17 anni di stato vegetativo con la corteccia cerebrale irrimediabilmente danneggiata nella sua parte più importante (quella che permette stimoli e coscienza) e vertebra spaccata a tal punto da provocare una paralisi totale sarebbe essere viva?
Vorrei far notare che la morte viene dichiarata non quando il corpo smette di funzionare (non sarebbero altrimenti possibili i trapianti di cuore) ma quando termina l'attività cerebrale. Eluana aveva la parte superiore danneggiata e divisa dal resto del cervello, il che significa che non può essere dichiarata morta ma non può nè avere stimoli ne pensare ne prendere coscienza. Erano rimasti solo degli impulsi memorizzati nel tronco che permettevano stimoli automatici quale l'apertura degli occhi con l'alternarsi del giorno e della notte.
La questione della malattia "irreversibile" non può essere portata al di fuori di ciò che la Scienza è la Medicina hanno concretamente stabilito secondo natura: uno è Morto quando l'encefalo è Piatto. Punto.
Siccome la questione è diventata ideologica, ed Eluana doveva morire per forza, la situazione relativa al suo reale stato è passata in secondo, anzi in decimo piano!
Eluana era semplicemente "dormiente".
Stava "benissimo".Per quel che può valere questo termine in una persona ovviamente costretta in un letto.
Il problema, infatti, è sorto perchè quando uno sospende l'alimentazione e soprattutto l'idratazione ad una persona, e la sospende in modo netto, la persona non può rimanere in vita più di tanto. Sorpattutto se concorri con delle medicine particolari.
Eluana è morta di sete. Questo è quanto. Non è stato staccato un macchinario artificiale, che la teneve viva in modo forzato. Non è stata spenta un batteria. Non è stato staccato un arto o un organo meccanico, senza il quale al limite non sarebbe stata possibile l'impulso del cervello.. E' morta di sete.
Quanto e come questo possa essere definito "morte dolce" o "necessaria" o "inevitabile", lo lascio stabilire a voi.
Eluana, a mio avviso come tutti gli altri pazienti in situazioni simili, doveve essere lasciata VIVERE e doveva continuare ad essere CURATA, cercando il modo più UMANO per tentare di svegliarla.
Il suo "stato" era definitio "vegetativo" in modo da usare questo termine come una specie di randello ideologico.
Chi decide chi è "vegetale"? E come si permette?
Se uno lo è, perchè non può vivere al nostro stesso modo, allora chi si permette di decidere chi può vivere, perchè ne "vale la pena"? Ma vi rendete conto dell'ABOMINIO di queste definizioni e di questi fatti?
Insomma, io non vedo nessun "bene" nelle problematiche sollevate pretestuosamente in questi tempi e in questi modi.
Riguardo la Medicina e l' "ordine Medico" in genere, il problema dell' Eutanasia non dovrebbe proprio porsi. Infatti per deontologia, il Medico deve procurare le cure e allievare il dolore. Inoltre la Medicina, come Scienza, deve ricercare metodi Umani di cura nei limiti delle sue possibilità. Non certo fermarsi, oppure trovare espedienti per eliminare i problemi, invece che affrontarli.Sbagliatissimo, considerando che molti medici sono affetti da morale vitalistica. Lo studio morale della medicina non spetta assolutamente ai dottori, dato che è uno studio molto complicato che richiede del tempo. Questo è campo della bioetica che deve dare le giuste indicazioni.
Il medico deve agire quando è il caso di farlo, ma servono studi di tutt'altro genere per dare le giuste limitazioni e questi studi vengono appunto compiuto in ambito bioetico.
Trall'altro non capisco: dici di evitare inutili accanimenti terapeutici e poi consideri omidicidio il caso della Englaro? che è uno degli esempi più lampanti di accanimento terapeutico mai avuto nella storia dell'uomo
Il medico sta pericolosamente diventando anch'esso esponente di un Partito. La Medicina sta diventando esecutrice di interessi di partito (di qualsiasi "schieramento" si parli).
Il Codice deontologico, che è al di sopra di tutto e che è davvero come se fosse un codice di "missionari di civiltà", è allegramente ignorato.
Questo è quanto. Ed è allarmante.
Quanto il caso Englaro, leggi sopra
Te lo spiego subito.ps:
Io ora molto freddamente e razionalmente ti dico che se dovesse accadermi qualcosa e la medicina attuale dice che non c'è nulla da fare non voglio essere tenuto attivo senza speranza artificialmente con vitamine, medicine e lavande gastriche. Se io ti dico questo, per quale motivo se domani mi dovesse accadere qualcosa devo essere nelle mani di un dottore che invasato dal senso del dovere ritiene legittima la violazione del mio corpo contro la mia volontà per non farmi morire anche se non c'è più nulla da fare?
Questo non è un salvare la vita, è un non lasciar morire che priva la persona dell'unica cosa veramente sua: il proprio corpo e la propria dignità
Trovo che sia assurdo accogliere le volontà dei malati quali "testamenti" per eseguire "sentenze" di morte su di loro in casi di peggioramento.
Come può essere un malato a decidere della sua vita, in qualsiasi momento, se proprio perchè malato è affidato alla decisione di chi deve curarlo?
Per farti un esempio: se io in un momento di "iper-sensibilità" psichica stabilisco per iscritto che voglio morire se vado in coma, a prescindere da quello che può succedere, e per questo si esegue questa mia volontà e mi tolgono di mezzo... e se le cure invece potessero aiutarmi?? E se queste cure potessero capovolgere lo stato di coma? La soluzione non ci sarebbe, perchè io comunque ho stabilito che se vado in coma voglio morire! E chi lo dice che in un momento successivo non possa aver cambiato idea, non potendola però metter per i scritto!
Insomma, si può stabilire legalmente e per via medica il suicidio assistito?
E la medicina a che servirebbe più?