Alcuni stage, un po' stringati e decisamente corti, appaiono sottotono, alternandosi ad altri che si dimostrano originali almeno dal punto di vista delle location. Questi si susseguono in modo rapido, hanno semplice conformazione e in generale hanno il vantaggio di non lasciare intrappolato per ore il giocatore, lasciandogli al contrario una discreta continuità ludica. Red Dead Revolver, pur non concedendo la stessa cura per tutti gli stage, si dimostra generalmente buono dal punto di vista squisitamente grafico, con un frame rate costante in quasi tutte le occasioni (60 fps contro i 30 della versione PS2) e dei modelli poligonali dei nemici sopra la sufficienza. Alcuni filtri che sembrano conferire all'immagine il caldo di quelle aride regioni sono un piccolo tocco di classe, così come la cura nel ricreare il pistolero Red: faccia di cuio, stivali, fondina con pistola e cappellone da tenere con la mano sinistra. Il reparto sonoro, grazie all'abuso di numerosi motivetti presi in prestito da svariati film famosi risulta perfettamente a tema (carinissima la musica di “Lo chiamavano Trinità”), senza dimenticare le musiche di Ennio Morricone, ed è coadiuvato da effetti sonori perfettamente ricreati. Tecnicamente, riesce quindi nell'impresa di farsi apprezzare, ma purtroppo risulta un gioco semplice e immediato macchiato da un costante senso di ripetitività che andando avanti nei livelli risulta davvero fastidioso. Nemmeno la modalità multiplayer (rigorosamente offline) con le sfide fino a un massimo di 4 giocatori, e una buona rigiocabilità (con alcuni extra da sbloccare), riescono a far lievitare il voto, che comunque rimane più che dignitoso.
12
7
Già dopo il quindicesimo capitolo, pur avendo cambiato più volte personaggio, pur essendo passati da un treno in corsa fino a cavalcare un toro imbizzarrito, ci si rende conto di come Red Dead Revolver non abbia reinventato nulla, e si proponga al pubblico come uno shooter 3D, confezionato diversamente: è cambiato solo l'abito, ma l'abito non fa il monaco. Così RDR si mostra fin da subito per quello che è: uno sparatutto in terza persona “puro”, non contaminato da altri generi ma macchiato da alcune trovate dall'indubbia utilità. Mostrandosi lineare e immediato, pecca di ripetitività. Il vecchio West, a cui il prodotto Rockstar San Diego si rifà senza particolari note d'autore, è un universo che nel mondo dei videogiochi non ha mai goduto di grande considerazione, ed è un vero peccato. Critiche sull' ambientazione a parte (che evitiamo di fare per non entrare in discorsi puramente soggettivi), un prodotto discreto.



