Il Torneo prosegue... chissà come proseguiranno gli incontri.
Cap. 48: Mostri di bravura.
Al duello tra Ivanovich e Tung fece seguito un breve intervallo di stacco. Mr. Satan, dopo aver assistito al combattimento di Ivanovich, si era lasciato cogliere dallo stupore: “Quel bamboccio biondo non è mica normale! Dopo aver sconfitto la ragazzina ai quarti, dovrò vedermela con lui in semifinale… ad ogni modo, sono abbastanza sicuro di farcela…” Mentre divagava tutto assorto sulle sue certezze di vittoria in un mondo mentale dove lui era il più forte del mondo e gli altri stavano molte spanne sotto di lui, si sentì mettere una mano sulla spalla che lo fece trasalire: era Kaya. La ragazza, indossata una bandana nera con un teschio e due tibie incrociate all’altezza della fronte per trattenersi i capelli, era pronta a combattere. «E allora, zio! Ce la diamo una mossa, o facciamo notte??» chiese con tono impudente.
«Se me lo chiedi con questo tono da spaccona, non posso certo darti retta, mocciosa! Ti ricordo che stai parlando con l’unico e incredibile Mr. Satan!» rispose il lottatore.
«Aoh, mocciosa a chi? Guarda che…» iniziò Kaya che aveva tutta l’aria di voler menare le mani anzitempo, ma venne placcata da Ivanovich e Ramen, che la bloccarono per le braccia. Arrivò un ausiliario a dire che era giunto il loro turno.
«Ti sta bene…» disse Kaya infantilmente. «Non volevi salire perché te lo dicevo io, e ora salirai ugualmen-te!»
«Ma non perché me l’hai detto tu! È questo l’importante!» rimbeccò Satan altrettanto infantilmente, tra le espressioni sconcertate di Ramen ed Ivanovich e l’approvazione di Ganja per sua sorella, e l’indifferenza sprezzante di Moonwalker e Bukko Bukko. Se l’ingresso dei primi due partecipanti era stato all’insegna dell’emozione, ora nei due prossimi atleti regnava la sicurezza di sé. I due salirono le gradinate e si presentarono sul ring.
«Benissimo! Continuiamo con i nostri quarti di finale, signore e signori! La seconda sfida a cui andremo ad assistere vedrà fronteggiarsi la signorina Kaya, della Città dell’Ovest, contro Mr. Satan, campione di wrest-ling, di Orange Town! Vediamo di conoscere un po’ meglio i nostri partecipanti. Kaya – dicevamo - viene dalla Città dell’Ovest, ha 18 anni e ha una sorella gemella di nome Ganja, che conosceremo più tardi perché anche lei si è classificata ai quarti di finale. Non a caso, infatti, entrambe sono allieve di Yamcha e Crilin, grandi partecipanti delle edizioni passate nonché allievi del maestro Muten, il grande eremita della Tartaruga, e suoi successori alla guida della Scuola della Tartaruga!» Un boato di gioia esplose dal pubblico. «Come si sente, signorina? Emozionata?»
«Io? Emozionata? Mia sorella maggiore dice sempre che non so completamente cosa siano l’imbarazzo e il contegno! E anche la mia gemella è come me!»
«Ahah… sei molto simpatica!» continuo l’intervistatore. «Dicci… il fidanzatino ce l’hai?»
«Ouh, “il fidanzatino” cosa?? Mica sono una di quelle sceme che vogliono fare gli stacchetti musicali durante i programmi televisivi! Se avrò un uomo, deve essere minimo minimo tosto come me! Altro che “fidanzatino”… deve avere due cosi grossi così!» concluse, accompagnando con un gestaccio delle mani che indicava la dimensione desiderata dei due… cosi.
Soya, seduta sugli spalti insieme a Bulma, Muten, Olong e Pual, arrossì e si coprì il viso al solo sentire sua sorella esprimersi in questo modo davanti a milioni di telespettatori: «Porca pupazza, che imbarazzo…!»
“Interessante… quindi è single!” rifletté Ivanovich. “Devo guadagnare punti ai suoi occhi, e dimostrarle che come combattente ho due cosi così!”
«Lei è davvero simpatica e passerei la giornata intera ad intervistarla, ma lo scontro deve avere inizio quanto prima! Se passerà il turno, continueremo l’intervista, promesso!
«Oh, whatta shame! Vorrà dire che mi impegnerò seriamente per arrivare in semifinale!»
«Ci dica due parole sulle sue aspettative relative al torneo.»
«Ok, qual è la telecamera?» chiese la ragazza dai lunghi capelli verdi.
«Vuoi parlare davanti alla telecamera? È quella là, dove c’è la lucetta rossa accesa…»
Kaya si rivolse in primo al pubblico che la seguiva da casa: «Ah regà, lo vedete questo??» disse, puntando entrambi gli indici sul simbolo da pirata che la bandana recava all’altezza della fronte. «È il simbolo di Kaya! Mi chiamo Kaya e mi piacciono l’hip hop, il reggae e far capire al mondo che sono la capa!»
Il biondino la fissò interdetto, con una goccia di sudore sulla fronte.
Soya sospirò disgustata: «Come devo fare con loro…? E dire che ne ho due in casa, non una sola…»
«Ma cosa indossa sulla testa?» domandò Bulma.
