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  1. #131
    Senior Member L'avatar di calogero99
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    Ganja e kaya mi sono fin da subito (prima che arrivasse soya) sembrate delle pazze... Soya dalla descrizione mi sembra molto simile a C-18 (infatti, come hai anche detto, si assomigliano un po'; infatti Crilin ne è attratto).

  2. #132
    Ho le Palle Piene L'avatar di VirusImpazzito
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    Citazione Originariamente Scritto da Ssj 3 Visualizza Messaggio
    Cooler che ci dà giù di scotch
    Sembra molto composto, quasi un signore, avvolto da un'aura di rispetto e terrore reverenziale.
    Mi fa pensare un po' a Tywin Lannister (per chi segue Game of Thrones).
    Non seguo Game of Thrones, comunque hai colto alcuni caratteri essenziali della personalità di Cooler.

    Citazione Originariamente Scritto da Ssj 3 Visualizza Messaggio
    Contento che Kodinya non abbia di fatto fottuto il vecchio trombamico, anche se, secondo me, a domanda specifica avrebbe sputato il rospo.
    Lei l’aveva detto che in qualche modo “gli voleva bene” (anche se “a modo molto loro”), ma di fatto lei sapeva che era una cosa che non sarebbe mai decollata; aggiungi che lei sicuramente non è perfetta e super onesta come un Goku o un namecciano puro, anche se non può dirsi che sia un’incarnazione del male come il primo Piccolo, il primo Vegeta o Freezer… sta nella fascia intermedia, come tutti noi! Insomma, l’eventualità che sputasse il rospo non era del tutto esclusa a priori, e poteva anche avere delle ragioni più o meno valide moralmente per farlo.

    Citazione Originariamente Scritto da Ssj 3 Visualizza Messaggio
    Una domanda: gli sgherri di Cooler hanno un livello pari o probabilmente superiore a quello del capitano Ginew, com'è che Kodinya pensa di batterli? Ha davvero ottenuto un potere del genere, se sì come?
    Ti dico solo una cosa: no spoiler.
    A tempo debito, tutto verrà spiegato. Ti dico solo che la spiegazione non sarà del tipo “si è allenata come una forsennata per superare i suoi limiti”… questa spiegazione varrebbe per una razza come quella Saiyan (la cui crescita non conosce limiti fisiologici) o per un individuo geniale ed unico nella sua specie come Piccolo, non per gente dalle potenzialità relativamente normali, come sono i nostri super terrestri o Kodinya. Insomma, uno come Tenshinhan o un Crilin, per quanto si alleni nella sua vita, molto difficilmente arriverà a potersi confrontare con Freezer nelle sue prime forme (o almeno questa è la mia visione delle cose, so che su Internet molti la pensano diversamente).

    Citazione Originariamente Scritto da Ssj 3 Visualizza Messaggio
    Bella anche l'introduzione dei primi allievi della nuova tartaruga, scelte come sempre azzeccate e divertenti per i nomi, tra l'altro delineano i personaggi ancora prima della descrizione vera e propria.

    Povera soia a dover tenere a freno ganja e kaya (anche se questo epiteto non si usa dalle mie parti e non lo conoscevo, pure istruttiva questa fanfic ); credo che quelle due ne combineranno...
    Citazione Originariamente Scritto da calogero99 Visualizza Messaggio
    Ganja e kaya mi sono fin da subito (prima che arrivasse soya) sembrate delle pazze... Soya dalla descrizione mi sembra molto simile a C-18 (infatti, come hai anche detto, si assomigliano un po'; infatti Crilin ne è attratto).
    Beh sono contento che vi piacciano! Col prossimo capitolo vi posto anche un disegno così vi fate un’idea di come le ho immaginate nella mia mente.
    Comunque dalle mie parti non si usano né ganja né kaya per indicare la marijuana (però il primo è un modo di dire che è penetrato nel gergo dei fattoni di alcune regioni d’Italia è un po’ come Maria Maria nella canzone degli Articolo 31); sono termini di origine propriamente giamaicana – Bob Marley ha fatto pure una canzone (ed il relativo album) dal titolo Kaya.

  3. #133
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    Andiamo avanti col prossimo capitolo!

    Cap. 20: Rompere il ghiaccio.

