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Discussione: Cuori Ardenti

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  1. #1
    Imagine you and me L'avatar di Shira
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    Predefinito Cuori Ardenti

    Vista la fine di "Scuola Superiore" ho deciso di iniziare a postare qui una mia nuova fanfiction: "Cuori Ardenti" i pairing saranno quelli classici dell'anime/ manga
    Personaggi Principali: C18 - Crilin - Goku - Vegeta - Bulma - Chichi - Marion - Ianko
    La storia è una AU e si svolge nel 1757 (tranne il primo capitolo che è del 1756).
    Per chi non fosse forte in storia rammento che nel 1756 inizia la Guerra dei 7 anni che vede contrapporsi Austria, Francia, Russia, Polonia e Svezia contro Gran Bretagna e Prussia.
    E' quindi una guerra che fa parte delle tante guerre che vedono contrapporsi Francia e Inghilterra.
    Questa storia si svolge, per l'appunto, in Inghilterra e motore della fanfiction è proprio la guerra tra Francia e Inghilterra.

    Introduzione alla storia:
    1757. Il giovane Conte francese Crilin De Blanchard è perdutamente innamorato di C18 Collins, giovane ragazza inglese, e lei ricambia i suoi sentimenti. Con lo scoppio della Guerra tra Francia e Inghilterra il giovane francese non riesce ad attraversare la Manica ed è quindi impossibilitato a rivederla e a poterla sposare. Le uniche imbarcazioni, oltre a quelle militari, che riescono ad attraversare la Manica sono quelle dei contrabbandieri e quelle delle spie, e così...
    Nel frattempo Vegeta Prince viene incaricato dall'Ufficio Segreto inglese di investigare su una rete di spie, che dall'Inghilterra dirama informazioni segrete alla Francia. L'investigatore arriva nel piccolo villaggio di Hastings, situato poco lontano dalla Manica, e lì incontra Bulma Collins, una delle sorelle di C18.
    A tutto questo aggiungete Goku Carter, giovane contrabbandiere inglese, e Chichi Morris, moglie del medico del villaggio.
    Il risultato? Per scoprirlo non vi resta che leggere.


    Ecco ora a voi il primo capitolo che serve da introduzione, spero vi piaccia. Commentate ^_^

    Prologo

    1756

    Una pioggia lieve batteva sui vetri delle finestre.
    Tic, tic, tic, tic.
    Lenta, cadenzata, gioiosa.
    Tranquilla.
    Tic, tic, tic.
    Ritmata.
    Tic, tic, tic.

    Un braccio bianco si allungò nel buio ed una mano candida come la neve si posò su una lampada a petrolio.
    La rotella girò lentamente, facile prenda delle dita sottili.
    Una tenue luce rischiarò le tenebre, illuminando un letto ampio, con coperte di seta e rifiniture in oro.
    Sopra il letto giacevano due figure, la pallida luce lunare che le rischiarava venne allontanata, al suo posto una luce rossastra, emanata dalla piccola lampada.
    Un uomo e una donna.
    Due amanti.
    La candida mano femminile si ritirò e si appoggiò dolcemente sul petto dell’uomo.
    Una mano più scura la prese con dolcezza.
    Era una mano maschile, dura e di colore più scuro, eppure era una mano lieve, aristocratica.
    Una mano che non aveva mai provato un attrezzo da lavoro.
    Una mano abituata a sfogliare al massimo qualche libro, a reggere qualche calice.
    La mano di un nobile.

    Lentamente la figura maschile si mosse, poggiando su un fianco.
    Due bellissimi occhi color dell’ebano si fissarono in quelli azzurri della donna.
    Due occhi illuminati da una lieve luce, la luce dell’amore.

