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  1. #11
    Demente precario L'avatar di Final Goku II
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    EPISODIO 108: LA DECISIONE DI PICCOLO

    “Devo riconoscerlo Babidy… questa volta sei riuscito quasi a disgustarmi… non ti fermi davanti a niente, e non ti preoccupa spargere del sangue se questa serve a raggiungere i tuoi scopi!“ commentò il Dr.Gero rivolto al proprio alleato. Babidy stava sgraziatamente stravaccato su uno sorta di trono ubicato nella sala comandi, tenendo il gomito appoggiato al bracciale del medesimo, sorreggendo il proprio grosso capo con l’esile mano. Il malvagio mago, nel sentire il commento dell’ex scienziato del Red Ribbon sorrise ironico e rispose “La considererò una lode, per quanto, indubbiamente, espressa in termini molto poco consueti”. “Questo perché tu sai che da questo punto di vista io non sono molto diverso da te” ridacchiò il dottore. Era davvero strano, e per certi versi squallido, come quei due esseri abbietti, sempre in conflitto tra di loro trovassero una certa complicità unicamente nell’esaltazione della reciproca perfidia. “Spero soltanto che quel Borjack e i suoi uomini non eliminino troppo in fretta quei ragazzi… se tirano subito le cuoia non si libererà abbastanza energia per risvegliare Mecha Bu” osservò Gero preoccupato egli stesso dell’inaudita potenza manifestata da Borjack già prima che Babidy lo potenziasse, e che con il sortilegio del Mago doveva essere aumentata a dismisura. “Non preoccuparti! Borjack ama troppo il potere per rischiare di fare qualcosa che possa indurmi a privarlo della forza che gli ho conferito! Ed è troppo sicuro di se per prendere in considerazione l’eventualità che io lo stia utilizzando come uno strumento per raccogliere l’energia necessaria per far nascere la nostra arma suprema! Del resto egli al momento si sente assolutamente onnipotente, e non immagina che la potenza che ha ora in realtà non è che poca cosa se paragonata a quella che avrà Mecha Bu non appena lo avremo risvegliato!” rispose Babidy. “Hai ragione! Se i miei calcoli non sono sbagliati la sua potenza dovrebbe essere ancora superiore rispetto alla più potente creatura che io abbia mai creato, vale a dire il Super Cyborg numero 17! Mecha Bu unirà il meglio delle nostre conoscenze diventando una creatura dalla potenza illimitata, ma al contempo perfettamente controllabile! L’arma finale e definitiva! E chissà… magari potremmo utilizzare proprio quel pallone gonfiato di Borjack come primo avversario per mettere alla prova la potenza della nostra creatura!” propose Gero. Babidy sogghignò divertito “ E poi sarei io quello disgustosamente cinico…” i due malvagi scoppiarono all’unisono in un’oscura risata, oscuro presagio del fatto che, se anche Borjack fosse stato sconfitto, impresa comunque da ritenersi disperata, una minaccia ancora più grande e infernale avrebbe continuato ad aleggiare come una cinerea nube sulla Terra e sull’intera galassia.
    Nel frattempo, il gruppo dei difensori della Terra si apprestava alla partenza alla volta della base di Babidy e del Dr. Gero. L’attenzione generale venne però richiamata da Piccolo, il quale chiese ad Arier e ad Elore di appartarsi con lui poco distante, mentre Goten e i terrestri sarebbero rimasti li in attesa, in quanto ciò che il namekiano aveva da dire, era rivolto unicamente agli zefiriani. Piccolo, Elore e Arier si fermarono ai piedi di una montagna non molto distante, il resto de gruppo poteva ancora vederli in lontananza, ma non avrebbero potuto in alcun modo sentire quanto i tre alieni si stavano per dire. “Ho preso una decisione, Arier! Voglio tentare con il potenziamento! Non ho voluto parlarne con gli altri perché non voglio che si preoccupino per me! Devono restare concentrati sulla battaglia… e non considerare l’eventualità che la prossima volta che mi vedranno io possa essere un loro nemico!” disse il nemakiano. Schietto, senza preamboli, aveva dichiarato la propria scelta senza mezzi termini e senza dilungarsi inutilmente. Del resto lui era sempre stato così: le sue scelte erano sempre molto ponderate, ma al contempo chiare e convinte. Nulla avrebbe potuto fargli cambiare idea. I due zefiriani rimasero in silenzio per qualche istante, poi Arier prese la parola “ E sia… “. “Soltanto una cosa ti chiedo! Portami lontano da qui! Non vogliono che gli altri assistano, e in più voglio essere lontano il più possibile dalla base… è nascosta sottoterra, pertanto esiste la remota possibilità che se la mia mente dovesse essere sconvolta dalla presa di sopravvento da parte della mia parte malvagia, questo possa influire anche sulla mia memoria e, pertanto, io possa non ricordarmi dove si trova la suddetta base, e quindi almeno Dende e gli altri non correrebbero pericoli immediati, e ci sarebbe il tempo perché Pan e Bra completino l’addestramento nella stanza dello spirito e del tempo… nel caso voi non riusciate a fermarmi!” chiese Piccolo. “Saggia scelta…” commentò Arier, per poi rivolgersi ad Elore “Tesoro, tu e gli altri avviatevi intanto… io sono più veloce di tutti voi, quindi vi raggiungerò in breve!”. Elore annuì “Ho piena fiducia in te!” disse la dolce zefiriana con un tenero sorriso per poi dare un bacio a fior di labbra all’amato. Quindi senza aggiungere altro raggiunse il resto del gruppo, mentre Arier e Piccolo si avviavano in una direzione diversa. “Dove stanno andando Arier e Piccolo?” chiese Crilin non appena Elore li ebbe raggiunti. “Ci raggiungono tra un po’! Noi intanto andiamo!” tagliò corto Elore sopravanzando il gruppo invitandoli a seguirla. “Elore non è mai stata così seria… pare turbata! Speriamo che vada tutto bene…” pensò Goten notando lo strano atteggiamento di quella ragazza, solitamente sbarazzina e serena come un venticello primaverile, improvvisamente incupitasi e fattasi tesa e preoccupata. Quasi a voler troncare ogni eventuale discussione, Elore aveva subito aumentato la velocità imponendo al gruppo un’andatura spedita. Quindi il resto del gruppo iniziò ad andarle dietro silenziosamente.

