Pur avendo molti punti in comune con tante storie con al centro omosessualità, malattia e uguaglianza (dal capostipite Philadelphia fino a The Normal Heart), la storia di Laurel è dolce e al contempo forte, forse prevedibile nel suo svolgimento, ma meritevole di essere raccontata.
Una storia vera di grandi ideali, che guidano la protagonista in una battaglia con le istituzioni che ha servito fedelmente in nome di un diritto negatole, ma anche di un amore quotidiano e intimo, la vera forza che le fa superare l'atteggiamento discreto e guardingo che ha mantenuto riguardo alla sua omosessualità.
Freeheld - Amore, Giustizia, Uguaglianza










Laurel però non è pronta ad arrendersi, non prima che lo stato riconosca la pensione di reversibilità a Stacy. Nonostante la legge sulle coppie di fatto descriva questa possibilità come legale, i freeholders a cui spetta la decisione rifiutano la sua richiesta, temendo ripercussioni economiche e politiche, presso il loro elettorato prettamente repubblicano.
Ha inizio così l'odissea dentro l'odissea di Laurel e Stacy, alla vigilia di un'epoca che dovrebbe essere egalitaria ma che stenta ancora a riconoscerlo.
Quella di Freeheld è la classica vicenda perfetta per un lungometraggio di quelli forti alla notte degli Oscar, grazie alla loro capacità di guardare a quanto di male ma anche di bene i legami tra esseri umani e la società possano generare, mantenendo un tono positivo e mai davvero capace di mettere a disagio, la vera carta vincente per quella competizione.
Noi però non siamo gli anziani votanti dell'Academy, che con il loro buonismo e la loro ipocrisia spesso somigliano ai membri del consiglio che giudicano dall'alto al basso "la lesbica", salvo poi riservarle un posto speciale nelle loro preghiere. Noi siamo appassionati di cinema e un'ottima storia non può e non deve bastarci. triste constatare come una tematica tanto attuale e importante venga in un certo senso svilita dalla stessa Hollywood che vorrebbe promuoverla. Da Dallas Buyers Club a Freeheld, ormai sembra che basti una coppia di ottimi protagonisti con la giusta alchimia e una lacrimevole storia vera per portare a casa un film altrimenti stantio e mortalmente noioso.
Julianne Moore e Ellen Page sono dedicate e credibili, ma attorno a loro gira una regia banale e incolore e una sceneggiatura molto stereotipata, vedi il povero Steve Carell, decisamente spassoso nei panni dell'attivista ebreo very gay, ma senza che il film si ricordi di guardare oltre il suo ruolo al limite della checca ancheggiante per farci vedere la persona, sia in positivo (le campagne per i diritti) ma soprattutto il negativo (le suddette campagne pilotate alla stregua di marketing pubblicitario).
Un trattamento di questo tipo me lo aspetto da una fiction di Rai 1 su santi, eroi laici e figure storiche, non da un film che può scomodare nomi così importanti per fargli fare poco più della Buy e Ferilli in Io e Lei.
Quella di Freeheld è una storia importante e proprio per questo motivo si meriterebbe un film di molto migliore.