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Recensione Halo Reach

Bungie saluta e se ne và.
Luca GambinoDi Luca Gambino (12 settembre 2010)
Giocare con Halo Reach è un po' come guardare un film sul Titanic. Anche se sai già come finisce, speri sempre che qualcosa cambi e che il risultato finale sia differente da quello che tutti si aspettano. Chiunque conosca l'universo di Halo, o abbia quanto meno letto il primo libro della collana dedicata al capolavoro Bungie “La caduta di Reach”, conosce il triste destino del primo pianeta colonizzato dai terrestri e ultimo avamposto prima che i Covenant raggiungano il nostro amato pianeta. Reach è anche la casa degli Spartan, i soldati geneticamente modificati che sulla superficie di questo placido pianeta de tutto simile alla terra hanno trovato l'ambiente ideale per l'addestramento alla guerra e rappresentano la nostra migliore arma contro la minaccia aliena. Purtroppo la macchina da guerra Covenant ha scoperto l'avamposto e muove le sue pedine per la conquista del pianeta.
Halo Reach - Immagine 1
Halo Reach - Immagine 2
Halo Reach - Immagine 3
In Reach impersoneremo Noble “Six”, membro del team Noble, un gruppo d'elite Spartan chiamato a salvare il salvabile nel tentativo di celare ai Covenant la posizione della Terra. L'asse temporale di Halo Reach si posiziona prima degli eventi narrati in Combat Evolved e ci troviamo quindi di fronte a Spartan ancora immaturi, le cui tecniche di guerra sono ancora lontane dalla perfezione mostrata da Master Chief in Halo 2 e 3. Una resistenza ai colpi inferiore e l'impossibilità di poter gestire due armi contemporaneamente testimoniano una preparazione ancora da sviluppare, sebbene il coraggio e l'abnegazione dei sei del team Noble siano gli stessi messi in campo da Chief nel corso di tutta la saga. Il lavoro in team è uno dei temi principali nel corso di quasi tutto il gioco e vedrete i vostri compagni attorno a voi, combattere con la vostra stessa intensità, sebbene i vostri compagni di squadra non possano subire danni mortali (se non richiesti dal copione, ovviamente). L'interazione con loro è impossibile ma vi saranno sempre affianco nel portare a termine gli obbiettivi della missione, rappresentando comunque una discreta variante ad un gameplay ormai ampiamente collaudato.

Reach è stato pensato e realizzato nel segno della continuità concettuale con gli altri episodi della saga e questa “familiarità” con le meccaniche di base di Halo sono il leitmotiv che ci accompagnerà nel corso delle 8 ore di gioco che compongono la storyline dell'avventura. Per la sua ultima escursione nell'universo di Halo (Bungie infatti non svilupperà più titoli legati al brand) il team di sviluppo non ha comunque lesinato l'impegno nel fornire un motore grafico tirato e lucido e capace di sostenere lo sguardo rispetto alle ultime produzioni nextgen e introducendo  piacevoli novità sul versante del gameplay. Al gameplay classico di Halo, composto da un ritmo incessante e furiosi scontri a fuoco a piedi o su mezzi (umani o Covenant che siano), Bungie ha inserito alcune nuove features che hanno impreziosito l'esperienza di gioco. Il primo consiste in uno speciale equipaggiamento che aumenta la prestazioni del nostro Spartan. La natura dell'equipaggiamento ha cinque differenti declinazioni e permetterà al giocatore di variare l'approccio allo scontro garantendo una maggiore velocità nella corsa o la possibilità di ricaricare gli scudi, così come creare una impenetrabile “bolla energetica” già vista anche in Halo 3.Le ultime, e anche le migliori, permettono rispettivamente al giocatore di decollare e librarsi sulle teste degli avversari grazie ad un particolare Jetpack e un generatore portatile di ologrammi che lancerà verso i nostri avversari una nostra rappresentazione virtuale, attirando la loro attenzione e permettendoci invece di colpirli di sorpresa. A questo vanno ad unirsi anche alcune sessioni d'intermezzo a bordo dei velivoli che ci porteranno da una parte all'altra del pianeta e che ci vedranno a sfoltire le linee nemiche grazie a pesanti mitragliatrici. La parte del leone, però, sotto la voce “novità”, è rappresentata però dalla sessione a bordo delle navicelle spaziali che, mostrata nel corso dell'ultimo E3 ha letteralmente mandato in sollucchero tutti i fan della saga. Effettivamente la sessione appena descritta è sicuramente ben realizzata e avvincente. A bordo di una piccola navicella biposto aremo chiamati a difendere alcune basi orbitanti attorno al pianeta attaccate dai velivoli Spartan, investendoli con laser e razzi. Apprezzabile la buona volontà ma sicuramente quanto visto è un qualcosa di appena accennato che rappresenta una piacevole variazione al gameplay classico ma è pur sempre un episodio di 15 minuti (anche piuttosto ripetitivi) all'interno di otto ore di shooting puro e semplice.

