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Discussione: No Name

  1. #1
    Junior Member L'avatar di Anja_vampir
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    Nota dell’autrice:
    Il personaggio di Ghiller è un’invenzione della mia amica Gt (un saluto), che ho preso in “prestito” con il suo consenso.
    Questa fan fiction contiene un linguaggio e situazioni adulte, poco adatte ad un pubblico giovane o particolarmente sensibile.

    No Name

    Monti della Città Del Nord. Una motorcycle sky, con a bordo un ragazzo e una ragazza, percorre a velocità sostenuta una delle tante stradine presenti in quella zona.
    -Vuoi rallentare?!? – borbottò la ragazza, per la terza volta da quando si era messa in viaggio con il fratello.
    - Non capisco perché hai voluto prendere questa strada invece della solita. Ci metteremo una vita ad arrivare a casa, e io sto morendo di fame… -
    Il fratello rise allegramente.
    - Rilassati! Dovresti imparare a divertirti e a prendere la vita un po’ più alla leggera. –
    - Tu invece sei il solito spensierato! Non conosciamo bene questa strada e se ci perdiamo? Qui non c’è anima viva. –
    - Accidenti: questo sì che è pessimismo. – la prese in giro.
    - Il mio non è pessimismo ma realismo. –
    Quando sentì il fratello ridere nuovamente, si offese.
    - Guarda che dico sul serio. Se mamma e papà ci sgridano giuro che ti picchio! -
    - Ma no che non ci succede niente. E VIA CHE SI VAAA!!! – urlò il ragazzo dando gas e facendo fare alla motorcycle sky una pericolosa impennata.
    La sorella, che stava dietro di lui, strillò spaventata mentre con una mano, nel pudore dei suoi sedici anni, tenne giù la gonna della divisa scolastica.
    - Sei un cretino!- sbraitò dando un pugno al casco del fratello, dopo che questo aveva concluso la sua bravata, ridendo.
    Continuarono la loro scampagnata improvvisata su quelle montagne disabitate. Essendo estate il caldo era opprimente e l'assenza di vegetazione rendeva il sole ancora più insopportabile.
    Il ragazzo fermò la moto in una radura e smontò.
    - Che succede? Perché ti sei fermato? – chiese la ragazza.
    - Sto soffocando con questo coso addosso. Ci fermiamo solo due minuti e poi andiamo. – le spiegò, mentre si toglieva il casco blu e azzurro.
    Aveva limpidi occhi azzurri e lucenti capelli neri che gli sfioravano le spalle e al polso portava un fazzoletto rosso sangue che teneva nascosto sotto la manica della divisa durante le ore di scuola, dato che non gli era permesso indossarlo al collo durante le lezioni.
    - E va bene… facciamo questa pausa. In effetti oggi fa più caldo del solito –
    Concordò lei, togliendosi a sua volta il casco viola e rosa per passarsi una mano sui capelli biondi.
    Erano gemelli e l’unica cosa che li differenziava, a parte il sesso, era il colore dei capelli. Entrambi avevano un corpo sottile ma atletico, erano i più bravi nello studio e nello sport, inoltre erano anche piuttosto avvenenti, di conseguenza erano i due tra i più amati e invidiati della loro scuola.
    La ragazza appoggiò il casco sul sellino della moto.
    - Bene. Allora visto che ci siamo fermati, io ne approfitto. -
    - Per fare cosa? –
    - Devo andare in bagno. – spiegò al fratello senza mezzi termini.
    - Allora non allontanarti troppo, può essere pericoloso. –
    - E che pericoli vuoi che corra? Non ci sono animali feroci in questa zona, il massimo che posso incontrare è una biscia… -
    - Ah, ma allora non ne sai niente di quella storia… -
    - Che storia? – chiese la bionda incuriosita.
    Il ragazzo sorrise.
    - Quello dello scienziato che si dice abiti proprio da queste parti. -
    - Cos’è? Una nuova versione del maniaco con l’uncino? – scherzò lei.
    - Guarda che è vero! Si dice che fosse uno scienziato estremamente brillante, ma il modo in cui portava avanti le sue ricerche era ritenuto per così dire… poco ortodosso, di conseguenza è stato radiato dell’albo Adesso pare che si sia costruito un laboratorio all’interno di una di queste montagne e che di tanto in tanto esca fuori per rapire qualcuno e usarlo per i suoi esperimenti! –
    Pur mantenendo uno splendido contegno, la ragazza, sentì un gelido brivido di paura strisciarle sulla schiena.
    - E dove avresti sentito questa storia assurda? -
    Il ragazzo sorrise di nuovo.
    - Beh, sai com’è, no? Un po’ qua, un po’ là… -
    - Ho capito, lascia perdere… e dimmi un po’, non credi che se questa storia fosse vera lo avrebbero già arrestato da un pezzo? –
    - E chi lo sa? Magari ha piazzato delle trappole. –
    Rimasero a fissarsi negli occhi, fino a quando il ragazzo non la prese in giro:
    - Embéh? Non dovevi andare in bagno? Oppure adesso hai troppa fifa per andarci? Se vuoi ti tengo la mano. -
    Lei punta sul vivo minacciò, scherzosamente, di lanciargli il casco addosso, ma alla fine decise di avventurarsi ugualmente per trovare un posto appartato.
    Si spinse verso l’unico boschetto che c’era in quella zona, da quella macchia verde in poi, verso nord, non c’erano nient’altro che rocce e qualche abete sporadico qua e là.
    Pur ripetendosi più volte che era solo una stupida storiella dell’orrore, non poté fare a meno di tendere l’orecchio a ogni minimo rumore. Il colmo fu quando un uccello con lucide piume blu schizzò volando fuori da un cespuglio, facendole venire un colpo.
    Dandosi della scema per quella figura pietosa, decise che nonostante tutto si era allontanata abbastanza.
    ***

    Una snella figura stava su un alto spuntone di roccia con un binocolo in una mano e una ricetrasmittente nell’altra. Aveva notato l’arrivo dei due ragazzi da quasi una mezz’ora ormai, aveva perso di vista la ragazza subito dopo che questa era entrata nel boschetto, ma non era un problema. Il ragazzo, invece, era rimasto sempre accanto alla moto.
    Si appoggiò all’albero sotto il cui si riparava e sorrise. Era un vero colpo di fortuna. Si sedette e dopo aver appoggiato il binocolo a terra si aggiustò sul naso gli occhiali puliti con perizia.
    In quell’istante la ricetrasmittente gracchiò.
    - Sono perfetti. – mormorò una voce maschile.
    - Sì. – rispose il ragazzo. – in questo modo non dobbiamo nemmeno scendere in città per selezionare nuove cavie per la prima prova ufficiale dell’esperimento. -
    - E hanno anche entrambi gli occhi azzurri… se non è un segno del destino questo… -
    - Allora procediamo? –
    - Sì! Procediamo subito, sono impaziente di iniziare! –
    - Benissimo, allora. –
    Il ragazzo sorrise nuovamente, prese la nove millimetri che stava sopra una valigetta di metallo e alzandosi in piedi la mise nel retro dei jeans.

