Grazie, beddu. :D
Cosa ti è piaciuto in particolare di questo capitolo o dei precedenti? Voglio farmi un'idea dei tuoi gusti. :)
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Grazie, beddu. :D
Cosa ti è piaciuto in particolare di questo capitolo o dei precedenti? Voglio farmi un'idea dei tuoi gusti. :)
In questo capitolo mi è piaciuta la parte i cui Vegeta è sotto controllo mentale e poi disintegra i nemici :D
Degli altri mi è piaciuto il miscuglio che hai fatto tra riflessioni, discussioni e azione allo stato puro
Poi nel capitolo 5 ci sono due tipi di azione hihihihi :D
EDIT: avevo scritto Begeta xD
Capito. :) Tra parentesi, alla tua età non ero ancora così "maliziusu" (per quanto riguarda il corpo a corpo del cap. 5): mi sono guastato successivamente. ;)
Che poi il potere di Peyote non è di controllo mentale, è più che altro un potere allucinogeno (come quello del mescal, il cactus da cui prende in nome la droga mescalina e latecnica del Mescal Effect). Infatti se Peyote avesse potuto controllare la mente di Vegeta, avrebbe manipolato le visioni. Il suo piano era di indebolirlo allucinandolo, e per un po' ha anche funzionato... peccato che poi abbiano preso il sopravvento i due peggiori incubi dell'inconscio Vegeta, Freezer prima e Goku poi! Quindi, arrabbiatosi, Vegeta si è mezzo trasformato e la strategia si è rivelata un fallimento. :D
Praticamente Vegeta finisce per essere come drogato. :cannabis:
Presto comunque sarà pronto un disegnino fatto da me con i tre componenti del Peyote Team. :)
Capito.
Per quanto riguarda la malizia: beh è dovuto a compagnie scolastiche (e extrascolastiche) che diciamo hanno appreso un po' troppo, come dire, precocemente, ecco, certe cose.
In pratica compagni di classe e cugini (anzi cugino) un po' troppo maliziosi :D
Ok, adesso basta raccontare la storia della mia vita, devo stare a cuccia *momento di pazzia, tipico da me xD
Una domanda: quanti capitoli conta questa fan fiction? E mediamente quanto ci stai a scrivere 1 capitolo? Perchè li fai belli lunghetti, ci metterai tanto! :)
Beh, attualmente ne ho già pronti 29, e il numero 30 è in preparazione. Non so dirti a quanti capitoli arriverò, probabilmente supererò i quaranta: ho già in mente la trama per linee generali, ma molti dettagli li "improvviso" capitolo dopo capitolo, o addirittura frase dopo frase. :)
Come ti accennavo in privato, mi trovo in una situazione particolare per cui al momento ho tempo da dedicare a queste cose frivole... Quindi non ho un tempo preciso di "stesura del capitolo". Non sono abituato a passare ore ed ore davanti a Word a scrivere pagine su pagine, quindi non potrei fare la somma. Poi considera che, prima di scrivere ogni capitolo, molte idee mi vengono mentre sono dedito ad altri pensieri. Mi dico "Ah, questa cosa ce la devo mettere perchè è bella, o ci sta bene, o fa ridere", per cui mi annoto i suggerimenti che mi vengono in mente (semplici spunti, o intere battute, dialoghi o scene), per poi riutilizzarli un po' di tempo dopo, quando mi servono, al momento opportuno. Diciamo che, se mi impegno, riesco a fare due capitoli a settimana. :)
Wow, 29 capitoli sono davvero un bel po'! I miei complimenti!
Beh, attendo un tuo post con il successivo capitolo :)
Beh, allora lo metto ora stesso. Con questo capitolo, recuperiamo un po' di personaggi che avevamo perso di vista per seguire Vegeta nello spazio profondo. :)
Cap. 9 – Intermezzo II: In attesa dell'eroe.
Erano passati ormai diversi mesi, ed era inevitabile che Gohan si chiedesse quando avrebbe rivisto suo padre. Frequentemente il piccolo mezzo Saiyan si trovava a ripensare agli ultimi momenti trascorsi insieme al genitore; la speranza non lo abbandonava, anche se lo spazio nascondeva chissà quanti pericoli. Goku se la sarebbe cavata, sarebbe riuscito a ritornare... lui ci riusciva sempre, e forse era quello il più grande dei suoi poteri. “Conosco troppo bene papà; tornerà di sicuro.” Certo! Però quell'assenza non gli faceva piacere.