    Lentamente le labbra rosa scuro dell’uomo si unirono a quelle più chiare della donna.
    Poi, in un sussurro, l’uomo pronunciò qualche lieve parola.
    “Perché hai acceso la luce?”
    La sua voce era bassa, lenta.
    Sussurrava, sebbene sapesse che erano soli in quella casa.
    “Volevo guardarti”
    La voce della donna era dolce, flautata, tuttavia vi era una nota di determinazione nella voce.
    La voce di una donna che non ubbidisce facilmente.

    L’uomo non disse nulla, si limitò ad usare le sue forti braccia per prendere il fragile corpo della donna e stringerlo a sé.
    La amava.
    Tutto il mondo sembrava riassumersi in quella dolce figura sdraiata al suo fianco.
    Le spostò cautamente i capelli dal viso, meravigliandosi, ancora una volta, di come i suoi capelli dorati risplendessero magicamente anche alla fioca luce della lampada.
    Aveva dei capelli veramente magnifici, lei.
    Un sorriso illuminò il volto del nobile.
    Avvicinò lentamente le labbra al piccolo orecchio di lei
    “Ti amo”
    Lei non rispose, ma la luce che passò nei suoi occhi era più eloquente di qualsiasi risposta.
    Anche lei lo amava.

    L’uomo si guardò lentamente intorno.
    La sua stanza era regale, mobili antichi e rifiniture dorate.
    La sua villa era tra le più grandi di Francia.
    La sua famiglia, una delle più rinomate.
    Eppure tutto questo gli sembrava così inutile.
    Così superficiale.
    Tutto quello che voleva era steso accanto a lui su quel letto, che era appena diventato il Paradiso.
    Sapeva che la sua amata non veniva da un’importante famiglia, non erano benestanti.
    I genitori erano morti molto presto e lei viveva con le due sorelle maggiori.
    Sì, sapeva che non avevano molto denaro.
    Ma si sarebbe occupato lui, di lei.
    Le avrebbe dato tutto quello che non aveva mai avuto.
    Tutto.

    Si girò nuovamente verso di lei.
    “Ti piacerebbe diventare Contessa, mia cara?”
    Lei non rispose, guardandolo fisso negli occhi.
    Sorrise dolcemente.
    “Mi piacerebbe essere tua moglie”
    Rispose, perdendosi nei suoi grandi occhi gentili.
    Lui sorrise.
    Non era la stessa cosa.
    Sapeva che non era la stessa cosa.
    La sua risposta l’aveva reso immensamente felice.
    Più che se avesse risposto semplicemente di sì.

    I due amanti si addormentarono, felici.
    Sognando le future nozze, la loro vita insieme, i bambini che avrebbero avuto.

    La mattina presto si alzarono di buon ora.
    Il Conte la guardò prepararsi, per tornare a casa.
    “Vuoi veramente partire?”
    Una piccola nota di disperazione nella voce.
    Odiava essere lontano da lei.
    “Devo. Devo tornare in Inghilterra, perlomeno per annunciare alle mie sorelle le mie future nozze, no?”
    Un sorriso accompagnò le sue parola.
    Anche l’uomo sorrise.
    Lei uscì dalla grande villa, allontanandosi in carrozza.
    Presto avrebbe preso una nave e si sarebbe imbarcata per l’Inghilterra.
    Lontana da lui.
    Il Conte fece una smorfia, ma si riprese subito.
    Non era il caso di essere tristi, presto l’avrebbe sposata.
    Sarebbe stata sua per sempre.
    Si distese sul letto, felice come non era mai stato.
    Presto avrebbe sposato la donna che amava.
    Niente poteva distruggere la sua felicità.

