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Risultati da 31 a 40 di 247
  1. #31
    Senior Member L'avatar di Dargil
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    Wed Aug 2009
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    I giorni del processo stette in carcere, dove pianse, pianse a lungo ripensando a come si era potuto fidare di quella donna, la donna dei suoi sogni, di come lei lo avesse tradito, o almeno, di come avesse trovato il coraggio di fare quello che aveva fatto, di come poteva sentirsi suo figlio, al momento, anzi, da sempre la cosa più importante della sua vita, che, gia affranto dalla scomparsa del padre, si sarebbe sentito dire di dimenticarselo per sempre, che si trattava del cattivo delle storie che gli raccontava la sera prima di dormire e che tale ne sarebbe rimasta l'immagine. Per tutto il resto della vita.
    No. Non poteva permetterselo, tanto che si giurò che comunque fosse andato il processo, non lo avrebbe mai abbandonato. Qualunque cosa quella donna avesse fatto contro di lui, non avrebbe abbandonato suo figlio e mai gli avrebbe fatto vivere una brutta vita, anche se lo avesse visto una volta all'anno, anche se non gli avrebbe rivolto più una parola, anche se lui stesso si sarebbe rifiutato di vederlo, lo avrebbe protetto, lo avrebbe curato e preparato ad un mondo che colpisce le spalle e che non si accontenta finchè non ti porta alla pazzia, un mondo che lo aveva tradito, dopo avergli dato la sicurezza di essere invincibile, potente, felice.
    Come la natura ci da la vita, la stessa natura ce la toglie e a lui avevano appena tolto la sua vita.
    Pensò a questo e ad altro per tutto il processo, fino al verdetto. Le accuse erano state accolte e lui costretto a versare un quantitativo di soldi al mese per la (ex) moglie e per il figlio, più altre procedure per spillargli più denaro.
    Se lo aspettava, le persone chiedevano una giusta punizione, e una ingiusta punizione gli era stata data. Gli vennero dati i domiciliari per 6 mesi, poi sarebbe stato costretto a trovare una nuova abitazione, con un minimo di 800 metri di distanza da ex-moglie e figlio e col dovere di versarli almeno 1500 euro al mese più altri 500 per il figlio e un debito di 10000 per le altre accuse. Ben presto fu senza soldi e si trovò costretto a trovarsi un lavoro.
    Iniziò a lavorare nei bar come cameriere la mattina, di pomeriggio poi andava ad attaccare manifesti e volantini, di sera infine a pulire i servizi pubblici. Una vita dura che non gli dava del tempo neanche per se stesso, tanto che per fortuna un suo amico lo ospitava, altrimenti avrebbe vissuto per strada.
    La sua mente cominciò a vacillare e ben presto pensò al suicidio, visto che neanche riusciva a vedere suo figlio, o almeno, sua madre non si presentava con lui quella volta al mese che era stata prefissata dal giudice, ma poco importava ormai; voleva farla finita. Ma solo dopo l'incontro che era stato prefissato il giorno seguente. Dentro di se infatti, nutriva ancora la speranza di poter vedere suo figlio, prima di andarsene, un'ultima volta. Doveva provarci, altrimenti la morte non sarebbe stata nulla in confronto al dolore che avrebbe provato altrimenti.
    Andò all'incontro e, stupito, vide che il figlio c'era, accompagnato da un'assistente sociale. Il ragazzo era insensibile, il suo saluto, il suo abbraccio, il suo bacio erano svogliati e irreali. Cerco di parlarci, di fargli dire qualcosa ma niente.
    Scosso all'improvviso da un colpo di rabbbia, lo abbracciò forte e gli disse di non avere paura, che qualunque cosa gli avessero detto, non era vera e che lui gli voleva bene. Ci fu un attimo di silenzio, spezzato poi da un lamento: il bambino stava piangendo, e ripeteva che gli mancava, che voleva tornare a stare vicino a lui, che la madre gli aveva detto delle brutte cose; Maurizio stupito, lo strinse ancora pià forte e con un leggero sorriso lo tranquillizò dicendogli che non lo avrebbe mai abbandonato e che lo avrebbe sempre protetto, con le lacrime calde che gli infiammavano le guance.
    Così Maurizio capì chi era la vera vittima: suo figlio.
    La cosa a cui teneva di più, era stata ferita da quella orribile storia. Sarebbe stato il genitore che la ex-moglie non sarebbe mai stata, nel suo silenzioso tollerare egli avrebbe mostrato più amore al figlio di quanto ne avrebbe mai ricevuto, così che il figlio stesso fosse il testimone inconsapevole del suo amore e della sua dannazione.
    Perchè l'uomo sa mostrare veramente cosa vale quando si trova in difficoltà, di come sa reagire alle evenienze e di come, per amor di qualcuno che dipende da lui, mette in gioco se stesso, sapendo accettare la fatalità e sapendo sopportarla. Perchè quel poco spazio che gli è rimasto, quel poco amore che gli viene concesso, gli danno la forza di poter sopportare tutto il peso del mondo, di potersi redimere e, chissà forse, far tornare tutto alla normalità.