  2. #12
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    Intanto Arier e Piccolo avevano raggiunto un’area desertica molto distante dalla base, su un’isola. Del resto per due esseri dotati di una potenza come la loro, raggiungere gli angoli più remoti del pianeta era qualcosa di fattibile in un arco di tempo estremamente ridotto. “Arier…” disse Piccolo rivolgendosi allo zefiriano. “Dimmi!” lo esortò Arier. “Nel caso dovessi tornare ad essere un demone come mio padre… considerando che Goten e gli altri sono molto affezionati a me, ti chiedo di non esitare a infliggermi il colpo mortale se se ne presenterà l’occasione. I miei amici potrebbero avere delle difficoltà a farlo, dunque mi affido a te, che dovresti essere capace di avere un maggiore distacco” disse Piccolo. Arier annuì “Lo farò… in ogni caso, non pensare che per me non sarebbe motivo di grande rammarico privare della vita un grande guerriero quale tu sei! Se però dovrò considerarti un nemico, non mi farò condizionare” rispose lo zefiriano. Piccolo, rincuorato, sorrise “Bene, cominciamo!”. Arier posò la mano sul petto di Piccolo “Preparati… sarà molto doloroso…” lo avvertì Arier. Piccolo gli fece un cenno di intesa esortando l’amico a proseguire. Un bagliore di luce azzurra accecante si generò nel punto in cui la mano dello zefiriano toccava il torace del namekiano, il quale urlò per il dolore straziante, era come se il suo corpo stesse per essere strappato in due. Non sentiva più le mani ne le braccia, e non riusciva a respirare. La sofferenza era atroce e Piccolo si sentì come se stesse per morire. Istintivamente gli sarebbe venuto naturale ritrarsi, ma era totalmente paralizzato. Arier mantenne un’espressione concentrata… sapeva di star facendo molto male a Piccolo, ma non doveva farsi condizionare da ciò… sarebbe bastato in minimo errore per dissolvere nel nulla il corpo di Piccolo in un’incontrollata esplosione di Ki, del suo stesso Ki. Un’operazione estremamente delicata, e che richiedeva un livello di concentrazione totale. Alla fine il bagliore svanì, e Piccolo si accasciò al suolo, immobile, come morto. Il suo cuore aveva cessato di battere, e non respirava più. Era caduto in uno stato di morte apparente. Tutto era andato come Arier aveva ipotizzato “Bene… ora non resta che aspettare che si svegli! Non ho idea di quanto ci vorrà, ma è meglio metterlo al riparo” pensò lo zefiriano per poi portare il corpo di Piccolo dentro una grotta ubicata in un luogo inaccessibile della grande montagna che troneggiava sull’isola. Fatto ciò, egli se ne andò per raggiungere Elore e gli altri, che avevano bisogno di lui, mentre oramai quanto sarebbe accaduto a Piccolo dipendeva unicamente dallo stesso namekiano.
    Nel frattempo, in un livello dimensionale diametralmente opposto a quello in cui stavano combattendo i difensori della Terra, Kaiohshin e il suo gruppetto di guerrieri era giunto nel Limbo. Kaiohshin non vi era mai stato prima di allora nella sua millenaria esistenza. Del resto era un luogo al di fuori della sua giurisdizione, una terra di nessuno governata unicamente da coloro che vi erano confinati e che giammai avrebbero potuto uscirne. Il paesaggio che si presentava innanzi agli occhi dei presenti non era molto dissimile dal Paradiso. Vi erano moltissimi alberi e il suolo era quasi interamente ricoperto d’erba, così come lo era il luogo ove le anime di coloro che Re Enma aveva giudicato come buoni e meritevoli venivano mandate a trascorrere l’eternità. Le uniche differenze stavano nel fatto che il cielo era completamente coperto da banchi di nebbia che lo facevano sembrare completamente bianco, e che rendevano in ogni caso ardua una visione a lunga distanza, e che il terreno era completamente in pendenza. Kaiohshin, Pai Ku Han, Darbula e Zeneyu si trovavano di fatto ai piedi di una salita sterminata. In lontananza, malgrado la nebbia ne celasse in parte le forme, vi era una costruzione colossale, che da vicino doveva essere alta parecchie decine di metri. Aveva l’aspetto di una gigantesca porta di pietra. “Quello deve essere certamente il portale… è li che dobbiamo andare!” affermò Kaiohshin. “Prudenza mio signore!” lo mise in guardia Pai Ku Han “Non sappiamo come potrebbe reagire la gente di questo posto alla sua presenza! Non credo proveranno simpatia per colui che non li ha ritenuti degni del Paradiso, per quanto indirettamente… non hanno più alcuna ragione pratica per portarle alcun genere di rispetto! Dunque le consiglio di tenere gli occhi bene aperti”. Kaiohshin annuì “Ti ringrazio per la tua premura, Pai Ku Han… tuttavia sono perfettamente in grado di difendermi! Sono pronto a dar prova di credibilità a costoro nel caso si rivelasse necessario! La mia intesa con Re Enma è totale… e se egli ha giudicato in modo che queste persone trascorressero l’eternità qui, ebbene io sono d’accordo con lui” affermò la divinità con convinzione. Era un Kaiohshin molto più si curo di se quello che si era presentato in quel luogo remoto dell’aldilà alla testa di quello sparuto quanto valido gruppo di guerrieri. Doveva esserlo. Si era fatto carico di una grande responsabilità! Quanto si era imposto di fare dipendeva unicamente da lui, dunque doveva far ricorso a tutta la propria forza d’animo e la propria determinazione maturata tramite gli insegnamenti del Sommo in tutti quegli anni. Il tempo dei tentennamenti e delle esitazioni era finito, era per lui il momento di dare un senso alla sua natura di divinità e poter finalmente fare qualcosa di concreto per proteggere l’universo. “Infatti Pai Ku Han! Tu non lo hai mai visto combattere! Ma il nostro caro Kaiohshin sa il fatto suo… e in questi anni è certamente diventato ancora più forte!” confermò Darbula. “Hehe! Non mi abituerò tanto presto al fatto che tu mi faccia dei complimenti Darbula! Non riesco ancora a credere che siamo fianco a fianco mossi da un fine comune! Ciò mi porta a pensare che realmente tutto è possibile!” disse Kaiohshin ridacchiando imbarazzato. Darbula lo fissò con sguardo rassicurante. “I miei poteri sono al tuo servizio!” affermò Darbula. “Già e meno male… malgrado tu trattenga la tua aura ho già intuito come tu sia molto più potente di me!” ammise la divinità. L’unico del gruppo ad essere sempre rimasto in silenzio era Zeneyu, che si limitava a camminare lateralmente alla comitiva. Volendo far uscire il proprio nuovo alleato, da poco conosciuto, dal proprio stato di silenzio Kaiohshin gli si rivolse “Dimmi Zeneyu…” fece la divinità. “Prego, parli pure liberamente, mio signore!” sorrise il guerriero. “Dai Kaioh non mi ha spiegato le tue origini, in quanto ha ritenuto più giusto che lo facessi tu… spero che voglia soddisfare questa mia curiosità!” chiese Kaiohshin. “Certamente…” acconsentì semplicemente Zeneyu, e così facendo iniziò a raccontare la sua storia.

  3. #13
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    EPISODIO 109: LA STORIA DI ZENEYU