    Qualche mese dopo, anche la Nuova Scuola della Gru aprì i battenti. Tenshinhan e Jiaozi erano soddisfatti: la loro palestra aveva l'aspetto di un ampio e magnifico fabbricato in stile giapponese, sul cui frontone era stata installata un'insegna i cui eleganti ideogrammi recitavano “Shin Tsuru Senryu”, ossia Nuova Scuola della Gru, affiancata dal dipinto di una gru che si reggeva su una zampa sola, parzialmente immersa in uno stagno. L'edificio nel complesso incuteva in chi la ammirava una forma di rispetto per i suoi proprietari, qualora già non avesse avuto modo di conoscerli e stimarli.
    Fortunatamente per i due capipalestra, la zona che avevano scelto come sede della loro scuola era abitata da gente dalla mentalità tipicamente tradizionalista; fu una fortuna, perché nell'arco dei primissimi giorni di apertura si presentarono molti severi papà all'antica, desiderosi che i propri figli dedicassero il proprio tempo libero allo studio di una disciplina che li temprasse nel corpo e nello spirito, facendoli crescere forti e giudiziosi. Ricordiamo sempre che Vodka Town sorgeva in un'area montuosa, e solitamente in luoghi come questi si trova gente di tal genere, dalla solida tempra montanara; un insegnante dai modi un po' duri e spigolosi come Tenshinhan prometteva bene, a loro giudizio.
    La nostra storia non sarebbe credibile, se raccontassimo che tutto filò sempre a gonfie vele fin dall'inizio: per cui, se le vele non si gonfiano da sole, in qualche modo bisogna impegnarsi ed orientare al meglio la nave al fine di trovare un vento favorevole ai propri propositi. Tenshinhan realizzò ben presto quel che non aveva messo in conto, ossia che rapportarsi con un certo numero di allievi non gli riusciva così spontaneo come aveva creduto in un primo tempo. In parte la colpa era del treocchi, o per meglio dire della sua indole seriosa; non era quel che si definisce un buontempone, e ciò lo bloccava nell'instaurare un rapporto di simpatia coi discepoli, che ne erano intimoriti. Il tutto era acuito dagli anni di isolamento, quasi di eremitaggio vissuti da lui e Jiaozi fra le montagne, interrotti saltuariamente dalle occasioni di mercato alle quali partecipavano per necessità, non certo per divertimento. Se non altro, notò Tenshinhan, Jiaozi sembrava più a suo agio coi ragazzi, senza dubbio per la sua indole immutabilmente bambinesca.
    Pur con questi disagi iniziali che si sperava di superare al più presto, le lezioni avevano preso avvio, e si alternavano fra serie esercizi per il potenziamento del fisico e lezioni teoriche, con cui Tenshinhan e Jiaozi cercavano di inculcare nei giovani le basi della lotta, dando anche delle esemplificazioni pratiche. I due amici avevano fatto preparare per sé delle divise simili a quelle con cui si erano presentati per la prima volta al Tenkaichi, verdi e gialle, con un ideogramma centrale “tsuru”, ovvero “gru”; tuttavia, in occasione delle dimostrazioni pratiche, si sfilavano di dosso la tunica per mostrare agli allievi le pose e i movimenti del corpo.
    «Seguite bene il discorso che vi faccio adesso...» esordì un pomeriggio Tenshinhan «...perché le arti marziali sono come questo edificio... anzi, come qualsiasi edificio: non riuscirete mai a costruire i piani superiori se le fondamenta e i piani inferiori non sono abbastanza solidi da reggere l'intero fabbricato.» Tutti i ragazzi ascoltavano attentamente, chi più teso e chi più sereno, seduti sul pavimento a gambe incrociate, e indossavano una semplice divisa verde scuro composta da casacca e pantaloni e contraddistinta sul petto e sulla schiena dall'immancabile ideogramma: la tenuta da novizi. Quello strano uomo calvo e con tre occhi ispirava loro una grande serietà, e nessuno si azzardava a contraddirlo. Chissà di cosa sarebbe stato capace se si fosse irritato, con tutti quei muscoli! Persino il suo amichetto lo seguiva e rispettava fedelmente; quell'esserino dolce e gentile, a dispetto delle apparenze, aveva qualcosa di inquietante di primo acchito.
    «Normalmente, siamo soliti dividere le tecniche del nostro stile di lotta in tecniche di base e attacchi speciali. Chiaramente, non potete imparare le tecniche speciali se non siete abbastanza ferrati nei fondamentali della lotta. Inoltre, per eseguire con successo gli attacchi speciali, dovete essere già dotati di una certa forza e robustezza... Quindi, per il momento inizieremo subito con le tecniche di base.»
    Un ragazzo snello, dai capelli rossicci lisci e lunghi fino alle spalle, prese timidamente la parola, sollevando il dito indice. «Una tecnica speciale sarebbe come quando il signor Jiaozi solleva con la sua forza mentale gli oggetti?»
    «Hum... no, no, Ramen. Quella è la telecinesi, ma non si tratta di una tecnica di lotta; è una capacità personale di Jiaozi, non ha niente a che fare coi nostri insegnamenti.» I ragazzi guardavano i due insegnanti con aria dubbiosa: forse la lezione li stava confondendo?
    «Maestro, ci potrebbe fare un esempio di attacco speciale? È abbastanza facile farsi un'idea delle tecniche di base, ma quelle speciali...» chiese un altro ragazzo perplesso, dagli occhi a mandorla e dalla testa totalmente rasata, che rispondeva al nome di Sashimi.
    «Un esempio è la bukujutsu, ossia la levitazione!» affermò Jiaozi, mettendosi a levitare semplicemente sul posto.
    «Oppure, un altro esempio classico della nostra scuola è la Dodonpa...» aggiunse Tenshinhan. «Jiaozi, lanciami una Dodonpa a bassa potenza, in modo che io possa pararla senza fare danni.» Jiaozi ubbidì: si portò a una decina di metri di distanza e scagliò la sua onda di energia gialla, mentre Tenshinhan si protesse il viso con le braccia incrociate. Tutti gli allievi restarono a bocca aperta: evidentemente non avevano mai assistito a nulla di simile, se non negli effetti speciali di qualche film tutt'altro che realistico; probabilmente erano troppo giovani per avere una qualche memoria dei Tenkaichi, qualora vi avessero mai assistito.
    «Ma che bello spettacolino per bimbetti!» irruppe una voce viscidamente maligna, proveniente dalla soglia d'ingresso. Tutti coloro che si trovavano nella sala si voltarono istintivamente verso il punto da cui proveniva quella voce, per vedere non una, ma due persone; tuttavia poterne riconoscere l'identità era appannaggio dei soli due capipalestra. Erano due uomini che Tenshinhan e Jiaozi non avevano più visto da circa una decina d'anni, o poco meno. Uno dei due portava occhiali scuri dai riflessi rossi, e un cappello con una gru come decorazione sulla sommità; i suoi sottili baffetti e i suoi capelli, un tempo argentei, erano un po' sbiaditi rispetto all'ultima volta, così come aveva fatto la sua comparsa qualche rughetta in più. Lo accompagnava l'altro il cui viso, a ben vedere, sembrava un ibrido mezzo uomo e mezzo macchina, visto che i suoi occhi erano sostituiti da lenti vitree a binocolo, e anche la calotta cranica e il collo erano in metallo e materiali plastici; la lunga tunica che vestiva non dava modo di constatare quanto vi fosse di artificiale in quel corpo. Sul suo petto ricadeva una lunga treccia di capelli che, alcuni anni prima, era stata nera, ma oggi esibiva qualche fine righetta grigia. Tenshinhan e Jiaozi si resero conto che con sui loro ex maestri il tempo era stato generoso, e aveva lasciato segni poco incisivi del proprio passaggio. Fu il malevolo cyborg Taobaibai ad avviare la conversazione. «Tenshinhan... che fossi un traditore, ormai era assodato... ma anche un usurpatore, no, questo non ci va proprio giù...»
    «Pensavo di essermi sbarazzato di voi... ma a quanto pare è vero che il passato ha il triste vizio di riemergere periodicamente...»
    «Questa volta te la sei cercata, idiota.» lo insultò placidamente l'Eremita della Gru. «Se voi non aveste costruito questa baracca, io non mi sarei mai preso la briga di venirti a cercare. Se ne parlava in una rivista di arti marziali... come vedi, non cesso di interessarmi all'argomento.» In effetti, qualche tempo prima un giornalista si era presentato ai due giovani, insistendo per descrivere in un suo articolo la rinascita della Scuola della Gru come una grande istituzione del passato.