Una fase shooter supportata ancora una volta da un level design che viaggia su due differenti binari e che mostra ancora una volta un team di sviluppo perfettamente a proprio agio nel combattimento all'aperto e, di contro, in forte imbarazzo quando le location si spostano in ambienti chiusi. Oltre ad un appiattimento “visivo” (tanto belli gli ambienti esterni quanto spartani e monotoni quelli al coperto), è proprio lo stile di combattimento a risentirne pesantemente. All'esterno infatti la qualità dello scontro è innalzato ai massimi livelli, con avversari che arrivano da tutte le posizioni, a bordo di veicoli e velivoli e con la continua incertezza di trovarsi un Covenant alle spalle armato di tutto punto, pronti a metterci al tappeto. Una volta spostati all'interno, invece, le due fazioni in gioco si affrontano “muro contro muro”, trovandosi solo e sempre uno di fronte all'altro e proponendo quindi sempre il solito schema di attacco e difesa che tende dopo un po' a diventare banale. E infatti i livelli meno ispirati di tutto il gioco arrivano proprio dalle rare sessioni svolte all'interno degli edifici del centro cittadino dove l'incubo della “Biblioteca” (il livello più noioso che memoria umana possa ricordare), si affaccia di tanto in tanto nella mente del giocatore. Fortuna vuole comunque che le varianti di gameplay inserite aiutino ad interpretare il tutto con un minimo di creatività in più, riuscendo comunque a non essere troppo ripetitivo e, alla lunga, noioso.

Ad ogni modo, i lunghi scontri a fuoco con i Covenant ci hanno permesso di ammirare tutta una nuova serie di script legati all'intelligenza artificiale che in alcuni frangenti ci hanno veramente sorpreso positivamente. I nostri avversari ripiegheranno in ritirata se messi in difficoltà, così come cercheranno addirittura di allontanarsi dalla zona dello scontro se feriti in modo particolarmente grave. Grazie alla modalità “cinema”, che permette di salvare il video della partita per riguardarlo con tutta calma e da differenti angolazioni, abbiamo potuto osservare come alcuni Covenant abbiano attraversato intere stanze e corridoi per portarsi quanto più distanti dalla nostra linea di tiro. Ovviamente questo fa il paio con invece alcuni atteggiamenti meno evoluti ma il differenziare le tattiche di attacco e difesa a seconda del grado di addestramento conseguito (è facile notare come solo le razze più evolute siano effettivamente le migliori in combattimento), ci è sembrato un autentico tocco di classe. Sempre in tema di intelligenza artificiale è da segnalare l'ottimo atteggiamento dei nostri compagni di team, per una volta messi in campo non solo come “cartonato semovente” ma effettivamente in grado di dare un autentico supporto allo scontro. Un consiglio, non fategli guidare i mezzi perché il loro stile di guida si avvicina a quello di un ubriaco senza patente.
Halo Reach - Immagine 4
Halo Reach - Immagine 5
Halo Reach - Immagine 6
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