    ***
    Ultima modifica di Anja_vampir; 26-02-2014 alle 17:31

  2. #2
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    La ragazza stava tornando alla motorcycle sky, quando un rumore nei cespugli attirò la sua attenzione. Domandandosi se per caso non fosse un altro uccello, si mobilizzò. Dal cespuglio non uscì niente, ma ci fu un altro rumore: un ramo che si spezza, un rumore di passi…
    Rimase senza fiato mentre qualcosa di pesante e gelido le scendeva nello stomaco, ma subito prese a respirare a fondo nel disperato tentativo di mantenere la mente lucida.
    E’di certo quello scemo di mio fratello che tenta ancora di spaventarmi.
    Pensò, ma nonostante tutto non riuscì a scacciare quella terribile sensazione.
    Eppure non era mai stata facilmente impressionabile, da quando era cresciuta e aveva imparato a distinguere la realtà dalla fantasia, aveva sempre trattato con scetticismo le storie di fantasmi, mostri e leggende metropolitane. Di conseguenza non bastava certo una storiella dell’orrore per spaventarla.
    Invece adesso, sola in quella foresta, si sentiva insicura e trafitta da mille sguardi crudeli. Era una sensazione di minaccia reale tanto quando l’essere che la stava pedinando.
    Istintivamente accelerò il passo, ma subito ci ripensò: se era un animale (anche se era molto improbabile), mettersi a correre poteva rivelarsi una mossa fatale. Nonostante tutto muoversi con calma era la scelta migliore.
    In breve raggiunse la radura dove trovò suo fratello e la motorcycle sky esattamente dove li aveva lasciati.
    - Era ora! Meno male che eri tu quella che aveva fretta di tornare a casa. – scherzò lui, ma quando la vide pallida e con gli occhi lievemente sgranati e increduli, il sorriso gli morì sulle labbra.
    - Che hai? Perché quella faccia spaventata? – le chiese.
    - Ma tu… sei sempre stato qui? –
    - Mi pare ovvio, qualcuno doveva pur badare alla moto. Vabbè che è in una zona isolata ma non si sa mai, no? –
    - Allora non eri tu poco fa nel bosco? –
    - Dove? No, perché? Cosa è successo? –
    - Poco fa, mentre stavo tornando, h… ho sentito dei passi. P… pensavo che fossi tu in quel cespuglio, che mi stavi facendo uno scherzo… -
    - No, ti sbagli. Io sono sempre stato qui, non mi sono mosso per niente. – chiarì lui corrugando la fronte. Poi sorrise.
    - Non pensavo che fossi così impressionabile! Aspetta che lo racconti a scuola… -
    - SMETTILA!!! Io ho sentito davvero qualcosa! Non era un’allucinazione! – lo sgridò.
    - Stai calma! Sicuramente era un animale, forse uno scoiattolo o una lepre… ci sono dei falchi qui, qualcosa dovranno pur cacciare. –
    - Ti ripeto che erano passi umani… -
    Si fissarono per un instante. Era più che evidente che il ragazzo stava iniziando a credere alle parole della gemella e aveva smesso di sorridere.
    - Benissimo. Allora se sei convinta che era una persona, andiamo a cercarla! -
    - Cosa? – fece lei incredula. Non era la risposta che si aspettava.
    - Sto dicendo che se c’è per davvero una persona nel bosco, forse ha bisogno di aiuto. Magari è ferita o si è persa. E’ meglio controllare, non credi? –
    - Stai scherzando, vero? Non sappiamo con chi abbiamo a che fare. Qui gli unici a essere in un probabile pericolo siamo noi! –
    - Dai, non fare la fifona… -
    - Il mio è buon senso. Nessuno sa che siamo qui. –
    - Non ti facevo così egoista. – tentò di scherzare il fratello, superandola per andare nel boschetto. Ma notando la sua espressione angosciata si fece di nuovo serio.
    - Senti, facciamo così: io vado a vedere se c’è qualcuno, tu rimani qui così se non mi vedi tornare entro mezz’ora al massimo, vai in città e chiedi aiuto, ok? –
    - No! Per favore non lasciarmi da sola! Ho un brutto presentimento… -
    - Ha ragione, sai? Dovresti darle retta… - mormorò una terza voce, gelando il sangue nelle vene dei gemelli.

    ***

    Sembrava essere sbucato dalle tenebre stesse del bosco. Aveva la statura e l’aspetto di un uomo comune, ma incuteva molta soggezione, sarebbe stato ugualmente minaccioso anche senza quel fucile tra le braccia.
    Poco più alto di loro, magro, occhi neri e maligni, con folti baffi e anche se stava iniziando a stempiarsi, aveva una lunga e folta capigliatura, che un tempo doveva essere di un nero intenso come i suoi occhi, ma ora era grigio-scuro.
    - Chi… chi è lei? Cosa vuole? – domandò il giovane dopo aver dato una lunga occhiata alla bocca del fucile e aver nascosto la sorella dietro di se.
    L’uomo sorrise.
    - Allora è vero quando si dice che i giovani d’oggi non sanno che cos’è l’educazione. Ragazzo i tuoi genitori non ti hanno insegnato che nel galateo prima di chiedere il nome ad una persona ci bisogna dire il proprio? -
    - A lei invece sembra “galante” puntare un fucile ad altezza uomo su persone disarmate? –
    L’uomo rise di gusto.
    - Non preoccuparti, se farete i bravi bambini non sarà necessario usarlo. Comunque è una gran bell’arma, non trovi? È un Winchester. E’ un po’ vecchio, è vero, ma è sapientemente modificato. Adesso può uccidere un grizzly a venti piedi di distanza… -
    - Che cosa vuole? – chiese di nuovo il ragazzo, ma questa volta con più foga.
    - … immagina cosa succede a un corpo umano a questa distanza… -
    - Mi risponda! – ringhiò il giovane. Stava iniziando ad alterarsi.
    - Vedi di tenere saldi i nervi, ragazzino. – gli rispose l’uomo avvicinandosi lentamente.
    - Sappia che non abbiamo soldi. Se è la moto che vuole, la prenda e ci lasci andare. –
    Lo straniero gli sorrise di nuovo. Era il sorriso di una persona crudele, senza scrupoli, il sorriso di un predatore affamato.
    - Sei gentile. – rispose ironico. – Ma quello che voglio ce l’ho già. -
    I gemelli assunsero un’espressione interrogativa. Si rifiutavano di capire quello che già inconsciamente immaginavano.
    L’uomo tirò fuori dalla tasca dei pantaloni un piccolo registratore e premette play: - Ah, ma allora non ne sai niente di quella storia… - - Che storia? - - Quello dello scienziato che si dice abiti proprio da queste parti. - - Cos’è? Una nuova versione del maniaco con l’uncino? - - Guarda che è vero! Si dice che fosse uno scienziato estremamente brillante, ma il modo in cui portava avanti le sue ricerche era ritenuto per così dire… poco ortodosso, di conseguenza è stato radiato dell’albo Adesso pare che si sia costruito un laboratorio all’interno di una di queste montagne e che di tanto in tanto esca fuori per rapire qualcuno e usarlo per i suoi esperimenti! - - E dove avresti sentito questa storia assurda? - - Beh, sai com’è, no? Un po’ qua, un po’ là… -
    I Ragazzi sbiancarono. Non si erano accorti di essere stati spiati. L’uomo fermò la registrazione.
    - Non credevo che dopo due anni questa storia circolasse ancora… -
    Per un istante ci fu silenzio assoluto, come se il tempo si fosse fermato. La ragazza non riusciva a staccare gli occhi azzurro-ghiaccio dall’uomo, mentre il fratello stava cercando di capire come uscire vivi da quella assurda situazione.
    - Io sono il Dott. Gelo. Definito una delle menti più brillanti del nostro secolo. – spiegò, sorridendo compiaciuto. – Almeno fino a quando quegli idioti della commissione degli scienziati iniziarono a non apprezzare più i miei metodi di ricerca. Che idiozia, non venivo considerato crudele quando usavo come cavie topi o conigli… ma si sono fatti venire degli scrupoli di coscienza quando usai quel barbone… eheheh in effetti, non deve essere stata una morte piacevole, la sua. – aggiunse ridendo.
    - Ma non mi hanno radiato. Avevano troppa paura, forse perché sapevano che avevo conoscenze pericolose… ma più semplicemente tutti smisero di finanziare le mie ricerche. Di conseguenza cambiai partito e mi unii ad una delle mie “alleanze segrete”, fu così che trovai lavoro presso il Red Ribbon, che per mia sfortuna si fece sconfiggere in quel modo talmente idiota… ma fu meglio così per me, adesso ho tutto quello che mi serve e se non ce l’ho me lo procuro in un modo o nell’altro.–
    I ragazzi non mossero un muscolo, avevano ascoltato il discorso totalmente impietriti. Questo doveva essere uno scherzo di cattivo gusto. Doveva esserlo per forza.
    Il Dott. Gelo si mise a giragli intorno, come un falco che avvista la preda. Lei si strinse al braccio del fratello. Era certa che prima o poi sarebbero scappati, di conseguenza cercò di rimanere lucida e concentrata.
    - Ora, non pensate che io voglia uccidervi. Non sono il “maniaco con l’uncino” come ha già detto la signorina. Non provo piacere a sfregiare corpi, e sul vostro caso sarebbe davvero un peccato. Al contrario, vi offro la possibilità di diventare qualcosa di più di un comune essere umano. Avrete sicuramente visto uno di quei film dell’orrore in cui un vampiro va dall’umano e gli offre la vita eterna… io vi offro la stessa identica cosa: la vita e la bellezza eterna, unite alla forza, velocità e resistenza… tutto sotto forma di cyborg. -
    - E se rifiutassimo? – domandò il ragazzo.
    L’uomo rise nuovamente.
    - Oh! Ma ragazzo mio, avete smesso di avere diritti da quando siete entrati nel mio territorio. Vi sto solo dicendo quello che vi succederà con o senza il vostro consenso. Il punto è: mi seguirete con le buone oppure devo usare le cattive? E credetemi, se io fossi in voi, non farei capricci. -
    - Ti seguiamo… ma non sparare. – mormorò il giovane.
    - Ah, magnifico! Lo sapevo che eri un ragazzo sveglio! E tu, bellezza? Il gatto ti ha mangiato la lingua? – chiese lo scienziato sfiorandole un braccio con la canna del fucile. Lei si strinse ancora di più al fratello per non mettersi ad urlare.
    - LASCIALA STARE!!! – ruggì il ragazzo, allontanandola dalla traiettoria del fucile.
    - Humph! Bravo figliolo. Proteggi sempre la tua sorellina, perché se non lo farai tu, chi lo farà? –
    I gemelli lo guardarono con gli occhi sgranati. Per qualche oscura ragione, quella frase apparentemente innocente fece venire a entrambi i brividi.
    - Su, non stiamo qui a perdere tempo: andiamo. –
    Sotto la minaccia del fucile che stava dietro di loro, i gemelli si presero per mano e si addentrarono nel boschetto.
    ***
    Ultima modifica di Anja_vampir; 26-02-2014 alle 17:35