  4. #134
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    «Che cos'ha contro la nostra palestra?» domandò Tenshinhan inarcando un sopracciglio. Non capiva dove volesse andare a parare, il suo ex maestro.
    «Non ci arrivi? Ti ricordo che la Scuola della Gru è stata fondata da me, ed io non ti ho mai autorizzato a proseguire la mia scuola né te l'ho ceduta. Tu non sei il mio erede, sei solo un indegno usurpatore.»
    Tenshinhan fu punto nell'orgoglio da quelle affermazioni: «L'unico indegno qui è lei! O vuole forse farci credere che io e Jiaozi, sotto la sua guida, abbiamo seguito una buona strada?»
    Fu Taobaibai a rispondere, con un tono più adirato del fratello maggiore: «Non mi pare che vi lamentaste di ciò, ai tempi! Siete proprio dei begli ipocriti a sputare nel piatto dove avete mangiato con così tanta ingordigia, in passato!»
    «Le cose sono cambiate... eravamo molto giovani ed inesperti e, col senno di poi, penso che sia stato criminale da parte vostra metterci in testa certe idee balorde!»
    «Oh, poverini! Quindi...» lo provocò il cyborg con tono canzonatorio, estraendo la mano metallica sinistra con la destra e facendo scattare il pugnale contenuto nel polso sinistro «... immagino che non saresti molto felice se sgozzassi questi mocciosi uno per uno, vero??»
    L'intenzione di Taobaibai era fasulla, ma sortì un certo effetto: un muto e tremebondo panico collettivo colse ognuno dei ragazzi, nonché lo stesso Jiaozi.
    «Non ti azzardare a far del male nemmeno ad uno dei miei allievi...!» ringhiò furibondo Tenshinhan.
    «I tuoi allievi...» fece eco l'Eremita della Gru, con un tono innaturalmente apatico. Innaturalmente, già: in quel frangente il treocchi ebbe a notare che il suo vecchio maestro non sembrava scaltro e vitale come al suo solito.
    Tenshinhan si risolse ad agire, prima che uno di quei due compisse un gesto inconsulto: si portò rapidamente davanti a loro, li afferrò con decisione per l'avambraccio e li trascinò fuori. Mentre usciva, si rivolse al suo amico: «Jiaozi, fai esercitare i ragazzi a stare in equilibrio nella posizione della gru. Finisco di chiacchierare con i due signori e torno.»
    Una volta usciti fuori, con uno strattone netto li sbatté di alcuni metri all'indietro, manifestando loro il suo disprezzo. L'aria era permeata da un gelo fastidioso, quel freddo tipico delle mezze stagioni nelle regioni nordiche ad alte latitudini, ma – nonostante i due uomini più anziani fossero vestiti in modo relativamente leggero e il giovane fosse in mezze maniche – a nessuno dei tre sembrava importare di quel clima. L'Eremita della Gru e suo fratello si rialzarono in piedi; a quel punto Tenshinhan domandò loro seccamente: «Ditemi cosa volete, o sparite per sempre. Come vi dissi una volta, siete stati i miei maestri e mi sembrerebbe disonorevole vedervi mangiare la polvere.»
    «Niente...» fu la risposta asciutta dell'Eremita «... non vogliamo niente.» Nella sua voce c'era una nota che ispirò a Tenshinhan una certa malinconia.
    «Come niente?!» si intromise adirato Taobaibai. «Siamo qui per ammazzarlo e per riappropriarci della Scuola della Gru! È quello che ci spetta, no!?»
    «Lascia perdere, Tao... non ti rendi conto che non possiamo competere? L'allievo ha superato di gran lunga entrambi i maestri.» dichiarò l'Eremita della Gru, che restava sempre un grande esperto, e sapeva riconoscere un grandissimo combattente quando lo aveva davanti, per quanto questi tenesse nascosta al minimo la sua reale potenza.
    «Sciocchezze, fratello mio... lascia fare a me!» concluse, preannunciando il proprio tentativo di farsi giustizia. Detto ciò, svitò la seconda mano metallica. «Te la ricordi la mia Super Dodonpa? Vi siete già incontrati in passato, ma questa volta morirai perché è ancora più potente di prima!» Dopo questo esordio, iniziò a caricare la sua micidiale arma. Tenshinhan, senza dargli il tempo di sparare, lo raggiunse a super velocità e con una mano gli bloccò l'avambraccio, con la bocca del cannone puntata verso il suo torace; poi, quando sentì che il colpo d'energia era pronto a partire, esercitò una semplice pressione, e accartocciò l'acciaio come ciascuno di noi potrebbe schiacciare una lattina. L'energia, non potendo trovare sfogo fuori dal braccio, fece esplodere il braccio stesso e il contraccolpo si ripercosse sul fisico del cyborg, che per poco non finì tramortito. Tenshinhan rimase illeso; subito dopo, diede un pugno alla bocca dello stomaco del killer. «M-ma... p-perché...» ebbe il tempo di balbettare il cyborg, poco prima di perdere i sensi e di svenire.
    L'Eremita della Gru era rimasto a guardare la scena, senza proferire parola. Solo allora Tenshinhan lo guardò, e per la prima volta si rese conto che il vecchio maestro gli sembrava più stanco e affaticato di quanto dovrebbe essere un buon atleta che, fra l'altro, non aveva nemmeno combattuto.
    «Maestro, suo fratello è solo svenuto... le consiglio di prenderlo e di andarsene. Per quanto mi riguarda, non abbiamo più nulla da dirci.» gli disse Tenshinhan, riservandogli un po' di rispetto per l'ultima volta.
    «Tenshinhan... ti chiedo perdono per tutti gli errori che ho commesso nei vostri confronti... dillo anche a Jiaozi, per favore...» Il suo tono era diverso da quello di sempre; l'anziano si mostrava pentito per tutte le sue malefatte e per una volta sembrava sincero, senza ombra di menzogna. «La Scuola della Gru è tua... riporta in auge il suo nome, chissà che con te non abbia maggiore fortuna. Grazie al Cielo sei diventato un buono uomo, Tenshinhan, malgrado tutto... e se ti chiedi ancora cosa ci faccio qui, forse sono venuto solo per vederti un'ultima volta in vita mia. Sii un buon maestro, sono sicuro che ci riuscirai... tratta i tuoi allievi come se nella vita non avessero altra guida che te.» Con ciò, prese in spalla suo fratello - il cui braccio distrutto era ancora tutto fumante - e si preparò ad andarsene; prima, però, salutò il suo ex allievo: «Farò riparare questo sconsiderato, poi cercherò di convincerlo a smettere di seguire la via del male. Non ci vedremo mai più... addio.» «Addio, maestro.» disse Tenshinhan, e con ciò lo perdonò: mai un perdono sarebbe potuto essere più freddo ma al contempo più sincero.
    Tenshinhan, muto, lo seguì andar via sotto il suo sguardo severo; poi rientrò in palestra e disse: «Jiaozi, siamo ufficialmente gli eredi della Scuola della Gru. I due signori non torneranno più a disturbarci né a minacciarci; potete stare tutti tranquilli.» L'epilogo di quell'episodio fu il fatto che, da quel giorno, Tenshinhan si sentì più sciolto, più rilassato nelle sue lezioni ed in generale nel rapporto con i suoi giovani discepoli. Egli non seppe spiegarsi il perché: eppure non era difficile capire che l'incontro con quei due personaggi aveva permesso al giovane maestro di riappacificarsi definitivamente con il suo passato oscuro. Ad ogni modo, da quel giorno in poi Tenshinhan e Jiaozi introdussero l'abitudine della pausa-merenda pomeridiana: un samovar di tè, alcune bottiglie di succo d'arancia e persino della cioccolata non mancarono mai.