  2. #32
    Yay L'avatar di Feleset
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    Piccola premessa per evitare incomprensioni: in questa storia si incrociano alternativamente due testi. Uno di essi è formato solo da dialoghi a botta e risposta, sempre tra due interlocutori. Non c'è nessun narratore perchè sono scene che ho voluto rendere oggettive in modo assoluto. L'altra parte, invece, è composta da estratti di un tema scolastico (inventato, eh), fatto in prima persona. La storia va letta in ordine così come l'ho postata, altrimenti perde il suo senso.


    TOLLERANZA 2010


    «Allora ti lascio dalla zia mentre vado a fare la spesa. Mi raccomando, comportati bene»
    «Sì, ma’, ok. Che palle»


    Michele Bianchi – 2°A Scuola Media Inferiore 21/05/2010

    Verifica di italiano
    Tema: “La tolleranza: cosa hai imparato dagli incontri tenuti a scuola e dalla tua esperienza personale”


    Quest’anno la nostra scuola ha organizzato una serie di incontri con una ragazza che si occupa di diritti umani in tutta l’Emilia-Romagna. Durante queste ore abbiamo parlato e discusso di molti argomenti, tutti collegati alla tolleranza, con riferimenti a fatti realmente accaduti.
    Io sinceramente non ero molto interessato a questa iniziativa. Quella donna diceva che noi siamo in un’età difficile, in cui abbiamo bisogno di valori che ci porteremo dietro quando saremo adulti, e che quindi riteneva importante discutere con le classi delle medie. Ma io a dire il vero questa necessità non la vedevo. Io non sono razzista, non discrimino chi ha un’altra religione, e neanche chi la pensa in modo diverso da me. Questo perché fin da quando ero all’asilo sono stato educato così. Alla scuola materna c’erano dei bambini di colore, e le maestre ci dicevano che erano uguali a noi. Alla scuola elementare c’erano i musulmani che non mangiavano maiale in mensa, e le maestre ci dicevano che nel mondo esistevano tantissime religioni, e che i bambini andavano tutti rispettati. Insomma, io sono cresciuto in questo modo, come penso tutti i ragazzi italiani, quindi non capivo a che cosa servisse parlare di questi argomenti anche alle medie. Nel mondo c’è il razzismo, è vero, c’è chi maltratta le donne, chi obbliga tutti a credere nel loro dio, chi usa la violenza per impedire la libertà di pensiero. Però noi siamo in Italia, in Europa, in Occidente. Questo pensavo fino a qualche giorno fa. Quegli incontri, per me, erano solo un bel modo di saltare le interrogazioni di matematica.
    Lunedì, però, mi è successa una cosa che mi ha fatto pensare.
    Come ogni giorno, mia madre era venuta a prendermi all’uscita della scuola, per poi tentare di portarmi a fare la spesa con lei. Io non ne avevo per niente voglia, perciò ho iniziato a lamentarmi. Lei inizialmente ha insistito, anche perché il supermercato è abbastanza lontano da casa nostra, e non voleva tornare indietro. Alla fine, però, abbiamo trovato un compromesso: mi avrebbe scaricato davanti alla casa di mia zia, che era sulla strada, per poi tornare a prendermi dopo le compere.
    Mia zia vive con il marito e una figlia di sei anni in un piccolo condominio. Quel giorno era a casa da sola e fu felice di ospitarmi. Dopo pranzo, però, mi disse di andare in camera di mia cugina a studiare, perché lei in salotto doveva incontrare delle persone. Disse che da quando aveva cambiato orari di lavoro non aveva più tanto tempo libero, quindi le serviva una donna delle pulizie. Tutte le possibili “candidate” da assumere si trovavano fuori dalla porta, e stavano aspettando che lei le facesse entrare una alla volta.
    Io andai in camera a tentare di fare i compiti, ma fui immediatamente distratto dalle voci provenienti dall’altra stanza.