  3. #3
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    Avevano appena fatto un centinaio di metri, quando raggiunsero il cespuglio in cui era uscito fuori il volatile che aveva spaventato la ragazza.
    Possibile che si sia arreso per davvero? Ero convinta che saremo fuggiti alla prima occasione, e allora che cosa aspetta?
    Quel senso di inquietudine non se ne andò, suo fratello non poteva essersi già arreso. Il bosco era lungo e stretto, la luce che filtrava dalla spessa cortina di foglie era pochissima. Nel giro di pochi istanti cominciò a sentirsi oppressa e per una strana ragione ebbe un forte impulso di guardare indietro.
    Come se avesse intuito i suoi pensieri, il ragazzo le strinse la mano. Quando lo fissò interrogativamente negli occhi, ci lesse una determinazione che non gli aveva mai visto prima.
    Non appena lei ebbe il famoso cespuglio perfettamente alla sua sinistra, il ragazzo le lasciò bruscamente la mano e con una violenta spinta alla spalla la fece cadere all’interno della pianta.
    - BASTARDO!!! – urlò l’uomo, che come lei, ci mise qualche istante a capire quello che era successo. Prese la mira e sparò un paio di colpi, ma il ragazzo era già scappato dalla parte opposta, rifugiandosi in mezzo agli alberi.
    - Tsk! Dannato moccioso, corre come una lepre… -
    La ragazza ancora semi sdraiata nel cespuglio, vide lo scienziato girarsi nella sua direzione, gli vide solo un occhio nero tenebra, in mezzo alle foglie, e si sentì trafitta da quello sguardo maligno. Decise di non vanificare gli sforzi del fratello, di conseguenza varcò a carponi l’altro lato della pianta e si mise a correre. Stranamente non venne inseguita. Non seppe per quanto tempo corse, ma quando si fermò era stremata, tanto che dovette appoggiarsi a un albero perché le gambe stavano per cedere. Cercò ancora una volta di calmarsi. Nel disperato tentativo di allontanarsi da quel pazzo, non aveva riflettuto sul da farsi. Doveva ritrovare suo fratello e ritornare nella radura per recuperare la moto. Per quanto ne sapeva, il Dott. Gelo, poteva anche essere a piedi, di conseguenza l’unico modo per uscirne vivi era raggiungere la motorcycle sky, una volta in città avrebbe potuto chiedere aiuto. Ma il problema era: come ritrovare suo fratello senza farsi scoprire? Avrebbe voluto aspettarlo direttamente nella radura, ma quella zona è priva di nascondigli, per quel motivo suo fratello aveva aspettato di essere nel bosco per poter fuggire.
    Si staccò dall’albero e respirando di nuovo normalmente si guardò intorno. Si era persa, quel bosco era più ampio del previsto.
    Forse posso salire su un albero per aver una visione migliore, ma… il pericolo di essere vista è troppo. E poi se mi rompo una gamba? No, è meglio lasciare perdere.
    Sospirò e prese l’unica strada che le sembrava giusta.

    ***

    Intanto il ragazzo, pur avendo smesso di correre, non si era fermato un istante, dato che Gelo aveva deciso di inseguire lui invece che sua sorella, il ché andava benissimo, almeno lei era momentaneamente fuori pericolo, ma le cose si stavano rivelando più complesse del previsto. Infatti nonostante fosse molto veloce e agile, non era riuscito a prendere fiato nemmeno per un secondo, visto che lo scienziato gli stava costantemente alle costole e per ben due volte se lo era ritrovato davanti all’improvviso.
    Stremato si appoggiò con la schiena ad un abete. Aveva le gambe indurite per lo sforzo, dato che aveva corso in salita, gli sembrava che i polmoni gli stessero per scoppiare ogni volta che si riempivano d’aria, tanto che gli facevano male.
    E’ tenace il bastardo! Deve conoscere questo bosco come le sue tasche, dato che non sono riuscito a seminarlo nemmeno una volta… chissà adesso dove si è cacciato.
    Pensò, mentre si guardava intorno freneticamente. Non vide niente e non sentì rumori di sorta. Forse era riuscito a fare perdere le sue tracce.
    E’ meglio togliersi da qui, questo posto mi sa di trappola…
    Stava per mettersi nuovamente in cammino, quando il piede incontrò qualcosa di duro e pesante, abbassando lo sguardo, vide qualcosa di argentato luccicare, grazie a un sottile filo di luce, nel tappeto di foglie morte e sottobosco.
    Ma che diavolo?!
    Prese un lungo e spesso bastone che stava lì a terra e con esso, sfiorò appena l’oggetto luccicante.
    Istantaneamente, con un suono violento e raccapricciante, il bastone venne spaccato da una dozzina di denti metallici, affilati come bisturi.
    - Cazzo! – mormorò il ragazzo dopo che il cuore gli era saltato in gola per lo spavento. Rimase intontito a guardare la tagliola che aveva appena trangugiato quasi la metà del bastone.
    Ma… questa è una tagliola per orsi…
    Era suo padre, ex cacciatore, ad aver spiegato a lui e a sua sorella quali pericoli si possono correre nei boschi o in montagna, e come ci si deve comportare. Infatti, se fosse stato meno cauto ci avrebbe sicuramente rimesso un dito o, ancora peggio, una gamba.
    Quelle trappole erano assolutamente illegali perché considerate troppo crudeli. Le tagliole per orsi, poi, erano le più pericolose perché, se per fortuna non ti mozzavano l’arto di netto, la chiusura era talmente potente da fracassare le ossa.
    Guardò i rami degli alberi circostanti, alla ricerca di qualcosa che segnalasse la presenza di quella trappola, ma non trovò assolutamente nulla, né un fazzoletto di stoffa né vernice o un’incisione sui tronchi.
    - Merda! Questo si che è un problema, chissà quante ce ne sono in giro… sono stato un idiota a mettermi a correre così senza pensarci su. -
    Strappò via un ramo robusto dall’albero e prima di proseguire si guardò attentamente intorno, ne individuò un’altra non troppo distante dalla prima.
    Fu in quel momento che sentì di nuovo il rumore di passi.

