Solo un gran regista come Stone può essere capace di rendere avvincente una storia che per due ore abbondanti si barcamena fra i sali-scendi dei grafici della borsa, derivati e percentuali. Sarà per la natura mezzo thriller, mezzo commedia, mezzo documentaristica della storia, per la fotografia fresca, dinamica, hollywodiana della pellicola, per la bravura degli attori, per l'attualità delle vicende.
Quando sfarzo americano-californiano si abbina a illuminante fermoimmagine delle realtà economico-finanziare che bene o male ci inculano indistintamente.



Si capisce il motivo per cui abbia avuto tutto questo successo ai botteghini: prendi un dottor House ante litteram (è risaputa la discendenza di quest'ultimo dal personaggio di Doyle), una spalla all'altezza e di bell'aspetto, una Londra ricostruita splendidamente, combattimenti degni di Indiana Jones, un mistero all'apparenza inspiegabile, un villain tutto sommato accettabile, battute e situazioni gagantuesche sparse qua e là, e abbiamo un gran bel blockbuster.
Il fatto è che Guy c'ha preso in pieno, è una pacchianata decisamente ben riuscita.