    «Buongiorno signora, si accomodi pure»
    «Grazie»
    «Da dove viene lei?»
    «Ah, io… Senegal»
    «Ha il permesso di soggiorno?»
    «Sì, io, ecco… sto facendo…»
    «Facendo? Ce l’ha o no?»
    «Io sto cercando… tentando…»
    «”Cercando” e “tentando” non sono un sì. Non voglio assumere una clandestina. Se ne vada subito e non si faccia più vedere»


    […]
    Ovviamente il fatto che fosse un’extracomunitaria senza permesso di soggiorno era un motivo valido per non assumerla. Qualcuno avrebbe potuto denunciarla. Quindi io fui d’accordo con la decisione di mia zia. Tuttavia, questo breve colloquio aveva fatto crescere in me la curiosità di vedere chi avrebbe assunto. Visto che non avevo nessuna voglia di fare i compiti (era matematica, non italiano), aprii una piccola fessura nella porta della camera, e con un occhio solo sbirciai nel salotto. Entrò una donna bassa, con gli occhi a mandorla, che sembrava molto sicura di sé.


    «Le faccio subito una domanda, perché se la risposta è “no” la mando via subito. Lei ha il permesso di soggiorno?»
    «Io ho la cittadinanza italiana, signora»
    «Sì, va beh, non mi prenda in giro. Si vede lontano un miglio che non è italiana»
    «Mio marito è italiano»
    «Ah… capisco. Beh, ma lei è sempre cinese. Sinceramente non ho ancora capito perché voi cinesi dobbiate per forza entrare in tutti i settori. Vi rendete conto che alcuni italiani sono disoccupati perché voi gli rubate il lavoro?»
    «Signora, io a dire il vero sono thailandese»
    «Certo, certo, ora si inventa delle scuse. Come se fosse diverso, poi. Cosa mi interessa se uno è cinese del Nord o cinese del Sud? Sempre di Cina si tratta»
    «Ma a dire il vero la Thailandia…»
    «Basta! Mi dispiace, ma ne ho abbastanza delle persone come lei. Niente di personale, eh, solo che più passa il tempo e più sono shockata. Vado in centro storico, e i negozi del “made in Italy” sono stati sostituiti dai cinesi. Vado al mercato, e sono tutti cinesi. Insomma, un’invasione! Comunque sia, torniamo a noi. Con tutta la crisi che c’è sicuramente ci saranno molte italiane disposte a fare le pulizie in casa. Quindi faccia una cosa: mentre se ne va, chieda se all’ingresso ce ne sono, per favore. E se ce n’è almeno una, la faccia entrare»


    […]
    In effetti anch’io avevo l’impressione di vedere cinesi ovunque, ormai. Però era strano, perché quella ragazza aveva detto di non esserlo. Se uno ha la cittadinanza italiana, dovrebbe essere italiano, no? Senza contare che la Thailandia non è la Cina, come avevo visto nella cartina geografica appesa in classe. Insomma, in questo caso proprio non comprendevo i motivi per cui quella donna era stata scartata. Io mi aspettavo che mia zia facesse fare delle prove alle candidate. Per esempio farle spolverare il tavolino per vedere se erano brave nel mestiere. Ma probabilmente sono solo molto ignorante in questo campo.