    ***
    Ultima modifica di Anja_vampir; 26-02-2014 alle 17:39

  4. #4
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    La ragazza si girò spaventata verso il rumore di sparo. Era lontano, lontanissimo, eppure aveva il potere di atterrirla. Quello sparo significava soltanto due cose: che suo fratello era stato scoperto e forse ferito e che lei aveva clamorosamente sbagliato direzione.
    Si mise a correre nella direzione dello sparo, sperando che non fosse troppo tardi e immediatamente riconobbe il percorso che aveva fatto appena arrivata, solo che invece di ritornare alla radura, proseguì la strada nel cuore di quello strano bosco.
    Era da quando avevano incontrato quel uomo, che il tempo sembrava essersi definitivamente fermatosi, solo qualche minuto prima si lamentava con suo fratello che non avrebbero fatto in tempo a tornare per pranzo e ora erano divisi, persi in un bosco inseguiti da un pazzo che li voleva trasformare in cyborg.
    Ti troverò… ti ritroverò e torneremo a casa assieme!
    Pensò disperatamente mentre ingoiando il cuore per la fatica, saliva a carponi un pendio piuttosto ripido. Quando arrivò in cima non si fermò neanche a riprendere fiato, ma continuò a cercare l’origine dello sparo, all’improvviso però, con sua grande sorpresa, incontrò una persona.
    Per qualche istante rimasero immobili a fissarsi.
    Era un ragazzo molto bello dall’età imprecisabile, alto circa un metro e sessantacinque, snello, dal corpo elegante e slanciato, portava un paio di occhiali rettangolari dalla montatura nera, i capelli erano corti e lisci, pettinati all’indietro. A parte la sua bellezza sorprendente, aveva un’altra particolarità: era albino. Aveva i capelli dello stesso colore della neve e la pelle che sembrava ghiaccio bianco, l’unica nota di colore presente in lui, vestiti a parte, erano gli occhi completamente rossi come due gocce di sangue.
    Anche lui sembrò sorpreso di trovarsi davanti a una ragazza nel bel mezzo di un bosco montanaro, per giunta vestita con la divisa scolastica alla marinara. In ogni caso anche lui era vestito in modo bizzarro, nonostante il caldo indossava un maglione di un verde scurissimo, quasi nero, un paio di guanti di pelle scamosciata beige, dei jeans scuri e delle scarpe da montagna in tinta con i guanti.
    - Ciao! – le sorrise il ragazzo, sciogliendo così la strana atmosfera che si era creata.
    Per lei fu come destarsi da un incantesimo, era come essersi trovata davanti a un essere leggendario.
    - Aiutami, per favore! – riuscì, in fine, a mormorare, avvicinandosi.
    - Che cosa succede? –
    - C’è un uomo armato di fucile che mi sta dando la caccia e… -
    - Calmati. – il ragazzo le mise le mani sulle spalle, dato che lei aveva iniziato a parlare in un modo frenetico. – Rilassati. Andrà tutto bene vedrai. –
    Sentendo quel tono sicuro e gentile, alla ragazza vennero le lacrime agli occhi.
    - Io mi chiamo Ghiller, piacere di conoscerti. -
    - Ah! Io mi chiamo… - non riuscì a concludere la frase perché si udì un altro sparo, questa volta abbastanza vicino da farla sussultare.
    - Senti: non c’è tempo per questo! Non sono sola, c’è anche mio fratello con me, si è separato da me in modo da attirare l’attenzione solo su di lui e adesso è in pericolo. –
    - D’accordo, andiamo a cercarlo… -
    - No! È pericoloso! Non voglio rischiare anche la tua vita, se mi vuoi essere utile chiama la polizia.-
    Ghiller le sorrise di nuovo con dolcezza e con un gesto affettuoso le spostò i capelli dietro l’orecchio.
    Nonostante la situazione, lei non poté fare a meno di arrossire.
    - Ti ho già detto che andrà tutto bene, non posso lasciarti andare da sola perché qui è pieno di trappole. Non pensare a me, ora dobbiamo solo ritrovare tuo fratello. -
    Le prese la mano e assieme di misero alla ricerca del gemello.

    ***

    Il ragazzo si fermò appoggiandosi ad un albero, tenendosi una spalla. Lo aveva preso di striscio ma gli faceva un male infernale e sanguinava abbondantemente. Al primo sparo era riuscito a scampare per miracolo tirandogli addosso il bastone, ma ora iniziava ad essere stremato, mentre il suo avversario sembrava non stancarsi mai.
    - Fine dei giochi, ragazzino! Devo dire che mi hai sorpreso: nessuno, fino adesso, è riuscito a nascondersi così a lungo nel mio bosco. Ti devo fare i miei complimenti! - disse lo scienziato con una sfumatura di ironia, mentre gli puntava nuovamente il fucile addosso.
    Il ragazzo lo guardò impietrito, sapeva di essere spacciato, e tuttavia non poté trattenersi dal dire con tono di sfida:
    - Avanti, che aspetti? Sparami! Così morirò e tu non potrai più usarmi per i tuoi folli esperimenti. Preferisco perire piuttosto che diventare il tuo fantoccio! -
    Gelo scoppiò in una risata aspra.
    - A quanto pare con te coraggio e stupidità vanno a braccetto. Io vi ho detto che non VOGLIO uccidervi e non che non POSSO! Uccidendovi ritarderei l’esperimento quel tanto che basta per procurarmi gli organi da sostituire, per il resto, a me basta non danneggiarvi il cervello in modo grave. -
    Il giovane rimase paralizzato da quella spiegazione. A meno ché non riuscissero a fuggire, comunque andasse, erano spacciati. La soluzione più rapida consisteva nel spostare la testa sulla traiettoria del proiettile quando sparava, ma quale persona sana di mente avrebbe il coraggio di farsi una cosa tanto tremenda?
    L’uomo guardò con piacere l’espressione atterrita della sua giovane vittima.
    - Cosa c’è? Hai perso tutta la tua baldanza? Adesso che hai capito che posso fare di te tutto quello che voglio non fai più lo spaccone, eh? -
    Il ragazzo non rispose alla provocazione.
    - Suvvia, figliolo: non avere quella espressione spaventata. In fin dei conti non è troppo tardi per accettare di seguirmi con le buone. Se lo farai ci guadagneremo entrambi: io non perderò tempo prezioso e tu non soffrirai atroci tormenti. Al contrario, sarà come addormentarsi nel proprio letto, per poi risvegliarsi trasformato in una creatura superiore… -
    Il gemello si sentiva le dita ghiacciate a causa della cattiva circolazione del sangue dovuta allo shock e respirava a fatica, ma pian piano qualcosa di più forte prese il posto della paura: la rabbia.
    Il suo sguardo si indurì.
    - Non mi importa di quello che mi farai! Non ho alcuna intenzione di assecondare i tuoi folli piani! Se vuoi che venga con te sarai costretto a fucilarmi, perché non ho alcuna intenzione di arrendermi! - gridò il ragazzo. Pronunciando quelle parole era sbancato totalmente, ma nei suoi occhi c’èra una feroce determinazione.
    Gelo lo guardò con un misto di derisione e ammirazione.
    - Hum…pazzo! – mormorò e sorridendo riprese la mira con il suo Winchester.

    ***
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  5. #5
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    Era già la terza volta che si sorprendeva a guardarlo. Da quando lo aveva incontrato aveva continuato ad avere emozioni contrastanti nei confronti di Ghiller. Era un ragazzo strano dallo sguardo indefinibile, non riusciva a capire se quelli straordinari occhi rossi esprimessero malvagità o tristezza.
    La ragazza non poté fare a meno di chiedersi se era stata una buona idea fidarsi di quel curioso ragazzo. Ma chi ha bisogno non ha scelta e lei aveva un bisogno estremo di aiuto, non poteva rinunciare a una delle pochissime possibilità di salvezza a causa di una sensazione non ben definita.
    Ghiller si voltò verso di lei e le regalò il più dolce dei sorrisi.
    - Cosa c’è? Perché continui a guardarmi? -
    Lei non rispose. Cosa poteva dirgli? “scusa, ma sto cominciando a dubitare di te, però ti prego di aiutarmi senza rancore”?
    - Sei preoccupata? -
    - Sì! Spero che stia bene… -
    - Sono sicuro che riusciremo a risolvere questa situazione. – disse Ghiller, stringendole la mano e facendogli l’occhiolino con aria incoraggiante.
    La ragazza gli rispose sorridendogli timidamente. Nonostante quel sorriso angelico, continuava a dargli una strana sensazione, anche perché era tranquillo, troppo tranquillo per quella situazione. Aveva appreso con serenità la cosa, come se gli capitasse continuamente di salvare sconosciuti persi in un bosco e braccati da un pazzo armato di fucile.
    Chissà cosa cavolo ci faceva nel bel mezzo del bosco, da solo e per di più senza equipaggiamento…
    Stava per domandarglielo ma venne preceduta.
    - Quando tutta questa faccenda sarà finita, ti andrebbe uscire una sera con me? – le chiese a bruciapelo, l’albino, con gli occhi rossi che scintillavano da dietro le lenti lustre.
    La bionda rimase un attimo a fissarlo, sorpresa.
    - Mi… mi stai invitando a cena? -
    - Certo. – affermò. – Allora, ti andrebbe? –
    Lei emise un verso che era un misto tra una risata e un sospiro.
    - Non sai nemmeno come mi chiamo… -
    - Un motivo in più per uscire assieme, non trovi? – rispose prontamente, facendo spallucce.
    - Io… io non so… - deglutì, quella conversazione le piaceva sempre meno – Ci devo pensare un po’ su… - farfugliò.
    - Ho capito, tu non credi nel colpo di fulmine, non è vero? –
    Se prima era sorpresa, adesso era completamente spiazzata.
    In pratica mi ha detto che si è innamorato di me… che situazione assurda!
    Continuò a fissarlo per capire se la stava prendendo in giro o stava dicendo sul serio, mentre lui continuava a sorriderle.
    - Che peccato. – mormorò sospirando. – Mi piacerebbe tanto portarti in un bel ristorante, spero che almeno ci penserai su. -
    La ragazza, lieta che quella conversazione si fosse conclusa, almeno per il momento, fece per rispondergli, ma vedendo la scena che si stava improvvisamente svolgendo davanti a loro si bloccò, rimanendo a bocca aperta.
    ***

