Una volta infuocata al di là di strutture bizantine. Tra esplorazione e combattimento c'è spazio anche per la contemplazione
Ecco quel mattacchione del re de' pazzi; l'enfasi dei suoi sproloqui purtroppo non è all'altezza delle animazioni facciali
L'immersione in una realtà così tangibile, estesa e a tutto tondo è riuscita a relegare su un piano meno significativo il deficitario approfondimento narrativo, il design delle missioni non sempre ispirato, le varie approssimazioni realizzative nel campo di intelligenza artificiale ed animazione, il livello di difficoltà modificabile in qualsiasi momento quasi alla stregua di una cheat mode lecito, il sistema di combattimento a tratti farraginoso e soprattutto il compromesso, ingannevole quanto portante, del livellamento automatico di ogni parametro di gioco al grado d'esperienza del personaggio utilizzato.
L'espansione porta ovviamente con sé tutte le peculiarità di Oblivion, riproponendone in al completo le limitazioni della formula di gioco, senza in effetti tentare di porvi rimedio, ma arricchendone i punti di forza. Le Shivering Isles costituiscono un microcosmo definito nei particolari, dallo stile più immaginifico e peculiare del consueto; i funghi proliferano, crescendo in maniera sproporzionata fino a stagliarsi contro il cielo o assiepandosi sui costoni rocciosi, piccoli e vagamente luminescenti al buio. Le architetture si fanno più ibride, dalle palafitte di legno costituenti il rifugio di eretici esiliati ai templi maestosi assimilabili alle costruzioni sacre delle civiltà precolombiane. La flora si arricchisce di una varietà frutti e fiori esotici, disponibili alla creazione di nuove tipologie di pozioni magiche, e rispecchia la doppia natura della locazione; un confine invisibile separa il versante nord-occidentale, rigoglioso d'alberi dalle chiome fluenti, salubre e solare, da quello sud-orientale, malsano, decadente, fatto di mangrovie intrecciate sul suolo paludoso e di rami spogli immersi nella nebbia. Ampliato a dovere il novero delle creature abitanti, frutto di un apprezzabile sforzo creativo sia nel bestiario che nelle figure antropomorfe; si comincia da un'imponente golem guardiano per passare a guerrieri scheletrici dalle sembianza di rettile, si prosegue con un'ostile tribù di esseri anfibi oltremodo coriacei – a metà tra il mostro della palude e l'immaginario Lovecraftiano – e con statuarie demonesse avvolte in armature di luce e tenebra.
Fronde spoglie si stagliano sul cielo come dita scheletriche; l'atmosfera delle terre di Demenza è lugubre e opprimente
I dungeon solitamente non offrono granché, in termini di level design e di suggestione visiva, ma nascondono molti item
In linea di principio, è interessante notare come non si possa davvero parlare di una lotta tra bene e male, dato che nobiltà d'animo e moralità non hanno un allineamento così preciso, quanto di una sorta di equilibrio instabile tra ordine e caos, ying-yang alle fondamenta della struttura dell'universo di Oblivion.
In pratica, il tutto si traduce in una successione di incarichi abbastanza differenziati da non risultare ridondanti, il cui completamento passerà per l'esplorazione - in costante assetto di battaglia - di gran parte delle lande superficiali e del sottosuolo del regno, oltre che per l'indagine più relazionale e riflessiva nella capitale divisa tra i distretti di Bliss e New Sheoth.
I personaggi primari si distinguono favorevolmente per caratterizzazione, il che è un bel risultato se si considera il generico anonimato delle figure incontrate nel titolo originale; escludendo il già menzionato sovrano degli sbroccati e la sua natura spesso farneticante, non si può non pensare al fido ciambellano Haskill, assennato e cinico di fronte alle bizzarrie caratteriali di chi lo circonda, o al Duca di Mania e alla Duchessa di Demenza, perfetti rappresentanti dei cittadini e del tenore di vita delle due facce della capitale: l'uno ometto godereccio e chiacchierone, l'altra dama tenebrosa perduta nelle paranoie. Risultano invece meno interessanti i png accessori, di solito piatti nelle loro piccole fissazioni e stranezze, aventi la funzione di dispensatori di side-quest poco memorabili ma spesso alla base del ritrovamento dei nuovi item, armi ed armature; ad esempio, previa raccolta di particolari materiali e di rare matrici magiche, i fabbri del luogo potranno forgiare equipaggiamenti di notevole efficacia.
Complessivamente, Oblivion non si smentisce, e lascia anche in questa variante una sorta di desiderio inappagato; il tema della follia, che avrebbe potuto rappresentare il punto di partenza per un'indagine psicologica più sottile, per divagazioni disturbanti, inquietanti o lisergiche, finisce invece per fungere da cornice curiosa ma scanzonata e irrimediabilmente superficiale.
Il museo delle stranezze; la cosa più strana è che l'esposizione comprende inizialmente solo un cranio di pigmeo
Il lato oscuro della capitale; l'alto livello di degrado si dovrebbe evincere dalle sgradevoli fogne a cielo aperto
E' anche vero che le variazioni rispetto alla formula di gioco originale sono letteralmente inesistenti; considerando che insieme agli aspetti vincenti si ripresentano immutate anche le note incertezze e limitazioni, l'interesse generato dal reiterare meccanismi già ampiamente sperimentati, per decine di ore supplementari, può risultare piuttosto ridimensionato.