    «Oh, finalmente una ragazza italiana! Ha l’aria di essere brava, tra l’altro!»
    «Davvero? Mi fa piacere»
    «Mmm… ha uno strano accento. Da dove viene?»
    «Sicilia»
    «Eh?»


    […]
    Dopo quell’incontro mia zia aspettò molti minuti prima di far entrare qualcun altro. Se ne restò per molto tempo in salotto a lamentarsi ad alta voce. Non riuscii a comprendere totalmente le sue parole, ma da quel poco che sentii stava borbottando qualcosa come “mafia”, “terroni”, “criminalità”, “ladri”, ecc.
    Come si fu calmata, entrò lei stessa nell’ingresso e, guardando le candidate, scelse quale fare entrare.



    «Permesso»
    «Accidenti, ho sbagliato di nuovo. Lei non è italiana, vero?»
    «Vengo dalla Romania, signora»
    «Ah, rumena. Ha il permesso di soggiorno?»
    «La Romania è nell’Unione Europea, signora»
    «E quindi?»
    «Posso soggiornare in Italia liberamente, come gli altri cittadini europei»
    «Sì, va beh, ma non è importante… cos’è, la fiera dei clandestini, oggi?»
    «Signora, io non sono clandestina. La Romania è entrata…»
    «Ma i criminali non sono cambiati. In televisione, quando si parla di droga e omicidi, sono sempre tutti rumeni. Se ne rende conto?»
    «Io non sono una di quelli»
    «Non lei, forse, ma magari suo marito o suo fratello»


    […]
    Che in televisione si sentisse sempre parlare male dei rumeni era sicuramente vero. Anch’io me n’ero accorto. Quindi probabilmente era giusto non fidarsi. In ogni caso, quella fu l’ultima donna straniera che varcò la soglia di casa sua, almeno per quel giorno. Le candidate all’esterno avevano capito il clima che si respirava, così le straniere e le meridionali se n’erano andate. Una giovane entrò lentamente nel salotto. Sembrava avere circa venticinque anni.



    «Giovane, emiliana e sorridente. Un raggio di sole in questo cielo nuvoloso, finalmente»
    «Sto facendo tirocinio per diventare avvocato, ma avrei bisogno di un lavoretto part-time»
    «Capisco. Molto interessante. Posso darti del tu? Sembri molto impegnata, comunque»
    «Abbastanza. Tra tirocinio e animazione non ho molto tempo libero»
    «Animazione?»
    «Sì. Faccio l’animatrice in un gruppo parrocchiale»
    «Ah, interessante. E state cercando bambini che si iscrivano?»
    «Beh, sicuramente ci piacerebbe vederne di più. Le attività che facciamo piacciono molto, e sono allo stesso tempo educative»
    «Io ho una figlia di sei anni. È battezzata e la porto sempre a Messa, ma ho paura quando va al Catechismo»
    «Non deve. Io bambini rischiano di farsi male anche a scuola. Io conosco tutti i catechisti della zona, e posso dire che sono tutte persone molto attente»
    «Ma non sto parlando di farsi male. Non mi importa se mia figlia si sbuccia il ginocchio. Tu guardi la televisione? Sai cosa fanno i preti ai bambini?»
    «Non c’è assolutamente nulla di cui preoccuparsi. I nostri sacerdoti…»
    «Sì, va bene, suorina, va’ a convincere qualcun altro! Io mia figlia in parrocchia non ce la porto. Credere in Dio va bene, ma bisognerebbe fare un po’ di pulizia di clero, di questi tempi. E le persone come te, che entrano nelle famiglie con figli con il solo scopo di farli entrare in quel giro, mi fanno schifo»

  3. #33
    Yay L'avatar di Feleset
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    […]
    Non ho ancora capito esattamente di che cosa stessero parlando. Mentre ascoltavo la conversazione, mi erano venuti in mente i servizi che mandano al telegiornale sui sacerdoti, però non riuscivo a capire come quei fatti potessero aver a che fare con la nostra realtà. Alle elementari sono stato negli scout per un anno. Il mio parroco era simpaticissimo, però non era mai troppo a contatto con noi. C’erano sempre gli educatori al nostro fianco. I miei genitori non hanno mai avuto paura.
    Da questo colloquio tra mia zia e l’animatrice, comunque, compresi finalmente una cosa. Mia zia era piena di pregiudizi.