    Per comprendere le origini di Zeneyu, è necessario compiere un viaggio nel tempo, fino a giungere a tempi remoti, un’epoca oscura, segnata dalla guerra tra i Kaiohshin e il mago Bibidi, una guerra che quest’ultimo stava riuscendo a vincere grazie alla propria invincibile arma, la massima espressione della magia nera di cui egli era un insuperabile maestro: Majin Bu. I Kaiohshin si erano resi conto nel modo peggiore di come, per molti anni, avessero colpevolmente sottovalutato i mortali, e uno di essi aveva finito con il mettere le mani su uno strumento che gli consentiva di porsi al di sopra delle divinità stesse. I cinque dei Kaioh si ritrovarono spiazzati e inermi innanzi ad una creatura tanto potente e crudele. Vani furono i loro sforzi di fermarlo. La bella Kaiohshin dell’Ovest e il saggio Kaiohshin del Nord caddero in un’esigua manciata di minuti, travolti dall’inarrestabile e oscura forza di Bu. Le cose andarono di male in peggio quando Kaiohshin del Sud, il più potente tra tutti gli dei, venne assorbito dalla malvagia creatura. Se era vero che quell’assorbimento aveva causato una diminuzione della sua potenza, ciò era stato compensato dall’ottenimento di una maggiore razionalità. L’alto e aitante Majin Bu con cui ci si trovava ad avere a che fare non era più una belva feroce e assetata di sangue, ma una creatura dotata di intelletto e fortemente intenzionata a sterminare quanto restava della stirpe degli dei Kaioh.
    Il Dai Kaiohshin si era reso conto come nemmeno lui sarebbe potuto riuscire dove Kaiohshin del Sud aveva fallito, e che anche in quella nuova forma Majin Bu restava troppo forte per lui. Era solo questione di tempo, e il demone di Bibidi avrebbe trovato e ucciso sia lui che il giovane Kaiohshin dell’Est, il meno potente tra le divinità, che lo stesso Dai Kaiohshin aveva dissuaso dall’andare ad affrontare il mostro. Sarebbe stata una follia, un gettare al vento la propria vita negandosi la possibilità di poter escogitare qualcosa di più interessante in seguito. I Kaiohshin si trovavano a pagare il proprio isolamento e la propria incapacità di rendersi conto sino a che punto i mortali potessero padroneggiare il potere. Tutto era partito da ciò… da un comune mortale! Un essere vivente, nato dall’evoluzione del creato che gli stessi, primissimi Kaiohshin avevano generato, e che era riuscito a ergersi al di sopra degli stessi creatori. Ciò indusse il Dai Kaiohshin a una riflessione. Se Bibidi era riuscito a dar vita a una creatura tanto forte, era altamente probabile che, se ci avessero tentato, anche i Kaiohshin sarebbero riusciti a dar vita ad un individuo potentissimo, ed essendo loro delle divinità, era altamente probabile che il risultato avrebbe superato nettamente Bu. Quello che veramente mancava ai Kaiohshin era però il tempo. Bibidi aveva dedicato alla creazione di Majin Bu gran parte della sua secolare vita, accumulando l’energia sprigionata dagli innumerevoli conflitti e dalle continue battaglie che avvenivano nelle quattro galassie. La natura di Bu era peraltro il riflesso esatto dell’energia che gli aveva dato vita. Egli era un mostro scatenato e crudele, che neppure lo stesso Bibidi era totalmente in grado di controllare. Dunque anche questo rappresentava un problema non di poco conto. Che senso avrebbe avuto creare un mostro ancora peggiore di Bu? Nel migliore dei casi questo avrebbe eliminato Bu per poi non fare altro che proseguire l’opera di distruzione da egli stesso iniziata, per non parlare dell’eventualità che i due si potessero coalizzare. Dopo una lunga riflessione, Dai Kaiohshin si rese conto che se avesse dato vita ad una creatura tramite il convogliamento dell’energia positiva sprigionata dagli atti di generosità di altruismo e di amore per la giustizia, la propria creatura sarebbe stata caratterizzata proprio da questi connotati. Era vero che si trattava di qualcosa di astratto, a differenza dell’aura che veniva dispersa durante gli scontri, e che quindi Bibidi poteva sfruttare abbastanza agevolmente, ma proprio in questo entrava in gioco la superiorità di un essere superiore come un Kaiohshin. Dai Kaiohshin creò per l'appunto una sfera che fosse in grado di convertire in energia positiva la forza dei sentimenti di coloro che compivano quegli atti. Fu così che venne creata una sfera, custodita in un luogo sicuro e remoto del Paradiso, in modo che Bibidi e Majin Bu non potessero trovarla. Ci sarebbe voluto del tempo prima che l’energia per svegliare quella creatura, Zeneyu appunto, fosse stata raccolta in quantità sufficiente, e non vi erano garanzie che gli dei sarebbero sopravissuti fino ad allora, ma almeno esisteva la speranza che un giorno Zeneyu avesse potuto svegliarsi e liberare autonomamente la galassia dalla funesta presenza di Majin Bu. Destino volle che, quando Dai Kaiohshin si recò da quello dell’Est per rivelargli dell’esistenza di Zeneyu, questi si trovasse proprio di fronte a Majin Bu. Il mostro lo aveva trovato. Non vi fu il tempo di parlare dunque! Dai Kaiohshin doveva assolutamente difendere il suo giovane compagno. Dopo un breve scontro la divinità venne sconfitta ed assorbita a sua volta dal mostro. Fu così che Kaiohshin dell’Est non seppe mai dell’esistenza di Zeneyu. Il sacrificio del Dai Kaiohshin non fu però del tutto inutile, e il fatto che Majin Bu avesse avuto l’idea di assorbirlo era da considerarsi una fortuna. Il Majin Bu grasso che ne aveva avuto origine era infatti così irriverente e impossibile da controllare, che Bibidi, sentendo come la sua vita fosse in costante pericolo con quell’essere in circolazione, decise di rinchiuderlo nella sfera. E fu così che Kaiohshin dell’Est diede prova della propria scaltrezza e del proprio tempismo, attaccando il mago e uccidendolo, scongiurando quindi per sempre la possibilità che il mostro potesse essere risvegliato, almeno fino alla scoperta dell’esistenza del figlio di Bibidi: Babidy, ma questa è un’altra storia. Fatto stava che, completamente dimenticato, e senza che nessuno sapesse della sua esistenza, Zeneyu continuava a svilupparsi assorbendo energia. Il processo però era molto lento, molto di più rispetto a quello che aveva portato alla nascita di Bu, in quanto nella galassia gli atti di eroismo e generosità erano molto più rari rispetto alle infamie e alla brama di potere. Ciò era dimostrato dal fatto che quasi l’intero universo fosse assoggettato al dominio dei tiranni, nelle varie epoche. Per fare degli esempi recenti si possono citare Borjack e la famiglia dei Changeling. Negli ultimi anni, però, la crescita di Zeneyu subì un’accelerazione importante, frutto dei continui atti di generosità di un gruppo di persone straordinarie: i guerrieri Z. Zeneyu era cresciuto grazie ad atti di profondo coraggio ed eroismo, le cui immagini venivano direttamente convogliate nella mente della creatura, come modello di comportamento e come formazione del proprio carattere. L’apice era stato raggiunto quando Goku, dopo aver sconfitto i draghi malvagi, per poi partire assieme al Drago Shenron, senza curarsi del fatto che sarebbe potuto sparire per sempre, pur di ridare la vita a tutti gli innocenti morti per mano di quelle creature demoniache. Questa non era stata che la punta dell’Iceberg, che aveva fatto seguito ad altre azioni da parte dello stesso Goku, di Gohan, di Vegeta, di Piccolo… e di tanti altri guerrieri Z. Grazie a tutto ciò, Zeneyu aveva potuto nascere. Per quei sette anni di pace che erano seguiti alla sconfitta di Li Shenron, Zeneyu era rimasto in Paradiso ad allenarsi per affinare le proprie tecniche combattive in attesa di poterle mettere in pratica. Il suo compagno di addestramento era Darbula, al contempo suo maestro e suo allievo. Maestro in quanto più esperto e capace di insegnare molto in ambito combattivo e allievo in quanto Zeneyu era stato capace di controllare gli impulsi malvagi ancora presenti in Darbula, e che erano stati precedentemente sedati dalla trasformazione dell’ex signore degli inferi in qualcosa di totalmente alieno ai combattimenti, dalla personalità assolutamente stravolta. Con Zeneyu era però stato possibile per Darbula giungere ad una sintesi perfetta, riuscendo a tornare il guerriero di un tempo senza però essere nuovamente sedotto dal male e dalla brama di potere.

  4. #14
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    Kaiohshin e Pai Ku Han ascoltavano sbalorditi le parole di Zeneyu. Una volta superato lo shock per la rivelazione, Kaiohshin non poté che rallegrarsi per quanto aveva appena sentito. “Quello che dici è fantastico, Zeneyu! Se sei stato creato dal Dai Kaiohshin devi essere certamente potentissimo!” disse la divinità. “Lo è! Lo è! Glielo garantisco! Basti che lei pensi che rispetto a lui la mia potenza è davvero poca cosa!” disse Darbula. “Accidenti!” commentò stupito Kaiohshin, mentre anche Pai Ku Han, pur non dicendo una parola dava l’idea di essere molto colpito da quanto dichiarato da Darbula. “A Darbula piace esagerare…” commentò con un sorriso Zeneyu. “Sarà…” si limitò a bofonchiare Darbula.
    L’allegria della comitiva svanì però all’improvviso. Il quartetto si fermò in prossimità di due grandi rocce poste ai lati del sentiero. Fu Pai Ku Han a prendere la parola “Nascondersi è da codardi, e in questo caso totalmente inutile, dal momento che sappiamo percepire le vostre aure! Dunque venite fuori e fatevi vedere”. In breve, di fronte al gruppetto, apparve una piccola folla di personaggi dall’aria non certo amichevole. Si trattava certamente di guerrieri del Limbo, lo si poteva intuire dalla loro non trascurabile forza combattiva, maturata in secoli di allenamento in quella specifica zona dell’aldilà. A parlare fu colui che stava alla testa del gruppo e dava l’idea di essere il capo.
    “Chi siete? Non vi ho mai visti da queste parti! Presumo veniate dall’esterno… quel che mi chiedo è come siate potuti giungere sino a qui!” disse questi. Era una creatura dall’aspetto umanoide, dalla pelle di colore simile a quello della corteccia d’albero, il suo fisico era abbastanza snello, e sul capo aveva delle bizzarre e sottili corna ricurve. Vestiva con un farsetto verde e dei pantaloni dello stesso tessuto e colore, e stringeva tra le mani una spada lucente, dalla lama bianchissima. Fu Pai Ku Han a replicare “E’ buona norma presentarsi se si tiene successivamente a sapere chi si ha di fronte” disse il guerriero del Paradiso. I due si guardarono negli occhi con aria decisa, in uno scontro di sguardi, una guerra psicologica preludio alla vera battaglia. Nessuno dei due voleva dimostrare insicurezza innanzi al rispettivo interlocutore. Nessuno dei due lasciò tradire alcun tentennamento, ma per uscire da quella situazione di stallo, il guerriero del Limbo sorrise e disse “ Hai ragione, straniero… il mio nome è Levin, e sono il guerriero più forte del Limbo, eccezione fatta per i guardiani dei portali! Vi basti sapere questo! Ora… mi è consentito sapere con chi ho il piacere di parlare? Non ritengo sia saggio da parte vostra abusare della mia pazienza” disse il guerriero che si era identificato col nome di Levin. Stavolta fu Kaiohshin a prendere la parola “ Mi sembra inutile nasconderlo! Io sono Kaiohshin il Superiore… e sono venuto per attraversare i portali che portano alla dimensione demoniaca!”. Levin e tutti coloro che lo accompagnavano rimasero sorpresi da questa rivelazione, il gruppo rumoreggiava, dal brusio del loro parlare trapelavano cose del tipo “Kaiohshin qui?”, “ Oh, vostra signoria si prende la briga di scendere tra noi indegni “, e altri commenti simili che spaziavano tra lo stupore e l’indignazione. “Vi sarei molto grato se ci lasciaste passare senza costringerci a combattere…” affermò Kaiohshin, malgrado il suo sguardo lasciasse intendere come, in caso contrario, sarebbe stato disposto a farsi strada anche con le maniere forti.