  5. #135
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    Quello stesso giorno, l'Eremita della Gru si ritirò con il fratello in una grotta gelida di quelle gelide regioni. “Avevo detto che ti avrei fatto riparare... e questa sarà la mia ultima menzogna...” pensò, mentre svitava la lama del pugnale dal polso di suo fratello privo di coscienza. “Credo sia meglio per tutti... ci vediamo dall'altra parte... perdonami, fratello...” pensò, mentre le lacrime gli rigavano il viso; con un colpo secco, gli trapassò il torace con la lama all'altezza del cuore, provocando una copiosa fuoriuscita di sangue.
    Nessuno venne mai a sapere che pochi giorni dopo, in quella stessa grotta, l'anziano maestro passò silenziosamente dal sonno alla morte; quindi, nessuno si domandò se ciò fosse avvenuto per una malattia che si portava dentro da chissà quando, per il freddo o semplicemente per la vecchiaia, o per la combinazione di tutti questi fattori.

    Bulma pensava che Vegeta fosse diventato matto; ed anche Yamcha, secondo lei, stava diventando matto; oppure, cosa che non era improbabile, quella che stava diventando matta era lei, nel tentativo di capire gli altri due.
    Il rapporto che Vegeta aveva con il resto della Capsule Corporation era sicuramente sui generis. L'unica sicurezza incontestabile era che non nutriva affetto per qualcuno: viveva con freddezza ogni forma di contatto. Del resto, ormai alloggiava in quegli edifici da più di due anni, quindi la strategia di evitare incontri con gli umani sul lungo periodo non era vincente; gli sarebbe stato impossibile vivere ignorando tutti, oltre che controproducente: gli servivano vitto, alloggio, vestiti relativamente puliti e, soprattutto, la stanza gravitazionale. Se qualcuno esterno alla famiglia lo avvistava, veniva automatico domandarsi quale fosse il suo ruolo in quel contesto. Anche gli estranei sapevano che non era un parente, e che la signorina Bulma era fidanzatissima con Yamcha... quindi? Che ci faceva lui lì? Ma poi chi era, per tutti, quello strano individuo? Era poco più di un fantasma... nessuno sapeva dire alcunché sulla sua persona. Si sapeva solo che veniva consultato di tanto in tanto in merito a progetti relativi alle astronavi, ma nulla di più; e che, ogni tanto, era possibile vederlo aggirarsi nella Capsule Corporation quando aveva appetito o qualche bisogno impellente. Erano quelle le occasioni in cui era possibile cercare di avvicinarlo; e anche in quei casi, si mostrava di poche parole, al punto che nemmeno la madre di Bulma era riuscita a strappargli una chiacchierata, lei che era sempre così ciarliera e che, si vedeva, cercava di stimolare un approccio. Non si riusciva mai ad avere una conversazione normale con lui, che presto o tardi finiva per dirottare il dialogo nel sarcasmo o nel biasimo sufficiente nei confronti di quell'insignificante pianeta dove si trovavano; in sostanza, al massimo punzecchiava i pochi che gli rivolgessero la parola. Oltre a ciò, sembrava che, dalla morte del suo unico bersaglio Kakaroth, fosse diventato più cupo, impenetrabile dall'esterno, proprio quando sembrava che stesse iniziando a rompere il ghiaccio. A parte Bulma, erano i pochi soliti noti a sapere che Vegeta lasciava scivolare nell'indifferenza le sue giornate, le sue settimane, i suoi mesi – tutti identici fra loro, oltretutto – nell'aspirazione di raggiungere quello che secondo tutti era l'irraggiungibile, il livello di Super Saiyan. Il Principe era l'unico a credere che ce l'avrebbe fatta ma, nonostante gli sforzi ineffabili, era il primo a non sapersi spiegare cosa ancora gli mancasse, mesi e mesi dopo quella “quasi trasformazione”, alle prese col Peyote Team. Il suo ragionamento gli appariva perfettamente sensato, ma risultava folle a chi - come Bulma - non riusciva a comprendere e fare propria la mentalità Saiyan: nel senso che in teoria ne aveva afferrato i capisaldi ma, quando vedeva Vegeta metterli in pratica in quel modo assurdo, non si capacitava della possibilità di condurre quel tipo di vita. Era chiaro: i Saiyan erano guerrieri per nascita, e ciascuno di essi mira, o mirava, a predominare su ogni avversario; ma vivere per allenarsi e superare un tizio che non sopporti, e che per giunta è morto... Mah!! Al di là di queste considerazioni, Vegeta la incuriosiva per via di quel bagaglio di mistero che si portava dietro; Bulma era una donna... e in quanto tale, si sa, molto curiosa. Per finire, per motivi razionalmente inspiegabili, tutti in quella casa avevano smesso di guardare al Principe dei Saiyan come ad una minaccia per il pianeta (anche se i più pavidi come Olong e Pual lo rifuggivano ancora); forse, in cuor loro, pensavano che il ferreo proposito di diventare Super Saiyan lo distogliesse dalle cruente malefatte compiute in passato.
    Quanto a Yamcha... cos'era questa storia della decisione di trasferirsi e abbandonare la sede della Capsule Corporation? Quello scemo aveva giustificato la sua decisione di prendersi una casa in affitto sostenendo di voler riuscire a sentirsi indipendente ed autonomo... Ora che la palestra era avviata, voleva sentire di non essere un peso morto che gravava sulla famiglia della sua fidanzata. Come se i soldi fossero mai stati un problema, nella loro relazione. Mah!! Insomma, tra il lavoro e gli impegni vari, ogni settimana faticavano a trovare un buco di tempo libero nel quale incontrarsi. Non è che...? No, Yamcha non era il tipo da portare avanti una storia “sotterranea” con un'altra donna: simpaticone e piacente quanto si voleva, ma non un fedifrago; malgrado nei mesetti appena trascorsi il giovane con le cicatrici si trovasse per lavoro a frequentare con assiduità diverse ragazze. Però una cosa è certa: quando una donna comincia a temere le corna, non è mai un buon segno... specie se la donna in questione aveva avanzato una proposta di matrimonio che era stata rifiutata o quantomeno rinviata al futuro.
    Morale della favola: meno male che gli impegni lavorativi le davano modo di svagarsi dai problemi casalinghi.
    Fu pressappoco in quel periodo che, un pomeriggio, Bulma incontrò Vegeta, intento a fare incetta di provviste per la merenda pomeridiana.
    «Salve, Bulma!» da un po' di tempo a questa parte, Vegeta si era abituato a chiamare la ragazza col suo nome di battesimo. «Prima ho incrociato quello scarsone del tuo fidanzato… com'è che lo si vede sempre meno in giro? Una volta me lo trovavo sempre tra i piedi... che sta combinando?»
    «Eh... anche io lo vedo sempre meno.» rispose Bulma sconsolata, iniziando a raccontare della palestra e del cambio di casa, mentre lui armeggiava tra gli scomparti della cucina.
    «Che idea penosa!» Vegeta prese a deridere l'iniziativa di Crilin e Yamcha. «Terrestri che insegnano ad altri terrestri come combattere a livelli infimi!» Gli sforzi e gli intenti dei due giovani, ammirevoli da un punto di vista umano, apparivano a dir poco insignificanti se letti da un punto di vista Saiyan.
    «Non parlare così...» Bulma tentò di prendere le difese del fidanzato e dell'amico. «È bello che vogliano aiutare chi ha passione a migliorare sé stesso e le sue abilità...»
    «Tanto i terrestri non potranno mai arrivare a livelli dignitosi...» ribatté sarcastico Vegeta, intento a procurarsi una qualsiasi porzione di carne da portarsi nella sala gravitazionale; per poi domandare con lo stesso tono: «Insomma, mi pare che battiate chiodo sempre meno, eh? Sempre ammesso che abbiate mai combinato qualcosa...»
    «Per chi mi hai presa, per una monaca? Sappi che sono cresciuta ormai da tempo, e se un uomo mi piace sul serio non mi faccio problemi a dargli tutto l’amore che ho… in tutti i sensi! Lo capisci, o sei troppo scemo per arrivarci?» si irritò Bulma. Ma poi – perché stava parlando di argomenti simili con Vegeta?
    «Stai calma, terrestre… non ho mai pensato che tu possa essere una verginella, si capiva ad occhio che non lo eri!» rispose sempre più beffardo il Saiyan, accompagnando con una strizzatina d’occhio quel suo fastidioso sorrisetto da farabutto. «Solo che il tuo partner mi sembra deboluccio… magari sotto quel punto di vista non ce la fa proprio, che ne so io?»
    «Appunto, non puoi e non sei tenuto a saperne niente! E comunque non preoccuparti, stronzo! Yamcha è in perfette condizioni, anche sotto quell’aspetto, sai??» replicò isterica la ragazza. Poi cercò di infilzare il Principe con una delle sue pungenti stoccate: «Piuttosto che mi racconti di te? Non mi sembra che tu possa vantarti di aver “battuto chiodo”, come dici tu! Scommetto che non sei quel toro che dici di essere!» concluse con atteggiamento furbetto, convinta di aver colpito nel segno l’avversario.
    «Vuoi provare?» insinuò malizioso Vegeta, ammutolendo la sua padrona di casa. Stoccata evitata.

