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Recensione Smash Court Tennis 2

Simone BianchiniDi Simone Bianchini (23 luglio 2004)
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Namco si avventura sotto rete, nella fattispecie quella intricata della circuiteria del giocattolone made in Sony, tentando di prendere in contropiede il mercato dei titoli tennistici, ampiamente ringalluzzito nell'ultimo periodo dal ragguardevole successo commerciale e di critica ottenuto da tale Top Spin sulla piattaforma Microsoft. E lo fa con un esercizio di stile che, senza rinnegare le proprie origini ludiche, si propone in netta controtendenza rispetto alle dinamiche spettacolar-arcadeistiche che paiono aver investito il filone, dall'avvento del blockbuster di Power and Magic Development. La software house nipponica però tira fuori un simulatore di tennis in piena regola, laddove le controparti si erano limitate ad infarcire concept degni del vetusto Pong, con una tempesta di fuochi d'artificio che nemmeno il Fantavision dei tempi migliori aveva saputo offire. Il tutto, inoltre, condito con un pizzico di FPS, varia artiglieria (testimoniata dall'uso sconsiderato di grilletti), una camionata di licenze e un po' di Lasergaming d'annata. Tanto si sa, il tennis e' come il tiro a segno. Che importa avere il controllo del giocatore quando lo si può benissimo delegare alla CPU. E via di Time Crisis Davis Cup Edition.
Sarcasmo a parte Smash Court, grazie ad una fortuita serie di coincidenze e all'eccellente lavoro svolto dai ragazzi di Namco, traduce in codice binario l'essenza stessa del tennis, come probabilmente nemmeno io stesso avrei saputo fare a parole o John McEnroe coi fatti, in campo.
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Il nuovo titolo dedicato alla racchetta di Namco è scambio, sofferenza, punti giocati sotto pressione con la consapevolezza della loro crucialità, tattica. Richiede pazienza, sprona costantemente il giocatore a migliorare la propria affinità col sistema di controllo, appassiona a tutto tondo. Tutto questo e in più, sbalordite, è anche divertente. SCTPT2 è un titolo costruito interamente attorno alle intuizioni che hanno dato origine al suo sistema di controllo, diretto discendente di quello ammirato nel prequel, la cui caratteristica centrale era (ed è) proprio quella di enfatizzare la componente temporale dell'impatto con la sfera. Ogni qualvolta il giocatore si trova a dover ribattere una pallina proveniente dall'altro lato del campo esiste un preciso momento nel quale si può trarre il maggior profitto dalla pressione di uno dei tasti del joypad.
Più il momento scelto dal giocatore per impattare la pallina ricoperta di feltro si allontanerà da quello ideale peggiore sarà la qualità del colpo scaturito, e viceversa.
In sostanza non importa quale tipo di colpo. Come nel tennis reale anche una smorzata eseguita in una situazione di difesa, un drop volley in condizioni di precario equilibrio o un passante in back possono diventare vincenti, se eseguiti in maniera adeguata ed al momento opportuno. Inoltre, maggiore sarà il tempo trascorso nei pressi della zona di rimbalzo, più ampia e comoda sarà la fase di carica e più elevata sarà la forza restituita alla pallina con ovvie conseguenze sull'incisività del colpo..
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Secondo un approccio diametralmente opposto a quanto esibito dalla concorrenza il simulatore della casa di Ridge Racer non sminuisce il ruolo del giocatore delegandogli unicamente la responsabilità di imprimere una direzione alla pallina, (scongiurando tra le altre cose il pericolo di trasformare tutto in una sorta di tiro a segno) e decide di mettere questo aspetto in secondo piano dando luogo situazioni nelle quali ci si ritrova costantemente coinvolti in un avvincente confronto tattico con l'avversario (dove il movimento e la posizione all'interno dell'area di gioco assumono acquisiscono un a importanza preponderante rispetto al mero gesto tecnico), condotto nel tentativo di conquistare porzioni di campo sempre più considerevoli e dunque tagliare fuori l'avversario per chiudere il punto a colpo sicuro, a prescindere dal tasto con il quale lo si voglia chiudere. Se volete, la rotazione in top vi concede un margine più ampio, mentre la botta piatta si rivela più inclemente. Tuttavia l'importante è buttarla di la.
Una volta assimilate le meccaniche che ne regolano il gameplay la sensazione di controllo in campo è assoluta. Si può fare praticamente tutto in larga misura per merito della duttilità degli algoritmi che gestiscono l'esecuzione dei vari colpi, in grado di adattarsi di volta in volta alle varie situazioni e tramutare la pressione di un unico tasto, eseguita con un tempo leggermente differente ed una diversa posizione rispetto alla pallina, in due approcci completamente diversificati al colpo. Qui, come del resto nella realtà, la differenza tra un drittone in anticipo ed una demi-volee di edberghiana memoria sta tutta in mezzo secondo e la qualità dei sopracitati colpi è completamente nelle mani del giocatore.

E questo va tutto a favore dell'immersione nella trama del gioco, giacchè si è facilmente in grado di variare la propria tattica o di reagire ad un colpo dell'avversario a velocità supersonica e della profondità dell'esperienza, perché padroneggiare un'interfaccia tanto sensibile può essere assai impegnativo e richiedere l'osservanza di una curva di apprendimento irta di ostacoli. E' necessario percepire il momento esatto in cui respingere la sfera e qualche sorta di automatismo deve forzatamente instaurarsi nei vostri schemi neurali per riuscire a condurre uno scambio con profitto. Il tennis di Namco più che giocarsi si sente. Smash Court sacrifica lo spettacolo audiovisivo (benchè questo si attesti comunque su livelli più che decorosi) in favore della verosimiglianza simulativa. Questo è palese appena dopo avergli dato un'occhiata in movimento.
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