Tricloroetan" disse la Mamma, e gli fece vedere il tubetto. "Dopo studi approfonditi ho scoperto che è questa la miglior cura per un pericoloso eccesso di umana conoscenza.”Infilò il tubetto nella borsa.“prendi questa montagna, ad esempio” disse. Strinse lo stupido mento del ragazzino tra il pollice e l’indice e lo fece ruotare nella direzione in cui stava guardando lei. “questa splendida, gigantesca montagna. Per un unico, brevissimo istante, io credo di averla vista davvero.”
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In quel flash la Mamma aveva visto la montagna senza pensare ai taglialegna, agli impianti sciistici e alle valanghe, alla fauna protetta, alla geologia e alla tettonica delle placche, ai microclimi, alle aree a bassa piovosità o ai punti yin e yang. Aveva visto la montagna senza l’intelaiatura del linguaggio. Senza la gabbia delle associazioni mentali. L’aveva vista non filtrata dalla lente di tutto ciò che sapeva essere vero a riguardo alle montagne.Quella che aveva visto in quel flash non era nemmeno una “montagna”. Non era una risorsa naturale. Non aveva nome.“E’ quello il obbiettivo” disse lei. “scoprire una cura per la conoscenza.”Per le cose che ci insegnano. Per il fatto di vivere dentro la propria testa.
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Fin dai tempi di Adamo ed Eva, il genere umano era sempre stato un po’ troppo sveglio per il suo stesso bene, disse la Mamma. Fin da quella famosa mela. Il suo obbiettivo era quello di scoprire se non una cura, almeno una medicina che restituisse temporaneamente l’innocenza alal gente.La formaldeide non funzionava. La digitale non funzionava.Nessuno degli stupefacenti naturali sembrava fare al caso, non serviva fumare il macis, né la noce moscata, né le bucce d’arachide. E nemmeno l’aneto o le foglie d’ortensia o il succo di lattuga.
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“Se Eva da sola è riuscita a combinare tutto ‘sto casino, perché io non dovrei riuscire a risolverlo?” disse la Mamma. “a Dio piacciono i tipi intraprendenti.”
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“la corteccia cerebrale, il cervelletto” disse, “è lì che sta il problema.”Se fosse riuscita a usare soltanto il tronco encefalico, sarebbe guarita.Avrebbe avuto qualcosa che andava al di là della felicità o della tristezza.Chi ha mai visto un pesce afflitto da sbalzi d’umore?Le spugne di mare non hanno giornate no.
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“il mio obiettivo” disse la Mamma, “non è quello di semplificarmi la vita.”Disse: “il mio obiettivo è di semplificare me stessa”.
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Le medicine cosmetiche, disse, gli antidepressivi e i farmaci che ti stabilizzano l’umore curano solo i sintomi di un problema più grosso.Le dipendenze, disse, sono solo uno dei tanti modi per curare lo stesso problema.Le droghe, la bulimia, l’alcool, il sesso sono strumenti per trovare un po’ di pace. Per sfuggira a ciò che conosciamo. A quello che ci insegnano. Al nostro boccone di mela.Il linguaggio, disse, altro non è che il nostro personale modo di spiegare lo splendore e la meraviglia del mondo. Per decostruirlo. Liquidarlo. Diceva che la gente non è in grado di reggere la vera bellezza del mondo. Il fatto che non possa essere spiegata o compresa.
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"Ormai non viviamo più nel mondo reale" disse lei. "Viviamo in un mondo di simboli."