  6. #136
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    «Certo che sei proprio un gran cafone, per essere un principe! Cretino!» fu tutto ciò che la ragazza riuscì a sputare con voce aspra e stridula, trattenendo a stento le urla liberatorie che avrebbe voluto vomitare, i ceffoni che avrebbe voluto mollare a quel… come definirlo?? Sembrava che, di tutti gli aspetti insopportabili e addirittura vergognosi che le venivano in mente su Vegeta, al momento le dava maggior fastidio quel suo comportarsi da maschio.
    Dietrofront e ritirata. Quel dialogo era l'ennesima dimostrazione che non c’era verso di discutere in maniera amichevole con lui; era il classico compagno di scuola antipatico che tutti abbiamo dovuto sopportare a stento. Non era solo fiato sprecato, parlare con lui; era anche e soprattutto snervante, così come era preferibile evitare qualsiasi approccio, dato che ogni tentativo di dialogo si traduceva puntualmente in un principio di esaurimento nervoso! Non era solo fiato sprecato, no… magari lo fosse!
    Bulma si girò con furia e se ne andò; le porte altamente tecnologiche a scorrimento automatico non le offrivano nemmeno la soddisfazione di poterle sbattere. Vegeta, divertito dalla chiacchierata, rimase a guardare quelle chiappette sode che uscivano dalla stanza, dal momento che il dietrofront gli impediva di gustare la visione di quell’appetitoso seno… “Ma che pensieri assurdi per un Saiyan! Il maiale di casa mi starà contagiando...!” e con questa esclamazione pronunciata fra sé, Vegeta decise di raccogliere il cibo che aveva ammucchiato sul banco della cucina e tornarsene finalmente nella sua sala da allenamento.
    ***************************************
    L'ANGOLO DELL'AUTORE
    Su questo capitolo non c'è molto da dire.
    Da un lato ho voluto "legittimare" la scuola di Ten e Jiaozi tramite il pentimento e la benedizione del loro vecchio maestro. Nel manga non vengono più citati dopo la sconfitta al Torneo Tenkaichi, nell'anime ricompare solo Taobaibai nella saga di Cell; quindi mi sono inventato di sana pianta i fatti qui raccontati.
    Da un altro punto di vista, ho cominciato a porre le premesse necessarie per il rapporto Yamcha/Bulma/Vegeta. Qua ammetto io stesso di non essere tanto bravo, ma che devo dirvi... bisogna pur raccontarlo, no...?
    Forse alcuni punti del dialogo (chiappette, battere chiodo...) Bulma/Vegeta sembrano cose un po' fuori luogo: ho pensato a come potessero affrontare questi argomenti un po' osè, punzecchiandosi e sbeffeggiandosi, due giovani sui trent'anni - cercando di restare nei loro personaggi.

