
L'incipit inganna il giocatore, quasi lo frega con il mondo che gli pone davanti, per poi tradirlo doppiamente con una storyboard patetica nella sua stesura. Dobbiamo per l'ennesima volta salvare il mondo, stavolta da creature umanoidi potenziate geneticamente. Dicevamo dell'incipit ingannatore: una volta scesi dal lettino, dopo aver interagito con vari oggetti, magari aver aperto qualche lattina o ingurgitato una barretta energetica, qualche rassomiglianza col capolavoro di Yu Suzuki (Shenmue) pare bussare all'orecchio del giocatore; ma è solo una flebile sensazione. Giusto qualche analogia nelle animazioni, ma la libertà concessa al giocatore è minima, e ancora una volta questi si trova rinchiuso nei meandri della linearità che, purtroppo, in questa tipologia di giochi va quasi sempre annoverata tra i difetti. Tra quest'ultimi potrebbe essere annoverata anche la mancanza di originalità, ma d'altra parte è anche vero che il mix di generi da luogo a un'esperienza nuova, atipica rispetto a quanto siamo abituati a vedere. Purtroppo però si poteva fare di più: i poteri psichici di Derrick hanno ben poco a che vedere con quanto mostrato in Psi Ops, dove le possibilità della mente regalano risvolti ludici unici ed originali. Qua donano giusto un aumento delle mosse nei combattimenti corpo a corpo, e qualche piccolo tocco di classe con la loro esplicitazione visiva.
Gradevoli anche le animazioni, tutte particolarmente curate, i 60 fps o la modellazione poligonale dei personaggi, ma lascia l'amaro in bocca una scelta delle texture tanto azzeccata quanto ripetitiva, problema derivante dal fatto che buona parte dell'avventura è ambientata in un base di ricerca (per poi mutare drasticamente alla fine), e la scelta quasi forzata delle pareti monocromatiche in buona parte delle location porta a pensare in questi termini. Il sonoro fa il suo lavoro senza infamia e senza lode, proponendo effetti sonori discreti e dei dialoghi curati, con musiche di sottofondo a tema. Per quanto la sfera audio-visiva potesse offrire qualcosa di più (magari evitandoci alcuni fastidiosi problemi di alisiang), i dubbi maggiori riguardano il sistema di controllo macchinoso o la scarsa IA dei nemici, la linearità o la ripetitività stessa dell'azione di gioco.
Purtroppo Gamesurf, “condannato a pagare alla vita il duro tributo della sincerità” (Miguel Torga, 1907 – 1975), non può redimersi dall'ennesima constatazione riguardante il mercato attuale: nemmeno Breakdown ne ha cambiato le sorti. Breakdown non è un capolavoro, né tanto meno un'esperienza unica come ci si aspettava. E' solo un prodotto atipico, e questo ci fa piacere, ma minato da alcuni difetti di non poca rilevanza. Peccato, poteva offrire molto di più, ma non prendetevela con noi: ambasciator non porta pena.
12
6,5
Molteplici risvolti ludici caratterizzano l'ultimo parto di casa Namco, che stancamente si trascina verso la sua conclusione ricalcando stereotipi, ovvietà e le oramai solite convenzioni di questa generazione videoludica. Shooter, platform, action, beat'em up, Breakdown si connota per un gameplay poliedrico che è allo stesso tempo uno e molteplice, senza però allontanarsi mai da quella qualifica che gli calzerebbe a pennello: “la sagra del già visto”.