    Ma non era vero.
    C’è sempre qualcosa in grado di distruggere una felicità così faticosamente costruita.
    Per il Conte e per la sua amata, quel qualcosa prese le forme di una guerra.
    Una dolorosa guerra scoppiò tra Francia e Inghilterra, proprio pochi giorni dopo la richiesta di matrimonio.
    Ogni comunicazione tra Francia e Inghilterra ad opera dei civili fu troncata.
    Le uniche navi in partenza erano quelle da guerra.
    Non c’era possibilità, per i civili, di oltrepassare la Manica.
    Nessuna possibilità, per il Conte, di raggiungere la sua amata.
    ~E' meglio esser odiati per ciò che siamo, che essere amati per la maschera che portiamo~

  2. #2
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    sembra bella continuala!
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  3. #3
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    Citazione Originariamente Scritto da spasqu ssj 4 Visualizza Messaggio
    sembra bella continuala!
    Gia' , interessante.
    Spoiler:

  4. #4
    Imagine you and me L'avatar di Shira
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    Qualsiasi cosa

    1757

    Aprì un occhio, poi un altro.
    Si guardò intorno.
    L’oscurità riempiva tutta la stanza, così come riempiva l’intera casa.
    Con un sospiro il Conte si sedette sul letto.
    Ormai era passato un anno dallo scoppio della guerra,.
    Un anno di dolore, per tutti.
    Il Conte De Blanchard fece una lieve smorfia.
    La gente non riusciva mai a stare zitta, erano subito cominciati i mormorii sul suo conto.
    Perché non usciva?
    Perché stava sempre rintanato in casa sua?
    Perché le tende della sua grande villa erano sempre chiuse?
    La gente pensava che un nobile come lui fosse sempre protetto, che non dovesse temere la guerra.
    Con rabbia il Conte afferrò il suo cuscino e lo buttò per terra.
    Stupida marmaglia!
    Nessuno riusciva a capire come si sentisse, nessuno?
    Quanti di loro a causa di quella stupida guerra erano stati divisi dalla donna amata?
    Quanti?
    Stupida marmaglia!

    Il Conte si sdraiò nuovamente, stanco.
    Da quando la guerra gli aveva impedito di vedere la ragazza che gli aveva rubato il cuore, aveva dato ordine che le tende fossero sempre tirate, che la casa fosse sempre lasciata al buio.
    Era più in sintonia con il suo umore.
    Non era più uscito, se ne stava lì, si faceva portare i pasti, ma non andava mai all’esterno.
    Mai.
    I suoi domestici avevano capito subito il suo stato d’animo.
    Non che ci volesse un genio, comunque.
    Si erano sbrigati a fare sparire tutti i coltelli e le forchette, nascondendoli nelle loro stanze e tirandoli fuori solo quando necessario per i pasti.
    Allo stesso modo erano scomparsi ben presto tutti gli oggetti acuminati presenti nella villa.
    Persino l’attizzatoio del caminetto.
    Crilin fece una smorfia, un sorriso triste.
    Era evidente cosa pensavano.
    Avevano paura che lui arrivasse al gesto estremo.
    Il Conte si rigirò su un fianco.
    Non avevano torto, forse in un momento di disperazione avrebbe potuto farlo.

    Con fatica si alzò dal letto e si vestì.
    Un anno di buio l’aveva distrutto, forse era arrivato il momento di uscire.
    Il dolore era rimasto, ma ora l’uomo si rendeva conto che non poteva andare avanti così.
    Doveva trovare un modo per raggiungerla, e di certo non l’avrebbe trovato se restava lì al buio a rimuginare sui suoi guai.

    I domestici si stupirono di vederlo alzato, ma non osarono dire niente.
    Lui uscì, richiudendosi la pesante porta alle spalle.
    Il sole lo ferì agli occhi, costringendolo a chiuderli.
    Dopo un anno passato al buio, non era più abituato alla luce solare.
    Osservò la vita della sua città.
    I carri che passavano, la gente che chiacchierava.
    Improvvisamente fu preso dal panico.
    Dalla paura di tornare a vivere.
    Non voleva.
    Non senza di lei.
    Con fatica resistette all’impulso di tornare dentro e rifugiarsi nuovamente nel mondo fatto di dolore e buio che l’aveva accolto per un anno.
    Fece un passo avanti, respirando l’aria del mattino.
    Doveva farcela.
    I raggi del sole colpivano la sua testa pelata, facendola risplendere.
    Ogni volta che succedeva, pensava sempre con allegria che prima o poi avrebbe accecato qualcuno, con la sua pelata.
    Ma quel giorno non aveva niente di cui essere allegro.

