Era stata l’unica volta in cui l’aveva visto in quello stato. Per il resto, era il ragazzo tranquillo e gentile di sempre, che forse avrebbe preso le redini della società di famiglia.
La bambina si avvicinò allo scatolone chiuso.
Era impolverato quanto l’altro, e aprirlo le avrebbe di certo sporcato il vestito. Inoltre era tenuto saldo da un potente nastro adesivo, che di certo le sue mani graziose non sarebbero state in grado di rimuovere senza spezzarsi le unghie.
“Sei una principessa, una piccola principessa di un regno lontano.”
Le cose stavano così. Lei era bambina stupenda, doveva trascorrere le sue giornate a coltivare la sua bellezza per poter diventare un giorno affascinante come la sua mamma.
“Come credi che saresti diventata, tu, se fossi nata in un mondo in guerra?”
La bambina strizzò gli occhi.
No.
Lei non era una bambina graziosa, era una bambina a cui avevano imposto di esserlo. Perché nel mondo in cui era nata c’era la pace, e questo era il modo in cui era giusto che la figlia di una donna ricca crescesse.
D’altronde, pensò, una bambina carina come me non ha alcun talento nella lotta, giusto?
Tirò un calcio allo scatolone chiuso. Il cartone si piegò in una leggera ammaccatura.
«Ma dai!» esclamò, e scoppiò a ridere. «Cosa mi sono messa a pensare? La mia forza combattiva è inferiore a quella del gatto del nonno! D’altronde una creatura meravigliosa come me non può certo dedicarsi a un’attività barbara come i combattimenti!»
La scatola si mosse.
La bambina lanciò un grido e si appiattì alla parete.
Il cartone superiore si squarciò in due e rivelò la presenza di un robot con una sega circolare.
«Ma cosa diavolo…?» Si voltò verso il muro dove era appeso il foglio. «Il progetto! Pensavo che si trattasse di qualcosa di troppo grande per quella scatola!» esclamò, e scattò verso la porta.
Non c’era nessuna maniglia.
Dannazione, come ho potuto essere così stupida da chiuderla? Questa è una porta di sicurezza speciale!
Il robot si bloccò al centro della stanza e il laser cominciò a proiettarsi in punti casuali. «RICERCA BERSAGLIO» disse con voce metallica.
La bambina rabbrividì.
Mi troverà.
La luce si mosse verso l’uscio.
Mi troverà di sicuro.
«BERSAGLIO INDIVIDUATO.»
La sega aumentò la velocità di rotazione e il robot avanzò verso l’obiettivo.
Mi taglierà a fette!
«ANALISI BERSAGLIO.»
«Aiuto!» La bambina sbatté i pugni sulla porta. «Papà, fratellone! Qualcuno mi aiuti!»
Nessuna risposta.
«Aiutatemi!»
«ANALISI COMPLETATA.»
“Tu sei nata in pace, non puoi capire! Forse qualche volta di notte avrai sognato un mostro, ma cosa ne vuoi sapere di quelli che sogno io?
Cosa ne vuoi sapere?
Cosa ne vuoi sapere?
Cosa ne vuoi sapere?
Sapere? Sapere? Sapere sapere sapere sapere sap–”

«Basta! Io sono come te!»
Luce. Potere. Distruzione.
La bambina sentì l’energia defluire dal proprio corpo. Era una sensazione meravigliosa.
Poi, il nulla.

***

Si risvegliò nel proprio letto, la fronte grondante di sudore.
La madre, accanto a lei, lanciò un grido di gioia. «Meno male! Ho temuto il peggio!»
La bambina si sfregò gli occhi. «Cos’è successo?»
«Oh, tesoro, sei stata coinvolta in un terribile incidente. Sei rimasta chiusa in una delle camere blindate e una mia invenzione dimenticata è esplosa! È davvero un miracolo che tu ne sia uscita incolume!» Abbassò lo sguardo, tentando invano di mascherare il senso di colpa.
La figlia sbatté le palpebre. «Ora ricordo! Quel robot stava per farmi a pezzi!»
La donna deglutì. «Beh, adesso non pensiamoci più. Guarda un po’ qui, ho una sorpresa per te!» Detto ciò, le porse un vestito rosso con ancora l’etichetta. «La nonna è sempre di parola, eh? Mi ha detto di dartelo subito dopo il tuo risveglio.»
«Ringraziala da parte mia» disse la bambina, e si tirò in piedi.
«Ehi, dove stai andando?»
«Torno subito.»
«Tesoro? Non sei ancora in forma, stai a letto un altro po’!»
Ma la bambina la ignorò.

***

La porta era stata sfondata dall’interno. Sul pavimento giacevano i resti bruciati dell’album di fotografie e i pezzi del robot ormai non riparabile. La bambina avanzò verso il centro della stanza, finché una voce profonda alle sue spalle non attirò la sua attenzione.
«Vedo che ti sei ripresa presto.»
Lei si voltò e sorrise. «Sì, papà. Mi sono spaventata molto, ma ora è acqua passata. Certo, nessuno sentiva le mie grida, per cui ero sicura che sarei morta.»
L’uomo si appoggiò a una parete e incrociò le braccia. «Morta? Tsk, non dire assurdità.»
La bambina strinse i pugni. «Ma è vero! Tu non hai visto quel robot! Con quella sega avrebbe potuto tagliarmi a fettine!»
«E perché non l’ha fatto, secondo te?»
Lei si bloccò.
«Rispondimi. Perché io qui ho trovato il tuo corpo intero e non a fette?»
La bambina deglutì. «Perché, ecco…» si interruppe, e abbassò lo sguardo per celare il rossore. «Ho sentito della forza. E l’ho scatenata, o almeno credo. Ho provocato io questo disastro.»
Il padre si staccò dal muro, le braccia ancora conserte, e si avviò verso la soglia. «Apri bene le orecchie» le disse dandole spalle. «Non devi minimamente pensare di poter morire per sciocchezze di questo tipo. Tu sei mia figlia, e questo ti rende in grado di sopravvivere a qualunque incidente in tempo di pace. La prossima volta cerca di non dimenticarlo.»
La bambina sorrise, e l’uomo fece per andarsene.
«Papà?»
Lui si fermò senza rispondere.
«Potresti, ecco, insegnarmi a controllarla? Questa forza, dico. Credo che mi sentirei più sicura se sapessi come usarla.»
L’uomo si voltò inarcando un sopracciglio. «Tua madre è d’accordo?»
«È importante che lo sia?» chiese lei, e sorrise di nuovo.
«No, ma preferirei evitare di sentirmelo rinfacciare per i prossimi dieci anni.»
«Beh, se lo fa tu dille che hai allenato anche con mio fratello, e che nella società attuale non è concepibile che proprio una scienziata presidentessa di una grossa società globale faccia discriminazioni sessiste.»
«Lasciamo perdere. Vieni qua e fatti sotto.»
La bambina lo raggiunse. «Agli ordini, sensei!»


FINE