«Piove. E quando piove, nella Città Nera, il sudiciume, la polvere, tutto per terra si aggruma, si appiccica alle scarpe. Ed è difficile toglierlo, quasi fosse un segno indelebile voluto dalla città stessa, per ricordare ai suoi abitanti dove si trovano e soprattutto perché. Una città lurida, sporca e povera, senza dubbio. Tuttavia, i suoi cittadini ringraziavano solamente di trovarsi là e non di fuori, nel mondo normale, tra la gente "normale". Chi ancora poteva ricordare - i più anziani - ne aveva nostalgia, ma niente li avrebbe fatti ritornare, non dopo gli orrori che avevano subito e a cui avevano assistito. Non avrebbero sopportato un giorno di più la vista delle loro case bruciate, del sangue versato dai loro compagni che tentavano disperatamente di difendersi: non avrebbero sopportato più nemmeno un insulto senza morirne, in preda a visioni e convulsioni, dovute ai terribili ricordi che riaffioravano in continuazione. E difatti molta gente veniva trovata morta nel proprio letto, con gli occhi sbarrati fissi nel vuoto. A volte il rigor mortis immortalava l'ultima espressione di terrore nel volto del cadavere, cosicché, quando gli addetti lo portavano via, venivano anch'essi presi dall'angoscia e il più delle volte si sentivano male. Questo perché sapevano che la causa del decesso erano gli incubi. E gli incubi erano provocati sempre dal ricordo di quelle atrocità.
All'inizio della storia della città, le morti di questo tipo erano frequentissime e colpivano tutti: i giovani soprattutto, ma né i vecchi né gli adulti robusti venivano risparmiati. Chi moriva nel sonno, chi da sveglio, chi non riusciva a sopportare e si sfregiava il corpo con lame e cocci di vetro, chi si gettava dai palazzi e chi si sparava in bocca, mentre altri impazzivano solamente, ma, non essendoci cliniche o manicomi, come nemmeno prigioni, questi giravano per le strade della città, rivelandosi a volte pericolosi anche per gli altri, oltre che per se stessi.
La mancanza di organizzazione e di ordine rimase per lungo tempo un serio problema, il quale però andò man mano affievolendosi, così che la gente riuscì a mettere in piedi i primi edifici ospedalieri, le prime pattuglie per il mantenimento dell'ordine e molte altre strutture basilari. La mancanza di alimenti non fu un vero problema: in un primo momento bastarono quelli dei grandi magazzini e dei centri commerciali, per sfamare quelle poche decine di migliaia che non erano morti o che riuscivano a mangiare, poi alcune aree verdi vennero presto adibite all'agricoltura e al pascolo. In breve tempo la città, sotto il punto di vista alimentare, era divenuta sufficientemente autonoma da poter garantire la sopravvivenza di tutti. Il mantenimento dell'ordine continuò a rimanere un grave problema, risolto solo parzialmente, nonostante buona parte della gente non creasse alcun genere di problemi o potesse in qualche modo essere ritenuta pericolosa. Più efficiente fu invece l'organizzazione sanitaria, che fu ben presto in grado di gestire la situazione grave della città. Furono adibiti a ricoveri non solo i vecchi ospedali, ma anche molti altri edifici abbandonati (ne rimanevano parecchi dopo i migliaia di decessi avvenuti) e ben presto i più esperti di medicina, come anche i neo-laureati, si diedero da fare per approfondire le proprie conoscenze anche in altri campi, studiando dai libri recuperati dalle vecchie e deserte biblioteche. La mancanza degli strumenti per l'utilizzo della medicina moderna portò alla rinnovata diffusione dei medicamenti naturali, utilizzati soprattutto per i dolori all'ordine del giorno. Tutt'altro discorso per le operazione chirurgiche o malattie ben più gravi. Chi era affetto da tumore aveva ben poca aspettativa di vita, non essendoci più la possibilità di trapianti e la scarsa efficienza dei pochi medicinali rimasti, nonostante la possibilità di poter operare con media precisione, grazie alla produzione di strumenti chirurgici sempre più precisi e affilati. Il campo maggiormente sviluppato era però quello che riguardava i parti: poiché pochi erano rimasti e molti continuavano a nascere, si volle fin da subito evitare le morti durante il parto, successo ottenuto relativamente presto, riuscendo nell'intento grazie agli impegnativi studi da parte dei medici che diedero all'argomento priorità assoluta.