    Prese una carrozza ed arrivò nella piccola cittadina di Barfleur, sulla Manica.
    Voleva a tutti i costi trovare un modo per andare in Inghilterra e riprendersi la sua futura sposa.
    Prese a gironzolare per le vie del porto, con un luccichio di disperazione nello sguardo.
    All’improvviso una voce lo chiamò.
    “Conte De Blanchard! Crilin!”
    Si stupì di sentirsi chiamare per nome, così si girò.
    Sorrise nel vedere la figura di un uomo giovane e solare, che veniva verso di lui da una delle viuzze vicine al porto.
    Era Ianko Dubois, un caro amico di infanzia.
    Il Conte sorrise.
    Ianko non era un nobile, era semplicemente il figlio dello stalliere di suo padre, avevano giocato sempre insieme, da piccoli.
    Nonostante la differenza sociale la loro amicizia non era mai finita.
    Ianko aveva deciso di andarsene dalla villa di Crilin appena raggiunta la maggiore età.
    Il effetti, adesso che ci pensava, non sapeva cosa facesse per mantenersi.
    “Ianko, sono felice di rivederti!”
    L’uomo appena arrivato annuì, con un caloroso sorriso.
    “Come mai da queste parti, Conte?”
    Gli occhi luccicanti di Crilin si spensero e lui abbassò lentamente la testa.
    “Io…sto cercando un modo per raggiungere l’Inghilterra…”
    Ianko annuì, senza dire niente.
    L’amico gli aveva raccontato di essersi innamorato di una ragazza inglese, tempo fa.
    Era un anno che non lo vedeva, e quando l’aveva visto l’ultima volta il Conte sembrava intenzionato a sposarla.
    Non ci volle molto, a Ianko, per capire che evidentemente la guerra li aveva separati.

    Ianko prese Crilin per un braccio e lo portò in una via laterale del porto, dove non c’era nessuno.
    Si considerava un buon amico, e voleva aiutare il Conte a raggiungere la sua amata.
    Si guardò intorno con circospezione e, appurato che non vi era nessuno, si abbassò sull’amico.
    Lui conosceva un modo per raggiungere l’Inghilterra.
    Certo, non era un metodo corretto, ma era l’unico metodo.
    “Crilin, ascolta. Sono stato incaricato dal Governo Francese di raccogliere i dati delle spie presenti in Inghilterra e portarli qui. Hai capito?”
    Il Conte annuì, visibilmente sorpreso.
    Non avrebbe mai creduto che Ianko lavorasse per il Governo.
    E Sinceramente non era nemmeno a conoscenza del fatto che la Francia avesse delle spie in Inghilterra.
    Tutto questo era assolutamente nuovo per lui.
    Ianko continuò il suo discorso.
    “Per oltrepassare la Manica mi servo dei contrabbandieri, sono gli unici che riescono ad arrivare dall’altra parte senza farsi vedere. Hanno un’organizzazione con i fiocchi”
    Il Conte non aveva nessuna intenzione di sentire decantare le lodi dei contrabbandieri.
    Per lui erano solo individui senza scrupoli che dovevano sparire dalla faccia della terra.
    Schioccò un occhiataccia, quindi, all’amico, per fargli capire che era il caso di arrivare al dunque.
    Ianko annuì, cogliendo il segnale del nobile.
    “Stanotte partiremo, da qui. Se vuoi raggiungere la tua amata, devi venire con noi”
    L’altro sbarrò gli occhi, incredulo, incapace di dire una sola parola.
    Odiava i contrabbandieri.
    Odiava le cose illegali.
    Odiava fare cose illegali.
    Odiava tradire il suo paese, e andarsene di soppiatto era comunque un tradimento, soprattutto con i contrabbandieri.
    Però amava C18.
    E questo bastava a far sparire completamente il suo disgusto.
    Doveva raggiungerla a qualsiasi costo, per una volta avrebbe messo da parte ogni scrupolo.
    Sentì arrivare un gruppo di pescatori, e capì che non doveva dire più niente.
    Segreto di Stato.
    Si limitò ad annuire velocemente a Ianko, per fargli capire che ci sarebbe stato.