  5. #15
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    EPISODIO 110: LA STRATEGIA DI ARIER

    “Accidenti… è ancora peggio di quanto pensassi… “ esclamò Arier, assumendo un’espressione preoccupata. Crilin annuì “ Percepisco cinque aure, quattro delle quali di dimensioni enormi… ma quella che veramente mi auguravo di non percepire è l’altra! Quella più grande e malvagia di tutti! Il fatto che Videl avesse incontrato solo Zangya mi aveva fatto sperare che si fosse posta autonomamente al servizio di Babidy… e invece non c’è solo lei! Riconoscerei tra mille la diabolica aura di quel mostro di Borjack.” disse con tono grave il piccolo terrestre. “Borjack hai detto? Si tratta di quell’alieno che Gohan ha sconfitto molti anni fa?” chiese Goten. “Esatto… fu tuo fratello a eliminare Borjack dopo un duello all’ultimo sangue! Quindi preparati, Goten! Quel demonio non sarà un avversario facile” spiego Crilin. “Hehe! Non c’è bisogno che tu me lo dica, Crilin! Riesco a percepire distintamente la sua aura oscura! E mi rendo conto sin da ora che a confronto Cooler non era poi così terrificante… ed è inutile dire come la cosa non mi lasci per nulla tranquillo!” disse Goten sorridendo amaramente. “Non ti preoccupare cucciolo! Stavolta hai me e Arier dalla tua parte! Non dico che sarà una passeggiata, ma vedrai che ce la faremo!” lo rincuorò Elore. Goten arrossì. Non accadeva spesso che qualcuno lo chiamasse “cucciolo”! Del resto Elore aveva un carattere molto espansivo e aveva un’idea estremamente affettiva dell’amicizia. Era così dolce! Nessuno avrebbe tuttavia mai dovuto commettere l’errore di sottovalutarla… in quanto Goten si era già fatto un’idea piuttosto chiara su quanto forte lei sapesse essere in battaglia, e il figlio di Goku doveva confessare che con lei e Arier vicino si sentiva decisamente più sicuro.
    “E così si chiama Borjack…” mormorò tra se e se Arier, avendo appena udito il nome di colui che era portatore della forza combattiva che aveva da subito attirato la sua attenzione. Quindi assunse un tono convinto “Lo affronterò io! Sarà uno scontro impegnativo, ma ritengo di essere l’unico ad avere concrete possibilità di batterlo! Quello che realmente mi preoccupa è la presenza di altri quattro guerrieri molto pericolosi! Se ci attaccano tutti e cinque avremo ben poche possibilità” disse lo zefiriano. “Sembra che non ci sia modo per raggiungere la base di quello schifoso essere che voi chiamate Babidy, senza doverli incontrare!” constatò Elore. “Già… dovremo per forza affrontarli! “ disse Videl, non certo entusiasta all’idea di affrontare di nuovo Zangya o comunque qualcuno dalla forza simile alla sua.
    Ad un certo punto i cinque nemici furono ben visibili dinanzi al gruppetto, nessuna volontà di tendere un agguato, ne esitazione nello scoprirsi sfidando apertamente i difensori della Terra. Borjack e i suoi scagnozzi sembravano estremamente sicuri della loro superiorità. Oramai le due fazioni erano l’una di fronte all’altra. Da una parte i due zefiriani Arier ed Elore, il mezzo saiyan Goten, e il trio di terrestri composto da Crilin, Tenshinhan e Videl. Di fronte a loro vi erano invece Borjack, Bido, Bujin, Gokua e Zangya. “Cosa vedono i miei occhi!” esclamò con falso stupore, colmo di sarcasmo, Borjack “ Un gregge di agnellini che si avventura volontariamente nella tana del lupo! Tsk! Dovete essere completamente pazzi! E alcuni di voi…” disse poggiando lo sguardo su Crilin e Tenshinhan, che riconobbe in quanto avevano provato ad opporsi a lui anche la prima volta in cui aveva tentato di conquistare la Terra “… pure recidivi!”. I due terrestri si misero sulla difensiva, cosa che, inutile dirlo, non fece altro che divertire ulteriormente Borjack. Quindi il demone osservò gli altri guerrieri, cercando di farsi un’idea della grandezza delle rispettive aure. Il diabolico essere inclinò leggermente la testa da un lato con aria dubbiosa, dunque si voltò, lasciando interdetti Arier, Elore e Goten. “Io non mi sporco le mani con questa feccia… soprattutto considerando che Babidy vuole che non li uccidiamo subito!” disse Borjack. Goten ringhiò… chi si credeva di essere quel pallone gonfiato per chiamarlo “feccia” ? Il saiyan stava per reagire d’istinto, quando Arier gli fece cenno di controllarsi. Elore era rimasta in silenzio ad osservare i cinque loschi figuri che le si trovavano innanzi, soffermando in particolare la sua attenzione sulla donna del gruppo, nonché colei che, dei cinque, sembrava la meno coinvolta emotivamente dalla vicenda. Del resto Zangya si era trovata costretta dalla superiorità di Borjack a tornare a far parte dello schieramento del malvagio cognato, tuttavia continuava a essere sempre più tormentata dai dubbi e dalle incertezze. Non si poteva dire che la misericordia di Borjack l’avesse più di tanto convinta… non era affatto sicura di potersi ancora fidare di lui. Purtroppo era altresì vero che la donna non aveva particolari alternative. Borjack era l’unica figura di riferimento della sua vita, e quando si era illusa di aver trovato un’alternativa in Babidy il fato aveva beffardamente fatto in modo che i due si coalizzassero. Dunque era quello il suo destino di metà di un qualcosa di unico rappresentato dalla perduta unione tra lei e Zardock e che non poteva vivere se non appoggiandosi ad altri? “Tu devi essere Zangya…” disse Elore facendo sussultare la zardiana. Solo in quel momento Zangya uscì dai suo rimuginare prestando attenzione a colei che aveva di fronte. Elore era innanzi a lei, con le braccia incrociate e i capelli mossi dal vento, allo stesso modo del proprio lungo mantello. “Sono a conoscenza di cosa tu abbia fatto alla mia amica Videl… non si fa così, sai?”. Zangya rimase interdetta. Del resto succedeva speso che i modi affabili e per nulla minacciosi di Elore disorientassero gli interlocutori. “Beh? E dunque? Cerchi rogne?” chiese Zangya assumendo un tono minaccioso “Diciamo che mi sembra una cosa più giusta da parte tua usare le tue forze per affrontare qualcuno che possa tenerti testa piuttosto che per accanirti su chi non può difendersi…” rispose Elore con il solito fare serafico. Zangya sorrise “E così pensi di potermi tenere testa? Con quel livello non credo proprio… sei un po’ meglio di Videl, ma da qui a sperare di potermi battere il passo non è affatto breve come tu, a quanto pare, sei portata a pensare”. “Beh, buon per te, no?” si limitò a rispondere Elore. Zangya era palesemente a disagio. Non aveva mai incontrato qualcuno come Elore. Non vi erano ne rabbia ne risentimento nel suo modo di porsi. Il suo tono era flemmatico e tranquillizzante, quasi una ninna nanna, che dava una sensazione piacevole alla propria interlocutrice. Zangya la fissò negli occhi… era così diversa! Era abituato a leggere l’odio nello sguardo di chi la sfidava, il sentimento che concerne a chi si trova di fronte ad un demone.