    «Un ragazzo?»
    «Direi di sì. C’è qualche problema in questo?»
    «Oh, beh… no. Io cerco qualcuno che faccia le pulizie, ed ho dato per scontato che dovesse essere una femmina. Però a dire il vero non ho motivi di dubitare di un uomo»
    «Io pulisco la mia casa da anni, quindi spero almeno di avere un vantaggio da questo punto di vista»
    «Wow! Un uomo di casa! Guardi, a me basta che lei non sia un clandestino, un ladro, un mafioso, un criminale o un pedofilo e va bene»
    «Posso assicurarle che non sono nessuno di questi»
    «Ha ha, divertente! Sembra davvero simpatico! Il problema è che finora tutti i candidati avevano qualcosa di brutto. Lei cosa mi nasconde?»
    «Non saprei. Forse ho qualche lato oscuro di cui non mi sono mai accorto»
    «Beh, se fa le pulizie in casa forse la sua compagna le ha fatto il lavaggio del cervello»
    «La mia situazione è all’incirca quella»
    «Beh, forse è stata lei a convincerla a venire qui, oggi»
    «Sì, anche se ci sarebbe una cosa da precisare»
    «Cosa?»
    «Forse mi sto tirando la mazza sui piedi da solo…»
    «Ecco, lo sapevo che c’era qualcosa sotto! Oggi è proprio il mio giorno sfortunato!»
    «Questo non glielo so dire. Posso solo farle presente che io mi offro per questo lavoro in quanto spero di poter essere accettato per quello che sono, quindi non ho intenzione di nascondere nulla»
    «Santo Cielo, che cosa deve dirmi?»
    «Niente di speciale. Solo che il mio compagno è un uomo»


    […]
    Tra tutte le caratteristiche dei candidati, fu senz’altro quella a farmi più impressione. La sola idea che a un uomo potesse piacere un altro uomo mi disgustava. Eppure ciò che accadde dopo andò oltre ogni mia previsione.


    «Lei è gay? Accidenti, non ne avevo mai conosciuto uno dichiarato!»
    «Capisco…»
    «Ma è una cosa davvero bella di questi tempi! L’ho visto in televisione: tutti i più grandi stilisti sono omosessuali! E poi se ne vedono tantissimi nel mondo dello spettacolo! Sono tutte persone gentilissime e sensibili… poi sempre alla moda, creativi, sorridenti...»
    «Non sono molto appassionato di moda, a dire il vero»
    «Ma sì, sicuramente ama lo stile! Ce l’ha proprio dentro! Poi è davvero triste vedere come al giorno d’oggi siate ancora vittime di discriminazioni. Non c’è proprio tolleranza in questo mondo! C’è chi pensa che siate malati, ma è chi pensa queste cose ad essere malato!»
    «Sì, nel mondo ci sono molti pregiudizi su di noi, però io sinceramente mi sento accettato da quello che mi circonda tutti i giorni»
    «Oh, ma certo! Qui non siamo certo chiusi come nel Medio Oriente! Poi l’ha visto nei reality, no? Ci sono sempre transessuali, ormai. Non si può non accettarli»
    «I transessuali a dire il vero non c’entrano niente con me»
    «Ah, no, ma la so la differenza! Siete simili, ma non certo uguali! Comunque stia tranquillo: è assunto!»
    «Davvero? Non ha altre domande da farmi?»
    «Assolutamente no! Lei è l’affidabilità fatta a persona!»


    […]
    Quando tornai a casa era pomeriggio inoltrato. Quella sera, prima di andare a dormire, riflettei molto su quella giornata. Come mi infilai sotto le coperte, mia madre entrò in camera.



