“Kaiohshin!!! Darbula!!! Zeneyu!!! Dove siete??? Rispondetemi!!!” chiamò vanamente Pai Ku Han guardandosi attorno, fino a scorgere un punto sotto di se in cui la nebbia stava iniziando a diradarsi. Fatto questo il campione della galassia dell’ovest decise di seguire tale via, sino al punto di atterrare. Egli si ritrovò in un sinistro boschetto di alberi scheletrici, dai tronchi di un colore grigio tendente all’azzurro. Al suolo non cresceva un filo d’erba e il terreno era bianco e sabbioso. “Ma dove sono capitato?” pensò Pai Ku Han per poi iniziare a camminare, cercando un modo per uscire da quel posto avvolto dalla nebbia, sperando una volta riuscitovi di potersi ricongiungere ai propri compagni. Ad un tratto egli avvertì una presenza sopra di se, e un’ombra alata gravare sulla propria figura. Il combattente del Paradiso sollevò lo sguardo, e quando riconobbe di chi si trattava rimase paralizzato dal terrore. Mai egli avrebbe immaginato di incontrare quell’essere spaventoso e terrificante in quella dimensione. “Salve, sottospecie di ramarro! Dopo tanto tempo ci incontriamo di nuovo!” disse l’alato atterrando innanzi a Pai Ku Han in un battito delle sue nere ali, fissandolo che divertito dispregio con il suo unico, agghiacciante occhio. “La…Latan!!!” balbettò Pai Ku Han riconoscendo, e non poteva essere altrimenti, la più micidiale forza malvagia in cui mai si fosse imbattuto nella sua secolare esistenza. “Cosa ci fa qui un mostro simile??? Io sono diventato molto più forte dall’ultima volta che l’ho incontrato però…” pensò il combattente dell’ovest, sudando freddo, e consapevole come, contro l’angelo caduto non avrebbe avuto alcuna speranza in un eventuale combattimento.
Intanto, del tutto ignaro del terrificante incontro fatto da Pai Ku Han, Darbula si era ritrovato a camminare lungo un fiume. Era probabile che, se lo avesse seguito, sarebbe riuscito a uscire da quel territorio nebbioso e, così come il proprio compagno, confidava che ciò avrebbe comportato un rincontrare Kaiohshin e gli altri. Ad un tratto, una voce fece sobbalzare l’ex sovrano dei demoni. “Proprio un bel macello avete combinato! Razza di idioti! Avrei dovuto immaginarmelo che fidarmi di chi se ne va in giro con un demone si sarebbe rivelato una sciocchezza! A quanto pare quella stupida scimmia non aveva del tutto torto! Con la vecchiaia sto diventando troppo magnanimo! Ciò non significa, tuttavia, che io non possa rimediare al mio errore!”. Darbula si voltò di scatto e riconobbe la figura di colui che in quel luogo era ancora conosciuto come “il flagello divino”. “Ananke!!! Che cosa diavolo ci fai tu qui?” chiese il demone dalla pelle rossa, sorpreso dal rivedere il più forte essere umano dell’universo in quel luogo, e al contempo inquietato dalle parole inquietanti che egli gli aveva rivolto. “Sono venuto a portarti il cestino per il pranzo! Tsk! Non lo immagini? Sbaglio o mi ero raccomandato che non succedesse niente di strano in questa dimensione e che non creaste guai? E invece guarda che macello! Una dimensione che collassa su se stessa, demoni che incrementano la loro potenza… devo farti un disegnino o ci arrivi da solo che questo è presagio di un casino senza precedenti? E la colpa è solo vostra!” lo accusò Ananke. “Ma cosa stai dicendo? Noi non abbiamo…” abbozzò Darbula. “Silenzioooo!!!!!” urlò Ananke profondamente irritato, spalancando gli occhi. Memore di come fosse andata a finire la volta precedente, Darbula serrò le proprie braccia a croce a protezione, per evitare di essere ancora una volta lasciato mezzo morto dal potere oculare di Ananke. L’impatto però fu comunque tanto violento da farlo volare indietro di decine di metri, facendolo cadere nelle acque di un fiume. “Accidenti! E’ furibondo! Ma io non ho nessuna colpa! Che pasticcio! Inizialmente pensavo si trattasse di un’illusione, ma mi sbagliavo! L’aura e senza dubbio la sua, e la sua potenza è tuttaltro che immaginaria! Sento dolore in tutto il corpo!” pensò tra se e se Darbula.
Kaiohshin venne sbattuto contro una parete rocciosa da un attacco violentissimo. “Non è possibile! Cosa diavolo ci fa lei qui? Ciò non ha senso… eppure! E’ proprio lei!” pensò tra se e se Kaiohshin, che stava venendo letteralmente massacrato dalla propria avversaria, che stava giocando con lui come il gatto con il topo. “Hahahaha! Sei stato davvero sfortunato a incontrarmi proprio mentre facevo visita ai vostri alleati! In parte comunque sono sorpresa del fatto che un defunto potesse andarsene in giro per i cavoli suoi… ma chissà cosa succede se ti faccio fuori una seconda volta?” disse la donna dai capelli corvini uscendo camminando dalla nebbia. “L’ultima volta avevo un po’ fretta, dovendomi battere contro Vegeta, ma visto che ora non ho particolare fretta di tornare su Alzeryot… direi che mi posso divertire un pochino! Sei contento?” chiese Tzukin, la saiyan che qualche tempo prima aveva invaso la Terra privando in quell’occasione della vita lo stesso Kaiohshin. “Dunque… c’è Alzeryot dietro gli strani avvenimenti che stanno accadendo in questo luogo…” mormorò Kaiohshin, prima che la saiyan lo afferrasse per il collo, sollevandolo da terra. “Bravo! Sei proprio un tipo perspicace! Peccato che saperlo non ti servirà a un granché!” disse Tzukin per poi scagliare Kaiohshin contro un’altra roccia, facendola crollare sopra la divinità, che ne venne seppellita.
Latan, Ananke e Tzukin… tre avversari impossibili per il terzetto. Come ne sarebbero venuti fuori? E che fine aveva fatto Zeneyu? La situazione per il gruppetto di Kaiohshin non era mai stata tanto critica.