  6. #16
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    Ad un tratto, senza alcun preavviso, Arier concentrò la propria aura nelle mani. Un attacco a sorpresa? Questo pensarono Bido, Bujin e Gokua, i quali si misero in posizione di guardia, pronti a difendersi. Il colpo tuttavia non venne scagliato dallo zefiriano verso gli avversari, bensì verso il basso. Una sfera di energia azzurra che appena raggiunse il suolo deflagrò. La stranezza tuttavia di quell’esplosione stava nel fatto che questa non sembrò avere alcuna ripercussione sull’ambiente circostante. Non un solo granello di polvere venne sollevato, e tutto sembrava rimasto assolutamente intatto, com’era prima che Arier utilizzasse il proprio colpo. “Che diavoleria è mai questa?” pensò perplesso Borjack che, benché si fosse chiamato fuori dalla lotta, teneva d’occhio lo svolgersi degli eventi. Solo in quel momento il malvagio demone si rese conto di quanto era accaduto “Ehi! Tre di loro non ci sono più!”. Anche Bido, Bujin, Zangya e Gokua se ne erano accorti. Crilin, Tenshinhan e Videl si erano come volatilizzati. Arier sorrise “A quanto pare il nostro piano ha funzionato!” disse rivolgendosi a Elore e Goten. “Quale piano?” chiese Bido, innervosito oltremodo dal fatto di non riuscire a capire nulla di quanto stesse accadendo. Arier si rivolse al nemico e disse “A questo punto posso anche spiegarvelo, tanto, oramai, è tardi perché possiate fare qualcosa. Quella che avete appena visto era una delle mie tecniche speciali… il velo celante. Non è una mossa utile per attaccare, ma serve per l’appunto a nascondere! Il suo funzionamento è semplice… quando il mio colpo impatta contro qualcosa, esso proietta l’immagine di ciò che esso ha colpito nella retina oculare di ogni osservatore diverso da chi ha scagliato il colpo… in questo modo voi, guardando sotto di noi, non avete potuto riscontrare alcun cambiamento, quando in realtà, nascosti dal mio velo, Videl, Crilin e Tenshinhan hanno potuto oltrepassarvi e proseguire alla volta della base del vostro capo”. Borjack sembrò divertito “Quel tipo sembra sapere il fatto suo…” pensò l’ex sovrano di Zard. “E come mai hai fatto andare avanti soltanto loro?” chiese Bujin. “E’ molto semplice…” intervenne Elore “Loro tre non avrebbero avuto nessuna speranza contro di voi, per questo avevamo ogni interesse a far si che non prendessero parte a questo combattimento… il piano tuttavia non avrebbe avuto alcun senso se fossimo passati tutti, dal momento che avreste benissimo potuto inseguirci… mentre se restiamo qui possiamo trattenervi! Del resto siamo noi i vostri avversari!” disse la zefiriana. “Come avete osato prendervi gioco di noi?????” urlò Gokua scagliandosi contro i due zefiriani, ma Goten si trasformò in Super Saiyan di secondo livello frapponendosi tra i propri alleati e il seguace di Borjack, sorprendendo quest’ultimo colpendolo con un violento calcio al lato della testa facendolo schiantare al suolo. “Ehi! Ricordati che non ci sono solo Elore ed Arier! Anche io sono rimasto! Ed è con me che ti dovrai battere!” disse il figlio di Goku. Gokua si rialzò massaggiandosi la guancia, fissando Goten con uno sguardo che non prometteva nulla di buono. “Tu hai commesso un gravissimo sbaglio, biondino! Non avresti dovuto avere l’ardire di sfidarmi così apertamente! Te ne pentirai!” disse minaccioso Gokua. “Sto tremando, non vedi?” disse con sarcasmo Goten. “Bene, Elore… volevi batterti con me? Accetto! Però non pensare che i tuoi modi da pusillanime mi spingeranno ad andarci leggera con te!” disse Zangya. “Vedremo se tra un po’ mi considererai ancora una pusillanime…” replicò Elore, mantenendo la solita quiete, dimostrandosi insensibile anche alle ingiurie dell’avversaria. Due accoppiamenti si erano già delineati: Goten contro Gokua e Elore contro Zangya. “Beh… a quanto pare a me sono rimasti solo il grassone e il nano…” constatò Arier con tono provocatorio. “Come osi insultarci? Sei un povero folle! Se avessi soltanto una minima idea della differenza abissale che c’è tra noi non saresti così arrogante!” fece Bujin. “Già! La tua forza non è assolutamente paragonabile alla nostra! Lo percepiamo chiaramente! Ti sei cacciato in un guaio da cui non uscirai vivo!” gli fece eco Bido. Arier si compiacque del fatto che, allo stesso modo in cui aveva tratto in inganno Goten la volta precedente, anche stavolta i propri avversari si erano lasciati trarre in inganno dalla sua aura. Ancora una volta lo zefiriano avrebbe potuto contare sull’elemento sorpresa, condizione fondamentale perché la propria strategia andasse a buon fine. Bido e Bujin si erano convinti di avere a che fare con un incosciente ignaro di ciò a cui andava incontro, ma non sapevano di essere loro quelli realmente inconsapevoli di chi avessero di fronte. Stavano per cadere in una tranello, in una trappola mortale tesa da Arier apposta per loro. “Non sono loro che voglio… il mio obbiettivo è Borjack! Ma non voglio che egli abbia il tempo di rendersi conto di quanto io sia forte, con il rischio che intervenga nella battaglia… pertanto mi sbarazzerò di questi due con un colpo solo”.

  7. #17
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    EPISODIO 111: I GUARDIANI

