Urbick era integrato benissimo nel nostro gruppo di amici et eroi, ma non aveva accettato la residenza nella kame house, e nemmeno alla capsule corporation. Voleva stare da solo, in mezzo ai boschi, sempre in compagnia della sua potente tigre. L'unico che aveva sospetti sulla vera identità del giovane dai capelli color sangue, rimaneva pur sempre Gohan. Ora, il maggiore dei figli di Goku, andava a parlare con il proprio padre.
Papà, devo parlarti.
Goku era seduto, poggiando i gomiti sul tavolo della cucina, con uno sguardo alquanto preoccupato. Con un cenno della testa, mandò fuori Chichi, che già aveva gli attacchi di panico. Goten era seduto al fianco del proprio padre, e osservava con occhio preoccupato il fratello maggiore. A differenza del padre, non era capace di nascondere le proprie emozioni. Le vene spuntategli sulle mani, il sudore che scendeva dalla fronte, tradivano un forte nervosismo. Era identico al padre, sembravano essere due fotocopie. Uno, però, aveva un fisico leggermente meno dotato, unico segno di contraddistinguo. Le braccia conserte, tremava dal nervosismo. O Forse, dalla paura. Non era detto che quello nel disegno di Gohan non fosse in realtà Goten, anziché Kakaroth.
Ad accogliere le parole iniziali di Gohan, solo il silenzio, i passi della madre che si allontanava. Niente altro. Nemmeno un altra parola.
Papà. Perché ti fidi di Urbick? Non lo conosci!
L'intrusione di Goten fu dettata da un nervosismo che non riusciva più a trattenere. Scattò in piedi, facendo volare via la sedia, mentre la sua aura aumentava, quasi come a testimoniare una paura incosciente, con i capelli che si sollevavano. Sbattè le mani sul tavolo, spaccandolo a metà, quasi a far cadere Goku.
Fratellone, stà zitto! Ha salvato la vita a tutti, anche a te, quando eravamo all'inferno con Darbula!
Ora basta. Stà fermo.
Goahn fu quasi colto da un colpo secco al cuore. Mai aveva sentito il padre parlare con quel tono gelido, quasi fuori di se. Un tono che non ammetteva repliche, e infatti Goten non replicò, ammutolito da quel modo che il padre non aveva mai manifestato. Raccolse la sedia, e vi si pose sopra, osservando i resti del suo attacco d'ira.
Sono preoccupato, Goahn, seriamente preoccupato.
Allora – il maggiore dei fratelli son rispose con una voce sommessa, come a chiedere il permesso di parlare – anche tu non ti fidi di Urbick.
Io mi fido di Urbick. E anche della sua tigre, Gohan.
Non capiva. Cosa temeva allora lui, il grande saiyan che aveva raggiunto anche il livello definitivo?
Papà, non ha aura! Forse vuole nasconderla, perché forse è oscura! E poi perchè dovrebbe avere con se quella tigre potentissima? Per difendersi, sa che se qualcuno lo attaccasse, avrebbe una valida difesa!
Sta zitto, ho detto.
Stavolta scattò in piedi anche lui, urlando. A passi lenti e cadenzati si avvicinò al figlio, osservando dritto nei suoi occhi, la tensione alle stelle. I momenti successivi, Goten pot-è osservare una scena che mai poté osservare prima d'ora. Uno schiaffo raggiunse la guancia di suo fratello maggiore. Non con forza, ma con sdegno. Rimase a bocca aperta, mentre ascoltava quelle parole, “sei tu che vuoi uccidere me, Gohan. Tu, sangue del mio sangue, carne della mia carne.” Ecco cosa preoccupava Goku. Il proprio figlio, voleva ucciderlo, almeno lui così credeva, dagli atteggiamenti di Gohan aveva dedotto solo questo.
Papà...
la voce tremante, il corpo ancora scosso da quello schiaffo. Il turbinio di emozioni che seguì quell'attimo di paradosso. Tutto così irreale. Ora anche Goten aveva capito. Si alzò, senza essere osservato dai due. Passi rapidi, portarono il suo giovane corpo ad uscire dalla stanza, dalla casa. Una volta fuori osservò il cielo, riflettendo per qualche attimo. Non riusciva a credere a niente di quello che aveva visto, e sentito. Mentre rifletteva così, aveva una strana sensazione. Un'aura molto potente, pensò. Seguita da tante altre, potenti, ma non eccessivamente. Tutte raggruppate abbastanza lontano. Non riuscì a pensarci due volte, e volò rapidissimo verso la zona individuata dalla sua percezione mentale. Solo che non riusciva a capire chi potesse essere.
Papà...
Gohan. Dimmelo. Adesso!
Faccia a faccia, come solo due nemici potrebbero ritrovarsi, subito prima di un combattimento. Lo sguardo determinato del maggiore dei due, contro lo sguardo sommesso e dispiaciuto dell'altro.
Papà, non hai capito...come puoi crederlo?
Gohan!
Sei mio padre! Voglio solo metterti in guardia contro Urbick!
Non è Urbick il problema. Sei tu!
La voce disperata del figlio era sincera? Goku credeva di sì, ma voleva sperimentarla. Quel disegno lo aveva inquietato troppo, al punto di impedirgli di dormire. Tanti lo avevano minacciato a morte, ma mai un proprio figlio. Mai. Ogni sua parola era un taglio al cuore, ma doveva farlo.
Papà...io ti voglio bene.
Non mentirmi, figliolo.
Forse quel “figliolo” tradì le sue intenzioni. Gohan lo aveva intuito, e questo fece brillare una luce di speranza nei propri occhi.
Mi spiace che tu abbia pensato questo, papà. Sono contento che tu abbia cambiato idea.
Una lacrima scivolò sulla guancia sinistra del padre di Pan. Era felice che tutto si fosse chiarito. Ora poteva passare alla sua seconda intenzione, che poi era quella principale.
Il tempo di pronunciare quelle quindici parole. E un potentissimo raggio di energia travolse Goku in un azzurro e rosso, misti in un'unione letale. Quest'onda d'urto distrusse la maggior parte della casa del saiyan.
Uscendo a passi lenti dalla casa distrutta, osservò il fumo, le macerie, il corpo di Goku che faceva capolino fra i frammenti di muro.
Papà. Come diavolo avevi fatto a capirlo?