Alla pressione del grilletto analogico, il naive rilascia un'esplosione elementare che agisce ad ampio raggio
L'ambientazione rimarrà anonima e dimessa per tutta l'avventura, deludendo chi si aspetterà una svolta imprevista che conceda qualcosa alla fantasia
Sempre in campo di voli pindarici avveniristici, anche una mutazione genetica potrebbe esaudire il desiderio di estendere le proprie potenzialità anatomiche. Dark Sector vede il protagonista Hayden Tenno acquisire come appendice del proprio braccio una devastante alabarda da lancio, dopo aver contratto l'agente patogeno Technocyte nel corso di una missione d'infiltrazione. Il processo d'alterazione dei tessuti è solo il primo stadio di una metamorfosi che si evolve verso l'annichilazione della coscienza individuale; le maggiori potenze del pianeta mirano al possesso di un simile mezzo di controllo, in grado di forgiare eserciti inarrestabili.
Al di là di uno scenario sci-fi che nel corso dell'avventura faticherà ad emergere in maniera significativa, complici una sceneggiatura e una narrazione superficiali, è più opportuno concentrarsi sulle implicazioni che il naive genera nell'immediato, assumendo un ruolo primario nel gameplay da action-shooter in terza persona; da grandi poteri derivano grandi soddisfazioni, come quella di tranciare in due il nemico mediante la proiezione di un'affilata parte di sé.
Il giocatore diviene una sorta di discobolo futuristico dedito all'arte del massacro; l'arma, alla maniera di un boomerang intelligente, completa il suo volo tornando docile in mano al mittente. Potenza, gittata e aftertouch (possibilità di dirigere la traiettoria dopo il rilascio) vengono acquisiti in automatico, con il passare del tempo e dei livelli, mentre il morbo avanza oltre la fase d'incubazione; l'utilizzo si amplia in breve con la possibilità di un tiro caricato, capace di abbattere in un sol colpo gli avversari standard, da temporizzare accuratamente dosando il dorsale destro del pad (il colore del mirino e la vibrazione del pad aiutano a cogliere il momento giusto).
Il motore grafico di Dark Sector da del filo da torcere agli impressionanti risultati estetici dell'UE3 di Gears of War
In alternativa alle coperture, si possono accorciare le distanze per tentare di affettare brutalmente la minaccia
Il resto dell'offerta ludica attinge a piene mali dal bacino di idee dei classici Resident Evil 4 e Gears of War, ispiratori di quello che sta divenendo ormai un ricco filone; l'inquadratura da sopra la spalla dell'avatar, le interazioni sensibili al contesto e il sistema di coperture sono caratteri di chiara derivazione, a cui si aggiungono riferimenti ancor più espliciti, come gli item nascosti in casse di legno da fracassare o il negozio in cui acquistare potenziamenti.
Dark Sector ha dalla sua la capacità mettere in pratica con efficacia i suggerimenti dei suoi maestri, in una sintesi che non può dirsi sontuosa pur garantendo buone dosi d'intrattenimento.
A fronte degli attacchi dalla distanza di creature e soldati ostili si è chiamati a fare cospicuo affidamento sulla tattica del riparo, appiattendosi contro mura e pilastri per poi sporgersi del tanto che basta a scagliare la lama o a far fuoco con più tradizionali pistole e fucili; gli scontri potranno comunque spostarsi con relativa agilità sul medio o corto raggio, comportando l'eventuale attivazione di violente uccisioni automatiche, previo indebolimento dell'avversario.
Il ritmo è sostenuto, l'azione gustosa nella sua brutalità, l'alternanza tra corpo a corpo e sparatorie ben dosata; talune spurie nel controllo e nelle collisioni non compromettono il feeling complessivo. Qualche perplessità è sollevata dal level design, a volte poco equilibrato, dispersivo nel rapporto tra l'ampiezza dell'arena in cui si consuma la battaglia e l'effettivo riempimento in termini di nemici e di elementi strategici offerti dal fondale.
Alcune idee sembrano non aver trovato il giusto peso nell'economia del gameplay; ad esempio, la curiosa implementazione dell'auto-distruzione delle armi sottratte al nemico, che obbliga ad un fruizione usa-e-getta, è del tutto arbitraria. Lo stesso Black Market espone in una dimessa vetrina equipaggiamenti tutt'altro che stimolanti, tanto che ci si potrebbe ritrovare a bun punto dell'avventura ancora con l'iniziale accoppiata pistola-fucile, senza grossi rimpianti (da parte sua, la risicata quantità di crediti a disposizione non invoglia a sperimentare nello shopping).
La beltà visiva messa in scena dal motore grafico, paradossalmente, mette in luce uno dei maggiori rimpianti. L'illuminazione, la buona fluidità, la solidità poligonale e quell'intrigante direzione artistica rimasta fedele alle origini spaziali e vagamente stealth del progetto (uno dei primi titoli next-gen presentati sotto forma di trailer) sono ridimensionate dalla piatta concezione di locazioni e nemici. Sotterranei, metropolitane, magazzini, hangar, fabbriche e moli industriali si succedono, generici, senza soluzione di continuità, al più raccordati da piazzali all'aperto in cui si sperimenta una certa sensazione di vuoto. Le creature ed i soldati ostili si ripropongono, tutt'altro che memorabili per fattezze e personalità, in poche e poco fantasiose varianti.
Capiterà che soldati e creature si diano battaglia tra loro, perdendo interesse nell'attaccare il protagonista
L'infezione colpisce il protagonista al braccio, ma tende ad espandersi sul suo corpo; sicuri di volere un vaccino?
Asettico e godibile.