La saga di Tenchu ha una tradizione piuttosto radicata che conta ben quattro titoli nel panorama ludico della PS2, e con questo Time of the Assassins compie i primi passi nel mondo del portatile. Com'è facile intuire, lo scopo del gioco sarà quello di impersonare un (o una) Ninja e svolgere con esso una serie di missioni successive, che andranno dalla ricognizione, alla scorta, a naturalmente l'omicidio, e così via. Ai quattro personaggi disponibili inizialmente (Rikimaru, Ayame, Rin e Tesshu) andrà in seguito ad affiancarsi anche un redivivo Onikage, ed avendo ciascun personaggio la propria peculiare successione di missioni stiamo parlando di ben cinque serie differenti disponibili, per tre livelli di difficoltà.
Una volta superati i vari filmati introduttivi, tutti realizzati in una gradevole computer-graphic, si arriva alle fasi di gioco vero e proprio, e subito il titolo comincia a dimostrare le proprie pecche. La visuale in terza persona ha un campo decisamente limitato, tanto che solo grazie all'indicatore di prossimità in basso a sinistra è possibile evitare di finire direttamente in bocca ai nemici. Le cose migliorano di un'inezia attivando la visuale in prima persona (puntamento), ma dato che da questa prospettiva non è possibile muoversi risulta essere solo una modalità di “osservazione”. I controlli soffrono notevolmente la mancanza di un secondo stick analogico per ruotare la telecamera, cosa che in un gioco di spionaggio limita notevolmente la capacità d'individuazione del giocatore. Per il resto i controlli risultano abbastanza discreti, con tasti per l'attacco, il salto (che può essere eseguito doppio e sulle pareti), la parata, il puntamento del nemico, il movimento furtivo, la selezione e l'uso degli oggetti equipaggiati.
Tecnicamente parlando le cose precipitano: per quanto i modelli dei personaggi siano alla fin fine discreti (dopotutto stiamo parlando di una PSP e non di una consolle next-gen) e le animazioni fluide, varie e realistiche, è la grafica degli ambienti ad essere veramente povera e grezza. Le mappe sono infatti realizzate a “quadratoni”, ossia a settori quadrati affiancati decisamente troppo evincibili: se ancora ancora in città è comprensibile che la disposizione di muri, casse e costruzioni segua un ordine squadrato, non è affatto plausibile che addentrandosi in un bosco ci si ritrovi in un labirinto di sentieri con curve a novanta gradi, colline con inclinazione fissa, fiumi che paiono canali fognari e gradoni in cui l'unico parametro differente e l'altezza. Alberi ed altri elementi sono realizzati con filosofie vecchie di dieci anni (addirittura, i tronchi sono realizzati con due texture incrociate).
Infine, la realizzazione di praticamente tutte le aree non segue alcun filo logico se non quello di essere via via più labirintiche man mano che la vicenda va avanti: fatta eccezione per le mappe cittadine, in cui è talvolta presente la mappa, è praticamente automatico perdersi tra tempietti shinto e radure insensate sparse a caso per la foresta. Il sonoro non è meglio, con musiche angosciose e ripetitive che ben presto provocano un senso di fastidio crescente, effetti sonori mediocri e dialoghi limitati alle scene filmate.
La giocabilità naturalmente risente di tutti i difetti succitati: per quanto prendere la mano ai controlli non sia poi così arduo, ci si troverà sempre e comunque al cospetto di un'interfaccia carente, di uno studio dei livelli follemente labirintico con una visibilità ridottissima ed in generale con un'esperienza di gioco snervante (ed in questo senso la musica certo non aiuta). Come se ciò non bastasse, il titolo serba in sé un'altra spiacevole sorpresa: al verificarsi del game over, al giocatore sarà posta la scelta tra l'uscire al menù (e quindi dover eventualmente iniziare la missione da capo) o se “continuare”. Il problema è che “continuando” il gioco si limiterà a “resuscitare” il personaggio lì dove è schiattato piuttosto che presso un ipotetico checkpoint, col risultato che se, per esempio, siete morti fronteggiando quattro avversari destati per errore, quegli stessi quattro saranno lì pronti ad ammazzarvi di nuovo, senza che possiate godere neppure di qualche secondo di invulnerabilità.
Infine, la storia di gioco è pressoché incomprensibile, in parte perché si rifà ad eventi ed episodi accaduti nei Tenchu per PS2, in parte perché i dialoghi sembrano aver subito un abbondante serie di tagli in sede di traduzione, in parte perché molti eventi avvengono tra una missione e l'altra e spesso senza un effettivo senso logico. Per dirla tutta, svolgerete delle missioni senza avere la più pallida idea del perché.
La longevità è forse l'unico parametro del gioco che rasenta la sufficienza, in quanto cinque serie di missioni moltiplicate per tre livelli di difficoltà non sono poche, e ad esse si affianca la possibilità di giocare in connessione diretta con un amico nelle modalità sfida e missione cooperativa. È comunque una magra consolazione in un titolo che sarebbe potuto essere realizzato decisamente meglio e che, a conti fatti, fa acqua da tutte le parti. Se siete follemente appassionati della serie di Tenchu forse potreste trovare in questo Time of the Assassins qualcosa di vostro gradimento, ma in tutti gli altri casi passate oltre senza pietà.
3,5
Pessima mossa, From Software: per un titolo come Tenchu ci si aspettava una conversione coi fiocchi, ed invece siamo di fronte ad un prodotto tecnicamente sgradevole e dalla giocabilità rovinata, viziata da problemi di interfaccia e da uno studio degli ambienti a dir poco improbabile. A meno che non siate dei fan sfegatati della serie ed abbiate terminato innumerevoli volte tutti gli episodi per PS2, probabilmente fareste meglio a lasciare questo titolo sugli scaffali.



