No, non confondere il mio modello astratto di "follia", Ignazio: quella prevede che vengano aboliti completamente pensieri logici, mentre qui si rimane nell'ordine della razionalità. E comunque inserire anche le variabili di "tempo di pensiero" e "tempo di parola", per tentare di trovare l'equilibrio che ambisci potrebbe soltanto in teoria portare ad una univoca corrispondenza, che preveda:
"TdPensiero=TdParola" come anche già detto da te, porterebbe ad un annichilimento totale dell'interlocutore.
O altrimenti:
"TdPensiero>TdParola" = ridondanza fonetica di medesimi vocaboli; e vedila come una CPU in attesa di interrupts dal sistema input/output, non come "follia", dato che se l'uomo fosse stato caratterizzato da questa tipologia di rapporto sarebbe ugualmente riuscito a creare una ragnatela di senso logico nelle sue frasi apparentemente vuote ed inutili.
"TdPensiero<TdParola" = impossibilità di comunicare tutto ciò che si pensa; vale a dire lo status attuale nel quale ci troviamo per necessità (andando ad escludere le altre due, sicuramente meno vantaggiose).
Anche in questi due casi, comunque, si andrebbe ad annullare l'interlocutore; quindi il concetto di "silenzio" come interruzione della comunicazione verbale di informazioni decoficate da un sistema di impulsi elettrici orchestra alla perfezione il rapporto interpersonale, non credi?
Ma, soprattutto, di che diavolo stiamo parlando?
Ultima modifica di Davyl; 22-03-2009 alle 19:54
E chi mai pensa di star pensando di grazia...
Forse solo un saccente scientista.
Il concetto di pensiero slegato dalla conoscienza e dall'esperibilità rappresenta la pia illusione di coloro che amano sopravvalutare l'intelletto umano, conferendogli poteri divini di creazione, quando il nostro pensiero scaturisce unicamente dall'osservare, accumulare, ed elaborare, niente più... ma senza nessun limite.
L'aoristo passivo: pro e contro.
Non conta nulla qui la "conoscenza" e il valore di ciò che si pensa, conta il fatto che si pensi; e il fatto stesso che tu riesca a creare (gli Dei cosa fanno?) nella tua mente ciò che vedi, senti, e percepisci con i restanti sensi non è lecito paragonarlo ad un potere delle cose, di poterci giocare, manipolarle, immaginarle (!), tramite astrazione (massima facoltà d'intelletto)?
In realtà ci siamo inventati che più in alto di noi ci siano gli Dei, o il Dio, o la Monade, o il solito ermellino col tutù, ma soltanto perché altrimenti il nostro egocentrismo e la presunzione di essere le più alte forme di biologia pensante ci avrebbe portato ad abolire completamente la pedagogia storica e antropologica.
Come già chiarito in privato in metà pomeriggio, il tempo come lo intendi tu non è come lo intendo io. Dal mio punto di vista, il tutto è ribaltato. Tu lo metti sotto il punto di vista di "quanto ci metto a formulare un pensiero" e "quanto ci metto a formulare le parole" il che implica ovviamente che il tempo per formulare il pensiero è minore di quello per formulare una frase (in quanto questa è data dal tempo del pensiero + il tempo di esporre la frase)
Io invece la metto sul punto di vista, non della formulazione, ma del tempo che abbiamo per pensare.
Noi pensiamo per tutta la vita, ma non comunichiamo sempre.
Il che implica che il tempo che impieghiamo nel pensiero è molto più grande di quello che impieghiamo nel dialogo.
Per poter esporre tutti i pensieri quindi non si può far altro che annullare il pensiero rendendo la "vita" della parola più lunga di quella del pensiero.
Ma le vite sono uguali, quando si muore si perde la capacità di pensare e parlare contemporaneamente.
Quindi, secondo il mio punto di vista il tempo che abbiamo per parlare e pensare è uguale, ma quello che noi impieghiamo a pensare è > di quello che impieghiamo a parlare.
Se impiegassimo nel parlare lo stesso tempo che impieghiamo nel pensare, dovremo riuscire a parlar veloce tanto quanto pensiamo, senza interromperci e senza dare la possibilità all'interlocutore di risponderci...inibendo quindi il dialogo che era il punto di partenza.
Senza considerare il fatto che tutti dovremmo occupare la nostra vita nel parlare e quindi non avremo il tempo per ascoltare l'altro rendendo, ancora una volta, il dialogo impossibile.
Non so se ci siamo capiti, fatto sta che son tutti paradossi, non riusciremo mai a comunicare tutto ciò che stiamo pensando!
Eh no, parti sempre dal presupposto di considerare la questione da un punto di vista tanto generale da porre sia il pensiero che la parola su di un livello dove di fatto non hanno "pari diritti". Prendi il semplice dormire: è normale pensare, ma non è poi così frequente il parlare. Quindi già se consideri questo, ti rendi conto che doni un contributo al pensiero che è per logica errato, dato che per paragonare due oggetti bisogna che siano nelle medesime condizioni: è come dire che, a parità di tempo, un uomo può compiere più strada rispetto ad un altro che abbia una gamba ingessata, ma negli effetti è sbagliato il paragone ed è ovvio il risultato. Inoltre, altro contributo che non hai considerato è il concetto che io ho considerato a parte: quello di "silenzio". Tu hai analizzato la situazione dal punto di vista pratico, avendo quindi portato l'interruzione di informazione come implicita nella idea di "parola"; io ho fatto la medesima analisi, ma dal punto di vista teorico, semplicemente considerando:
- parola e pensiero a parità di condizioni
- parola e pensiero non influenzati da interruzione (che tuttavia sembra valere solo sulla prima)
Ergo, è più che ovvio che le conclusioni a cui siamo giunti siano diverse, ma in realtà sono giuste entrambe, se si è in grado di capirle.