Uncharted 3 è un videogioco ubriaco di cinema. Senza sacrificare la componente ludica, Naughty Dog ha concentrato gli sforzi sugli aspetti più cinematografici della produzione, con intrecci narrativi appassionanti coadiuvati da uno dei comparti grafici più spettacolari di questa generazione: la naturalezza con cui le cut-scene si avvicendano alle parti giocate rende inizialmente difficile il distinguo tra le une e le altre, tanto che la narrazione si fonde armoniosamente nel gameplay. Naughty Dog è un regista navigato, puntiglioso e furbo. Laddove la linearità assoluta e reiterata potrebbe essere motivo di frustrazione per il fruitore, l'abile regia tenta di camuffarla astutamente con i virtuosismi del cameraman o scene scriptate altamente spettacolari inserite con una disinvoltura che ha del disarmante. Così che anche un banale inseguimento dello scagnozzo di turno acquista un sapore del tutto nuovo, o le continue cadute e disavventure durante le fasi di scalata, degne del più sfortunato degli stunt-man (a Drake accade letteralmente di tutto) sono motivo continuo di stupore.
Uncharted 3 va sicuramente ascritto alla categoria action-adventure, ma ancora una volta Naughty Dog riunisce sotto lo stesso tempo diversi generi ludici, riproponendo la ciclica alternanza tra sparatorie, sezioni platform e puzzle solving senza dimenticare di donare a ognuna di queste componenti la dignità che merita. La software house, conscia di aver creato un secondo capitolo prossimo all'eccellenza non apporta alcuna deviazione rispetto alla struttura portante, piuttosto un lavoro certosino di miglioramento e perfezionamento. Si parte dal sistema di combattimento, rifinito a dovere per le ancor più convulse scazzottate in mischia, passando per la sceneggiatura, la trama e gli intrecci degni di una produzione hollywoodiana, per finire con il comparto tecnico, degno successore di quello già trascendentale presente nel "Covo dei Ladri". Uncharted 3 non rinnega il predecessore, piuttosto lo omaggia, e le novità aggiunte sono poche ma veramente buone: innanzitutto è data maggiore profondità ai pestaggi, che si arricchiscono di nuove possibilità e risultano più interattivi rispetto al passato, sicuramente più appaganti esteticamente e vari a livello di mosse.
Anche le sparatorie, che ora vantano alcune sequenze mozzafiato specie quando si sviluppano in verticale, si arricchiscono di un rilancio dinamico delle granate al mittente, della possibilità di portare gli scudi antisommossa in spalla e di cattivi, finalmente, davvero cattivi. E con un guardaroba più vario che in passato. Ci si affida ancora al valido sistema di coperture stile Gears o Killzone (fate vobis) e il level design, sempre ispiratissimo, lascia qualche concessione all'atteggiamento stealth. Anche dal punto di vista dei puzzle ambientali questo terzo capitolo appare più riuscito, con rompicapo contestuali e moderatamente ispirati.
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