Non c’era luce che si irradiasse da quegli occhi, non c’era pietà o amore nel funereo oblio che ora attangliava la sua anima nell’osservarlo in preda all’ebrezza dell’inferno.
Per troppo tempo aveva dormito con i fantasmi degli uomini che lui aveva assassinato,…lui, che era stato tutta la sua vita, il suo amore, la speranza di un futuro,..ed infine l’impronta della perdizione , gelida, atroce, implacabile.
Ed ora soppravvivere sui campi di battaglia dell’odio e dell’amore, soppravvivere cadendo e rialzandosi con la morte nel cuore per essere infine al cospetto di chi ti inchiodò alla vita con la fiamma dell’ossessione.
Non c’erano parole che potesssero dare spiegazioni.
Domande e risposte erano sepolte sotto il fato maledetto che brillava nei loro occhi e solo l’ombra sorda della morte impugnava sia il manico che la lama del coltello.
Immobili, fuori dall’incantesimo del tempo e dello spazio, pietrificati dalla rievocazione di ciò che era stato e che mai più sarebbe tornato.
Lontani dal resto di quel mondo in cui infuriava la guerra.
E il lampo non fu seguito dal tuono quel giorno ma dal rombante fragore delle spade che cozzavano e devastavano, dal rullo dei tamburi che accompagnavano le urla e la ferocia di chi non vedeva altro che il rosso del sangue ed il fuoco e la mutilazione dei corpi, avanzando fintanto che il respiro rieccheggia nel vento e tutto si faceva nero.
Le armate dei Re, ora fortemente compattate in una nuova alleanza, marciavano serrate riversandosi violentemente contro l’ultima torre della valle.
Lì, ove la servile spada si era intinta nel reale sangue trascinando nell’insolente follia il destino di anni di pace, ora si dischiudeva l’alba di una nuova speranza.
Kurtan aveva tradito.
Figlio di re e capo della guardia del Consiglio dei Dodici Domini, aveva venduto corpo e anima a quell’ambizione che prosciuga ogni lacrima, a quell’odio e a quel rancore che nascondono ogni dolore quando è troppo grande per affrontarlo. Persa la mente e perso il cuore cadde nella notte con la tomba che occultava suo figlio e mai più tornarono bianche le ali che un tempo brillavano al sole.
La guerra aveva preso la sua vita, lui avrebbe preso il controllo di ogni altra vita.
I barbari d’oltreconfine fautori della guerra, i ricchi mercanti che incentivavano le faide, quel mondo corrotto che portò gli occhi a chiudersi per non osservare oltre il proprio cuore…forte come un maglio li frantumò.
Ma come un lupo che corre inferocito nella notte si scoprì incapace di arrestare il suo stesso cammino e ben poco passò prima che persino le Dodici sprofondassero in un sepolcro di cenere e macerie.
Ma lungi dal cedere al rovinoso crollo le forze degli ultimi eroi si risollevarono sotto un'unica bandiera alla cui ombra fulgida brillava la corona senza più pace di colei che quel folle re un tempo amava.
Lei non sognava. Il figlio assassinato tra le braccia, l’annientamento nella consapevolezza di quel viso che non avrebbe mai più sorriso,…e la caduta di quell’angelo senza le cui ali non avrebbe più volato.
No, lei non sognava. Artika era morta e quel vuoto riflesso di nulla che si trascinava dietro le speranze di chi ancora lottava in realtà aveva una sola missione: strappare il cuore di quel demone che le aveva rubato l’amore.
E infine giunse il tempo.
E nessuna guerra o spada o freccia avrebbe potuto evitare quell’incontro del destino.
Che cadano i cavalieri! Che crollino le torri e tramontino i regni dell’uomo! Purchè nessuno metta altra mano sulla spada che porrà termine a questa storia!!
E il lampo non fu nuovamente seguito dal tuono ma dalle spade nelle ossa, dalle lame nei due petti e dagli occhi che ora si guardano e perduto il dolore si cercano nel passato e si trovano, labbra sulle labbra, per l’ultimo addio.
(è molto ristretto, lo so. spero vada ugualmente bene e soprattutto che rientri nei termini di consegna.)