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Recensione Atelier Iris: Eternal Mana

Sesto episodio della serie (Atelier Iris), primo ad arrivare in Occidente in lingua inglese.
Antonio Norfo Di Antonio Norfo(4 maggio 2006)
Eternal Mana è il sesto episodio di Atelier Iris, serie che muove il suo primo passo in Occidente con tanto di testo a schermo e di dialoghi recitati in lingua inglese.
Facile dedurre che la storia del brand (l'esordio del quale si data 1997) sia accomunabile a quella di molti titoli natii del paese del sol levante e presentati al Nord America (e poi, volendo, all'Europa) solo con l'avvento delle recenti generazioni di console.

Sviluppato da Gust e distribuito nel vecchio continente da Halifax, Eternal Mana presenta sia una componente definibile in generale come “canonica” (l'epopea alchemica abbandona l'assetto strategico degli episodi precedenti ed abbraccia qui un “classico” battle system da J-Rpg), sia un'altra, che poi è la forza motrice della saga, poco esplorata o comunque diversamente vissuta in titoli affini. Ovviamente, ci concentreremo su quest'ultima.
Gli oggetti e tutto quanto ruoti intorno ad essi, difatti, ricoprono nell'economia di gioco un ruolo di assoluto prim'ordine, un ruolo pressoché pandemico ed endemico.
Da svariate componenti delle aree di gioco, anzitutto, è possibile estrarre l'essenza dell'elemento naturale in esse racchiusa.
Atelier Iris: Eternal Mana - Immagine 1
Con Eternal Mana si abbraccia un battle system fondato complessivamente sui canoni del J-RPG. Da segnalare la possibilità di cambiare i combattenti nel bel mezzo degli scontri (stile CTB, Final Fantasy X).
Atelier Iris: Eternal Mana - Immagine 2
La mappa del mondo 3d è decisamente brutta a vedersi, specie se paragonata al variopinto 2d che fortunatamente costella il gioco Gust.
Atelier Iris: Eternal Mana - Immagine 3
La “formazione” del party è modificabile a piacimento. E' chiaramente preferibile mettere in prima fila i personaggi votati al corpo a corpo.
Per intercessione degli spiriti Mana (il cui numero aumenterà con il progredire dell'avventura) si potrà dar vita ai “mana item”, preziosi utensili di cui Klein si servirà all'interno dei combattimenti ed al di fuori di essi.
Gli spiriti di cui sopra andranno peraltro associati ai vari protagonisti (che di fatto se ne equipaggiano) e ne andrà monitorato lo status fisico ed il morale/grado d'affetto.
Non è tutto, laddove verrà concessa (miscelando diversi ingredienti e sperimentando fin quanto possibile) la creazione di oggetti di tutt'altra natura: gastronomica, ad esempio (se apprezzate dai clienti, le ricette daranno fama e prestigio ai negozi che consentono una simile mansione).
E ancora: a partire dalla terza, quarta ora di gioco sarà altresì fruibile un'altra feature, la “Weapon Synthesis”. Mutate in cristalli le pietre mana (disseminate qua è là nel mondo ospitante), pertanto, si incastoneranno i primi in armi ed equipaggiamenti, infondendo all'arsenale svariati bonus invero apprezzabili (anche in questo aspetto vi è un certo spazio per l'inventiva personale).
Infine, più si verrà in possesso di item, più si otterranno extra e regalie varie quali gallerie d'immagini, informazioni sui protagonisti, brani musicali, moneta virtuale da spendere nelle botteghe del gioco e via di questo passo (nulla di trascendentale, ma un qualcosa che potrà gratificare taluni giocatori).

L'effettivo deficit ludico, che in fin dei conti frena parzialmente gli entusiasmi, risiede nella linearità (e non ci si riferisce alla narrazione, beninteso) che accompagna il giocatore verso l'epilogo.
Un “male” comune a molti J-Rpg (e non solo J-Rpg), un male cui decisamente non vogliamo abituarci.
Soprattutto considerando l'estensione e la qualità che oggigiorno hanno raggiunto i migliori mondi virtuali.
Per il resto vi sono missioni e sottomissioni in gran numero (certo non tutte entusiasmanti) ed un'estetica pensata ed allestita anche al fine di far breccia sul cuore dei giocatori più nostalgici.
Il reparto bidimensionale fa insomma, complessivamente, una bella figura, mentre la mappa “tridimensionale” del mondo (dalla quale si accede a villaggi, a dungeon ed alla maggior parte degli ambienti) risulta semplicemente, e purtroppo, brutta a vedersi
E' poi poco costante, a parere di chi scrive, la qualità delle composizioni musicali.
Capaci, magari, di assecondare le fasi salienti della storia raccontataci, ma non altrettanto abili nell'accompagnare il giocatore nel corso di locomozione e scontri armati (riuscito è invece il parlato giapponese, selezionabile in alternativa a quello anglosassone).

Eternal Mana, in ultima istanza, è un gioco che potrà donare ai suoi fruitori svariate ore di divertimento ed intrattenimento, a patto che si indaghi con voglia e convinzione l'articolato sistema di creazione degli oggetti. Ne vanno accettati altresì i limiti, sperando che il seguito (“The Azoth of Destiny”, già uscito per il mercato ntsc) possa limarli se non abbatterli.
Atelier Iris: Eternal Mana - Immagine 4
I blocchi viola (e svariate altre componenti delle aree di gioco) si possono distruggere per intercessione dello spirito del fuoco (Uru).
Atelier Iris: Eternal Mana - Immagine 5
Alla disintegrazione, tuttavia, è preferibile l'estrazione dell'essenza dell'elemento naturale. Sempre in ordine all'interazione con gli ambienti va segnalato il salto.
Atelier Iris: Eternal Mana - Immagine 6
Nel quartier generale sarà possibile, fra le altre cose, ripristinare HP ed MP così come sintetizzare armi ed oggetti mana (mediante incudine e calderone).
7,5
Eternal Mana, in ultima istanza, è un gioco che potrà donare ai suoi fruitori svariate ore di divertimento ed intrattenimento, a patto che si indaghi con voglia e convinzione l'articolato sistema di creazione degli oggetti. Ne vanno accettati altresì i limiti, sperando che il seguito (“The Azoth of Destiny”, già uscito per il mercato ntsc) possa limarli se non abbatterli.
voto grafica8
voto sonoro7,5
voto gameplay7,5
voto durata8
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