LeChuck è tornato alla sua forma d'un tempo. I fans ne saranno sicuramente felici; i protagonisti della storia, che avevano creduto in lui, un po' meno.
Che effetto fa, per la prima volta, essere lo zombie e non il cacciatore? Guybrush capirà finalmente cosa dovette sopportare la sua arci-nemesi, una volta morta.
Il protagonista abbandona così il mondo dei vivi, lasciando dietro di sé una moglie intenzionata a salvare ancora il mondo (questa volta, da sola) e tanti, tantissimi misteri insoluti. Come mai LeChuck cercava la spugna? La storia di una Voodoo Lady “burattinaia”, vera e unica nemica della saga intera, aveva qualche fondamento? In un'avventura divisa tra regno spirituale e materiale, Guybrush dovrà trovare da sé una risposta ad ogni quesito rimasto irrisolto, tra vecchie conoscenze, insperati cambi di amicizie e un'atmosfera che si fa sempre più opprimente ad ogni passo macinato. Così come nel prequel, anche in Rise of Pirate God non c'è spazio per ridere. O, quantomeno, non solo per quello. Guybrush non ha da salvare solo la propria pelle (o, per meglio dire, la propria anima) o quella degli interi Caraibi: c'è il suo matrimonio con Elaine in ballo. Una Elaine che, nel corso della storia, si è allontanata sempre più da lui, fino a scomparire del tutto. E non è un caso che alcune delle scene clue di Rise of Pirate God siano incentrate sul concetto di coppia e su un amore solo indebolito, ma mai scalfito. Peccato che oltre ad un paio di spezzoni sicuramente toccanti, il copione di questo quinto capitolo abbia ben poco da offrire.
In giro per l'oltretomba incontreremo vari personaggi bizzarri. Quest'uomo, un abilissimo ladro, è forse il più particolare.
Anche Morgan, come facilmente intuibile, farà la sua apparizione. Dopo il suo sacrificio eroico, toccherà a noi sacrificarci per farle riguadagnare l'onore perduto...
Gli enigmi, dal proprio canto, non fanno molto per risollevare la situazione generale. Basati quasi esclusivamente sull'interazione di un oggetto A con un elemento B, cadono all'istante in una semplicità di fondo a tratti disarmante. Le ambientazioni esplorabili sono numerose, certo, ma raramente risolvere il rompicapo del posto richiederà spostamenti chilometrici. Qualche simpatico duello ad insulti ed uno scontro finale a suo modo poetico poco aiutano a rendere il tutto più interessante.
Ottimo il lavoro svolto sugli scenari, invece, sia per quanto riguarda il disegno che per l'atmosfera. L'oltretomba è tetra e solitaria come l'immaginereste, e non sono di certo i suoi strambi abitanti a rovinarne il feeling. L'ispirazione viene un po' a mancare una volta “risorti”, invece. Motivazione? Il solito, fastidioso backtraking. Backtraking che, a dirla tutta, speravamo di aver abbandonato con Trial and Execution. Per chi non masticasse la lingua, spieghiamo quale malefico concetto si annida dietro suddetta parola, innocua solo all'apparenza. Parliamo dell'eccessiva riproposizione di zone già visitate in precedenza (nei capitoli precedenti, in questo caso): nient'altro che una “scusa” degli sviluppatori per riadoperare lavoro già fatto e per alleggerirsi un carico altrimenti impossibile da reggere (per limiti di tempo, o per pura svogliatezza). E rieccoci qui: dopo un quarto episodio che, per la primissima volta in assoluto, faceva scadere la saga nel tunnel del riciclato, anche Rise of the Pirate God lascia il segno (in negativo, si intende), per il medesimo motivo.
L'atmosfera generale è tetra e inquietante quanto basta. Le colonne sonore di Land, poi, non fanno altro che perfezionare quello che è un piccolo, grande capolavoro artistico.
L'ironia è presente anche nel mondo dei morti, quantomeno. Ma fareste meglio a non sottovalutare questo tizio (o tizi?): è un abile spadaccino. Ad insulti, ovviamente.
7
Peccato, peccato, peccato. Abbiamo elogiato Launch of Screaming Narwhal per il suo coraggio nel far rinascere una saga, abbiamo stimato Siege of Spinner Cay per il suo impegno nel migliorare i difetti del predecessore, abbiamo apprezzato Lair of the Leviathan per il suo cast scoppiettante, adorato totalmente Trial and Execution of Guybrush Threepwood per aver portato la serie di Monkey Island su tematiche e stili di narrazione mai sperimentati prima. E Rise of the Pirate God? O nel nostro cuore non c'è più spazio per i capolavori, oppure ha fallito nel ritagliarselo con le proprie forze. Pensiamo di più la seconda. Non parliamo di un brutto episodio, per carità, ma di un finale inaspettatamente lento e prevedibile, oltre che poco stimolante nella fase prettamente ludica. La trama approfondisce male molti dei punti chiave, lasciandone contemporaneamente altrettanti in ombra. L'intero capitolo profuma di grandissima occasione mancata, di prodotto nato con le migliori pretese ma concluso in fretta e furia. Carino, simpatico, a tratti illuminante, ma non l'epilogo con fuochi d'artificio che tutti ci aspettavamo. Rimaniamo, ahinoi, in attesa di una seconda stagione. E di una traduzione in italiano con i fiocchi, magari.
8,5
9
6
6