Il meglio del titolo è indubbiamente dato dalle fasi di perlustrazione nelle quali scopriremo di essere provetti investigatori e abili risolutori d'enigmi.
Nessuno dei puzzle è etichettabile come impossibile, giacchè il nostro cervello deve sentirsi stimolato e non messo in crisi. Spesso dovremmo ricorrere agli oggetti dell'inventario per poter andare avanti o per poterne ottenere di nuovi, muovere casse e accedere a strade apparentemente inaccessibili (a dir la verità alcuni enigmi con le casse erano ampiamente sacrificabili), parlare con le persone che ci circondano e visitare ogni luogo accessibile. Potremo inoltre osservare i particolari, accostare l'orecchio ad una porta e ascoltare per bocca dei personaggi intuizioni spesso arricchite da un'ironia strappa sorrisi. Nulla di quanto detto è geniale o rivoluzionario, ma il mix finale è più che soddisfacente ed è ben assemblato da una regia di tutto rispetto che fa alternare a dovere le vicissitudini dei nostri due eroi (anche se sarebbe più corretto definirli anti-eroi).
Gli enigmi e la minima dose d'azione immergono il giocatore-spettatore in un aura di relax e di immedesimazione che non va confusa con la passività: in Broken Sword la storia si vive, non si subisce.
Tale stato è dovuto anche dall'atmosfera che in un'avventura è dettata in gran parte dal background artistico e dalla colonna sonora, fattori che il nostro “drago dormiente” sa piegare a suo vantaggio senza strafare. Stilisticamente il titolo si presenta con vivaci scelte cromatiche arricchite da contrasti tra luci ed ombre che danno al tutto una leggera e piacevole tinta cartonesca. La nota dolente è un'altra: le movenze facciali raramente combaciano con le emozioni dei personaggi che in quanto a verosimiglianza nei modelli anatomici non riescono a convincere.
Un lato in cui The Sleeping Dragon brilla senza alcuna condizionale è la cura con cui sono state inserite gustose citazioni mitologiche. Passeggiare per il tranquillo borgo di Glastonbury potrebbe compiacere tutti gli appassionati del ciclo cavalleresco bretone. In quei luoghi, si narra, Giuseppe d'Arimatea e i suoi seguaci costruirono una chiesa nella quale custodire la coppa dell'ultima cena: il sacro Graal; e sempre lì il re del passato e del futuro avrebbe varcato le soglie dell'eternità.
Sentire citare l'opera di Thomas Malory e quant'altro faccia riecheggiare le gesta arturiane accresce non di poco la nostra stima per gli avventurieri della Revolution.

Movimenti a volte sgraziati e spesso disarticolati rappresentano forse la mancanza d'esperienza che il team di sviluppo ha nell'ambito delle animazioni tridimensionali.
L'accompagnamento musicale ha invece un ruolo notevole e verrebbe da parlare di colonna sonora interattiva in quanto la tensione musicale cresce e decresce nei momenti più opportuni del racconto. In presenza di un cadavere la melodia aleggia nell'aria quasi per metterci all'erta da incombenti pericoli, durante un dialogo gli strumenti sibilano per non disturbare la preziosa raccolta di notizie e nei momenti più ironici o in quelli più movimentati la musica prende il sopravvento. Rimane il rimpianto per le composizioni che con una maggior cura avrebbero potuto destare maggiore meraviglia.
Molto altalenanti i dialoghi in italiano, che di certo non reggono il confronto con lo squisito lavoro della controparte anglosassone. Se risultano essere efficaci durante i discorsi di vita quotidiana, nei momenti di suspance sono fallimentari (come quando George e il suo spassosissimo pilota Harry stanno per cadere da un dirupo con annesso un aeroplano...). Un lato della recitazione che risulta essere a doppio taglio è il differenziare etnie e nazionalità dei diversi personaggi attraverso timbri ed accenti vocali. L'accento francese di Nicole o la parlata della veggente Zazie potrebbero risultare per alcuni scelte opinabili e per altri un tentativo di rendere varia e credibile l'esperienza di gioco. Chiudendo l'occhio sul poco pathos recitativo, l'impegno dimostrato per la versione italiana merita un plauso e va visto come un enorme pregio per tutti coloro che non conoscendo l'inglese si affidano totalmente alla lingua d'Alcione.
“Rivoluzione” rimandata
Probabilmente un pizzico di meticolosità e di impegno avrebbe concesso ben altri voti al gioco, che così come si presenta di rivoluzionario non ha nulla.
Se vi sentite detective in erba o se siete nostalgici di un tipo d'avventura sempre più raro e di gusto occidentale fate vostro il gioco senza troppi pensieri, più che una sorpresa sarà una piacevole sicurezza.
Dimenticare il mouse ed impugnare un joypad non rappresenterà alcun problema per tutti coloro cresciuti a pane e neo-templari dal momento che, per ammissione degli stessi sviluppatori, sono ben altre le caratteristiche su cui verte Broken Sword: the Sleeping Dragon.
I margini di miglioramento ci sono tutti e chissà cosa riserverà il futuro alla serie che in origine fu concepita come una trilogia. Indosseremo nuovamente i panni di George e Nico? Ai posteri l'ardua sentenza.
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Inutile dimostrarsi conservatori della vecchia interfaccia quando gli elementi principali non vengono sminuiti né dimenticati dalle tre dimensioni. Non temete, a farla da padroni sono ancora una trama orchestrata da capaci maestri e un tipo di gameplay indirizzato sulla riflessione piuttosto che sull'azione. Accompagnati dalla “dura madre”, la “pia madre” e la cara “aracnoide” (le nostre preziose tre meningi) abbandonate muscoli e riflessi e preparatevi a camminare sotto i cieli di Parigi, tra le frondose foreste del Congo, i vicoli di Glastonbury e ovunque il nuovo parto Revolution abbia deciso di portarci.
Broken Sword: the Sleeping Dragon rappresenta non solo il passaggio dal 2d al 3d della serie, ma anche il tentativo di portare al passo coi tempi e con le moderne esigenze un genere tanto amato quanto odiato come quello delle avventure grafiche. Abbiamo detto tentativo ed in parte riesce nei suoi intenti, ma il fatto di limitarsi ad accontentare senza mai stupire in nessuna delle sue componenti gli impedisce di fuoriuscire dal limbo videoludico in cui inevitabilmente è andato a collocarsi.