    E adesso, sotto il tasto spoiler, troverete un disegno in cui ho rappresentato i maestri con gli allievi principali delle due Scuole di arti marziali: l'unica precisazione è che il ragazzo biondo con la divisa verde non è ancora comparso nella storia, ma lo ritroveremo più avanti.
    Spoiler:
    Ultima modifica di VirusImpazzito; 02-07-2013 alle 20:08

  7. #137
    Senior Member L'avatar di calogero99
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    Nel capitolo precedente hai parlato della Scuola della Tartaruga, e in questo capitolo hai parlato della Scuola della Gru; mi pare giusto.
    Finalmente si torna a parlare di Vegeta.
    P.S. Sorprendi sempre più nei disegni.
    Ultima modifica di calogero99; 06-07-2013 alle 14:40

  8. #138
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    Giusto dare spazio alla nuova Gru.
    Ho apprezzato che il maestro si sia pentito di suo, solitamente in DB i cattivi si convertono solo in quanto iniziano a gravitare intorno a Goku, è stata una sorpresa.

    Vegeta è il migliore, da come sfotte i terrestri fino alle battute a sfondo sessuale xD
    Poi la frase sul maiale di casa m'ha fatto ridere parecchio

    Voglio assolutamente sapere come si avvicinano lui e Bulma (perchè per il momento mi paiono ancora distanti anni luce)

  9. #139
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    Passiamo immediatamente al prossimo capitolo! Come vedete, un po' tutti i comprimari di Goku stanno avendo il loro spazio, possibilmente in situazioni che non si sono viste nella storia originale... questo è stato l'andazzo degli ultimi capitoli e così continuerà nel prossimo capitolo.

    Cap. 21: Per ogni cosa che finisce, ce n'è una che inizia.

    In quel periodo, Goku continuava il suo costante e quotidiano allenamento nell'Aldilà... del resto, era lì apposta! Intendiamoci: era lì perché non poteva più tornare nel regno dei vivi, ma tanto valeva mettere a frutto quell'eterno soggiorno forzato, che comunque non gli dispiaceva.
    Uno di quei giorni, re Kaioh si presentò pacioso e rilassato davanti al suo allievo, portando in mano un paio di lattine; lo trovò con indosso il set di pesi di qualche centinaio di chili che la stessa divinità gli aveva regalato per esercitarsi. «Vuoi un po' di aranciata ghiacciata? Un po' di refrigerio ti fa bene, figliolo... e ovviamente sei già morto, quindi non devi temere una broncopolmonite... ahah!» scherzò la divinità.
    Goku accettò; si sedettero sull'erbetta del prato all'inglese che re Kaioh curava sul proprio pianetino e stapparono le lattine. «Senti questa... sai cosa dice un frigorifero ad una bella lavatrice?»
    «No.» rispose Goku, che non aveva capito che re Kaioh stava per propinargli una delle battute che lo avevano reso celebre fra le divinità.
    «Sei proprio una bella friga! Ahahaha!» scoppiò a ridere la divinità, coprendosi stentatamente la bocca con le mani.
    «...» Goku non batteva ciglio.
    «... e siccome lei respinge le sue avances, lui le risponde: tra noi due, dovrei essere io quello frigido!» continuò re Kaioh, ormai in visibilio dalle risate, con delle piccole lacrime che gli scendevano dagli occhi.
    «Io non ci ho capito niente di tutta questa storia...»
    «Non ci siamo, testone! Non hai fatto alcun passo avanti: sei proprio negato per la vera comicità...»
    «Forse ha ragione lei!» concluse il Saiyan un po' in imbarazzo, sorseggiando la sua bibita. «Piuttosto... perché non mi fa dare un'occhiata alla mia famiglia e agli amici?»
    «Ok... appoggia la mano sulla mia spalla...» lo invitò il dio, iniziando a concentrarsi per percepire i personaggi che più stavano a cuore al suo allievo.
    Innanzitutto, re Kaioh si sintonizzò sulla moglie di Goku, che stava cucinando. «Chichi...» sorrise il Saiyan. La visione della donna intenta ai fornelli, più che stuzzicargli l'appetito, lo intenerì: indice del fatto che gli mancava, e non solo come cuoca. Poi fu la volta di Gohan, colto mentre era impegnato a duellare animatamente con Piccolo. «Si sta allenando!» commentò entusiasta Goku. «Ha seguito il mio suggerimento e continua ad allenarsi! Bene! Tanto un po' di esercizio non può fargli male, dopo tanto studiare... e poi farà compagnia a Piccolo, così entrambi si sentiranno meno soli!»
    «Strano tipo, quel Piccolo...» osservò re Kaioh. «Quando era qui con me, era sempre così chiuso ed ombroso... invece con Gohan sembra quasi... spontaneo, vivace... a modo suo, naturalmente!»
    «Si vede che la compagnia di mio figlio gli fa piacere! Ha notato che Gohan sembra un po' più alto...?»
    «Non ricordo... non ci avevo fatto caso... beh, comunque è naturale! La nostra è una dimensione praticamente senza tempo, quindi non invecchierai mai... ma tuo figlio è soggetto alle leggi della natura e dello scorrere del tempo, quindi ha continuato e continuerà a crescere ed invecchiare.»
    Poi visualizzarono Crilin e Yamcha, che stavano insegnando mosse e tecniche di lotta ad un gruppetto di ragazzi e ragazze di varie età. «Questa scena mi ricorda qualcosa...» disse Goku pensoso, cercando di rievocare nella memoria dove avesse già visto delle movenze simili. «Ho capito! Crilin e Yamcha si sono messi ad insegnare le arti marziali, proprio come fece con noi il vecchietto tanti anni fa!» esclamò Goku con allegria. «Bella idea... se fossi rimasto in vita, magari in futuro avrei potuto farlo anche io... chissà...» iniziò a fantasticare. Re Kaioh mutò ancora una volta la visuale, e stavolta i protagonisti della scena erano Tenshinhan e Jiaozi, in un luogo palesemente diverso da quello di Crilin e Yamcha, ma in atteggiamenti analoghi. «Ma come? Anche loro insegnano le arti marziali? E poi mi sembrano in un luogo diverso, quindi sono indipendenti gli uni dagli altri...!»
    «Eheh... coincidenze della vita!» ridacchiò re Kaioh. «Avranno avuto la stessa idea senza nemmeno consultarsi... a volte succede, sai? Io le chiamo coincidenze coincidenti che coincidono!» e scoppiò a ridere per il suo beneamato gioco di parole, che evidentemente lo divertiva più di quanto si presume possa far ridere il suo pubblico e lo stesso Goku, che infatti non rise. Con disappunto per la mancata reazione divertita del suo pupillo, re Kaioh finse di asciugarsi il sudore con indifferenza e borbottò: «Andiamo avanti... Suppongo ti interessi anche Vegeta...» ed ecco il Principe dei Saiyan, madido di sudore, che si allenava come un forsennato, per non dire di peggio. Persino Goku lo guardava esterrefatto: mai si era visto un tale grado di impegno negli allenamenti. Re Kaioh gli chiese: «...non ti preoccupa che sul tuo pianeta viva un pericolo pubblico di quel livello?»
    «Naaaa! Ormai Vegeta lo considero innocuo... non dico che sia una persona tranquilla, ma ormai la conquista e la distruzione fini a sé stesse non lo attirano più... si fidi...»
    «Se ne sei convinto... passiamo a Bulma...» La ragazza era stata colta mentre partecipava ad una riunione di lavoro: ben vestita, ascoltava alcuni uomini e donne altrettanto ben vestiti che discutevano. Disinteressato al contesto lavorativo in cui si trovava la sua amica, Goku si soffermò sull'espressione del suo viso: appariva stanca, scontenta... forse anche infelice, presente ma nello stesso tempo assente. Bulma seguiva la discussione, ma c'era qualcosa che la distraeva da essa e non la faceva vivere serena. Dopo questa scena, Goku permise a re Kaioh di chiudere il collegamento telepatico; trascorse qualche minuto, poi l'eroe Saiyan pensò di consultare la divinità. «Che ne pensa, re Kaioh? Non ho mai dubitato che i miei amici si sarebbero dati da fare con ottimi risultati... sono contento di vederli così soddisfatti, ognuno nel suo piccolo! A parte Vegeta, ma lui non è proprio un amico-amico…»
    «Certo, sono tipi in gamba... non per nulla, sono stati miei allievi! Eccetto Crilin, il cui contributo fondamentale su Namecc tuttavia ha messo in mostra le sue doti!»
    Goku continuò le sue riflessioni. «Però, se devo essere sincero... l'unica che mi preoccupa è Bulma. Sembra che non abbia ancora trovato un modo per essere soddisfatta della sua vita...»
    «L'ho notato anche io... sembrava così sovrappensiero... chissà che le passa per la testa...» Goku rimase perplesso, poi scrollò le spalle e decise di tornare ad allenarsi. “Strano ragazzo...” penso fra sé la creatura azzurra, guardandolo. “Non capisce delle battute semplicissime, eppure ha la capacità di scrutare il fondo del cuore delle persone... un'empatia straordinaria. Non è affatto un tipo comune...”