    Il ragazzo vide apparire tra gli alberi la gemella, alle spalle del Dott. Gelo, con la mano nella mano ad uno sconosciuto.
    Lo scienziato, notando l’espressione stupita del ragazzo, si voltò a vedere che cosa stava succedendo.
    - Humph! Era ora, che fine avevi fatto? – chiese, dopo aver dato un’occhiata di sufficienza ai due.
    - Mi scusi per il ritardo, professore. – si scusò tranquillamente Ghiller.
    La ragazza si voltò a guardarlo con odio.
    - Lo sapevo che non ci si poteva fidare di te… - mormorò cercando di sopraffare la rabbia, non tanto per il “tradimento” di Ghiller, ma perché non aveva dato retta al suo istinto di allontanarsi da quello strano individuo, cascando in pieno nella trappola di quei due squilibrati.
    L’albino rimase a fissarla impassibile, sempre tenendole la mano.
    La rabbia della ragazza fu talmente forte che gli tirò uno schiaffo, senza però trovare sollievo dalla frustrazione che il senso d’impotenza le procurava.
    Anche dopo quel gesto, Ghiller rimase impassibile, come se si fosse aspettato una tale reazione, mentre la guancia percossa iniziava ad arrossarsi.
    La ragazza strattonò il braccio per lasciargli la mano, ma appena tentò di ribellarsi, la stretta di Ghiller aumentò di pressione. Lei tenne a stento l’urlo di dolore, mentre sentiva la mano bruciarle.
    Era sorpresa: da dove la prendeva tutta quella forza quel ragazzo dai lineamenti delicati? Dai guanti e dalla maglia a collo alto si intuivano membra toniche ma esili, di conseguenza come poteva stritolarle la mano, come se avesse un arto di ferro?
    - Lasciami! Lasciami andare! – gli urlò in faccia, mentre con la mano libera tentava di aprire quella morsa micidiale.
    Per tutta risposta, Ghiller, infilò una mano in tasca ed estrasse un oggetto scuro, grande quasi come la sua mano.
    Quando la bionda vide che cos’era, sgranò gli occhi azzurri, l’oggetto era una pistola, però non era un’arma ma una pistola per iniezioni; chissà il perché, ma quel particolare non la tranquillizzò affatto.
    - Non muoverti… - le disse. Nemmeno il tono della sua voce era cambiato.
    - N-NO!!! – strillò la ragazza, allontanandosi da Ghiller, come se nonostante tutto potesse ancora portarsi fuori portata. Il ragazzo la strattonò riportandosela talmente vicino che i loro busti si toccarono.
    - E no, ragazzino, non ci provare. – ringhiò Gelo, dando nuovamente attenzione al gemello, che voleva approfittare della sua momentanea distrazione per attaccarlo alle spalle.
    Il ragazzo si bloccò, con il viso contorto dalla rabbia, la situazione si era messa male.
    - Ti prego, non farlo. – ansimò lei a Ghiller, in preda alla paura alla rabbia.
    - Non c’è altra scelta. Credimi, non voglio farti male… - le rispose con voce dolce e bassa, come se stesse cercando di convincere un bambino a addormentarsi.
    - NO! LASCIAMI! – i suoi occhi azzurro gelido si incontrarono con quelli cremisi intenso di lui. L’espressione di Ghiller era serissima.
    - Se vi ribellate dovremmo adottare dei sistemi violenti e credimi: io non ci tengo a farti del male.-
    - Non voglio diventare una bambola senza anima! – gli strillò, mentre improvvisamente, con tutta la forza di cui disponeva, gli diede una gomitata al plesso solare.
    Ghiller si piegò in avanti, ma non lasciò la presa fin ché non ricevette un altro colpo, questa volta alla mascella, che lo fece sbattere contro un albero.
    Gelo si voltò stupefatto a guardare la scena. Questa volta, il ragazzo non perse tempo e approfittando dell’effetto sorpresa, colpì Gelo con un potente destro al volto che lo fece cadere a terra.
    La sorella lo raggiunse, mentre lui si fiondava per prendere il fucile che era caduto di mano allo scienziato.
    Ma Gelo, intuendo le sue intenzioni estrasse un grosso coltello da caccia dallo stivale e lo attaccò con un fendente ad arco, costringendo il giovane a fare un salto indietro, evitando così, anche se solo per un pelo, la punta dell’arma. L’uomo imbracciò nuovamente il fucile; capendo che ormai l’unico tentativo era fallito, i gemelli si presero per mano e per la seconda volta tentarono la fuga, ma per evitare di essere fucilati, per la fretta, anziché scappare a sinistra andarono a destra.
    Gelo furioso per l’affronto subìto fece fuoco, ma il fucile scattò in alto e il colpo si perse nel cielo azzurro. Lo scienziato rivolse uno sguardo di sorpresa all’amico, che aveva appena colpito l’arma.
    - Che diavolo ti prende, Ghiller? Perché cazzo lo hai fatto?!? - gli urlò addosso l’ultima frase, mentre sentiva la rabbia montargli dentro. La cosa stava diventando più lunga del previsto e la sua pazienza iniziava a scarseggiare.
    Ghiller sempre con molta tranquillità gli rispose:
    - Se avesse sparato ad una distanza così ravvicinata, li avrebbe danneggiati gravemente e sono sicuro che lei non vuole perdere settimane se non mesi a rintracciare gli organi compatibili, oppure a costruire organi artificiali. -
    Gelo non rispose e serrò le labbra.
    E’ vero. Sarebbe una bella seccatura…
    - Inoltre adesso è arrabbiato e avrebbe potuto benissimo sbagliare mira colpendoli alla testa e questo sarebbe stato un errore imperdonabile. –
    Gelo sorrise di scherno.
    - Sai benissimo che quando faccio sul serio non sbaglio mai mira. -
    - Vero. Ma c’è sempre una prima volta. – Rispose l’albino con noncuranza. Poi guardando dove i due erano scomparsi, sorrise.
    - Certo che quei due sono proprio uno spasso. – Disse leccandosi il sangue dall’angolo della bocca, dove la ragazza lo aveva colpito. Sentì Gelo borbottare qualcosa che suonò molto come “quello stronzo” e notò che aveva scoperto che il suo naso stava sanguinando. Gelo notò che Ghiller lo stava guardando con gli occhi lucidi di divertimento e sentì di nuovo un moto di stizza.
    - Cos’hai da sorridere in quel modo? Guarda che se ci scappano te la faccio pagare! –
    - Non si preoccupi: da quella parte non hanno via di scampo, ci sono solo rocce, alberi e trappole. –
    Impugnò la nove millimetri che aveva nascosto sotto la maglia e rimise nella tasca la pistola per le iniezioni.
    - Su, andiamo. – disse porgendo una mano per aiutarlo ad alzarsi, dato che lo scienziato stava ancora seduto a terra con il fucile sulle ginocchia.
    Lui dopo un attimo di esitazione gli afferrò la mano e si fece tirare su.
    Il ragazzo sorrise.
    - Adesso inizia la parte più divertente. -
    ***
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    I gemelli guardarono alle loro spalle, sempre tenendosi per mano avevano rallentato il passo, ma non smisero di camminare.
    - Li abbiamo seminati? – chiese lei.
    - Non lo so. Si può sapere chi diavolo era quel tizio con cui sei arrivata?-
    La ragazza si sentì sprofondare dalla vergogna.
    - Veramente pensavo che fosse un passante disposto ad aiutarci, solo dopo ho capito che qualcosa non andava… -
    - Non importa. – la rassicurò il fratello. – Non potevi sapere che quel pazzo avesse un complice. Dobbiamo riprenderci assolutamente la motorcycle sky. –
    Il ragazzo sospirò, non gli risultava che quel maledetto bosco fosse così grande, andando avanti in questo modo avrebbero sprecato energie inutilmente. L’unica soluzione sicura era di ritornare sui loro passi, ma questo significava finire dritti, dritti nelle grinfie di Gelo.
    Si fermò, la ferita continuava a sanguinare e sentiva nelle orecchie un leggero ronzio.
    - Ti senti bene? – gli chiese, preoccupata la gemella, lui la guardò: i capelli biondi le si erano spettinati, aveva la pelle pallida per la preoccupazione e le guance rosse per lo sforzo. La sua mano era un blocco di ghiaccio.
    - Sto benissimo.- mentì, sforzandosi di far sbocciare sulle labbra un sorriso sincero, mentre nella sua mente si marchiarono a fuoco le parole “proteggerla” e “salvarla”.
    - Coraggio, torniamo alla radura, questa strada non ci porterà da nessuna parte. – annunciò mentre rimpiangeva di aver lasciato entrambi i cellulari negli zaini dentro il vano della moto.
    Lei annuì in silenzio, sempre guardandolo con preoccupazione.
    Dato che finalmente andavano in discesa, riuscivano ad andare piuttosto spediti, fino a quando non sentirono quel frusciare di foglie. Si immobilizzarono come due conigli di fronte a un lupo, ma fu solo un istante, al secondo lieve fruscio ripresero a correre come se avessero il diavolo alle calcagna.
    Come hanno fatto a trovarci così in fretta? I-impossibile...
    Si voltò a controllare sua sorella che faticava a stargli dietro e notò che i suoi occhi erano spalancati in un’espressione di terrore puro, era sull’orlo delle lacrime e non poté non darle ragione.
    - N-non mollare! Scapperemo via da qui, non preoccuparti… - riuscì a urlarle.
    In quel momento notò un luccichio tra i rami di un albero, che attirò la sua attenzione e anche se stava correndo, capì con chiarezza che quello che rifletteva i raggi solari era l’obiettivo di una telecamera. Ecco come facevano a capire con precisione dove si trovavano e a raggiungerli così velocemente, e non c’era da escludere che quelle telecamere fossero dotate di microfono.
    Sentì che gli stava salendo in gola un’imprecazione, ma non riuscì a proferire parola, dato che il suo piede destro calpestò quella che sembrava una piccola pedana dotata di molla. Con espressione interrogativa guardò di cosa si trattava: una morsa micidiale e un dolore violentissimo furono più veloci di lui, il ragazzo si scagliò a terra urlando.
    Con il cuore a mille i due videro che la caviglia del giovane era incappata in una tagliola e c’era già parecchio sangue a terra.
    Entrambi erano pallidissimi, lei si inginocchiò accanto al fratello, mentre lui si mise seduto e quando per istinto mosse la gamba, urlò nuovamente. Gli si doveva essere rotto l’osso.
    Doveva liberarsi al più presto, ma quando mise mano alla trappola si accorse che non era una comune tagliola. Era un modello recentissimo automatizzato e dotato di uno speciale blocco a combinazione, in modo che non si potesse aprire senza conoscere il codice di sblocco. Quella non era una trappola per animali, ma per gli umani.
    - Devi fuggire… - disse rivolto alla sorella, che non aveva ancora aperto bocca da quando stavano tornando indietro e ora lo guardava con occhi vitrei, come se la paura l’avesse trasformata in una bambola di porcellana.
    - Mi senti? Non abbiamo tempo da perdere, tra poco saranno qui e non ti devono trovare! – le urlò scuotendola per una spalla, nel tentativo di farla reagire.
    Lei lentamente, senza staccare gli occhi dai suoi, prese a scuotere la testa.
    - Vai via! -
    Dagli occhi della ragazza iniziarono a sgorgare lacrime, lei però non cambiò quella espressione vitrea e non smise di scuotere lentamente la testa.- Io non me ne vado senza di te. – gli rispose ad un tratto con decisione, immobilizzandosi.
    - Non capisci che sono intrappolato? E che anche se riuscissi a liberarmi sarò solo un peso per te. Credo che la caviglia sia rotta. –
    - Non me ne vado senza di te… - ripeté lei. Si mise a cercare qualcosa a terra e nel giro di qualche istante, ritornò dal fratello con un grosso sasso.
    - Che vuoi fare? –
    - Mi pare ovvio: ti libero! – rispose. Aveva smesso di piangere e asciugandosi gli occhi si era sporcata una guancia di terra.
    Si inginocchiò di nuovamente accanto al fratello.
    - Non funzionerà, sarà come cercare di aprire a sassate una cassaforte -
    - Come fai a dirlo? È solo una stupida trappola per animali. –
    - No: non è per gli animali! E’ fatta per gli umani. Ti prego: vattene, tra poco quei pazzi saranno qui e non devi lasciare che prendono anche a te. –
    - SENTI: NON HO ALCUNA INTENZIONE DI LASCIARTI IN BALIA DI QUEI PSICOPATICI, QUINDI PIANTALA DI ROMPERE!- gli urlò con forza, mentre ricominciava a piangere.
    Il fratello rimase stordito a guardarla, oramai aveva preso la sua decisione e sapeva che niente sarebbe riuscito a farle cambiare idea. Annuì brevemente e stringendo i denti si preparò al dolore che le percussioni gli avrebbero certamente provocato.
    Lei si passò il sasso tra le mani, mormorò un “ok” e alzò il braccio armato.
    Lui notò uno strano punto rosso sul fianco della sorella, lì per lì, il suo cervello non registrò l’immagine, ma quando capì di cosa si trattava si sentì morire.
    - A TERRA!!! – urlò dandole una violenta spinta sul petto, facendola cadere dietro all’albero che stava subito alle sue spalle e istantaneamente si ritrasse proprio mentre un proiettile si schiantava a tutta forza sul tronco del pino, dove l’attimo prima c’era sua sorella.
    Lei si rimise subito in ginocchio, confusa e spaventata, ma non ebbe modo di fare nulla che il fascio del puntatore a infrarossi si era già spostato nel centro esatto del petto di lui.
    Entrambi spalancarono gli occhi azzurri inorriditi. Quando lo sparo partì i gemelli sussultarono simultaneamente.
    Lei vide la scena come se fosse rallentata, vide distintamente il proiettile: una striscia di luce gialla che trapassò da parte a parte il punto prestabilito. La schiena del ragazzo esplose in un ventaglio di sangue e senza che lui emettesse un lamento, fu spinto indietro dalla forza del colpo, si piegò in avanti e si tastò il petto con aria spaesata, le dita entrarono con naturalezza nello squarcio.
    Era strano: non sentiva dolore ma solo un’intensa pressione alla cassa toracica. Si voltò pallido a guardare la sorella che a sua volta lo fissava allucinata, schiuse le labbra, probabilmente per dirle qualcosa e un sottile rivolo di sangue sgorgò da esse, sgocciolando fino al mento. Gli occhi gli si rovesciarono e si accasciò a terra.
    La ragazza continuò a fissarlo immobile, con ancora la bocca aperta dall’orrore.
    La sua mente rifiutava di accettare quello che i suoi occhi vedevano, perché quello che le si presentava davanti non poteva, non doveva essere assolutamente la realtà.
    Ma dopo un istante infinito si rese conto che suo fratello non si sarebbe più mosso. Non avrebbe più respirato ne sorriso.
    Con una mano tremante gli sfiorò gentilmente la testa. Aveva la faccia premuta sull’erba e una pozza di sangue si allargava velocemente sotto di lui, nonostante tutto, attraverso la morbidezza dei capelli corvini, la gemella avvertì il tepore del cuoio capelluto e fu solo allora che sentì un dolore insopportabile scavargli il petto, bruciarle l’anima e stritolarle il cuore in una morsa infernale che la fece piegare in due.
    Dalla gola uscì un urlo di disperato orrore.

