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Speciale Videogiochi e Sessismo: serve ancora parlarne?

Forse sì. Scopriamo perché
Valentina BarrancoDi Valentina Barranco (18 maggio 2015)
Negli ultimi anni l'argomento “videogiochi e sessismo” è stato oggetto di infiammatissime discussioni su blog, siti web e forum, dove utenti di ogni genere ed età si sono tirati addosso opinioni, insulti e, in alcuni casi, addirittura minacce pesanti, protetti dallo schermo del loro smartphone o PC.

Ma tutte queste critiche e discussioni sono davvero necessarie? Cosa infiamma l'animo delle persone che agitano l'internet difendendo questo o quell'ideale, e qual è la situazione attuale rispetto ad un argomento così spinoso? Abbiamo deciso di addentrarci in questo ginepraio per voi, analizzare la questione e, perché no, sfatare anche qualche mito a riguardo.
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Non fa una piega.

Partiamo dalle basi


Cominciamo dalle blande definizioni. Cosa s'intende per sessismo? Secondo Wikipedia: “Il sessismo è comunemente considerato una forma di discriminazione tra gli esseri umani basata sul genere sessuale.” Questo tipo di discriminazione – purtroppo – è possibile trovarlo ovunque, ed a molti di voi sarà capitato di subirlo in qualche modo. Sul luogo di lavoro, a scuola, per strada. Il sessismo va a braccetto con gli stereotipi, che sono (sempre secondo Wikipedia) “la visione semplificata e largamente condivisa su un luogo, un oggetto, un avvenimento o un gruppo riconoscibile di persone accomunate da certe caratteristiche o qualità. Si tratta di un concetto astratto e schematico che può avere un significato neutrale, positivo o negativo”. L'uno alimenta l'altro, ed entrambi contribuiscono a creare una visione distorta e sbagliata del mondo e dei suoi abitanti, gli esseri umani.

Come abbiamo detto prima, stereotipi e sessismo sono rintracciabili ovunque ma, soprattutto, sono spesso veicolati dai media, il modo più diffuso e utilizzato per diffondere un messaggio o raccontare una storia. Dalle pubblicità, ai libri, ai film… fino ad arrivare ai videogiochi. Questi ultimi non sono dunque esenti da queste due caratteristiche, proprio perché prodotti diretti della società che li crea e li plasma a sua immagine e somiglianza. Per una mera questione di marketing poi, certi prodotti sono per forza composti da luoghi comuni e personaggi stereotipati, nati per accontentare il pubblico per cui sono pensati e soddisfarlo, anche se non sempre è la cosa giusta da fare.
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L'evoluzione di Lara negli anni.
Come tutti sappiamo, il mercato videoludico è composto al 90% da uomini (per lo più ragazzi adolescenti), che sarà indirizzato ad acquistare un certo tipo di prodotto piuttosto che un altro. Possiamo perciò asserire che essendoci una maggioranza maschile al suo interno, il target che si va a ricoprire spesso include degli elementi sessisti che fanno storcere il naso alle videogiocatrici, e non solo. Diamo un'occhiata ad alcuni di questi dettagli:

  • Personaggio femminile piatto e senza cervello, stupido o sacrificabile, il cui unico scopo è quello di esaltare la figura maschile
  • Elementi fisici volutamente esagerati e “scoperti” per attirare ed eccitare i videogiocatori (seni prosperosi, sederi abbondanti, cosce chilometriche… il tutto coperto da qualche straccetto strategicamente posizionato che dovrebbe fare da “armatura”)
  • Violenza sia “fisica” sia verbale perpetrata all'interno del gioco
Il sessismo poi è possibile trovarlo anche nelle varie community, dove numerose ragazze hanno subito aggressioni verbali, insulti e commenti a sfondo sessuale poco piacevoli per il semplice fatto di star giocando, e la loro bravura o capacità non giustifica di certo questo tipo di comportamenti. Sappiamo tutti che durante un party online scappa spesso e volentieri l'insulto, in simpatia, contro chi ci ha appena “uccisi” o fatto perdere, ma tutto purché si rimanga nel rispetto reciproco e nell'educazione. Il blog di Jenny Haniver, Not in the Kitchen Anymore, raccoglie alcune “interessanti” e strane reazioni che lei stessa registra giocando online. Chiaramente mostra solamente il lato ostile della faccenda, ma dopotutto si tratta di testimonianze di aggressioni del genere e se non ne avesse mai ricevute non ci sarebbe stato bisogno di creare il sito. Tutto questo per sottolineare solamente che, all'interno del mondo videoludico – che sia virtuale o meno -, il sessismo esiste ed è un fatto tangibile e comprovato.
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Cyanide and Happiness come al solito colgono nel segno.

Chi fa l'uomo e chi la donna?


Premettendo che, come i videogiochi non fanno l'uomo violento, essi non fanno l'uomo sessista (se una persona è sessista, razzista o omofoba, lo è a prescindere dai titoli cui ha giocato), le industrie che ruolo hanno davvero in tutto ciò? Possono le software house lavorare in modo tale da abbattere gli stereotipi e diminuire il sessismo all'interno dei loro prodotti? O sono troppo vincolate dal mercato e dai ruoli in cui la società continua ad incastonarci? Qui le opinioni si sprecano e sono molto differenti tra loro.