    L’aria era carica di tensione nel limbo. Kaiohshin e la sua compagnia si trovavano innanzi a un ostile schieramento, composto da guerrieri non certo entusiasti all’idea di trovarsi innanzi a colui che, sia pure indirettamente, aveva negato loro il Paradiso, costringendoli a trascorrere l’eternità in quel luogo isolato e dimenticato, non certo sgradevole quanto l’inferno, ma al contempo nemmeno lontanamente paragonabile al meraviglioso luogo a cui i più degni era da Re Enma concesso di accedere. “Non sarò ipocrita… e non mi avvarrò della menzogna per accattivarmi le vostre simpatie! Ribadisco la mia totale fiducia nella capacità di giudizio di Re Enma, dunque non mi sento di scusarmi con nessuno! Se vi trovate qui c’è sicuramente un motivo! Pertanto, se mi fate il favore di non intralciare il mio cammino sarà tanto di guadagnato per entrambi” disse Kaiohshin, con fare serio e determinato. Era molto sicuro di se, e forte di chi è certo di trovarsi dalla parte del giusto. La divinità si era promessa di far ricorso a tutta la propria forza morale e interiore durante quel viaggio. Per troppo tempo le sue azioni erano state inficiate da un’eccessiva incertezza e titubanza… aveva sempre avuto bisogno di qualcuno che lo aiutasse nel prendere le decisioni: Kibith prima e il Sommo poi. Non poteva più permettersi complessi di inferiorità figli del fatto di essere l’unico Kaiohshin superstite, ma al contempo il meno potente tra essi. Le esperienze contro Majin Bu, contro Baby e contro Tzukin lo avevano portato a maturare un’esperienza che era giunto il momento di mettere a frutto. A maggior ragione ora che aveva la possibilità di ricongiungersi con i suoi vecchi compagni, morti millenni prima ma da lui mai dimenticati… Sapeva che la strada da percorrere sarebbe stata lunga e piena di insidie, e che si sarebbe frequentemente trovato in conflitto con le varie entità che avrebbe incontrato… dunque se Levin e gli altri guerrieri del Limbo avessero manifestato l’intenzione di battersi con lui, ebbene lui non si sarebbe di certo lasciato trovare impreparato. Il silenzio fu rotto da un guerriero che stava alla destra di Levin. Aveva fattezze suine, un cinghiale antropomorfo dalla muscolatura pronunciata e la folta peluria violacea. “Te la faccio passare io la voglia di provocarci!” urlò questi per poi sguainare da dietro la schiena una grande ascia bipenne e scagliarsi contro Kaiohshin. Pai Ku Han e Darbula rapidamente si frapposero tra Kaiohshin e l’aggressore, mentre Zeneyu di limitò ad avvicinarsi al proprio signore pronto a coprirgli le spalle. Il loro intervento non fu però necessario, dal momento che, con grande stupore dei presenti, fu lo stesso Levin ad atterrare il proprio compagno portandosi alle sue spalle con la super velocità e colpendolo alla nuca con l’elsa della spada. “La sua rapidità è notevole…” constatò Pai Ku Han. “Ahia! Ma… Levin! Sei impazzito o cosa?” chiese il guerriero del Limbo mentre si rialzava massaggiandosi la testa “Se qui c’è qualcuno che non ragiona quello sei tu, Zarek! A che scopo aggredire Kaiohshin? Tutto quello che otterresti sarebbe confermare il nostro essere indegni del Paradiso! Di certo li non aggrediscono chi non ha cattive intenzioni! Vuoi forse che ci mandino tutti all’inferno?” chiese con tono duro Levin. Zarek, rimase in silenzio, assumendo un’espressione mortificata, limitandosi a tornare al proprio posto. “Ammetto di non avervi particolarmente in simpatia, Kaiohshin… tuttavia il compito di testare la legittimità delle vostre pretese di raggiungere la dimensione demoniaca non spetta a noi… bensì ai guardiani, e non si aspetti che loro non opporranno resistenza! Il permettere a chicchessia di passare è unicamente a loro discrezione, pertanto per voi lo scontro è solo rimandato… in quanto sarete obbligati a sconfiggere quei cinque, potentissimi guerrieri se vorrete giungere a destinazione” spiegò Levin. Kaiohshin annuì “Ne ero consapevole sin da prima di giungere qui! Comunque lodo la tua saggezza Levin… sei una persona di buon senso”. Levin non rispose, e si limitò con un cenno a far aprire la folla in modo che Kaiohshin, Pai Ku Han, Darbula e Zeneyu potessero passare. I quattro passarono lasciandosi alle spalle quella zona del Limbo trovandosi ad attraversare un canyon. “Beh… è andata meglio di quanto pensassimo!” constatò Pai Ku Han. “Io davo per scontato che avremmo dovuto combattere!” aggiunse Darbula. “Ragazzi… dovete capire che la gente che abita questo luogo non è cattiva… hanno solamente commesso degli errori gravi… ma se fossero stati malvagi li avrebbero mandati all’inferno” spiegò Kaiohshin.
    Nel frattempo, in una piccola roccaforte ubicata tra il quarto e il quinto portale, ad alcuni dei guardiani non era sfuggito il fatto che Kaiohshin e gli altri si fossero mossi in direzione dei portali, e che, pertanto, si profilasse per loro l’eventualità di combattere. Al centro della sala principale, stava seduto su un trono di pietra colui che probabilmente era a capo dei guardiani medesimi. Il fatto che il Limbo non fosse illuminato da dei veri e propri astri faceva si che all’interno dell’edificio tutto fosse in penombra, e di tutti coloro che si trovavano a parlare non sarebbe stato possibile scorgere altro che l’ombra. La figura più difficile da distinguere era proprio quella seduta sul trono, in quanto, oltre a essere in penombra, era anche avvolto da una fitta coltre di fumo, generata dal grosso sigaro che esso stava fumando. Malgrado avesse quel vizio, aveva un fisico visibilmente ben curato e perfettamente sano, che lasciava chiaramente intendere come si trattasse certamente di un guerriero. Era completamente vestito di nero, e nell’oscurità della stanza si vedevano di lui solo le proprie pupille di un lucente giallo oro e il rosso bruciante del sigaro. “Ananke…” lo chiamò una donna, anch’essa avvolta nella penombra, probabilmente una guardiana come lui. Ananke volse lo sguardo verso di lei senza proferire parola, limitandosi ad ascoltare quanto essa aveva da dire. “Mi sono informata in merito all’identità di coloro che si stanno recando qui… e sembra che si tratti di Kaiohshin con alcuni dei suoi uomini” disse la donna. Ananke si accigliò leggermente, limitandosi a soffiare fuori dalla bocca una densa nuvola di fumo, dunque si voltò lentamente dall’altra parte. “Kaiohshin eh? Mi domando cosa ci voglia andare a fare un simile damerino nella dimensione demoniaca! Probabilmente pensa si tratti di qualcosa di divertente… gli dei… sono sempre convinti di poter fare quello che vogliono senza pagarne le conseguenze! La loro spocchia boriosa è irritante… ma se pensa di trovare il tappeto rosso, beh si prepari a ben altra accoglienza!” disse Ananke con tono che sembrava infastidito. In realtà Ananke aveva un carattere non propriamente mansueto, dunque sembrava che, in realtà, ogni cosa al mondo gli desse fastidio. Seguirono alcuni istanti di silenzio, poi disse “ Beh… in ogni caso ci penserà Daimasko a sistemarli tutti… e come al solito non dovrò combattere nemmeno stavolta”. “Non dirlo come se ti dispiacesse, vecchiaccio! Alla tua età è meglio che ti riposi!” disse la voce di un altro guerriero con tono volutamente provocatorio. Ananke si voltò di scatto verso colui che aveva parlato “Sei il solito maledetto insolente! Secondo me il fatto che io ti abbia nominato guardiano del quarto portale malgrado tu sia giunto qui da pochissimo tempo rispetto agli altri ti ha portato un po’ a montarti la testa! Maledetta scimmia!” imprecò Ananke. La figura chiamata in causa assunse un’espressione divertita, o almeno questo si poteva intuire dal taglio che avevano preso i suoi occhi. Non c’era che dire: gli piaceva troppo stuzzicarlo! Al fianco di questi apparve un’altra ombra. Sembrava essere in rapporto molto intimo con colui a cui Ananke si era rivolto. Il suo modo di appoggiarsi a lui, quasi strusciandosi non faceva nulla per celare la loro natura di amanti. “Beh, Ananke… se lo hai fatto è unicamente perché Bardack è il migliore! Noi saiyan siamo molto rapidi nel progredire, e non si può certo dire che, a dispetto del fatto che fosse ritenuto un guerriero di livello inferiore, avesse un potenziale non da poco… del resto la forza di nostro figlio Kakaroth e sotto gli occhi di tutti, per non parlare di Tzukin… Radish purtroppo è stato penalizzato dal fatto di aver vissuto sotto il giogo di Freezer per gran parte della sua esistenza, e questo ha finito col penalizzarlo, poverino!” disse la donna, il cui nome era Mellon, la compagnia di Bardack. Ebbene si, il guardiano del quarto portale altri non era che Bardack, il padre di Goku. Era stata proprio la sua ultima azione in vita a salvarlo dall’inferno, in quanto, essendo venuto a conoscenza del destino del pianeta, avrebbe benissimo potuto fuggire da Vegeta prima che questi venisse distrutto da Freezer. A quel punto sarebbe stato uno scherzo per lui far perdere le proprie tracce nella sterminata galassia. Eppure non lo aveva fatto.