    Il pomeriggio passò rapidamente per tutti.
    La guerra incalzava e le morti erano numerose in entrambi gli schieramenti.
    Era ormai l’imbrunire quando, a Londra, Vegeta Prince venne introdotto nell’ufficio del Segretario di Stato.
    Era un uomo non molto alto, ma che appariva ben piazzato, i capelli neri a fiamma gli conferivano un aspetto fresco e giovanile, ed in effetti non doveva avere più di una trentina d’anni.
    Probabilmente anche meno.
    La sigaretta penzolava tra le sue labbra.
    Non si poteva fumare, in quell’ufficio, ma per lui venne fatta un eccezione.
    Con un ghigno in volto entrò.
    Era il migliore investigatore dell’Ufficio Segreto londinese.
    E lo sapeva.
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  5. #5
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    entrano in scena iamko e vegeta, la cosa si fa interssante....
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  6. #6
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    Interessante,i protagonisti sono certamente i due amanti con delle descrizioni molto accurate confesso che questa fanfiction molto diversa dalle solite su dragon ball mi appassiona(inizio a pensare che fra poco compare Goku!XD)(e per lo di più ne vedremo delle belle!XD)

  7. #7
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    L’Ufficio Segreto

    Vegeta Prince aveva un ghigno stampato nel volto.
    Un volto affilato, dai lineamenti duri, impreziosito da due occhi scuri come la notte.
    Due occhi fissi, decisi, determinati.
    Bastava guardarli per rendersi conto che quegli occhi non avevano mai vacillato.
    Mai un solo lampo di incertezza era passato per quei profondi pozzi oscuri.
    Mai quegli occhi sarebbero stato attraversati dal dubbio.

    Con un passo lento, studiato, si avvicinò alla poltrona posta di fronte alla scrivania.
    Il ghigno scomparve dalle sue labbra.
    Adesso era il momento di pensare al lavoro.
    Con una mano spostò la poltrona, quel tanto che bastava per sedersi.
    La sua mano era dura e proporzionata.
    Una mano che poteva essere leggere come il velluto e forte come il ferro.
    La sua pelle non era eccessivamente candida, ma non si poteva nemmeno dire che fosse scura.
    D'altronde era una cosa normale…
    Abbronzarsi a Londra era decisamente difficile.

    Indossava un comodo vestito nero, elegante.
    Prince era sempre elegante.
    Sembrava sempre che dovesse andare ad un ricevimento.
    Sempre elegante, sempre impeccabile.
    Un ricevimento.
    O anche un funerale.

    Si sedette con studiata disinvoltura.
    Sembrava sempre che recitasse, mentre si muoveva.
    I suoi gesti non erano disinvolti, ma tutti calibrati.
    Tranne quando recitava sul serio.
    Oh, allora sì che avrebbe saputo ingannare chiunque.
    Era un mago nelle investigazioni segrete, proprio per questo il Segretario di Stato aveva deciso di servirsi di lui.