    ***
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  7. #7
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    - E adesso quell’altra dove si è cacciata?! - mormorò Gelo una volta raggiunto il cadavere del ragazzo.
    - Sicuramente è ritornata verso la radura. – rispose Ghiller, mentre evitando di immergere le ginocchia nel sangue, si era accovacciato per digitare il codice necessario per sbloccare la tagliola.
    - Benissimo. Allora vuoi occuparti tu di lui mentre io vado a recuperare la nostra ospite? –
    Ghiller annuì. – la raggiungerò non appena avrò finito qui. –
    Gelo fece a sua volta un gesto di consenso e se ne andò, mentre l’albino prese da una capsula
    Hoi-Poi un grosso telo di nylon.
    Anche se era a piedi, non ci mise molto a raggiungere la radura. Non c’era da stupirsi, dato che quelle montagne, in modo particolare quel bosco, gli appartenevano, in ogni senso. Conosceva ogni stradina, grotta o scorciatoia, aveva installato lui stesso le telecamere in punti strategici in modo da tenere sotto controllo anche i punti più difficili e ovviamente aveva piazzato anche ogni singola trappola, di cui solo lui e Ghiller conoscevano le collocazioni esatte.
    Quando arrivò, tuttavia, non ci trovò la ragazza. La moto era ancora lì al suo posto.
    Forse l’aveva superata o forse lei aveva sbagliato direzione perdendosi. Era impossibile che fosse fuggita a piedi, dato che per chilometri non c’è nulla ed era altrettanto improbabile che avesse una capsula con un mezzo di trasporto, perché altrimenti l’avrebbe già usata da un pezzo.
    Decise di aspettare Ghiller, che non ci avrebbe messo molto ad arrivare e di mettere la moto nella sua capsula. Quando fu al centro esatto della radura (quindi a pochi centimetri dalla motorcycle sky) sentì un rumore quasi impercettibile alle sue spalle e subito dopo venne colpito con violenza alla tempia con un oggetto durissimo.
    Per la sorpresa e per il dolore il Winchester gli sfuggì per la seconda volta dalle mani, mentre cadeva di schiena stordito.
    La reazione dello scienziato fu immediata: anche se era semi accecato dal dolore, sguainò il pugnale e si preparò all’attacco. Ma, mentre si prestava ad alzarsi, trovò la bocca del fucile a pochi millimetri dalla faccia e la ragazza che lo guardava dall’alto al basso, con odio e disprezzo. Ai suoi piedi c’era un grosso sasso, probabilmente era con quello che lo aveva colpito.
    Gelo rimase stupito, sia dalla forza di quella esile ragazza, sia dall’espressione del suo viso: era talmente furiosa che le iridi sembravano fatte di fuoco liquido, il visino ovale aveva un’espressione più che adulta ed era attraversato diagonalmente da una striscia di sangue del fratello. Sicuramente quello schizzo doveva essergli arrivato quando il ragazzo era stato colpito dal proiettile, la forza del colpo doveva essere stata talmente brutale da far schizzare il sangue anche nella direzione della ragazza.
    Lo scienziato, nonostante il pericolo che stava correndo, non poté che rimanere ipnotizzato dalla ragazza. Era terribile, ma bellissima nello stesso tempo, sembrava proprio un demonio con le fattezze angeliche e si promise che, costi quel che costi, avrebbe fatto in modo di farle rimanere quell’espressione per l’eternità.
    ***

