Come già sapevamo, MK9 riporta la serie all'impostazione da picchiaduro bidimensionale propria dei primi 3 episodi, non disdegnando però una realizzazione tecnica al passo coi tempi che sfrutta nientemeno che l'Unreal Engine per dare vita a Scorpion, Sub-Zero, Mileena e Johnny Cage, i quattro eroi (beh... forse uno dei quattro si, dai...) disponibili in questa build. Il concept così rivisitato sta indubbiamente vivendo una seconda giovinezza (lo sanno bene Capcom e altre software house), ma questo non significa che MK9 si accontenti di essere un remake grafico dei predecessori.
Quattro tasti d'attacco a disposizione, corrispondenti approssimativamente a pugno veloce, pugno potente (che da accovacciati sferra il violento Uppercut che è un po' la mossa-icona della serie), calcio veloce e calcio potente, più uno per la parata, posizionato di default in un dorsale destro. Altri due tasti dorsali sono configurati in modo da garantire la pressione simultanea di due frontali, in modo da avere a portata di un solo click sia la presa sia il “cambio di guardia”, la cui utilità ci è sembrata per ora più estetica che altro. L'ultimo dorsale, inattivo nella Demo, è presumibilmente legato alla funzione TAG; entrava comunque in campo insieme alla parata per eseguire le X-ray Moves (vedi oltre).
Gli sviluppatori hanno promesso un sistema di gioco flessibile che permettesse ai neofiti di prenderne rapidamente confidenza, anche grazie ad un timing di combo non troppo fiscale, e nel contempo conservasse le chicche più approfondite per gli esperti. I nostri primi giri di sberle hanno dimostrato la validità di queste asserzioni: il gioco si presta infatti ottimamente ad un approccio progressivo, che vede nella ricerca delle aperture e nella conseguente improvvisazione delle combo un ottimo modo per impratichirsi. Eliminati i cambi di stile o di armi (anche se certe mosse ne faranno ancora uso), gli attacchi speciali (palle di fuoco o di ghiaccio, teletrasporti, calci fulminei e quant'altro) sono parecchi, ma inizialmente è sufficiente padroneggiarne giusto un paio perché fungano da complemento a un approccio generico.
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