    Finì di fumare in silenzio la sua sigaretta, evitando accuratamente qualsiasi parola.
    La spense in una piccola ciotola di legno posta sulla scrivania del Segretario di Stato.
    Posò la mano sulla scrivania, senza dire niente, ma con un luccichio di attenzione negli occhi.
    Era pronto a scoprire il suo incarico.
    Il Segretario si accomodò meglio sulla sua poltrona e decise di arrivare subito al punto.
    “Ci sono una serie di spie che forniscono informazioni riservate alla Francia”
    Vegeta annuì, senza dire niente.
    “Dopo accurate indagini, abbiamo scoperto l’ubicazione di una di queste, purtroppo non sappiamo chi sia. A dire la verità non sappiamo nemmeno se sia un maschio o una femmina”
    Prince non rispose, limitandosi ad alzare un sopracciglio.
    Tutti questi dettagli non lo riguardavano, lui voleva solo tutte le informazioni possibile.
    Non voleva sapere quello che non sapevano.
    Voleva sapere cosa diamine sapevano.
    “Bene, come dicevo, abbiamo scoperto che questa spia si trova nella piccola cittadina di Hastings, è una piccola cittadina vicino alla Manica e…”
    “Lo so”
    Per la prima volta Prince aveva parlato.
    Il Segretario stette in silenzio, aspettandosi dell’altro.
    Il silenzio soffocante durò diversi secondi, finchè Vegeta non si decise.
    “Sono nato a Hastings e lì ho trascorso la mia infanzia”
    Il Segretario di Stato annuì leggermente.
    “Conosci qualcuno?”
    Vegeta rimase pensieroso qualche istante.
    Sì, conosceva qualcuno.
    Qualche giorno fa era passato da quelle parti, per rivedere la sua vecchia città, e le aveva riviste.
    Non si erano trasferite, dunque sì, conosceva qualcuno.
    “Sì”
    L’investigatore non era certo un tipo loquace, tendeva a non utilizzare troppe parole di contorno e ad andare subito al sodo.
    E questo metteva sempre a disagio il Segretario, occupato a riempire i vuoti della conversazione.
    “E chi?”
    Vegeta ghignò leggermente.
    “Due ragazze con cui sono cresciuto. Per la verità erano tre, ma qualche giorno fa sono passato e ne ho viste solo due”
    Rimase in silenzio qualche secondo.
    “Probabilmente la più grande non era in giro”
    Attese, quasi aspettandosi che l’interlocutore dicesse qualcosa, che gli chiedesse chi erano.
    Dato che sembrava intenzionato a starsene zitto, fu Prince, incredibilmente, a prendere di nuovo la parola.
    “Si chiamano C18 e Marion Collins. Due ragazze con cui sono cresciuto da piccolo. Vivevano con la sorella Bulma, probabilmente ci vivono ancora”
    Scosse le spalle con noncuranza.
    Aveva incontrato le due sorelle più piccole, quando era andato nella piccola cittadina.
    Stando a quello che aveva capito la Piccolina si era innamorata di un francese, che non aveva più visto dopo lo scoppio della guerra.
    Qualcosa del genere.
    Sinceramente non era stato ad ascoltare Marion, mentre glielo raccontava.
    Quelle due erano solo un episodio della sua infanzia, quando correva con loro per le strade e tornava a casa con le ginocchia sporche di terriccio.
    Non riusciva a capire perché Marion avesse pensato di raccontargli quelle cose, cosa le faceva pensare che ci fosse ancora confidenza tra loro?
    Si concentrò nuovamente sul suo interlocutore, che adesso lo fissava curioso.
    “Se conosci quelle due, hai un ottima scusa per investigare!”
    Vegeta alzò un sopracciglio.
    Non aveva capito bene cosa intendesse il vecchio.
    “Ma sì, Prince, puoi andare a Hastings con la scusa di essere passato a salutarle e a passare qualche giorno con loro. Così potrai investigare con comodo”
    Prince annuì, era un’ottima idea. Aveva bisogno di una buona copertura per le sue indagini, e quelle due gliene avrebbero fornito una ottima.
    Anzi, quelle tre.
    Sì, perché c’era anche Bulma Collins.
    Stranamente Vegeta non riusciva a ricordarla. Eppure non era tanto più grande di loro, sarebbe dovuta essere anche lei a giocare con loro tre nelle strade…O non c’era?
    Scosse le spalle, non che gliene importasse qualcosa.

