E' tramite le carte, del resto, che si sviluppa il gameplay di Chain of Memories, ma le bestiole di cui sopra non saranno che una delle tante vie per accedere ad esse. Anzitutto saranno i nemici sconfitti a dispensarle, tanto quelli minori quanto quelli maggiori, e la natura delle carte non sarà esclusivamente combattiva, poiché funzioneranno persino da vere e proprie chiavi per aprire le porte che separano le stanze l'una dall'altra. Fra le altre cose alcune daranno accesso agli eventi del racconto, mentre da altre dipenderà la forza ed il numero degli oppositori da affrontare (gli Heartless, s'intende). E ancora, utilizzare nelle belligeranze una carta inferiore a quella del nemico vuol dire interrompere l'offesa (invertendo i termini avviene ovviamente il contrario) e, nel colpire gli stipiti ed utilizzare le Carte-Mappa, occorrerà soddisfare particolari requisiti quali il colore, il valore e la loro quantità. Ad ogni level up sarà inoltre possibile scegliere come far evolvere Sora: da una parte vi sarà l'attraente incremento degli Hit Points (comunque “cappati” a cinquecentosessanta) e dall'altra si potrà apprendere una nuova tecnica. Una terza opzione, decisamente la più determinante, garantirà infine l'aumento della capienza complessiva del proprio mazzo (ogni carta, infatti, occupa a seconda della caratura una differente porzione del “deck”). Comportarsi poi in battaglia casualmente è un'azione senz'altro da evitare, non perché per buona parte dell'avventura sia inefficacie in termini di vittorie, ma perché sperimentare, modificare e dar vita a combo consapevolmente è forse il più bel agglomerato di sorprese di cui il titolo è garante (tutte mansioni di gran lunga superiori in interesse alle stanze-premio poste come segreti). Si provi a richiamare diverse coppie e triadi di carte (premendo i tasti dorsali contemporaneamente), siano esse summon, attacchi o magie (simili, uguali o diverse), e si capirà cosa chi scrive intende dire.
E come non parlare infine della maestosità del reparto audiovisivo senza riconoscere che quello che si ha davanti è uno degli apici tecnici del portatile Nintendo? Certamente va segnalato come ogni mondo di fantasia vanti il suo calzante battle theme ed il suo tematico accompagnamento musicale nelle fasi di locomozione, ma va parimenti detto che le composizioni ricalchino per buona parte quelle del precedente Kingdom Hearts. Un appunto che non vuole sminuire la perizia degli addetti ai lavori, positivamente responsabili di personaggi caratterizzati in maniera splendida ed altrettanto lodevoli nell'imbastire un colorito svolgersi delle battaglie (con tanto di stacchi della telecamera, effetti luce, grida di battaglia ed animazioni complessivamente notevoli). Che poi siano stati meno abili nell'eludere la ripetitività delle singole stanze (allestite ognuna con un tema dominante di cromatismi e dettagli cari al mondo d'appartenenza) non minaccia il giudizio sull'estetica di Chain of Memories, un'estetica in definitiva singolarmente curata. erito estendibile infondo agli altri settori di un gioco per giunta non avaro in offerte (il fattore collezionismo e le modalità extra aiuteranno coloro che ritengano poche le quindici ore circa necessarie per terminare il titolo) e, fattore non ultimo per importanza, compatibile a varie tipologie di giocatori che in esso potrebbero specchiarsi.
Amanti di Disney, Square-Enix ed action-rpg siete avvisati.
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La “catena dei ricordi” che ora ci troviamo ad analizzare è in primo luogo ciò che afferma d'essere: una catena, ossia una sequela d'anelli che nel nostro caso congiunge sapientemente l'epilogo di Kingdom Hearts (con Sora, Pippo e Paperino rincorrenti Pluto), la nuova avventura in quel del Castello dell'Oblio ed il futuro preludio di Kingdom Hearts II, il cui incipit narrativo ci vedrà residenti in una tramontale “Twilight Town”. Non uno spin off dunque, né tanto meno un pigro adattamento su Game Boy Advance di quanto visto sulla console Sony: semplicemente uno dei migliori action-rpg a due dimensioni propostoci nell'ultimo lustro dalla celebre softco di Tokyo.