  10. #140
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    In effetti, i presagi di Goku erano corretti, anche se lui non poteva immaginare cosa bollisse in pentola: quindi adesso racconteremo come andarono le cose.
    Il periodo amaro di Bulma era iniziato diversi mesi dopo l'apertura della Nuova Scuola della Tartaruga; la palestra contava ormai diverse decine di iscritti, per cui i due maestri avevano deciso di diversificare le lezioni in modo consono ad una grande città, nella quale – accanto ad un limitato numero di appassionati arti marziali – c'era un pubblico più o meno ampio di giovani e meno giovani desiderosi semplicemente di tenersi in forma. Così, al di là delle lezioni di arti marziali, la palestra aveva un sacco di iscritti che, per qualche ora alla settimana, si concedevano la famigerata “sana attività fisica” che, a quanto sembrava, doveva essere una tendenza molto di moda in una città le cui dinamiche si basavano su un'avanzata tecnologia e mezzi di trasporto che permettevano di coprire distanze ampie con facilità e in tempi brevi. Il desiderio comune della maggioranza di queste persone era purtroppo quello di “apparire”, di seguire una moda e sentirsi parte di un fenomeno trendy. Fortunatamente, però, vi era un gruppo di fedelissimi, capitanato da Soya, Kaya e Ganja, le prime tre allieve. Erano ragazzi abbastanza giovani, spinti da sincero interesse per il combattimento, che miravano a praticare le arti marziali, anche solo a livello dilettantistico. Per questo drappello di volenterosi, Crilin era diventato un vero idolo. I suoi allievi, i maschietti in particolare, avevano imparato ad apprezzarne la simpatia e il buon cuore; adoravano sentirlo raccontare dei suoi esordi nel mondo delle arti marziali, dal tempio Oorin ai vari tornei Tenkaichi, e riconoscersi, sognando, in quelle vicissitudini. Nessuno dubitava che i suo racconti fossero veritieri: fra gli iscritti della palestra c'era qualche ragazzino che, come Soya, aveva ereditato dai genitori la passione per le arti marziali, e che in casa avevano sentito raccontare dei tornei svoltisi fino a qualche anno prima e, con ricordo vivo ed entusiasta, delle meraviglie della Scuola della Tartaruga.
    Quanto a Yamcha, aveva deciso di rendersi autonomo dalla sua fidanzata, o meglio di dimostrarsi tale davanti alla propria coscienza. Nessuno avrebbe più potuto rinfacciargli che viveva una vita comoda da parassita, e la stessa Bulma avrebbe dovuto guardarlo da un'altra angolatura. A tale proposito, la sua prima mossa, appena ne ebbe i mezzi finanziari, fu quella di abbandonare il comodo nido della Capsule Corporation, per trasferirsi, come si è già accennato, in un appartamento autonomo in affitto, pagando ogni spesa di tasca propria. Nelle sue attività della palestra, era affabile, amante della vita sociale, quindi non aveva bisogno di sforzarsi per riuscire brillante agli occhi degli allievi: sotto questo profilo, aveva il vantaggio di essere abituato alla vita di città, a differenza di Crilin. Per di più, con quella sua folta chioma nera a spazzola e con le cicatrici, retaggio di chissà quali misteriose vicende, segno della sua temerarietà, faceva colpo soprattutto sulle ragazze, alcune delle quali gli morivano dietro. Non è che lui volesse corteggiare qualcuna delle sue allieve; ma certamente gli apprezzamenti e le moine lo attizzavano.
    Le due gemelle Kaya e Ganja erano quelle che si prendevano più confidenze con i due maestri: del resto, tutti sapevano che loro due, insieme a Soya, là dentro erano le veterane. Avevano sviluppato una vera passione per le arti marziali, che si erano rivelate un ottimo modo per tenere a freno la loro esuberanza concentrandola su obiettivi positivi; tanto è vero che ora le due, seppur esplosive, sembravano più rispettose e meno scalmanate degli inizi, per la maggiore serenità di Soya che con loro ci doveva convivere, e che era la responsabile della loro crescita. In qualche misura, gli sforzi dei due insegnanti erano stati fruttuosi. Dopo circa sette mesi di allenamento intenso ed impegnativo, le due diciassettenni non erano più mingherline come all'inizio, benché sempre atletiche e snelle: il loro fisico allenato era una gioia per gli occhi di Muten e Olong, che sovente andavano a far visita ai loro amici con intenzioni ben precise, anche se ai più non era chiara la presenza di quella buffa accoppiata. Kaya e Ganja, nonostante fossero due casiniste, agivano comunque sulla base di un senso di giustizia esercitato in maniera del tutto personale: grazie a qualche pugno e calcio ben assestato, erano capaci di bloccare polverose risse e caotiche zuffe di quartiere senza troppa fatica. A volte bastava semplicemente stringere un polso o spintonare con fermezza un malintenzionato col coltellaccio nella mano, per far cessare il pericolo.