Una divisione dell'organizzazione sanitaria era quella che si occupava del recupero dei cadaveri, organizzata in squadre di uomini forti di spirito e successivamente da giovani della nuova generazione che, non avendo vissuto l'esperienze delle atrocità subite dai loro genitori, non risentivano dell'effetto negativo dei ricordi. Presto tuttavia i morti vennero ritrovati quasi tutti e non avvennero più nuovi decessi così frequentemente, così che le squadre di recupero vennero impiegate come squadre di pronto soccorso, migliorando l'efficienza sanitaria e diminuendo le morti.
Sempre più larghi appezzamenti di terra vennero adibiti ad uso agricolo, a causa della moderata ricrescita demografica. Le scuole ebbero un ruolo fondamentale per la crescita dei giovani, la cui alta formazione scolastica permise uno sviluppo progressivo delle scienze, di pari passo con le arti. Chi invece abbandonava gli studi lavorava nelle coltivazioni, negli allevamenti o come manovale nella ricostruzione della città in rovina.
In breve, nel giro di qualche decennio, la civiltà raggiunse livelli accettabili, quelli di un paese in via di sviluppo, nonostante la mancanza di alte tecnologie, le quali rimasero mediocri ancora per lungo tempo. Si verificò comunque un'evoluzione colossale, in un tempo davvero breve e con ottimi risultati, grazie solamente alla tempra dimostrata da quella gente, prima disprezzata e brutalmente estirpata, poi nuovamente florida e forte. Tuttavia, in tutti questi anni, nessuno mai ha osato avventurarsi al di fuori dei confini. Questi, sono coincidenti con un muro, altro e grigio, liscio in modo tale da impedirne la scalata e che cinge la città per tutto il suo perimetro. Nessuno - non solo le vittime di quel isolamento, ma nemmeno i giovani delle generazioni a venire - ha mai tentato, come se fosse stato loro proibito, ma non dai vecchi e ormai pochi sopravvissuti, bensì da qualcosa nel loro sangue, qualcosa di istintivo, quasi li volesse proteggere dai pericoli al di là del muro.
Per questo noi qui rappresentiamo una svolta epocale per la storia della Città Nera. La curiosità ha finalmente prevalso e noi stiamo per esplorare l'esterno. Vogliamo solo vedere nel frattempo cos'è successo al mondo, se lì fuori continuano le persecuzioni e le ostilità nei confronti di quelli come noi, oppure se questo mondo è pronto per accettarci nuovamente. Siamo in duemila, chi più chi meno. Siamo armati con qualche fucile rudimentale ma efficace, con bastoni, pugnali e sassi. Se trovassimo ostilità non esiteremo a difenderci per quanto possibile. La pioggia ci impedisce di vedere chiaramente, tuttavia avanziamo senza troppo timore, attraverso la breccia precedentemente aperta nel muro grazie a del potente esplosivo recentemente progettato. Siamo già quasi tutti oltre il varco, stiamo aspettando di radunarci e di schierarci in maniera più o meno ordinata. Ora avanziamo, nel mondo a noi sconosciuto. Il terreno sotto di noi non è poi diverso da quello della campagna in cui vengono coltivati i generi alimentari, solo reso umido e fangoso dalla pioggia battente. Dove la pioggia ci lascia vedere, scorgiamo alberi, cespugli e nient'altro, nulla di anomalo o di vagamente strano.
È la fine della giornata, siamo avanzati di molto - diverse decine di chilometri - anche se lentamente, perché in continua allerta. Ci accampiamo montando le tende come meglio possibile sotto la pioggia che ha continuato a cadere per tutta la giornata. Abbiamo distribuito impacchi di tisane per evitare i raffreddori e ora è giunto il momento di coricarci.
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