    - Non muoverti. – ringhiò la bionda, non appena Gelo abbozzò un movimento.
    L’uomo sorrise.
    - Andiamo… ammetto che sai come si tiene un fucile, ma saresti anche in grado di sparare? Non lo farai mai, non è vero? -
    Lei senza battere ciglio, premette il grilletto. Il colpo esplose tuonando, lasciando Gelo spaventato e stordito, ma vivo.
    Aveva sparato vicino alla sua testa, beccandogli di striscio l’orecchio, gli premette con forza la bocca del fucile sulla guancia e l’uomo emise un gemito: la canna era rovente e lei lo sapeva benissimo.
    - Hai ucciso mio fratello… - mormorò con gli occhi pieni d’ira, ma con voce ferma. –…ma non ti ammazzo. Non ancora, almeno. -
    Gelo la guardò in modo interrogativo, se lo aspettava che volesse qualcosa da lui, altrimenti non avrebbe deviato di proposito il colpo, ma se non voleva vederlo soffrire allora cosa poteva volere?
    - Devi rimediare a quello che hai fatto. Riporterai in vita mio fratello, e non come cyborg, ma come umano, ci siamo capiti? -
    - Non è possibile, non lo si può riportare in vita se non lo trasformo in cyborg…-
    Partì un secondo colpo, ma questa volta invece di ferirlo di striscio lo colpì più in profondità. Gelo urlò tenendosi l’orecchio, il graffio si era trasformato in un taglio profondo che sanguinava abbondantemente e il boato che prima lo aveva semplicemente stordito adesso gli aveva danneggiato il timpano. Ancora qualche centimetro e gli avrebbe portato via l’orecchio.
    - Non mentirmi: lo so che lo puoi fare! Prova a imbrogliarmi e ti alleggerisco di tutte le parti superflue. Tanto potrai lavorare benissimo anche senza un orecchio, un occhio… una gamba…-
    L’uomo la guardò terrorizzato, non stava affatto scherzando: gli avrebbe sparato a una gamba e da quella distanza, con un’arma del genere glie l’avrebbe distrutta.
    - Se sei in grado di tramutare un umano in un cyborg, allora sei anche in grado di riportare in vita una persona morta da poco. Quindi non dirmi che non ci riesci, perché sono tutte stronzate! - Spiegò la ragazza.
    Gelo, sempre tenendosi l’orecchio dovette riconoscere, con una certa ammirazione che era molto perspicace.
    Un rumore alle spalle della studentessa la indusse a voltarsi parzialmente.
    Ghiller li aveva raggiunti, la ragazza vide che teneva con la sinistra una pistola, e con la destra quella per le iniezioni, aveva le braccia lungo ai fianchi, avendo, così, un aspetto molto rilassato e inoffensivo. Fece un passo in avanti.
    - Non ti avvicinare, altrimenti lo ammazzo! - urlò con voce sicura, tenendo puntato il fucile contro il petto dell’uomo.
    L’albino si fermò e le labbra gli si curvarono con lentezza in un sorriso condiscendente, ma i suoi occhi non persero quella ambigua espressione che non si capiva se fosse dovuta a un’angelica tristezza o a una demoniaca crudeltà. Qualunque cosa fosse, quel rosso brace spiccava in modo inquietante sotto tutto quel bianco, tanto che per un istante, la ragazza, ebbe l’impulso di distogliere lo sguardo, terrorizzata. Era un ragazzo come lei, e tuttavia, sembrava inumano.
    - Fai pure… - rispose Ghiller.
    - Guarda che non scherzo! – ringhiò arrabbiata.
    - Nemmeno io. – confermò il ragazzo con tranquillità assoluta.
    Lei tornò a guardarlo negli occhi: era vero… non stava scherzando.
    - Anche se il dottore muore sono benissimo in grado di portare avanti l’esperimento da solo, per cui per me non costituisce un problema. -
    Gelo aveva sentito il tutto impietrito.
    - Ghiller… brutto bastardo… - borbottò cercando di soffocare la rabbia. Ghiller avrebbe potuto sparare alla ragazza, disarmandola, senza tante complicazioni e invece aveva deciso di giocare con la vita di entrambi.
    Ghiller riprese ad avanzare lentamente.
    - S… stai indietro! – balbettò la ragazza senza ottenere alcun risultato.
    Non ci credo! Possibile che non gli importi proprio nulla della vita del suo amico?o forse è solo un trucco per vedere se sto bluffando?
    Si ritrovò in piena confusione: era meglio sparare prima a Gelo o a Ghiller?
    Gelo era il più vicino e sarebbe bastato un attimo di distrazione che l’avrebbe aggredita, ma Ghiller era armato e anche se sembrava intenzionato a non sparare, sapeva che non c’era in ogni caso da fidarsi.
    Ma alla fine riuscì a prendere la sua decisione prima che l’albino si avvicinasse troppo.
    - Benissimo! – annunciò. – Dato che non t’importa nulla di lui puoi anche dirgli addio!!! -
    Nello stesso istante in cui terminò la frase, si girò verso Gelo e senza esitare neppure per un momento, premette il grilletto.

    ***
    Ultima modifica di Anja_vampir; 26-02-2014 alle 18:01

  8. #8
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    Passò un altro istante, che ancora una volta sembrò durare ore.
    La ragazza era sbiancata totalmente e guardava con occhi pieni di sorpresa Gelo, che le restituiva il medesimo sguardo.
    Era ancora vivo, ma semplicemente perché l’arma aveva scattato a vuoto.
    Erano finiti i proiettili…
    L’uomo, annientando istantaneamente la sorpresa, non diede tempo alla ragazza di reagire, si alzò agilmente in piedi e sfruttando peso, forza e velocità, la colpì al plesso solare con un pugno dalla forza talmente brutale che la mandò a schiantarsi contro la motorcycle sky, che si trovava poco più di un metro dietro di lei.
    Ghiller si avvicinò allo scienziato senza smettere di sorridere. Gelo lo fulminò con lo sguardo: aveva rischiato grosso e solo per colpa sua.
    - ‘Cazzo ti ridi? Mi auguro almeno che tu sappia che a causa della tua puttanata ho rischiato la vita! – lo aggredì piccato, mentre solo in quel momento il suo cuore prese il giusto ritmo e velocità.
    - Andiamo, dottore, crede davvero che non sapessi che il fucile era scarico? Sa bene che non la metterei mai in pericolo .-
    L’uomo lo scrutò a lungo, ma l’albino dal sorriso impudente non tradì alcuna emozione.
    Sapeva davvero che non rimanevano più pallottole? O mi sta prendendo in giro? Pensò, ma non seppe darsi una risposta convincente. Ci avrebbe pensato in seguito e anche se continuava ad avere una voglia matta di dare un pugno pure a lui, si limitò a strappargli la pistola dalle mani.
    Intanto la ragazza, non appena riuscì a respirare di nuovo, tossì con violenza e sputò del sangue, tenendosi lo stomaco che le lanciava in continuazione fitte dolorosissime in tutto il busto. Fortunatamente nel giro di breve la morsa del dolore si allentò quel poco che bastava per rimettersi in piedi a fatica, ma cadde in ginocchio subito dopo perché aveva le gambe che le tremavano e la testa le girava in modo atroce. Ma si rimise di nuovo subito in piedi e questa volta riuscì a rimanere in equilibrio e quando i due persecutori si concentrarono nuovamente su di lei, fu in grado anche di correre.
    Gelo prese a malapena la mira e sparò due colpi rapidi, con un misto di rabbia e soddisfazione.
    La malcapitata non aveva fatto neanche dieci metri che cadde a terra urlando.
    Ghiller aveva smesso di sorridere e rimase a guardare la ragazza, che contorcendosi a terra, strillava piangendo, perché non era più in grado di stare in piedi: Gelo le aveva colpito le ginocchia.
    L’uomo fece per avvicinarsi alla vittima, ma il ragazzo lo bloccò.
    - Lasci che me ne occupi io. -
    Gelo fece un gesto di assenso.
    - Allora io vado a prendere il furgone. – annunciò, andandosene. Sorrideva: l’orecchio non era poi così grave come sembrava e finalmente si era procurato due corpi perfetti per creare i suoi guerrieri invincibili, se avevano resistito e lottato così tanto con la sola forza della loro testardaggine, poteva solo immaginare cosa sarebbero diventati una volta trasformati in Cyborg. Bastò quell’idea per far sfumare buona parte della sua rabbia.

