Vi ringrazio come al solito per i commenti!
Bene... l'estate è ormai passata e ho preferito aspettare prima di proseguire con la pubblicazione dei capitoli. Se vedo che continuerete a seguire come prima delle vacanze, cercherò di mantenere un ritmo di pubblicazione abbastanza serrato. Intanto, sotto con il cap. 60!

Cap. 60: Sorellina mia.

Sgominare la delinquenza era un proposito meno facilmente attuabile di quanto Videl avesse immaginato, all’inizio della sua avventura. Senza indugi era partita, ispirata dal desiderio di portare la giustizia ovunque. La realtà era che, dovunque ci fosse un uomo un po’ più forte della media, o dotato di un coltellaccio o di una pistola o di un fucile, lì nasceva la prepotenza che, molto spesso, sfociava nella criminalità. L’accordo tra i due amici, Gohan e Videl, era che lui la lasciasse agire da sola, salvo venirle incontro qualora si fosse trovata in schiacciante inferiorità numerica tale da renderle troppo ostico il compito. Ormai Videl aveva imparato che le bastavano due o tre colpi ben assestati per mettere fuori combattimento ogni avversario. Così, la ragazza non si limitava a picchiarli fisicamente: li disarmava; poi, raccolte le armi, le consegnava a qualche autorità locale o qualche amante della giustizia, per dar modo ai giusti e ai deboli di difendersi al meglio. Era la cosa più opportuna da fare: di certo Gohan e Videl non potevano correre da un lato all’altro del pianeta al ripresentarsi di un’emergenza! In tal modo, i due amici avevano assicurato alla giustizia centinaia di delinquenti, aiutando le autorità che solitamente stentavano a svolgere le proprie funzioni.
Senza contare che, giorno per giorno, i cyborg imperversavano senza pietà e senza seguire uno schema pianificato. Gohan non aveva mai smesso di allenarsi severamente, e non avrebbe mai smesso finché non avesse realizzato il suo sogno, che era anche il sogno di tutta l’umanità: la sconfitta dei due cyborg. Solo dopo avere compiuto la sua missione, avrebbe detto addio a quella orribile vita da guerra; avrebbe ripristi-nato la pace e sarebbe tornato alle sue attività quotidiane e allo studio… Nel frattempo continuava a tenersi nascosto dal nemico e a proteggere Videl ogniqualvolta vi era la possibilità che venisse scoperta, in attesa del momento opportuno per infliggere l’attacco finale. Ciò gli era possibile grazie anche alle comunicazioni provenienti dai pochi radiogiornali e telegiornali ancora attivi.
Avevano visto criminali di tutti i tipi: gente che si dedicava alle ruberie, al saccheggio e allo sciacallaggio per disperazione, perché non sapeva come tirare a campare; persone cattive che avevano sempre agito con prepotenza, e che nella rovina dei giusti trovavano il loro habitat naturale; infine, gente abbrutita dai vizi, dall’ozio e dal caos dei tempi. Disgraziati che si procuravano chissà dove mitragliatrici e fucili a canne moz-ze, e non si facevano scrupoli a puntarli contro esseri umani; lottatori più o meno in possesso di una certa tecnica che minacciavano di mettere le mani addosso a chi non si fosse adeguato al loro volere. Videl si trovava a lottare contro un’umanità degradata che era divenuta la feccia di sé stessa; Gohan vegliava su di lei e sugli esseri umani, facendo la sua epica comparsa al bisogno, come una sorta di angelo guerriero, pronto a saettare come un fulmine e a fare da scudo antiproiettile umano all’amica quando questa fosse stata in procinto di beccarsi anche solo una pallottola. Anche la gente da loro difesa rappresentava una fauna variegata: ragazzine e bambini indifesi, donne mature dalla lacrima facile, vecchi rassegnati oppure battaglieri, padri di famiglia, uomini e donne più o meno onesti, più o meno in difficoltà, persone da aiutare in ogni caso…
I due compagni di avventure crescevano insieme e maturavano. Conoscendo le persone, si facevano un’idea più chiara di cosa fosse il mondo e di cosa fosse la vita. Si procuravano da vivere grazie ai frutti della natura e della terra; a volte, quando trovavano un villaggio del tutto abbandonato, prendevano per sé oggetti o cibo che ormai non appartenevano più a nessuno; quando era possibile, qualcuno che bene-ficiava delle loro gesta ricambiava regalando qualcos’altro. Il mondo si andava spopolando: se in quei sei anni trascorsi dalla loro riattivazione 17 e 18 avessero tenuto il conto delle loro vittime, sicuramente avrebbero superato la cifra del miliardo e mezzo di uomini, avviandosi pericolosamente a raggiungere anche i due miliardi.
Videl teneva un diario. Lo compilava soprattutto la sera, dopo che lei e Gohan avevano concluso in santa pace una cena preparata alla bell’e meglio.
Fu proprio una di quelle sere che Videl rivolse una strana domanda a Gohan. Distesa per terra sulla pancia, stava annotando i suoi pensieri sul diario, mentre Gohan leggiucchiava un libro, giusto per passare tempo e distrarsi dai soliti pensieri. «Gohan… ma se io per caso un giorno venissi ammazzata da uno di questi criminali che affrontiamo ogni giorno… sai com’è, un proiettile vagante, una distrazione… ma tu, mi vendicheresti?»
«Sicuramente sarei divorato dal dolore… però sai come la penso: l’idea di uccidere un uomo mi ripugna. Purtroppo sono uno stupido pacifista… è più forte di me.»
«Lo immaginavo! Me l’hai detto altre volte… ci sono solo due persone al mondo che vorresti uccidere, e non hai ancora la forza per riuscirci.» concluse Videl. A quel punto Videl si voltò, con un risolino comprensivo e sommesso, e tornò a scrivere qualche altro pensiero sul diario. Gohan era a conoscenza dell’esistenza del diario di Videl, ma non aveva mai mostrato curiosità di leggerlo per non violare la riservatezza dell’amica.

In un certo spiazzo sterrato nella zona ad Est del grande continente, tre uomini stavano discutendo con trasporto dei programmi per la loro serata. Uno di loro, che aveva tutta l’aria del leader, stava seduto sul retro del loro furgone rubato, con gli sportelli aperti. «Stasera voglio proprio divertirmi! Giunta è l’ora di fumare, bere birra e spinellare... e se è il caso volare nella Città dell’Est e scoparci un paio di puttane!» proclamò solennemente un tizio robusto dai capelli neri a spazzola, la barba mal rasata e un’espressione da furbastro; indossava jeans laceri e una maglietta.
«Bella idea, Garrickle… te lo ricordi che le puttane vogliono anche essere pagate? E che non abbiamo un soldo, te lo ricordi?» ribatté uno dei due scagnozzi, più bassetto e smilzo di lui, dal viso affilato, seduto per terra.
«Tsk… idiota. Siamo maschi… non dobbiamo per forza pagarle, per prenderci quello che vogliamo.» rispose il capo.
Nel frattempo il terzo uomo, somigliante a Garrickle ma più alto e corpulento, mentre lucidava il proprio bazooka, di enormi dimensioni, con una pezza intrisa d’olio, si limitava a commentare con l’acquolina in bocca: «Mmm… puttane.»
Rimasero per un po’ lì ad oziare. Più tardi, il leader invitò gli altri a prendere posto sul loro veicolo. «Diamoci una mossa, stronzi… ce n’è di strada, per arrivare a destinazione.»