    Fra tutte le iscritte, a differenza di molte altre, si può dire con certezza che Soya non era una di quelle che erano lì per andare a caccia di uomini, bensì per far pratica ed esercizio: questo era chiaro. Andava in palestra dopo il lavoro, perché qualcuno doveva pur portare a casa la pagnotta, e le sue due immature sorelle frequentavano ancora il liceo; ciononostante, la sua frequenza presso la Scuola era assidua. Fino ad allora, era l'unica che era riuscita a capire qualcosa sulla percezione dell'energia interiore, e che riusciva a galleggiare in aria. Nulla di eclatante, si capisce, ma in definitiva anche Tenshinhan e Jiaozi, quando avevano esibito quel tipo di galleggiamento, non erano assolutamente nulla rispetto a quello che sarebbero diventati negli anni successivi! Il guerriero pelato a volte si imbambolava a guardarla, sia quando le insegnava come piegare il ginocchio destro, sia quando la vedeva esercitarsi in solitaria, il viso concentrato come tutta la sua mente; e in quei frangenti Crilin non smetteva mai di meravigliarsi di quei benedetti occhi color ghiaccio, sua delizia, suo cruccio. Non aveva impiegato molto tempo a stringere amicizia con Soya, perché sul piano dell'apertura ad un'amicizia, lei non aveva eretto una barriera. Eppure l'amicizia non era quello che lui desiderava. Un classico: perché di solito, quando si incontra una ragazza di questo tipo, l'amicizia non è mai quello che si desidera, ma è puntualmente l'unica cosa che si ottiene. In quei mesi e mesi, pensieri simili lo ossessionavano drammaticamente: basta vedere con quale molesta ripetitività la parola e l'idea di “amicizia” faceva capolino fra le sue cogitazioni interiori per il puro gusto di infastidirlo. Dopo mesi non gli era ancora chiaro se la ragazza nutrisse qualche interesse nei suoi confronti; ciononostante, ormai ciò che gli era chiaro invece era il fatto che la ragazza, se interessata, non avrebbe mai fatto il primo passo: non tanto perché facesse la preziosa, ma perché semplicemente non era da lei e il contesto non era quello idoneo, a suo giudizio; lei non era lì per quello, ecco. In conclusione, toccava a lui scoprirsi e fare una primissima mossa che andasse oltre il solido rapporto allieva/maestro.
    Prima timida mossa: chiedere aiuto a Yamcha. «Senti... se io.... parlando in via ipotetica, eh...?» iniziò a balbettare Crilin. «Se io invitassi Soya a fare una passeggiata...»
    «In via ipotetica, naturalmente...» lo scimmiottò l'amico, maliziosamente divertito.
    «Dai, non fare lo scemo!» rimbrottò Crilin. «Fammi finire... già il discorso mi viene difficile... Se io la invitassi a farci un giro dopo la chiusura, e lei mi rispondesse che vuole assicurarsi che le sue sorelle tornino a casa invece di gironzolare...»
    «Quanto la stai facendo lunga! Se non ti conoscessi bene, non capirei nulla del tuo discorso...!» replicò Yamcha, per poi rassicurarlo: «Va bene. Mi offrirò volontario per riaccompagnare le sue sorelle a casa, mentre voi due ve ne andate alla chetichella. Così lei non starà in pensiero per loro...»
    Crilin si illuminò. «Grazie! Allora non sei scemo come ho detto poco fa!» lo ringraziò trionfante.
    «Grazie del complimento, amico!» rispose, calcando la voce su quest'ultima parola. «E dacci sotto... non sprecare quest'occasione, mi raccomando... è ora di diventare grandi, campione!» concluse, strizzando l'occhio all'amico.
    Seconda timida mossa: invitare Soya. Il nostro eroe, quasi immemore del fatto di essersi trovato davanti ai peggiori mostri dell'universo, si costrinse a dar fondo a tutta la riserva di coraggio di cui disponeva, che – come sappiamo – non era poca. Eppure gli fu necessaria quasi interamente, tale era l'ansia che lo attanagliava, poveraccio. Decise da subito che l'invito non andava formulato in maniera troppo elaborata ed infiorettata; poi attese il famigerato orario di chiusura, concentrandosi sul lavoro per distrarsi dal suo implacabile chiodo fisso. Alla fine giunse il momento definitivo, ma per il guerriero pelato fu come se fosse arrivato il giorno del giudizio: temeva di compiere qualche clamoroso sbaglio; non sapeva quale, ma temeva di compierlo. Prese il coraggio a due mani e le rivolse la parola: «Ehi, Soya... che ne dici... ti va di aiutarmi a chiudere, e poi ci facciamo un giro insieme?» Pronunciò la domanda cercando di non lasciar emergere la tensione, ma alla parola “insieme” ebbe un leggero sussulto.
    «Perché no...? È da tanto che non mi faccio una passeggiata per svagarmi... ma le mie sorelle...»
    Qui intervenne Yamcha, con una prontezza degna di nota: «Se vuoi, le accompagno io... così siamo sicuri che se ne stiano buone a casa! Perché dovresti perderti una bella e rigenerante passeggiata?»
    Soya acconsentì contenta: sentiva davvero il bisogno di staccare per un po' la spina in tutta calma e tranquillità, per cui fu grata a Yamcha per questo favore. Le due gemelle si guardarono negli occhi, con uno sguardo tanto malizioso quanto impercettibile agli occhi di tutti gli altri. Cosa passava loro per la testa? Eh, se qualcuno avesse potuto leggere nel loro pensiero... quanti guai si sarebbero evitati!

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