  8. #18
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    Il desiderio di salvare il suo popolo aveva prevalso, e la sua morte era dovuta unicamente ad un atto di eroismo. Ovviamente però, avendo ucciso molte persone (ma mai dei civili innocenti, il che lo aveva messo in una posizione di privilegio rispetto, ad esempio, a Vegeta) non poteva andare essere mandato in Paradiso, pertanto era stato mandato nel Limbo, dove era riuscito a mettere a frutto le proprie doti guerriere al punto da divenire presto il più forte guerriero del luogo dopo Ananke. “Comunque non credo che dovremmo combattere nemmeno noi… del resto nessuno è mai riuscito ad arrivare al quarto portale… colpa della nostra cara Anja che ha sempre battuto i pochi che sono riusciti a raggiungere sino al terzo.” Commentò Bardack. Anja, ovvero la donna che per prima si era rivolta ad Ananke, si rivolse al saiyan e disse “Non capisco come voi saiyan possiate trovare piacere nella lotta… io se fosse possibile eviterei di farlo, ma non posso sfuggire alle mie responsabilità, dunque… se proprio dovessero riuscire a battere Dai-chan e Shadow, beh, li fermerò, come ho sempre fatto” disse la donna. Bardack ridacchiò, più che altro per l’appellativo con cui Anja parlava di Daimasko, di cui era molto amica. Del resto… chiamare Dai-chan un energumeno di quattro metri era quantomeno singolare!
    Nel frattempo Kaiohshin e gli altri erano giunti in un ampio spazio circolare, una vera e propria arena naturale circondata da pareti di roccia. Di fronte a loro stava il primo portale. I quattro non ebbero nemmeno il tempo di chiedersi dove si trovasse il guardiano che la terra sotto di loro cominciò a tremare leggermente. Da una caverna al lato destro del portale uscì un individuo enorme, alto almeno quattro metri e completamente ricoperto di pelo. Era vestito con pelle di animale e si reggeva in piedi come un uomo, sorretto da delle gambe forti e grosse come tronchi d’albero. Era massiccio e imponente, e stringeva nella mano destra un martello di dimensioni colossali, che però reggeva senza alcuno sforzo. Il suo viso era quello di una bestia, con gli occhi neri dall’espressione minacciosa, con delle corte zanne nella parte inferiore della dentatura, simili a quelle di un cinghiale. “Sei tu il guardiano di questo portale?” chiese Kaiohshin. “Si! Sono io!” rispose “Il mio nome è Daimasko! E vi voglio dare un consiglio… voltatevi e andate via!”. “Modera il linguaggio, bestione! Stai parlando con…” abbozzò Darbula. “So benissimo di chi si tratta! Lei è Kaiohshin il Superiore… ma questo non cambia le cose! Non le permetterò di passare… a costo di arrestare il vostro incedere attraverso la rottura delle vostre gambe!” tuonò Daimasko con tono minaccioso. Kaiohshin non si fece intimidire e mosse un passo in avanti “Questa suona come una sfida… bene! In questo caso ti batterai con me!” asserì la divinità. “Posso aiutarla se vuole” si offrì Pai Ku Han. Kaiohshin scosse la testa “Non sarebbe giusto… lui è da solo… pertanto preferisco affrontarlo uno contro uno! E per favore, finiscila di essere così apprensivo! Non è che non me la sappia cavare proprio per niente, eh!” disse con un sorriso Kaiohshin. Quindi si voltò nuovamente verso Daimasko mettendosi in posizione di guardia. “Molto bene! Possiamo cominciare!”.

  9. #19
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    EPISODIO 112: IL MALE CHE E’ IN ME

    “Dove mi trovo?” pensò Piccolo “E soprattutto… perché?”. Tutto quello che il namekiano ricordava era di essere stato colpito da Arier allo scopo di rompere la stasi tra i propri due ki all’interno del proprio corpo, e ora si ritrovava in tutto altro posto. Lo smarrimento era tale da impedirgli di riconoscere un luogo a lui sin troppo familiare, ma la cui vista lo sconcertò ulteriormente. Era il Palazzo di Dio. “Non può essere! Questo edificio non dovrebbe più esistere! E’ stato distrutto durante la battaglia contro gli uomini di Cooler! Eppure sembra in condizioni perfette!” pensò Piccolo. Il namekiano sollevò lo sguardo al cielo… e ulteriore confusione iniziò ad aleggiare nella sua mente. Era un cielo verde chiaro, del tutto diverso da quello azzurro tipico della Terra. Allo stesso modo del palazzo, anche quel cielo risultava sin troppo familiare a Piccolo. L’alieno corse ad affacciarsi ai bordi della reggia e vide come i sui sospetti fossero fondati. Malgrado questo, la cosa non poté che lasciarlo incredulo. Quelle case, quegli isolotti e quegli sconfinati specchi d’acqua erano assolutamente inconfondibili. “Namek? Che significa?” si chiese Piccolo scuotendo la testa come a volersi liberare da un’illusione. Quanto aveva di fronte agli occhi era del tutto privo di senso. Un rinato Palazzo di Dio che si affacciava su quello che aveva tutta l’aria di essere Namek. “Il tuo smarrimento è comprensibile!” disse una voce che fece sussultare Piccolo. Allo scandire di quelle parole il cielo venne seduta stante ricoperto da nuvole blu scuro, che lo oscurarono completamente. “Questa è la tua mente, Piccolo! E’ dunque ovvio che essa assuma la fisionomia dei luoghi maggiormente radicati nella tua memoria!” spiegò la voce misteriosa. “Tu sei… padre!” esclamò Piccolo. “Vedo che almeno la mia voce te la ricordi… indegno figlio! In compenso ti sei totalmente scordato quanto questa voce ti disse il giorno stesso in cui sei nato!” rispose la voce. In quell’istante, sospeso in aria, con le braccia incrociate apparve la figura di Piccolo Daimao (per distinguerlo da Piccolo da questo momento lo chiameremo solamente “Daimao” NdAutore), il padre di Piccolo ucciso da un giovanissimo Goku decenni prima. Aveva, tuttavia, qualcosa di diverso: sia il vestiario che la pelle erano di un uniforme colore nero… era come avere di fronte un’ombra. “Cosa significa? Che ci fai tu qui?” chiese Piccolo. “Non me ne sono mai andato… anche se, effettivamente, avrei preferito sparire per sempre, piuttosto che rendermi conto dell’aborto che ti sei rivelato! Tu sei il contrario di tutto quello che io speravo che fossi! Avresti dovuto uccidere Goku e sottomettere il pianeta! E invece… Guarda cosa sei diventato! Sei un errore!” spiegò con disprezzo Daimao. Piccolo non si fece toccare dalle parole del padre, tali frasi non potevano certo sorprenderlo “E ne sono felice! A differenza tua io ho saputo riconoscere i miei sbagli, e ho avuto l’umiltà di tornare sui miei passi! Comunque è totalmente inutile che tu te la prenda con me! Non te l’ho chiesto io di generarmi! L’errore è stato tuo! La colpa è unicamente tua! Pertanto, ti sarei grato se mi lasciassi in pace, per sempre!” rispose il namekiano. “E’ vero… l’errore è stato mio! Un errore a cui finalmente, dopo anni in cui sono stato relegato nei meandri più remoti della tua persona, succube impotente della tua volontà, mi trovo nelle condizioni di poter correggere!” disse Daimao. “Spiegati!” lo esortò irritato Piccolo. “Quello che tu ti trovi ad essere in questo momento è la quintessenza del Ki che, a tuo modo di vedere, è quello positivo… mentre il ki demoniaco è concentrato in me! Attraverso la condensazione della tua originaria essenza di demone ho potuto assumere forma concreta al tuo interno! Questa è una battaglia tra l’essenza del dio della Terra radicata in te, e quella di demone che io rappresento! Sarà questo scontro a stabilire quale delle due nature avrà il sopravvento! Quindi, eliminandoti, tornerò finalmente a nuova vita con una potenza illimitata, e potrò riprendere da dove avevo interrotto il piano che, scioccamente, mi ero illuso potessi perseguire tu! Sto parlando della sottomissione non solo della Terra, ma dell’intera galassia! Io e la mia schiera di demoni assoggetteremo le quattro galassie trasformandole in un universo di oscurità! Nessuno potrà fermarci stavolta! Nemmeno Goku!” esclamò Daimao lasciando chiaramente trasparire il proprio entusiasmo con gesti enfatici e con un tono di voce esaltato. Piccolo rimase sorpreso: quando era stato messo in guardia da Arier sul fatto che sarebbe stato chiamato ad una lotta interiore per far prevalere il bene in lui non pensava certo che avrebbe dovuto combattere concretamente contro la propria parte malvagia, che aveva le diaboliche sembianze di suo padre. Piccolo ridacchiò. “Cos’hai da ridere? Sei impazzito forse?” chiese, sorpreso, Daimao. “Hehehe! Sai… mi sento sollevato! Il mio timore più grande era quello di non poter essere arbitro del mio destino! Di dover attendere gli esiti dell’operato di Arier senza poter fare nulla per favorirne un epilogo piuttosto che un altro! E invece è tutto fondamentalmente semplice! Io ti elimino, e fine dei giochi!” disse Piccolo. Daimao scosse la testa con aria divertita, a quanto pare il proprio figlio stava sottovalutando la portata dell’impresa a cui era chiamato. “Tra dire e il fare… c’è di mezzo il mare! Un mare di sangue! Del tuo sangue! “ urlò Daimao espandendo la propria aura di un intenso colore porpora. Piccolo rimase basito “ Che cosa? E’ pazzesco! Mio padre non dovrebbe assolutamente essere così potente! Quando Goku lo uccise la sua forza era molto inferiore a quella di Radish! Adesso invece…” pensò l’alieno, che tutto si aspettava meno che il proprio avversario manifestasse un potere di tale entità. Daimao si lasciò andare ad un ghigno malefico “ Non te lo aspettavi, vero? In questi anni, accrescendo la tua potenza, hai nutrito anche me, che vivevo in te! Io possiedo tutto il potere del tuo Ki demoniaco! A ciò è dovuto il mio colore d’ebano! Alla concentrazione di potere oscuro che ho assimilato in tutti questi anni, e che ora posso utilizzare contro di te! Pertanto dimenticati che battermi possa essere una passeggiata! I nostri poteri sono identici! Tutto dipenderà dall’abilità di chi, tra noi, saprà mettere meglio a frutto le proprie risorse!” disse il diabolico padre di Piccolo, portando indice e medio della mano destra all’altezza della fronte. Piccolo rimase in silenzio. A quanto pare lo scontro assumeva una piega inaspettata, e avere la meglio su suo padre non sarebbe stato affatto semplice come pensava. Daimao iniziò a catalizzare il proprio potere nelle due dita, pronto ad eseguire un colpo che Piccolo riconobbe subito. Oltre alla sua potenza, Daimao era dunque riuscito ad acquisire anche le sue tecniche? “Makankosappo!!!!” urlo Diamao scagliando il proprio attacco perforante contro il figlio. Con grande stupore di Daimao, però, Piccolo si limitò a protendere il palmo della mano innanzi a se, fermando il colpo senza particolari difficoltà. “CHE COSA?” urlò Daimao indietreggiando sconvolto dalla facilità con cui Piccolo si era difeso. “Mi dispiace deluderti, padre… ma il bene e il male dentro di noi non sono affatto in equilibrio! Questo perché, prima di ricongiungermi a Dio, ho assimilato un altro namekiano di nome Nail… e lui era un guerriero di valoroso, e che condivideva con me gli ideali che la mia forma attuale rappresenta! Ed è proprio la sua presenza a far pendere l’ago della bilancia in mio favore! Tu sarai anche forte! Ma io lo sono molto di più!” disse il namekiano per poi sparire con la super velocità per poi riapparire dinanzi al padre e colpirlo con un potente diretto allo stomaco che lo fece piegare in due dal dolore.