    «Michele?»
    «Sì, ma’?»
    «Domani hai detto che c’è l’ultimo incontro con quella ragazza che parla di tolleranza, vero? È le ultime due ore, giusto?»
    «Già»
    «Beh, visto che mi avevi detto che non le trovavi molto interessanti, se vuoi ti vengo a prendere prima»
    «No, preferisco non saltarle»
    «Ah, sì? Come mai hai cambiato idea?»
    «Beh… perché penso che mi serva»
    «Sì, come no. Non mi inganni. Cosa c’è sotto?»
    «Niente, è la verità»
    «Mmm… ci sono! La tua professoressa di italiano vi farà fare un tema su quegli incontri»
    «Anche»
    «Beh, dai, ho capito. Meglio così, quegli incontri sono davvero importanti. Buonanotte»
    «’notte»


    […]
    Meglio avere pregiudizi o non averne?
    Meglio fidarsi della televisione o non fidarsi?
    Meglio essere tolleranti o non esserlo?
    Io a queste domande non so dare una risposta definitiva. Ma una cosa sicuramente l’ho capita. Non ci si deve mai stancare di discutere di certi argomenti. C’è chi ne sente parlare da giorni, chi da mesi, chi da anni o da decenni.
    Ma ci sarà sempre qualcuno per cui varrà la pena farlo.
    Anche in Occidente.
    Anche nel 2010.

  4. #34
    coffeecoffeecoffeecoffeec L'avatar di Black Ghost
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    Io ho avuto dei problemi di organizzazione e di ispirazione. Dovrete aspettare ancora un pochino, tra poco tempo finirò anche io.

    stupid sexy greedo butt


  5. #35
    [p, xi, N(xi)] L'avatar di Il Nicco
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    Ehm, in questi giorni sono stato oberato di impegni teatrali, se mi fossero concessi ancora 1-2 giorni...

  6. #36
    Senior Member L'avatar di Majin Broly
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    Entro lunedì è accettabile.
    Gohan, per inciso, è inammissibile che proprio tu, unico sostenitore della singola settimana come tempo limite, posti in ritardo.

  7. #37
    I'm the best! L'avatar di vincenzopan
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    Anch'io per alcuni impegni scolastici, progetti corali e teatrali non ho potuto postare.
    Per lunedì posso farcela!
    #1926 #ForzaNapoliSempre

  8. #38
    Yay L'avatar di Feleset
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    Citazione Originariamente Scritto da Majin Broly Visualizza Messaggio
    Entro lunedì è accettabile.
    Gohan, per inciso, è inammissibile che proprio tu, unico sostenitore della singola settimana come tempo limite, posti in ritardo.
    Sono d'accordo. Abbiamo insistito per allungare i tempi, ma non ne ha voluto sapere. Io personalmente ho dovuto anche impegnarmi per postare in tempo, e sicuramente qualche giorno in più mi sarebbe stato utile.

    Per quanto riguarda i ritardatari, per questa volta direi che va benissimo allungare la scadenza a lunedì. Le prossime volte ci metteremo d'accordo meglio. Mi dispiace, ma se fosse stato per me e per gli altri non sarebbero successi questi inconvenienti; putroppo l'organizzatore del torneo si è impuntato sulla settimana.

  9. #39
    coffeecoffeecoffeecoffeec L'avatar di Black Ghost
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    Proprio lunedì dovrò studiare come non mai per l'ultima verifica di matematica dell'anno il giorno successivo, quindi mi dispiace, ma per lunedì non cred di riuscirci. Per martedì o mercoledì invece sarà tutto a posto. Mi dispiace ancora, ma io avevo detto che una settimana mi pareva poco, soprattutto in quest'ultima parte del corso scolastico.

    stupid sexy greedo butt


  10. #40
    Senior Member L'avatar di Majin Broly
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    Basta che tu sia certo di postare entro mercoledì. Vorrei evitare disguidi simili, poi il torneo decade. Già si sono ritirati due partecipanti (final e yauna), dunque preferisco posticipare e far postare, ma mi auguro che l'attesa non sia vana.

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