    ***

    Ghiller si avvicinò lentamente e in modo silenzioso, come se avesse il terrore di spaventarla, e si inginocchiò al suo fianco.
    Lei, che agitandosi si era sdraiata supina, non aveva smesso di lamentarsi e appena lo vide al suo fianco cercò di trascinarsi lontano da lui.
    L’albino la fermò senza farle del male, ma la ragazza lo respinse e cercò anche di graffiargli il viso, non ci riuscì solo perché lui previde il movimento e con una sola mano le bloccò i polsi.
    - Stai lontano da me! Non toccarmi! Non toccarmi!!! - continuò ad urlare, cercando di liberarsi dalla presa del ragazzo.
    Ma Ghiller la ignorò e le appoggiò la pistola delle iniezioni sul collo premendo il grilletto, iniettandole il farmaco.
    - Quello che ti ho iniettato è un farmaco speciale molto potente, che porta alla morte senza far soffrire in pochissimo tempo. Tra qualche istante perderai sensibilità agli arti e alla testa, non sarai più in grado di parlare, il cuore smetterà di battere, subito dopo non respirerai più e il cervello smetterà le sue attività… non sentirai nulla. Vedrai, non te accorgerai nemmeno. – spiegò, infatti mentre parlava la sentì rilassarsi, dopo di che la ragazza smise del tutto di muoversi e di urlare.
    Ghiller le lasciò i polsi e la prese in braccio, sollevandola senza nessuno sforzo.
    Anche se le ginocchia si piegarono, lei non emise nessun suono o espressione, l’albino le aveva detto il vero: non sentiva più dolore.
    - Mi spiace per come sono andate le cose, ma tutto questo non sarebbe successo se non foste scappati… - disse in tono sommesso. – Sai? Non stavo scherzando, prima, quando ti ho detto che mi piacevi. Chi lo sa… magari in altre circostanze avremmo potuto stare insieme… -
    La bionda non reagì, se ne stava immobile tra le sue braccia, con la testa appoggiata all’altezza del cuore del ragazzo. Non pensava neanche più, ma non sapeva se era colpa del farmaco o del fatto che si era arresa al destino. Era già una perfetta bambola.
    In quel momento tornò Gelo a bordo di un pick-up rosso scuro e Ghiller fece sdraiare la ragazza nel cassone, sopra un telo di plastica trasparente, per poi scendere e chiudere lo sportello del bagagliaio.
    - Finalmente ci siamo! – esclamò Gelo che si era affiancato al ragazzo, dopo aver riposto la motorcycle sky nella capsula ed essersela messa in tasca . – Ecco i cyborg numero diciassette… - guardò la prima vittima, ovvero il ragazzo che adesso era nel pick-up, avvolto nella plastica - … e numero diciotto… – rivolgendosi poi alla ragazza, la quale aveva ancora gli occhi aperti e guardava il vuoto.
    - Ora non rimane che metterci al lavoro . – concluse andando a sedersi al posto di guida.
    Ghiller rimase a guardare 17 e 18 e per un attimo fu lui ad avere i brividi. Quei due ragazzi erano morti nella violenza e nell’odio, e presto sarebbero rinati come macchine omicide. Ma non era questo a spaventarlo, quanto il fatto che anche se gli resetteranno la memoria, sulla loro anima (o qualunque altra cosa che costituisce l’essenza primaria degli esseri viventi) oramai era stata incisa una ferita. In Ghiller albergava l'ombra della convinzione che grazie a quella ferita, i gemelli, un giorno o l’altro si sarebbero ribellati ai loro aguzzini.
    - Ghiller ti muovi? – Lo chiamò, Gelo.
    L’albino si riscosse.
    - Sì, arrivo. – mormorò mentre prendeva il posto del passeggero.
    Lo scienziato gli sorrise con aria complice, quasi paterna e Ghiller lo ricambiò con uno dei suoi sorrisi da angelo impertinente.
    Caro il mio Dottor Gelo… tu farai una brutta fine… per cui dovrò abbandonare la nave prima che affondi. Sentenziò mentalmente, mentre il motore si avviava silenziosamente.
    ***
    Ultima modifica di Anja_vampir; 26-02-2014 alle 18:07

  9. #9
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    Nel cassone del pick-up, all’aperto, colei che era stata ribattezzata Cyborg numero 18, era ancora in vita e cosciente guardava con occhi vacui quel cielo estivo di crudele bellezza, fino a quanto gli scossoni del mezzo le dissero che erano partiti.
    Il suo cuore aveva appena smesso di battere. Molto lentamente riuscì a girare la testa, avendo così una visione di 17 avvolto più e più volte in un telo di plastica, il quale, seppur trasparente, non dava modo di vedere quello che avvolgeva. Notò che, piedi a parte, solo la mano con il polso coperto dal fazzoletto rosso era riuscita a fuggire al cellofan ed era tesa nella sua direzione come se, anche da morto, sapesse che accanto a lui c’era sua sorella e la volesse prendere per mano.
    Di nuovo con una lentezza estrema, riuscì a raggiungere e a prendere la mano del fratello, in quel momento smise anche di respirare, ma non se ne accorse neppure.
    Non sentiva com’era la mano di 17, se era calda o fredda, morbida o dura, aveva totalmente perso la sensibilità, sapeva di stringerla perché la vedeva; non sentì neppure la lacrima attraversarle il viso per poi cadere sul nylon.
    Non sentiva niente, però riusciva ancora a pensare. Pensò a sua madre, a suo padre, agli amici e ai compagni di scuola, erano pensieri dolci, che la sostennero, forse un giorno si sarebbero rincontrati, magari in un’altra vita…
    Poi pensò a suo fratello, che gli era così caro e infine pensò a Ghiller e a Gelo.
    Verrà il giorno in cui pagheranno per questo! Li faremo a pezzi e saremo di nuovo liberi…
    Non lo sapeva, ma mentre formulava quell’ultimo pensiero la sua deliziosa bocca si era contratta in un sorriso.
    Pian piano i colori sfumarono e si fece buio, non ebbe bisogno di chiudere le palpebre per scivolare in un mondo senza sogni.

    31/03/09

    Grazie per aver letto questa fan fiction, spero che vi sia piaciuta.

    Un ringraziamento a:

    GT, per avermi “prestato” Ghiller e per aver letto e dato il suo parere sulla storia. (scusa se ti ho rotto tanto )

    Auron, il mio correttore personale, il quale da tre anni a questa parte sta cercando di insegnarmi l’italiano (grazie per la pazienza)

    E un saluto speciale a: Final Goku, Da, Vegon, Gabry, Prince Gas Vegeta, Giuseppe, Zodiark e tutti gli altri amici che mi hanno sempre incoraggiata, ispirata e sostenuta (non vi metto tutti, dato che siete in tantissimi, abbiate pazienza).

    Un abbraccio ^_^

    By Anja Vampir

    Ps: Grazie a Da e PGV per aver ri-letto e corretto per l’ennesima volta questa fan fiction e averla resa più leggibile

    Grazie anche a tutti voi per i meravigliosi commenti positivi.

    Il mio blog: www.anjavampir.wordpress.com

    26/02/2014
    Ultima modifica di Anja_vampir; 26-02-2014 alle 18:08

  10. #10
    Member L'avatar di KZ-3
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    Un solo commento: davvero molto bella.
    Bravissima, è proprio un'ottima fanfic.^^

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