  10. #20
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    Quindi eseguì una torsione del corpo centrando in pieno il genitore con un calcio rotante in pieno volto scagliandolo all’indietro. Non pago, Piccolo allungò il braccio di molti metri afferrando Daimao per la caviglia, quindi si lasciò cadere dal palazzo di Dio approfittando dello slancio per sbattere il genitore al suolo da un altezza siderale. L’impatto fu violentissimo e Daimao emise un conato di sangue. La sua spina dorsale fu devastata dalla violenza della collisione con il suolo. Piccolo sapeva che il genitore avrebbe potuto ricorrere all’abilità rigenerativa, ma era anche consapevole che gli ci sarebbe voluto qualche istante, un tempo che Piccolo non sarebbe stato disposto a concedergli. Il namekiano concentrò la propria aura nel palmo della mano, pronto a scagliare un colpo dalla potenza micidiale contro il genitore. Daimao sembrava del tutto inerme, e in quelle condizioni subire un colpo di tale potenza gli sarebbe certamente stato fatale. Malgrado la potenza di Daimao, lo scontro tra lui e Piccolo si stava avviando ad un rapido epilogo in favore del figlio. “Non sono ancora finito!” urlò Daimao per poi scagliare un potente raggio di energia dalla bocca contro Piccolo, il quale però non se ne preoccupò, scagliando la propria Barukimaha contro il padre. Le due onde di energia si scontrarono, e subito risultò palese come non ci fosse confronto tra le due potenze: il colpo di Piccolo si dimostrò decisamente più potente e, inesorabilmente, si avvicinava al Daimao, pronto a travolgerlo. “Arrenditi, padre! Ti sono superiore sotto ogni aspetto! Questo scontro non ha senso!” disse Piccolo mentre il suo colpo si apprestava ad abbattersi su Daimao. Ad un tratto però, Piccolo fu colto da un mancamento… sentì le forze abbandonarlo inspiegabilmente per alcuni istanti, sufficienti però per permettere al colpo di Daimao di ribaltare la situazione di svantaggio nei confronti della Barukimaha di Piccolo e sfrecciare contro il namekiano, centrandolo in pieno alla spalla. Piccolo stramazzò al suolo, tenendosi la spalla destra con la mano sinistra. “Ma… cosa è successo?” si domandò Piccolo. Solo in quel momento si accorse come la mano destra stesse assumendo una tinta più scura rispetto al resto del corpo, e lo stesso stava accadendo alla spalla colpita. Era come se Daimao lo avesse avvelenato… ma come? “Hahaha! Stavi dicendo, figliolo?” fece con sarcasmo Daimao rialzandosi. “Che cosa mi hai fatto?” chiese Piccolo furibondo. Daimao sorrise perfidamente “Non ci arrivi? L’essenza che rappresenti è pura luce! E l’oscurità del mio Ki la contamina… la corrompe, inficiandone l’intensità! Hai commesso un grave errore parando il mio Makankosappo prima! Perché sei riuscito si a impedirgli di ferirti, ma non hai potuto evitare ad esso di penetrare attraverso i pori della tua pelle!”. “Devo dunque stare attento a non farmi colpire dai suoi attacchi di energia…” pensò Piccolo, che si rese conto come ciò rappresentasse un’ulteriore complicazione nel proseguo dello scontro. “Oramai sei spacciato! La negatività del mio Ki ti consumerà come un morbo, fino a quando la tua forza non sarà del tutto convertita in essenza demoniaca, che a quel punto potrò far mia assimilandoti completamente! E’ solo questione di tempo! Siccome, però, detesto aspettare… darò un’accelerata alla cosa continuando a colpirti!” disse Daimao per poi scagliarsi contro Piccolo, che nel frattempo si era rialzato. Il namekiano si mise in posizione di guardia, ma si rese subito conto di non riuscire a muoversi come voleva. Come se non bastasse la sua vista era sfuocata, e tutti i suoi sensi si erano notevolmente indeboliti. Si sentiva davvero male… e contrastare suo padre in quelle condizioni sarebbe stato un impresa impossibile. L’attacco di Daimao, infatti, non trovò alcuna opposizione degna di tal nome e i suoi artigli affondarono sul braccio sano di Piccolo, preposto ad una disperata difesa, mentre con l’altra mano affondò le unghie sull’addome del figlio. Dai punti in cui le dita di Daimao erano affondate fuoriusciva un sinistro fumo nero, segno di come, attraverso le ferite, il demone stesse ulteriormente contaminando il corpo del figlio, oramai impossibilitato a difendersi. Era dunque giunto lo scontro all’inevitabile epilogo di un ritorno di Piccolo, alla propria natura demoniaca?

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