    Senza dire niente si alzò dalla poltrona, con un cenno di saluto verso il Segretario di Stato.
    Era meglio andare a letto, se la mattina dopo voleva partire presto per arrivare a Hastings di buon ora. Meglio arrivare la mattina, visto che doveva anche trovare una locanda in cui dormire.
    Uscì dal grande edificio, sede dell’Ufficio Segreto, e lasciò che l’aria fresca gli accarezzasse il viso.
    Ormai si era fatta notte e il cielo brillava di stelle.
    Vegeta alzò la testa.
    Le luci del cielo erano parzialmente offuscate da quelle delle lanterne londinesi, sempre più numerose.
    Il cielo di Hastings era completamente diverso.
    Prince riusciva a ricordarselo.
    Riusciva a ricordarsi di un piccolo bambino moro che correva via dalla città per raggiungere un bosco.
    Un bosco in cui sdraiarsi a guardare le stelle.
    Quelle stelle che sembrano prometterti un futuro migliore.

    Sì, sdraiarsi nel bosco al chiarore delle stelle, era una bella sensazione.
    Lo sapeva perfettamente Goku Carter.
    Sdraiato sull’erba bagnata di rugiada, con un lungo filo d’erba in bocca.
    Era tardi, ormai.
    Aveva scaricato la merce importata dalla Francia, pronta ad essere rivenduta lì, in Inghilterra.
    Quella notte aveva dato anche un passaggio ad una spia.
    La solita spia.
    Non conosceva il suo nome, ma sapeva che nell’ambiente lo chiamavano Il Lupo.
    Goku Carter si girò di lato.
    Insieme a lui aveva trasportato anche un giovane francese dall’aria aristocratica.
    Doveva raggiungere la sua amata, stando a quello che gli aveva detto.
    Goku rise brevemente.
    L’amore non faceva per lui.
    Lui era cortese con tutte le belle ragazze, ma il suo cuore non batteva per nessuna.
    Era il capo dei contrabbandieri, un ruolo importante, e gli affari di cuore non erano ammessi.
    Sospirò, scuotendo la testa.
    L’indomani avrebbe portato la merce nella cittadina di Hastings, poco lontano da lì.
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  8. #8
    XD power L'avatar di XD forever
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    Ottima descrizione sui ricordi di infanzia dell'investigatore Vegeta....che stranamente ha vissuto l'infanzia a Hastings e si ricorda le due sorelle di Bulma Collins ma non lei,chissà se la rivedrà!XD(il soprannome di yamcha è più che azzeccato!XD)Goku Carter non ammette l'amore nel suo cuore,vedremo se cambiera presto idea.....in conlusione ottimo capitolo dal punto di vista storico-descrittivo.

  9. #9
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    bel capitolo,ottime descrizioni !
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  10. #10
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    Citazione Originariamente Scritto da XD forever Visualizza Messaggio
    Ottima descrizione sui ricordi di infanzia dell'investigatore Vegeta....che stranamente ha vissuto l'infanzia a Hastings e si ricorda le due sorelle di Bulma Collins ma non lei,chissà se la rivedrà!XD(il soprannome di yamcha è più che azzeccato!XD)Goku Carter non ammette l'amore nel suo cuore,vedremo se cambiera presto idea.....in conlusione ottimo capitolo dal punto di vista storico-descrittivo.
    Posso dirti che sembri uno spocchioso critico letterario? XD. E non sei neanke un'utente storico. Bravo! Nonostante la "niubbità" sei un bel critico.
    Cambiando discorso e uscendo dalla zona OT:una fanfiction che prende un casino,molto avvincente,ricorda le storielle tipo Lady Oscar e cose del genere.
    C18,ti sei ispirata a un libro/film o è tutta opera tua?

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