C'è chi dice sì, visto che contribuiscono a plasmare quei ruoli che tanto odiamo e che condizionano le nostre vite; chi dice che invece dovrebbero essere libere di creare quello che più preferiscono, dando libero sfogo alla fantasia, visto che poi nessuno vi obbliga a comprare quel titolo piuttosto che un altro, se non vi piace o vi offende. Anita Sarkeesian tramite il suo “Feminist Frequency” le condanna pesantemente, e solo da qualche mese sta esplorando in alcuni video quelli che sono i personaggi femminili positivi all'interno del mondo videoludico. Contrapposte alla teoria della Sarkeesian, ne sono comparse molte altre che la “smentiscono” o, quantomeno, mostrano un punto di vista differente. Ecco un video di risposta fatto dalla youtuber KiteTales:


Ultimamente sentiamo spesso dire – da sondaggi, studi e via dicendo – che il numero delle videogiocatrici è in aumento. Giocatrici occasionali o vere appassionate, le ragazze stanno sempre più avvicinandosi al mondo dei videogames, su questo non ci piove. Questo fatto ha scatenato un'ondata di commenti online, su come appunto le ragazze non si vedano rappresentate nel modo migliore nei giochi e di come siano soggette a sessismo e varie forme di discriminazione, diffuse anche grazie all'utilizzo (erroneo) dei social network.
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Ellie e Jodie, due simboli della scorsa generazione.
Si tratta di una piccola parte certo, ma questo non rende l'argomento meno importante. E' giusto dire che se si accontenta solo una fetta di pubblico l'altra non sarà mai incoraggiata a partecipare? E' vero che ci sono titoli “solo per donne” e titoli “solo per uomini”? Secondo noi no. Si tratta pur sempre di gusti personali, ed ognuno ha i suoi. Eppure, tantissima ignoranza dilaga ancora sul web. Non è inusuale trovare riferimenti a “giochi da maschi” e “giochi da femmine” come a voler mettere un fiocco rosa o azzurro a catalogare quel titolo quando, in realtà, ogni titolo dovrebbe essere equamente usufruibile da tutti, senza distinzioni di genere, ma solamente per gusti personali.

L'etichetta “femmine = Nintendogs/Cooking mama” e “maschi = Call of Duty/Assassin's Creed” non fa altro che alimentare quelle differenze che sono dannose per tutti, quando invece ognuno di noi dovrebbe sentirsi libero di giocare al titolo che preferisce sentendosi a suo agio, senza rischiare di essere etichettato come “femminuccia” o “maschiaccio”, a seconda.

Donne e videogiochi: oggetto sessuale o eroine?


Ma quali sono i giochi che più hanno descritto la donna debole fantoccio, oggetto sessuale o rinchiusa in una parte che è costretta ad interpretare e reinterpretare over and over? Eccone alcuni esempi:

  • Dead or Alive
  • Bayonetta
  • GTA
  • Legend of Zelda e Super Mario (citati dalla Sarkeesian)
  • Assassin's Creed (rimasto al centro di molte polemiche dopo l'uscita di Unity)
Lara si è fatta certamente notare e conoscere per le sue forme prorompenti, ma non le si può negare (soprattutto con l'ultimo titolo a lei dedicato) di aver rappresentato la figura femminile come forte, indipendente, prima impaurita e poi maturata (insieme al videogiocatore) per diventare infine una leader, tosta e sicura di sé, da prendere come modello.
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Regina e Jill in questa fan art che le vede insieme sul campo di battaglia.
Esistono poi quei giochi che ci permettono di scegliere il sesso del nostro protagonista, a seconda del personaggio che vogliamo interpretare e con cui ci immedesimiamo meglio, e anche il tipo di amore che desideriamo avere, se etero o omosessuale. Stiamo parlando di The Sims, Fable… ma anche Dragon Age o Skyrim, tutti titoli appartenenti a quel genere che permette la completa personalizzazione del nostro avatar e la creazione di una vita “parallela” libera da stereotipi, fobie, sessismi, razzismi… 'ismi, 'ismi e altri 'ismi.

In conclusione…

Il sessismo è presente in molte forme all'interno dei videogiochi, sia per quanto riguarda la parte maschile – descritta sempre forte, bella e muscolosa – sia per quanto riguarda quella femminile – perfetta, formosa e spesso debole – ma ciò che può fare veramente la differenza non è solamente l'attenzione posta dalle software house rispetto a certi temi, ma il comportamento che assumiamo noi utenti all'interno del mondo videoludico che tanto amiamo. Possono esserci i giocatori occasionali come quelli veramente appassionati, possono essere sia uomo che donna, ma ognuno di loro vivrà la sua passione in modo personale, facendo di questa bellissima forma d'arte un hobby quotidiano o una semplice partita con gli amici, purché si rimanga nel rispetto reciproco e nella consapevolezza che sì, siamo tutti diversi ma siamo tutti gamers, indipendentemente dal sesso, dalla razza o dall'orientamento sessuale.
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Bayonetta di capelli vestita.
Sì, il sessismo nei videogiochi esiste, e gli stereotipi perpretati da allcuni titoli contribuiscono ad accrescerlo e fare sì che ci si fossilizzi in quei ruoli "maschio/femmina" che tanto ci disturbano. Cosa possiamo fare a riguardo? Ricordarci che siamo tutti gamers, ognuno con i suoi gusti, e non dimenticarci mai che il rispetto, vivendo la nostra passione comune, è importantissimo. Le cose cambiano dai piccoli passi, e siamo fiduciosi verso un futuro fatto di videogiochi che sì, rispettino la fantasia, ma sappiano anche riferirsi ad i proprio protagonisti con intelligenza, e non tanto per sfornare un titolo che accontenti le masse.