Diciamocela. Un gioco portatile finisce per essere affrontato durante brevi pauese e altrettanto estemporanei (almeno si spera...) trasferimenti da per il lavoro/scuola a bordo dei mezzi pubblici. Da titoli di questo tipo, quindi, come ho già a vuto occasione di scrivere in passato, non si pretende e non ci si aspetta una trama alla Fallout 3, anche perché per vederne la fine, in quel caso, occorrerebbe mettere in conto tutte le ricreazioni e i quarti d'ora accademici fino al giorno della laurea. Allo stesso tempo, però, sarebbe opportuno richiamare la sensibilità degli sviluppatori sulla necessità d'implementare metodi di salvataggio un po' più amichevoli.
Niente da fare. SOCOM resta fedele alla sua impostazione, mutuata quando il massimo, in termini di memoria scrivibile, che si poteva chiedere ad uuna console era una memory card da una manciata di Megabyte e ci costringe a finire il livello per poter salvare, pena la perdita di tutto quanto abbiamo combinato fino a quel momento in una data missione. Forse i ragazzi della Slant Six temevano, se avessero consentito salvataggi liberi, di minare ulteriormente la longevità. Così, però, rischiano di produrre l'effetto inverso, scoraggiando potenziali giocatori proprio in virtù del timore di subire una costante frustrazione (mettiamo che una missione richieda una ventina di minuti e voi passiate in metro solo un quarto d'ora...).
Per una cosa che ancora può essere migliorata, però, eccone un'altra che è stata finalmente messa a posto, adeguando SOCOM FTB3 agli standard dei moderni FPS. Radiata la barra della vita e messi definitivamente al bando i medi-kit, è stato implementato, per la gioia di grandi e piccini, un sistema di rigenerazione automatico della salute che vi permette, quando siete colpiti e la vista comincia a sfarfallare (nel vero senso della parola), di mettervi al riparo, sfruttando la copertura dei gregari finché non vi sarete ripresi.
So cosa stanno per dire alcuni di voi. Che una scelta del genere è un insulto al realismo, che così non c'è più gusto, eccetera. Un attimo, amici. SOCOM resta un gioco e nessuno qui, né chi scrive né i lettori, ha frequentato con successo il corso incursori dei SEALs, sciroppandosi settimane intere di marce, esercizi fisici defatiganti, immersioni in acque gelide e così via. La cosa reale, per forza di cose, è diversa. Sia che si dia la caccia ai terroristi nella carlinga di un liner dirotatto, sia che si piloti un aereo da combattimento a bassa quota. Inutile pensare di poter riprodurre esperienze del genere in modo realistico su una console, men che mai tascabile.
Quello a cui mirano i ragazzi della Slant Six, allora, e ci riescono benissimo, è farvi divertire, tenervi aggrappati ai tasti sempre più piccoli (ho provato la PSP Go ma, non avendo le mani di un halfling, sono corso a riprendere la mia vecchia PSP full size, comperata il giorno del debutto) della vostra macchinetta da gioco. E non c'è nulla di divertente, lo sapete bene, nel crepare ad una decina di secondi dalla fine di un livello, proprio mentre le porte del treno si aprono e l'altoparlante annuncia la vostra stazione, solo perché si è terminata la scorta dei pacchetti di medicazione. Meno incisiva un'altra aggiunta al gameplay, che consente di procedere accovacciati, scansando in questo modo le pallottole fino a raggiungere un ostacolo da sfruttare come copertura.
Il resto della formula di gioco ricalca quella dei titoli precedenti, consolidando l'ottimo sistema di controllo e l'impianto tecnico che, tuttora, costituisce uno dei benchmark più avanzati per la piattaforma hardware tascabile della Sony. Grafica pulita, veloce, corredata di ottime riproduzioni facciali e di animazioni credibili, sonoro gradevole, intelligenza artficiale di gregari e nemici (specie i primi) abbastanza sofisticata da non farne automaticamente carne da macello per l'arma automatica più vicina. Niente da dire anche sul comparto connettività, che si avvale della formula mista locale o infrastruttura, attraverso la quale, oltre al cooperativo da quattro giocatori, è possibile cimentarsi in partite Deathmatch o Capture the Flag fino a 16 giocatori per volta.
La formula di questo genere di gioco, come scritto nel Commento, comincia ad apparire un po' trita, tanto che anche chi come me è stato allevato a pane, moschetto e tuta mimetica comincia ad augurarsi qualche novità vera, che non finisca per dare una lucidata dal punto di vista tecnico ad un prodotto già visto, prima di rimetterlo in commercio. La trama della campagna, pur condita dalla solita assortitissima panoplia di sistemi d'arma componibili (oltre 70 oggetti diversi sono messi progressivamente a disposizione della squadra), finisce per non regalare particolari emozioni, fatta salva la notevole resa a video delle condizioni meteo, a partire dalla bellissima nevicata che fa da sfondo ad una delle missioni, ambientata in una foresta di betulle di un Paese dell'Europa Occidentale. Resta però il fatto che SOCOM, se parliamo di giochi PSP, si riconferma con questo terzo capitolo il miglior titolo del genere. Gli appassionati sono avvisati.
8
La guerra al terrorismo è sempre d'attualità e la presenza nel mondo di stati canaglia pronti a finanziare gruppi di criminali per consentire loro di destabilizzare il nostro quieto vivere rende necessario il mantenimento di reparti addestrati e specializzati, come i SEALs di SOCOM. E' una realtà, però, che la formula della squadra speciale che irrompe in fabbriche, depositi, aeroplani ed edifici vari per liberare gli ostaggi e ammazzare i cattivi, abusata da titoli come SOCOM, Rainbow Six e così via, comincia a mostrare il fianco a chi l'accusa di non volersi rinnovare. Hai voglia ad inventare nuove trame, il succo resta sempre quello. E se la TV, da tempo, ha capito che anche il settore delle “crime fiction” aveva bisogno di una svecchiata, sarebbe ora che anche le case di produzione dei videogiochi cominciassero a spremere le meningi per inventare qualcosa di nuovo.



