, di portargli felicit&#224; quando si trovava in mezzo a pazzi con la bava alla bocca e quando, ogni tanto, di farlo ridere quando le guardie lo picchiavano urlandogli di essere un mostro. Quelle botte non gli facevano il minimo effetto, o almeno, non lo stesso effetto che aveva quando veniva picchiato dal vigilante in nero. Sperava per davvero, in una dimensione ingenua quanto l'amore di Harley, che quel balordo fosse il vero Batman che tanto amava. Il ragazzo era sveglio, piuttosto stordito, ma pur sempre sveglio. Alz&#242; la testa, e nel compiere il movimento gli cadde il cappuccio. Una frazione cos&#236; semplice e simile che sembrava il cuore di Joker in quell'istante, nell'assistere alla scena.
    Peccato, pens&#242;.
    Joker lo fiss&#242; nostalgico.
    <<9 anni di assenza e l’unica cosa che Gotham sa offrire sono delle copie. Immagino che avessimo ragione entrambi, io e Batman.>> scoppiando a ridere di gusto. O di amarezza, non era cos&#236; concreto. Le risate erano a singhiozzi e poco controllate. Continu&#242; a ridere cadendo all’indietro. Con gli occhi rivolti al cielo, il suo ghigno risuon&#242; in tutto il tetto. La polizia sfond&#242; la porta, giusto in tempo per urlare l’avvertimento prima che quel ragazzino vestito da pipistrello si alzasse malamente per sparire nel buio. Joker venne afferrato, ma continuava a ridere. Lo trascinarono per le spalle, coi le gambe a terra. Il sudore gli aveva fatto sciogliere lievemente il trucco, facendo cadere una goccia di nero sulla cicatrice, che provata dall’umidit&#224;, aveva fatto colare una lacrima nera. Joker guard&#242; ci&#242; che rimaneva del mondo esterno. Una donna svenuta per terra e come sfondo Gotham abbagliata dal fascio di luce di Batman. Gli occhi assunsero un’espressione nostalgica ma sollevata. Stava per tornare a casa.
    Questa volta per sempre.
    Ultima modifica di Dargil; 26-09-2012 alle 18:53

  8. #408
    [p, xi, N(xi)] L'avatar di Il Nicco
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    Mi &#232; venuta adesso un'idea sfruttabile ma sicuramente non potr&#242; connettermi fino a domani sera. Posso chiedere una proroga di un paio di giorni per poter scrivere e ricontrollare?

  9. #409
    Obiezione! L'avatar di Light 96
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    Citazione Originariamente Scritto da Dargil Visualizza Messaggio
    Piccolo post con prefazioni varie
    Spoiler:
    la storia è il seguito del film TDK Rises, nel caso non l'abbiate visto consiglio di evitare la lettura. Prima dell'uscita di TDK fecero un anime che raccontava cosa accadeva dopo Begins, per quanto riguarda la provenienza anime/manga sono apposto quindi. La storia è incentrata su Harley Quinn, già narrata nella serie animata, ma nel mio caso completamente riarrangiata ed adattata alla continuity dei film di Nolan. Ho tentato di riflettere il tema principale di Rises su Joker, ci tengo a dirlo, nel caso vi possa sembrare reso male
    Quindi se un giudice non l'ha visto non ti può giudicare?

  10. #410
    Senior Member L'avatar di Dargil
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    Mi spiacerebbe rovinargli il film, alla fine partecipo al torneo solo perch&#233; mi piace scrivere, la questione voti non mi importa

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