Pazienza, visto che le armi da fuoco primitive le hanno anche i nani e gli imperiali di Warhammer Fantasy, si dissero all'epoca i fan del fantasy classico, chiudendo un occhio sugli scontri a fucilate un po' troppo frequenti e invasivi in nome di un gameplay comunque più ricco ed evoluto, più profondo, maggiormente caratterizzato. Il problema oggigiorno sta proprio qui, però. Fable 3 non aggiunge, anzi toglie parecchio in termini d'intutività e immediatezza gestionale, al sistema di gioco del secondo titolo della serie, trasportando nel contempo il giocatore in un'ambientazione a cavallo tra il neogotico e lo steampunk dove l'atmosfera da favola che tanto ci era piaciuta, fatta di laghetti cristallini e spelonche illuminate di cristalli fluorescenti, cede il passo a brutture che ci ricordano fin troppo il mondo in cui viviamo (inquinamento, sfruttamento del lavoro minorile, deportazione dei profughi, terrorismo, oppressione politica, sesso libero e materialismo economico sfrenato) per riuscire a mantenere quel senso di piacevole evasione e quelle indimenticabili atmosfere eroiche del primo e, almeno in buona parte, del secondo capitolo.
I balverini, geniale intuizione onomastica di Molyneux (mutuata forse dal timore di dover pagare le royalties sulla parola licantropo agli eredi di Lon Chaney...), qui, più che i micidiali animali da preda del Fable originale, hanno l'aria di una specie protetta dal WWF, rari da incontrare e fin troppo facili da abbattere. Così gli hobbes, alla cui leggenda già aveva molto nuociuto, quasi quanto la fregnaccia dei midiclorian a quella degli Jedi, la spiegazione sulla loro origine dal sacrificio e trasformazione dei bambini rapiti, data nel secondo titolo. Gruppuscoli sparsi nelle grotte e nei boschi, braccati come gli ultimi Apache rimasti fuori delle riserve, tanto che uno si aspetta, nel prossimo titolo (se ve ne sarà uno), di ritrovarli a pulire i vetri delle prime automobili ai semafori, in canottiera e jeans sdruciti. E poi pistole e fucili, troppi, che rendono tutti i guerrieri uguali, proprio come recitava una celeberrima pubblicità della Colt dellepoca del West, togliendoci il gusto della nobile arte della spada al punto che, alla fine, trascuriamo di apprenderla ai massimi livelli, ché tanto si fa molto prima sparando, come in un film con Jason Statham e Jean Reno.
Gli affezionati ricorderanno poi l'emozione del tirocinio del nostro primo eroe, la cura nell'evitare i trabocchetti e le tentazioni del male (o nel tuffarcisi a capofitto, per chi ambiva a farsi spuntare le corna, invece dell'aureola) durante il suo sviluppo, ma soprattutto la mitica padella assassina, arma per la verità non così potente, ma inseguita da tutti i giocatori di allora, da sbloccare e da potenziare con ben quattro slots, uno in più della mitica Spada degli Eoni. L'umorismo sottile e scanzonato, però, ci sembra anche quello andatosi via via stemperando, sostituito da un molto meno gradevole sarcasmo amaro, troppo attuale per non lasciare, assieme alla risata, una sensazione malinconica che, almeno quando giochiamo, vorremmo evitare. Intendiamoci, Fable 3 è un titolo pieno di idee e di cose da fare, a partire dalla lunga campagna principale nella quale, nei panni del fratello del re, sarete chiamati a radunare un esercito abbastanza forte da spodestarlo mettendo fine alla sua tirannia.
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