Tiscali

Recensione Burnout Paradise

Un'intera Città da sgommare in lungo e in largo: è tornato Burnout!
Francesco Romagnoli Di Francesco Romagnoli(1 febbraio 2008)

La modalità Stunt, come dice il nome, prevede l'accumulo di un totale di punti, raggranellabili eseguendo manovre spettacolari, meglio ancora se concatenate in una combo il più lunga possibile.
C'è poi la Burning Route, che altro non è se non una prova contro il tempo ma con auto prefissate.
Ed infine ci sono le Road Rules. In pratica ogni strada ha il suo nome e su ogni strada della città è possibile settare un record. Sia dal punto di vista del tempo, sia dal punto di vista della distruzione, in cui ovviamente più si distrugge e meglio è. Effettuare il miglior punteggio sia per il tempo sia per quanto si è distrutto, vuol dire poter dominare quella strada.
Ovviamente per arrivare al 100% del gioco bisognerà portare a termine quanto descritto.
Di cose da fare insomma ce ne sono, e la varietà aiuta a stemperare il senso di ripetitività.
Sensazione che comunque di tanto in tanto compare, soprattutto per chi ha giocato i precedenti capitoli di Burnout, dato che in fondo alla base c'è sempre quello: spingere sempre sul bottone del turbo e cercare di sportellare quanti più avversari possibile.

Burnout Paradise - Immagine 6
Il modo in cui si deformano le auto a causa degli incidenti è altamente spettacolare
Burnout Paradise - Immagine 7
Una delle auto più potenti del gioco. La riceverete nelle fasi avanzate

Il gameplay và detto, pur divertente nella sua immediatezza e semplicità, non è in grado di offrire un'esperienza profonda, capace di gratificare grazie all'aumentare delle proprie capacità.
A questo si deve aggiungere il malefico “Mr. Elastico”, che anche questa volta reclama il suo ruolo.
Grazie a questa maledetta componente, gli stimoli per le gare più classiche vengono un po' a mancare, dato che come al solito è inutile cercare di dare il meglio durante tutta la gara. Si rischia di perderla con un banale errore nel finale. Molto meglio invece rimanere alle spalle dei primi, sforzarsi, e sottolineiamo “sforzarsi”(o morigerarsi) per non superarli durante la corsa, per poi sverniciarli nell'ultimo segmento di gara.
In questo modo le competizioni diventano di una banalità assurda, oltre che surreale. La percentuale di gare perse è davvero esigua, e tutto il brivido della sfida va a farsi friggere, e rimane solo quello di non vedere un'auto o un ostacolo dietro la curva per il rischio di andarci a sbattere contro.
 
Meglio parlare quindi di distruzione. Come al solito rimane una delle componenti più spettacolari del gioco. Quando si provocano incidenti a tutta velocità, le auto esplodono in mille pezzi, le lamiere si contorcono e l'impatto audiovisivo è forte.
Un piccolo neo offusca questa componente, al punto da creare delle situazioni al limite del buffo, o peggio imbarazzante: all'interno delle auto non vi è alcun pilota.
Quando le auto si distruggono e rimangono senza finestrini o portiere, la mancanza di un qualcuno all'interno si fa talmente plateale da indisporre. Ovviamente EA ha operato una scelta commerciale: non ha voluto rischiare di veder bollato il proprio prodotto con dei marchi che ne sconsigliano la vendita e l'utilizzo ad un pubblico non maturo, a causa della violenza delle scene.
Comprendiamo la scelta, anche se ovviamente non la sottoscriviamo.
 
 Fatte queste dovute critiche, possiamo tornare a parlare dei perché ci piace Burnout Paradise.
Ci piace perché è bello da vedere, perché ha una grafica ben colorata e con pochi difetti. Fluida e veloce senza accenni di cali di frame-rate, e con caricamenti tutto sommato esigui.
Le auto, pur non rappresentando alcun modello esistente nella realtà e pur non essendo rifinite minuziosamente, sono comunque belle luccicanti da vedere. Le loro forme rimandano, spesso anche molto da vicino, a modelli veramente esistenti, di ogni tipo: dalle cadillac anni '60, ai Suv moderni. Dalle sportive giapponesi a quelle europee, il tutto in un'escalation di prestazioni equilibrato.
Il sonoro, dopo l'exploit iniziale, con “Paradise City” cantata dai Guns sullo sfondo dello skyline della città (uno di quei momenti che devono essere ascritti alla storia del videogioco), si mantiene solamente discreto, con  una tracklist per lo più composta da band punk/rock dalle facili melodie.
Anche i rumori delle vetture sono accattivanti, mentre gli impatti degli incidenti, lo ribadiamo, sono incredibili. La controparte on-line offre delle modalità che sfruttano bene l'impostazione dell'offline e la integrano con tanto di statistiche particolareggiate e possibilità di lanciare sfide alla lista amici in estemporanea.
 
Si può accedere alle gare on-line in qualsiasi momento, basta spingere la freccia destra del d-pad e avremo a portata di mano ogni tipo di interazione che il Live ci può offrire. Potremo altresì creare noi delle gare, decidendo il punto di partenza, i singoli check-poitn e l'arrivo, per poi utilizzarle on-line. Insomma anche la parte LIVE è strutturata in modo da poter sfruttare a fondo tutte le peculiarità competitive tipiche della serie e l'assenza di lag nelle gare costituisce un pregio di non poco conto.
Nel complesso, all'apparato tecnico è difficile muovere delle critiche sostanziali.
Altrettanto vale per il gioco nel suo complesso. Ogni tanto si vorrebbe criticare il suo essere troppo arcade, o la ripetitività del reiterarsi di certe azioni...ma quello che conta è che alla fine non si riesce a spegnere la console, perché proprio nel momento in cui lo si sta per fare si scopre un altro luogo segreto da violare, un'acrobazia mai fatta, o una nuova strada ancora da conquistare.
Cosicché si prosegue ad oltranza, fino a quando non ci si accorge di essere arrivati quasi alla fine, e ci si trova a parlare delle strade della città con i propri amici con una tale padronanza, come si fosse dei veri e propri cittadini di Paradise City.
 
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12
8,5
Il diventare Free-Roaming di Burnout costituisce una novità non perimetrale, ma un vero e proprio rinnovamento sostanziale, capace di dare nuova linfa ad una serie che da qualche capitolo a questa parte vedeva la propria curva di appeal in discesa. Il modo con cui l'esplorazione e gli obiettivi ad essa connessi sono integrati all'interno del gioco stemperano la ripetitività delle gare più classiche e coinvolgono il giocatore sino a quando non ha percorso ogni strada della città più e più volte. Purtroppo il gioco non si affranca dall'effetto elastico e da altri clichè arcade che gravano sulla mancanza di profondità, ma per fortuna la nuova dimensione di Burnout stempera questi difetti e rende l'esperienza comunque gratificante e longeva sia off-line quanto on-line. Complimenti ai Criterion!
voto grafica9
voto sonoro8
voto gameplay8,5
voto durata8