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Recensione Dragon Age: Origins

Quando il gioco di ruolo diventa epopea...
Fabio FundoniDi Fabio Fundoni (13 novembre 2009)
Ritorno alle origini
Se c'è una tipologia di videogiocatore che in questi ultimi anni ha sofferto vere e proprie pene infernali (ludicamente parlando), quello è decisamente l'appassionato di giochi di ruolo di stampo occidentale. Se poi dobbiamo andare a vedere tra il popolo delle console, la scena diventa ancor più desolante. Sebbene siano usciti diversi titoli con grandi ambizioni, Il fan di vecchia data non può che continuare a guardare al panorama ben più frizzante che si stagliava solo una manciata di anni fa. Se le già citate console non hanno mai spinto troppo il genere, è impossibile dimenticarsi titoli come Baldur's Gate o Planescape: Torment, capolavori assoluti capaci di segnare un'epoca e diventare pietre miliari imprescindibili.
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Mai contraddire il Lord!
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Mai sottovalutare la magia...
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... soprattutto in un universo dove ha sin troppi lati oscuti!
Tra i pochi team di talento che sono rimasti imperterriti a lavorare nel mondo dei GDR, è sempre presente la BioWare, gruppo canadese il cui nome è intrecciato a doppio filo con i due “must buy” appena nominati. Dopo aver stupito e affascinato l'utenza di tutto il mondo grazie al fantascientifico Mass Effect, i ragazzi di Edmonton tornano a farci sognare, ma questa volta riprendendo in mano uno dei loro cavalli di battaglia: il gioco di ruolo di stampo fantasy. Stiamo naturalmente parlando di Dragon Age: Origins che, sin dal primissimo annuncio, si è dovuto far carico delle enormi aspettative riposte da pubblico e addetti ai lavori a causa della ottima fama dei suoi creatori.

Come in ogni fantasy che si rispetti, una cupa ombra si staglia all'orizzonte e, questa volta, a tremare è il mondo di Ferelden, appositamente creato e ideato per l'occasione. Guidati dal potente Arcidemone, gli abominevoli guerrieri della Progenie Oscura rappresentano il Flagello che ciclicamente mette a ferro e fuoco ogni angolo del regno, portando una scia di morte e distruzione di proporzioni immani. Mentre i vari nobili sembrano essere troppo occupati dai proprio interessi per capire la reale portata del pericolo, tornano a diventare indispensabili i Custodi Grigi, un ordine di guerrieri da sempre deputato a guidare la resistenza ad ogni apparizione del Flagello, anche a costo di incredibili sacrifici. Indovinate un po' a chi toccherà imbracciare le armi per partecipare all'imminente scontro che segnerà i destini di ogni essere vivente? Logico, a noi!

Un gioco di razza
Dragon Age. Origin si presenta come un gioco di ruolo in terza persona, dove la visuale è ben piantata alle spalle del protagonista di turno (su PC è disponibile anche una comoda telecamera a volo d'uccello) offrendo, come da tradizione, la possibilità di cucirsi addosso la storia come il più comodo tra i propri vestiti. Che starà a noi e al nostro comportamento pennellare importanti parti dell'affresco creato da BioWare, ci è chiaro sin dalle prime battute di gioco, dove dovremo dare forma al nostro personaggio. Soffermarsi anche solo pochi minuti a leggere i vari background disponibili in base alla razza prescelta (disponibili umani, elfi e nani), al luogo di nascita e alla macro-classe d'appartenenza, mostra immediatamente una enorme cura nella creazione di un mondo finemente modellato in ogni sua più piccola parte. Fanno capolino anche le prime avvisaglie dei temi narrativi scelti per l'occasione dal team di sviluppo, notoriamente interessata a sviluppare argomenti maturi e impegnativi. Ecco quindi gli uomini, convinti di essere padroni del mondo, troppo occupati in battaglie per il potere politico per dare il giusto peso alle altre razze. Come non citare poi i nani, fieramente attaccati alle proprie tradizioni, ritirati sulle montagne alle prese con seri problemi tra classi sociali. Ultimi nella scala gerarchica (ma solo in quella) vi sono gli Elfi, da secoli ridotti al rango di servi ghettizzati dalle città o rintanati nelle foreste.Come in ogni gioco di ruolo che si rispetti dovremo anche scegliere una classe a cui appartenere, iniziando dai tre classici rami “guerriero”, “mago”, e “ladro”, per poi scoprire interessantissime specializzazioni con il proseguire del gioco. E se sin dalle prime battute veniamo trascinati in un vortice di skill, talenti e abilità che farebbero la gioia di qualsiasi giocatore di ruolo, è doveroso sottolineare che non stiamo parlando di fattori unicamente legati alla giocabilità del titolo, ma a qualcosa che farà sentire il proprio peso nella tessitura delle fila della trama. Si, in base alla nostra scelta iniziale potremo godere di differenti incipit, ognuno basato su ottime impostazioni narrative e situazioni intriganti, come d'altro canto si è dimostrata essere tutta la storia del gioco, anche una volta raggiunta la parte in comune per tutte le varie classi e razze.

Come sempre BioWare non ha fatto mistero di voler rappresentare situazioni forti, senza per questo dover scadere nel morboso o nel “violento a tutti i costi”. Il sangue scorre a fiumi, le situazioni disturbanti e crude non si fanno attendere, ma mai mostrandosi fuori posto. Tradimenti, intrighi e quant'altro sono funzionali allo svolgersi dei fatti, grazie alla scelta della sceneggiatura di voler portare sullo schermo anche i lati peggiori della vita che non sempre sono piacevoli, ma non per questo meno reali. Ottimo lavoro anche in fase di regia, dove ci si sposta saggiamente tra epiche battaglie e situazioni più personali, quasi minimaliste e introspettive, ennesima dimostrazione della cura con cui è stato creato l'universo in cui ci troveremo a giocare. Non mancano le citazioni più o meno limpide dei maestri del fantasy: gli appassionati non faranno fatica a riconoscere passi dove è chiaro l'influsso di mostri sacri come l'evocativo J. R. R. Tolkien o il più disincantato George R.R. Martin.

A colpi di joypad
Nonostante vi sia sempre stato un certo scetticismo per la resa di gameplay dei GDR su console, il lavoro mostrato e l'adattamento alle meccaniche del joypad si può considerare soddisfacente, sebbene sempre limitato rispetto all'uso di tastiera e mouse. I tasti a nostra disposizione ci permetteranno di avere il controllo su tutto il necessario sia in fase esplorativa che di battaglia benché sia viva una certa legnosità in alcune situazioni, soprattutto per quel che riguarda la navigazioni nei menù e negli inventari, dove si poteva probabilmente snellire la gestione delle quest e l'esame degli oggetti ritrovati sul campo. D'altro canto, i nostri personaggi (racchiusi in un party con un massimo di quattro guerrieri attivi) potranno accedere a tantissime azioni tra attacchi a due mani, l'uso di due armi, combattimenti con lo scudo, magie di ogni tipo e svariate abilità. Una simile ricchezza di opzioni trova la sua principale ragion d'essere durante le battaglie, a patto di cimentarsi nei livelli di difficoltà più avanzati. Giocando con l'opzione settata a “facile” potrete persino prendervi la libertà d'affrontare praticamente ogni nemico come se foste in un banalissimo action-game, mentre già a partire da “normale” dovrete iniziare a conoscere a dovere pregi e difetti degli uomini ai vostri ordini.
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"No cara, la spremuta di sangue che mi porto addosso è un semplice ornamento!"
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