Videl non reagì bene: digrignò i denti, si mise a correre furiosamente verso il mezzosangue ed, estraendo dai pantaloni un grosso coltello (coi tempi che correvano, Videl preferiva girare armata) gli balzò addosso. Con un’espressione agguerrita da tigre, Videl puntava la lama al collo del ragazzo. «Ascoltami bene…!» sibilò la ragazza con un tono carico di minaccia. «Chi diavolo sei?! Dimmi tutta la verità, delinquente! Cosa vuoi da me e da mio nonno?! Io non ho mai ammazzato nessuno ma giuro che, se non esci allo scoperto, ti taglio la gola! Rispondi, Gohan: chi sei davvero?!?»
Gohan ebbe un sussulto: era stato colto di sorpresa. «M-ma… io-»
«Niente ma! Le domande le faccio io!» disse Videl in collera, anche se quelle parole erano fuori contesto.
«Anche l’altra volta ti ho visto a bordo di una nuvola gialla sospetta! Che trucco era?? Parla!»
Gohan avrebbe potuto liberarsi dalla presa e dal coltello come e quando voleva, ma preferì stare al gioco: aveva capito che tutta quell’aggressività era figlia della paura e della diffidenza che, in quei tempi così difficili, avevano trasformato una ragazza d’indole vivace in una felina pronta a difendersi con ogni mezzo necessario. Per questo il ragazzo assunse un’espressione seria, sollecitandola a voce bassa e lenta: «Prova a tagliarmi la gola.»
«Cosa?!» replicò la figlia di Satan, senza togliergli la lama di dosso.
«Provaci.» la sfidò ancora, guardandola da sotto, mantenendo l’espressione convinta.
«Sei matto?? Guarda che lo faccio sul serio! Il tuo cadavere resterà qua, abbandonato a sé stesso, e il nonno penserà che te ne sei andato all’improvviso, così come sei venuto… e che ti sei approfittato per due mesi della sua gentilezza, da bravo ingrato!»
«Dai… basta parlare… prova a farmi un taglio… anche leggero.» Videl era titubante: perché la sfidava in quel modo?
«Eppure fino a un minuto fa sembravi così coraggiosa…» sogghignò provocatoriamente Gohan, in un mo-do che ricordava il Piccolo dei momenti migliori. «Se sei così esitante, come pensi di proteggere il signor Belze?»
L’agitazione si impadronì di Videl. Serrò gli occhi e con un colpo netto abbassò il coltello sul collo di Gohan; le mani compirono un gesto avventato senza chiedere il permesso al cervello – perché sapevano che il cervello non glielo avrebbe accordato. Riaprì gli occhi, ed ebbe la seconda sorpresa del giorno. Dopo aver visto Gohan sollevare un dinosauro con la sola forza dei propri muscoli, adesso lo aveva visto resistere ad un tentativo di omicidio; la pelle chiara del suo collo era illesa, anzi: era il coltello ad aver fatto una brutta fine, dato che la lama adesso era piegata da un lato, quasi accartocciata. Gohan le sorrideva benevolo. Videl era troppo sconvolta per reagire. Gohan se la tolse di dosso facendola sedere di lato, poi buttò via il coltello in mezzo all’erba, dicendo: «Questo non ci serve, per parlare.» Poi si rivolse al dinosauro, che aveva assistito a tutta la scena, ben conscio delle capacità sovrumane di Gohan e sapendo che questi non correva alcun pericolo: «Tu per oggi puoi andare via… domani mi aiuterai di nuovo con gli allenamenti. Va bene, amico mio?»
Rimasti soli, seduti sull’erba della collina, Gohan iniziò a parlare a Videl. «Io e te abbiamo bisogno di farci una chiacchierata e chiarirci le idee.» asserì tranquillo. «Voglio che i nostri rapporti siano sinceri e leali, e voglio che la smetti di vedermi come un nemico… so che non sono un tipo normale e tutto di me ti induce a sospettare, e questo non mi piace.» Videl tacque, con le sopracciglia leggermente aggrottate che le conferivano un’espressione del tutto indecifrabile. «Finora non ti ho mai parlato di me per una questione di quieto vivere… anche perché QUALCUNA non me ne dava mai occasione. Ti risulta?» concluse Gohan, sorridendo sempre.
