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Senior Member
<<Che cosa intendeva prima, dicendo che sto mentendo a me stesso?>>
<<Ma guarda, che tono garbato. Passata la minaccia diventi gracile come un agnellino. Non ti smentisci. Tu menti a te stesso, ma solo perché non riesci a ricordare. Ci siamo incontrati per la prima volta una settimana fa, qui alle isole Fuji. Tu eri l’addetto alla sicurezza sulla Blue Heaven, io uno psicologo interessato a certi casi, nel mio paese. Così ti ho cercato. Mi dicesti che tua moglie ti aveva mandato qui per reintegrarti nell’ordine sociale, ma come vedi la cosa si è trasformata in qualcos’altro. Ammetto di avere anche io le mie colpe, ma posso almeno dire di essere giunto ad una conclusione, ovvero che tu sei letteralmente pazzo>> ride tossendo <<no, perdonami. Scusa. Hai un grave problema, ma non è quello che pensi. Solo che ci ho provato, veramente, a fartelo capire, ma tu continui a perdere il controllo e a trattarmi in questo modo. Spetta a te quindi. Considerala una seduta. So il contenuto del tuo diario e so che tu stesso hai tentato di risolvere il tuo problema ponendo forse qualcosa di nascosto tra quelle righe. Io non l’ho scovata, tu forse si, non ne ho la certezza, quindi so solo che dobbiamo provarci, Sano. Ora leggi, dalla prima pagina, ad alta voce.>>
C’è qualcosa di incompleto in tutto questo, ma meglio vedere come si evolve la vicenda. Mancano tutte le pagine dall'inizio alla quasi fine, visto che da lì ne mancano due. Senti una lieve fitta al labbro inferiore, mentre il gusto del sangue ti attraversa la bocca. Come un bambino alle prese con la scuola materna, senza opporre resistenza o domandare qualsivoglia cosa, schiarisci la gola ed inizi
<<5 Giugno>>
***
5 Giugno. Escluse le due persone sui lettini, la spiaggia è immacolata, frutto di duro lavoro all’apparenza. Sano si chiede se questo posto così pulito sia tale per l’assenza di spazzatura o di persone.
<<Si metta pure comodo, l’essere a suo agio è fondamentale in questa esperienza.>> recita sorridendo il dottore con camicia ed occhiali da sole. Che brava persona, questo Samuel Loomis. Spunta dal nulla dicendo di essere uno psicologo. Sano nemmeno l’aveva mai visto, uno psicologo. Pare essersi occupato di tanti casi, alcuni piuttosto violenti. Sta nascondendo qualcosa. Sano lo sa perché un tempo era il suo lavoro.
Che caos, l’America, con tutte quelle persone, pronta a scoppiare da un momento all’altro. A Sano viene l’agorafobia al solo pensarci.
Un attimo.
Lui soffre di agorafobia? Cerca di non pensarci. Un’altra malattia nel suo curriculum potrebbe mandare in crisi sua moglie.
<<E’ proprio sicuro che sia necessario? Un luogo appartato sarebbe andato bene lo stesso, sul serio.>>
<<Oh no, questa spiaggia è perfetta. Lei tenta di dimenticare, purtroppo. Il sole, l’acqua e l’aria salina la riporteranno direttamente alla Blue Heaven. Non si preoccupi, è solo per permetterle di stare più a suo agio.>>
<<Starei più a mio agio a casa, a dire il vero. Non importa. Devo raccontarle quello che è successo, quindi?>> Il dottore annuisce <<Bene. Lavoravo alla Blue Heaven da diverso tempo. Quel luogo era la mia seconda casa anche se, lo ammetto, l’ho spesso scambiato come per il mio vero habitat. Quante persone, là dentro, e quanto lavoro. Io ero l’addetto alla sicurezza, ma se qualcuno spariva, anche un moccioso, ero incaricato di trovarlo. Nessuno poteva nascondersi nella nostra fortezza galleggiante, ci piaceva pensare. Quel luogo era come una Las Vegas acquatica, con tutta quella gente e quel divertimento. Avevamo tutto, dal gioco d’azzardo alla vita sfrenata. Ho visto persone di ogni genere ed avvenimenti piuttosto dissacranti, ma faceva parte del mio lavoro. Una notte trovammo un’imbarcazione alla deriva. Il nostro direttore escludeva categoricamente l’aiuto, ma il capitano mise in ballo l’umanità.>>
<<Strano effetto sentire questo da parte sua. Secondo certe mie fonti lei è considerato come una persona sociale e piuttosto incline all’aiutare il prossimo. Da persona a persona, la trovo grezza, Sano.>>
<<Questo perché la mia umanità ha condannato più di mille persone. E lei deve essere più professionale. Non mi interrompa, la prego.
