Originariamente Scritto da
Grifis
Presumo che la realtà delle agenzie interinali (mi sembra di aver compreso che questo sia il tuo attuale ramo occupazionale), che il sottoscritto conosce piuttosto bene, seppur unicamente da fruitore, sia questa in tutta Italia. Attualmente sono iscritto ad una ventina di queste strutture e trimestralmente ho l'obbligo di aggiornare i vari curricula depositati. Dal lontano 2001 ad oggi ho assistito ad un'infinita rotazione del personale (quasi esclusivamente femminile). Logicamente, il rapporto instauratosi tra le due parti esulò progressivamente da un semplice approccio formale, tanto che più volte mi sono improvvisato referente dei problemi di numerose ragazze (come se non bastassero i miei
). Soltanto due o tre hanno avuto l'opportunità di insediarsi a tempo indeterminato (tipologia contrattuale che, a ben vedere, non fornisce alcun reale plusvalore al dipendente, se non un'effettiva distanza di sicurezza dalla giusta causa, anche se, in realtà, il discorso da fare è eufemisticamente più complessso e lambisce un'infinità di aspetti, partendo dalla ragione sociale dell'azienda e dal numero di dipendenti) mentre le altre hanno alternato altri percorsi di stage sottopagati ad improbabili ritorni in ateneo.
Siamo un po' tutti sulla stessa barca. Quest'anno, dopo essermi laureato in corso ed a pieni voti, ho appreso che la S.S.I.S. era stata abolita, decisione sulla quale, con ogni probabilità, non verrà fatta marcia indietro. Dopo le imprecazioni del caso (alle quali, tuttavia, non ho potuto dedicare molto tempo
) ho iniziato ad armarmi di coraggio, buona volontà, umiltà e voglia di mettermi in gioco, convinto che la distanza che mi separava dall'insegnamento (che rappresenta, dopo il giornalismo, la mia più grande passione) aveva soltanto subito una piccola estensione. In realtà, non mi accorsi dell'orientamento del governo. I tagli sui precari (che ho avuto modo di connotare come i ragazzi più competenti e cortesi dell'intera Facoltà) e la cancellazione della parte medio bassa della graduatoria (lido al quale approdano gli studenti di Lettere e Filosofia dopo un iter lungo quantomeno sette anni), laddove stazionavano coloro che, principalmente per ragioni anagrafiche, avevano raccolto un punteggio piuttosto basso (dopo aver effettuato qualche supplenza, non avendo ancora l'opportunità di accedere ad un incarico annuale), hanno siglato l'ineluttabile abbandono del sottoscritto dalla realtà universitaria, da questa porzione della mia vita.
Attualmente sono impiegato alla vendita (un banale commesso) in un noto centro commerciale; colleghi che distinguono a malapena un imperfetto da un passato remoto (e non ho nemmeno osato avventurarmi fuori dalla rassicurante culla dell'indicativo
), clientela il più delle volte maleducata, ore di straordinario che fanno la loro comparsa in busta paga soltanto due mesi dopo (clausola che, a differenza di quanto mi è stato detto, non compare affatto in tutti i C.C.N.L. del commercio), risibile maggiorazione per le ore lavorate di domenica e orario part time (vincolo inderogabile per realtà come queste, sia per considerazioni che poggiano effettivamente su qualcosa di concreto che per notevolissimi sgravi fiscali).
L'unico consiglio che mi sento di poter elargire, non solo all'autrice del thread (anche se dubito che persone più grandi di me abbiano bisogno di grandi lezioni), è quello di resistere. Comprendo e sottoscrivo sia le motivazioni di IISNT che quelle di Warrior Princess. Diciamo che, parafrasando Mussolini, la linea che ho deciso di adottare è quella di una resistenza "attiva ed operante".