“In effetti…” pensò tra sé la ragazza, tacendo. Ricordava l’ultima volta che il nonno le aveva rimproverato di essere troppo cinica, come tutti i giovani della sua generazione.
«Ascoltami bene, Videl. Quello che ti racconterò ti sembrerà incredibile, ma è la verità…»

Poco dopo, Videl sapeva tutto. Sapeva che Gohan era un Saiyan, anche se solo per metà; lui le aveva mo-strato la nuvola d’oro, la trasformazione in Super Saiyan, il punto del suo didietro da cui una volta fuoriusciva una coda da scimmia; non aveva mentito, Gohan, quando aveva detto che le ferite e fratture erano opera dei cyborg: solo una persona con la sua forza poteva sperare di affrontare i due esseri e sperare di cavarsela a così buon mercato. Ora Videl si sentiva in colpa… per l’eccessivo amore verso la memoria di suo padre, aveva odiato quel ragazzo che invece meritava solo stima, rispetto ed ammi-razione. Per la prima volta in vita sua, le capitava di parlare con una persona e sentire di potersi fidare cie-camente di lui: glielo leggeva negli occhi, specchio del suo animo puro. La nuvola d’oro non sbagliava quando giudicava Gohan degno di cavalcarla, mentre negava a Videl tale possibilità.
«E questo è tutto…» concluse il figlio di Goku, mentre erano nei pressi della cascina di Belze. «Mi potresti fare un favore? Evita di parlarne a chiunque, pure a tuo nonno. Meno persone sanno di me, meglio è… perché quei due cyborg mi odiano. Se non volessi sdebitarmi con tuo nonno aiutandolo con i lavori, vi saluterei subito. Mi spiace avertelo dovuto rivelare…»
«Non scusarti… sono stata io a spingerti a farlo.» rispose ella costernata.
«Beh, cosa c’è? Tutte queste scoperte ti hanno rattristato?» sorrise allora Gohan, fermandosi di colpo coi pugni sui fianchi.
«Ho sbagliato a comportarmi in quel modo con te… ti ho reso la vita difficile per nulla… però…» spiegò Vi-del.
«… però so che non sei una persona cattiva.» affermò Gohan, senza perdere il sorriso rassicurante. «Lo vedo dall’affetto che mostri per tuo nonno. Negli ultimi tempi mi sono accorto di quanto siano cambiate le persone. Non ho mai visto tutto questo egoismo gratuito… o forse ho solo aperto gli occhi rispetto a qualche anno fa.»
«Già… è uno schifo.» assentì Videl. I due si fermarono a qualche centinaio di metri da casa: Gohan sentiva il bisogno di pensare al suo futuro immediato, ora che era guarito – dato che in un mondo così “schifoso” non si poteva certo programmare un futuro che non fosse prossimo. “Cosa devo fare? Mi piacerebbe tornare al monte Paoz… dalla mamma. Probabilmente quel posto è relativamente sicuro: se i cyborg cercavano papà, sarebbero andati direttamente lì, se solo avessero avuto in memoria il nostro indirizzo. Vuol dire che non sapevano dove cercarlo… spero proprio che la mamma stia bene…” Poi gli venne in mente la situazione di Belze. “Mi spiace dirlo, ma al signor Belze ormai non resta molto da vivere: me ne accorgo subito da tanti piccoli segni, come il respiro e la difficoltà a sollevare grossi pesi… anche se lui cerca sempre di nascondercelo. Se non fosse stato per la sua generosità, per un mese e mezzo avrei avuto una vita molto difficile… dunque devo sdebitarmi… stando con loro, regalerò a tutti e due qualche altro momento di maggiore serenità; resterò finché c’è lui, e poi si vedrà.” Queste considerazioni silenziose vennero interrotte da Videl; le sue labbra si sollevarono in un mesto sorriso: «Poi c’è un altro motivo per cui sono triste… facendomi vedere quanto sei forte, mi hai distrutto ogni speranza di miglioramento. Non diventerò mai forte quanto te…»
I due tacquero. «E se ti insegnassi qualcosa io? Potresti imparare qualche tecnica interessante ed allenarti… ti va?»
Fu in quel momento, specchiandosi negli occhi sorridenti di Videl, che Gohan sentì a tutti gli effetti di essere parte della loro famiglia.