Così scendemmo nell’imbarcazione per perlustrarla. Trovammo un uomo a terra, ancora vivo, disidratato ed in stato confusionale, ma a posto per il resto. Mentre gli altri ne trovavano uno ancora vivo ma con un buco nello stomaco nascosto in un frigo, io diedi un’occhiata dentro. Che razza di idiota che sono stato. Trovai la stanza piena di sangue, dappertutto. Non ne feci parola, un errore che mi porterò fino alla tomba. Tornai su. Nessun altro membro dell’equipaggio fu trovato. Portammo i feriti alla nave, ma la situazione degenerò presto. Quello che trovammo per primo sparì, insieme ad uno dei miei compagni. Non fu altro che l’inizio dell’inferno. Ci diedero delle armi. Quanto odiavo quegli aggeggi. Io speravo di risolvere la cosa il prima possibile, ma feci un errore di calcolo: Cindy, la dottoressa di bordo, aveva visto e parlato con l’altro superstite che intanto le aveva raccontato la storia del primo sopravvissuto, facendo capire che razza di mostro avevamo salvato. Una storia terribile che non starò qui a ripeterle. Così andai subito da lei, ma era troppo tardi. Quella donna non meritava di morire. Nessun medico o in generale chi dedica la vita ad aiutare il prossimo se lo meriterebbe. Quel mostro l’aveva messa dentro un’enorme borsa. Non ho mai saputo come l’avesse uccisa. Ma non importa. Cindy era morta e lui era lì, di fronte a me, disarmato. Cosa ho fatto, si chiede? Assolutamente niente. Gli ho ordinato di mettere le mani sul muro, e l’ha fatto. Ma alla mia prima esitazione mi ha spezzato un braccio e legato come un perfetto idiota. Poi mi sparò ad una gamba, decretando la mia totale uscita di scena da quella storia. Mi prese e mi agganciò ad una delle finestre di babordo. Ed io piansi. Piansi veramente tanto, prima che mi riprendesse. Nel mentre un folle, un altro, aveva iniziato una guerra ideologica e razzista sulla nave. Il nostro amico killer aveva bisogno di me per fuggire e mi portò nella sala comandi. Incontrai un’altra mia amica lì, e so che è sopravvissuta anche lei. Le devo la vita. Se non fosse stato per lei, quel mostro mi avrebbe sparato in testa. Ero pronto per il mio destino. Ero goffo e ferito, dovevano fuggire tutti, ma mi sentivo meglio, almeno, sapendo che potevano fuggire proprio grazie a me. Lei mi salvò convincendo il bastardo ad andarsene insieme. Poco altro da dire, non so il resto della storia. So solo che sono rimasto lì come un’idiota ad aspettare la mia fine, ma a quanto pare la fortuna è stata dalla mia parte, ed eccomi qui.>>
Il dottore tace per un breve istante.
<<Mi parli dell’altro pazzo.>>
<<Ne so pochissimo, in realtà. So che era il figlio del nostro finanziatore, un vecchio tedesco sfigurato da giovane. Non ho mai capito quella gente, con quell’aria di superiorità e l’idea che ogni persona al di fuori della propria famiglia fosse inutile. Quel vecchio sarà pure stato un mostro, fisicamente, tra l’essere incapace di camminare e vedere, ma il figlio non era poi tanto diverso. Era cieco nel credere a quella stupida guerra razziale che aveva cominciato, ed incapace di reggersi sulle proprie gambe partendo dal semplice presupposto che era stato il padre a renderlo così. Non so chi abbia vinto quella folle battaglia, né mi interessa, ma spero per davvero che non sia stato lui. Alla fine sono morti entrambi, ma è per questo che dobbiamo dire di aver vinto noi superstiti? Affatto. Tutta quella gente… erano dei surrogati di quei due. Il tocco di genio del nazista era stato il dire che l’assassino era asiatico. Istintivamente, tutti quanti hanno capito che per sopravvivere bisognava sbarazzarsi di ogni sospetto possibile, senza nessun compromesso. I Killer quella notte non sono stati solo due. No, proprio per niente. Quando guardavo in faccia gli altri sopravvissuti riuscivo a vederlo, quel lampo di felicità negli occhi. In ben pochi hanno davvero evitato la guerra tenendo fede all’umanità. Sto parlando di quelli fuggiti con l’imbarcazione del vecchio nazista. Ma loro si sono semplicemente persi la parte più bella. Un po’ come per me, alla fine. Dubito avrei davvero ucciso qualcuno, se avessi potuto, dopo lo scoppio della guerra. Ma ammetto che i miei principi avevano iniziato ad alterarsi già da quando mi stavano appendendo a quella finestra. Fissavo l’acqua e pensavo alla gravità della mia azione. Mentre le lacrime mi scendevano provavo ad immaginare il mare aprirsi onde evitarle. Ma alla fine sparivano e basta nell’abisso oscuro della mia stupidità.>>
<<Quindi lei prova rimorso per quella storia?>>
<<Sì.>>
“No” pensavo dentro di me. Il dottore credeva davvero che tutta quella sceneggiata fosse seria. Un tempo lo era, ma ora non più. Non provo niente, non sento nessuna emozione. Sento indifferenza. Cosa mi sia successo non riesco a spiegarmelo. Forse mi sono abbandonato a quel senso di inutilità che ho provato quando ho creduto fosse giunta la mia ora, perdendo quel poco di umanità che avevo. Oppure non me ne importa più niente e basta.
***
Ti senti stupido <<Questo significa che le ho mentito?>>
<<Esattamente. Avevi perso il controllo delle tue emozioni. Mi piacerebbe pensare che questo ne riguardasse il solo uso, ma non è così. Io sapevo del tuo stato, ti stavo mettendo alla prova. Ora non lo sai, e di certo nemmeno allora, ma non venni da te solo di mia spontanea volontà. Dal momento che la Heaven girava su acque internazionali, il mio paese si era interessato alla vicenda.>>
Ti viene un’incredibile voglia di ridere, ora che hai capito <<E questo che cosa significa? Cosa c’entro io con quella storia? Non avrebbe senso riportare in auge questa vicenda se... aspetti, non starà per caso dicendo che ero un sospettato?>>
Ultima modifica di Dargil; 30-07-2012 alle 09:58
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