«La bandana fortunata con il teschio minaccioso… è convinta che porti fortuna ma, siccome io e Ganja pensiamo che sia una scemenza, continua ad indossarla con la scusa di evitare che i capelli le diano troppo fastidio in combattimento…»
Ganja, con le labbra incurvate verso il basso e la voce commossa, commentò: «È la mia sorellina!» poi, però pensandoci bene, aggiunse: «Ehi… ora che ci penso… devo preparami qualcosa per la mia intervista… mmm…» Incrociò le braccia e meditò su qualche dichiarazione degna di lei.
«E ora passiamo a Mr. Sat-» non poté finire di pronunciare il nome del campione, che un drappello non troppo numeroso di ultrà scalmanati, in modo scomposto, cominciò a lanciare coriandoli e suonava trom-bette e vuvuzelas.
«Allegria, signori che ci seguite da casa! Non appena ho fatto il nome di Mr. Satan, una folla festante dalla curva sud ha cominciato a celebrare i fasti del suo campione! Infatti leggo dei cartelloni e degli striscioni che inneggiano a Mr. Satan, alcuni dei quali con il simbolo dell’arancia, tipico della sua città natale, Orange Town! Ne deduco che sono suoi compaesani!»
«Esatto, amico! C’è di più…» disse il wrestler, sollevando l’indice sentenzioso. «Sono tutti esponenti del mio fan club, capitanato – come puoi vedere, se guardi bene – dalla mia dolcissima figlia Videl!»
Una bambina con lunghi capelli neri raccolti in due code e gli occhi azzurri identici a quelli del grande wrest-ler, dell’età di circa nove anni, strappò il megafono ad un malcapitato tifoso che gli stava di fianco e comin-ciò ad urlare a squarciagola: «Papyyyyy!! Sei un grandissimo, ti voglio beneeee!»
Mr. Satan portò la mano vicino alla sua bocca ed sbraitò a sua volta: «Ciao, luce della mia vita! Anche il tuo papà ti vuole bene! Quando avrò vinto, ti farò assaggiare un po’ di birra!»
Il biondo cronista, a cui il vocione di Satan aveva sfondato un timpano, iniziò la sua intervista al campione.
«Ehm… Molto bene…! Mi pare di capire che sia quella, la sua figlioletta…»
«Sì… una futura campionessa di arti marziali, che già in tenera età si avvia a seguire le orme del suo possente padre! Ahaha!» Per le molte persone al mondo che conoscevano Mr. Satan, “sbruffone” era il termine più adatto a definirne la personalità. C’era una sola eccezione, un unico caso nel quale si mostrava genuinamente, senza filtri e senza maschere, senza recitare a tutti i costi una smodata macchietta del super campione: quando aveva a che fare con la piccola Videl. Da quando sua moglie – la madre della bambina - era morta, la figlia era il raggio di sole della sua vita; se stava intraprendendo con successo quella carriera a metà tra il mondo della lotta e quello dello spettacolo, era anche perché voleva raggranellare una quantità sufficiente di ricchezze da permettere un giorno alla ragazzina di vivere serena; aspirava a chiudere prima o poi quello stile di vita da rockstar perennemente in tournée, in giro per il mondo con le sue esibizioni. Tutto questo prima che la meteora del successo svanisse: perché si sa, certe carriere durano meno di poche stagioni. Si contano sulle dita le eccezioni di alcune meritevoli star a cui la fama arride per decenni. Mr. Satan sarebbe mai potuta essere una figura del genere, e assurgere all’Olimpo del successo? Un giorno… era necessario che si presentasse una grande occasione… che fosse proprio il Tenkaichi?
Non che Kaya si sentisse meno motivata di Satan. Era così gasata di essere arrivata ai quarti di finale che la prospettiva di fare ancora meglio la elettrizzava ancora di più. E poi… non l’avrebbe mai ammesso davanti a Soya, ma sapeva che arrivare in finale o ottenere comunque un buon piazzamento avrebbero reso immensamente felice quella sorella maggiore a cui lei e Ganja negli anni avevano dati tanti di quei grattacapi… e, soprattutto, c’era anche QUELL’altro motivo…
L’assurdità del combattimento che si apprestava a cominciare era il fatto insospettabile che dietro la facciata da sbruffoni che orgogliosamente esibivano i due – e che certamente faceva parte del loro modo d’essere – si celassero delle serie motivazioni.
«Ci dica, Mr. Satan! Lei ha conquistato di recente il titolo di Campione del Mondo di lotta libera! Cosa la spinge una personalità del suo calibro a partecipare con uguale accanimento e passione a questo Torneo?»
«Semplice!» iniziò a raccontare Satan sollevando l’indice. «Quando ho saputo che il Re avrebbe indetto questo Torneo, la notte ho fatto un sogno! Ero il numero uno del mondo, il grande campione delle arti marziali! Colui che sconfiggeva alieni e mostri a mani nude! So di avere una forza incredibile che mi colloca al di sopra degli uomini comuni, e il fatto che io sono arrivato fin qui non è che l’assaggio, amici miei! Presto ne vedrete delle belle, anzi di più!» concluse infine con un occhiolino e sollevò il pugno verso il cielo con un ruggito. Poi aprì il pugno in una V di vittoria.
«Incredibile, Mr. Satan ha già proclamato la sua vittoria prima ancora di cominciare! È da dire che non teme confronti! Credo che questa gara sarà molto appassionante… del resto, non potrebbe essere altrimenti, visti i due contendenti!» E con queste parole, l’arbitro diede subito il via alla gara.