Il giorno in cui Gohan aveva fatto ritorno a casa e aveva raccontato tutto alla mamma, lei aveva pianto tanto, e Gohan non capiva se quelle fossero lacrime di gioia per aver riavuto finalmente il figlio a casa tutto per sé, o di tristezza perché il papà era sperduto chissà dove nello spazio infinito. Ripensandoci, poteva benissimo essere che piangesse per entrambi i motivi. Eh, le mamme... non è mica facile capirle.
Chichi non aveva impiegato molto tempo a chiudere il rubinetto delle lacrime e a riacquistare la determinazione di sempre. Era una donna forte e testarda, forse l'unico tipo di donna disposta ad accettare un marito che, genuinamente buono quanto si vuole, dava tanta importanza alla lotta da aver seguito uno stile di vita... alternativo, se vogliamo. A pensarci bene, dal punto di vista di Chichi, Goku era una strana ed eccezionale miscela di altruismo ed egoismo: come interpretare la personalità di uno che prima salva la galassia e poi si prende un periodo sabbatico senza farsi più sentire dalla famiglia?
Su una cosa Chichi non voleva sentire ragioni: la carriera studentesca di Gohan. Chichi non aveva nemmeno dovuto insistere su questo punto. Infatti Gohan si era subito sottomesso con la coda fra le gambe alla volontà della madre, complice anche il senso di colpa, a causa dei compiti che avrebbe dovuto fare durante la spedizione su Namecc, e che aveva colpevolmente trascurato. Poco tempo dopo, però, aveva deciso di rilanciare: non accettava più di essere passivo. Il desiderio vibrante di libertà traspariva dal suo look. Da quando i capelli gli erano ricresciuti, quella ridicola capigliatura da funghetto damerino era stata soppiantata da tante ciocche selvagge e disordinate, come era già capitato in quell'anno di vita selvatica trascorso con Piccolo. Gohan si preferiva nettamente così, e non aveva voglia di farsi portare nuovamente dal barbiere per ripetere lo scempio dell'ultima volta. Sua mamma non poteva pretendere che un bambino rinunciasse agli aspetti divertenti della vita, così alla fine era riuscito a strapparle un compromesso, concedendogli il permesso di godersi alcune ore al giorno di riposo, e qualche giorno di svago ogni tanto. Gohan trascorreva i suoi momenti liberi in maniera del tutto innocente: gli piaceva leggere libri di narrativa, giocare e fare esplorazioni per i boschi: quegli stessi boschi dove ogni tanto si perdeva da piccolo, gli ricordavano come Goku andasse ogni volta a cercarlo. In quei mesi, aveva passato molto tempo con il nonno, l'enorme Stregone del Toro, e con Crilin, che in qualche modo era diventato il suo secondo miglior amico; era spesso andato a visitare Dende e la sua gente, almeno finché questi erano rimasti sulla Terra. Chichi confidava che un po' di libertà lo aiutasse a rilassarsi, specialmente in assenza di Goku; sicuramente anche la concentrazione e la produttività ne avrebbero tratto giovamento. Comunque si consolava tra sé: “I namecciani sembrano essere delle brave persone, anche se presto se ne andranno. E poi almeno Crilin è una persona più o meno normale, non un mostro che ha cercato di uccidere mio marito! Come faccia Gohan a trovare simpatico quel maledetto Piccolo, io non lo so! Oh cielo, che fatica crescere mio figlio in questo mondo!” Già, Piccolo... Gohan non aveva mai smesso di volergli bene nonostante sua madre disapprovasse questa amicizia. Piccolo era involontariamente diventato il cruccio di Chichi, nonché frequente oggetto di discussione tra madre e figlio. Del resto, per un bambino di 5-6 anni, un anno è un periodo abbastanza lungo da trascorrere assieme alla stessa persona, ed era inevitabile che lasciasse il segno, visti anche gli eventi che ne erano seguiti. Chichi non poteva far finta che Gohan non fosse affezionato al demone dalla pelle verde, né poteva impedirgli con la forza di scappare a salutarlo e a fargli visita. Gli unici mezzi di cui la povera mamma disperata poteva disporre erano la persuasione e il dialogo, sperando che il figlio accettasse di ragionare. Comunque Gohan, in condizioni normali, continuava ad essere un ragazzino sereno e pacifico; odiava le liti e ripudiava gli atteggiamenti impertinenti nei confronti dei suoi genitori... e di Piccolo, verso il quale era passato da uno stato di iniziale soggezione ad un convinto sentimento di rispetto e devozione. Chichi, però, non era a conoscenza del legame instaurato tra il suo bambino e colui che lei considerava un mostro senza cuore; e se anche ne fosse stata a conoscenza, non lo avrebbe compreso. Qualche volta le sorgeva spontaneo pensare che, una volta tornato Goku, tutto sarebbe tornato alla normalità e avrebbero ripreso a vivere come una famiglia normale: mamma, papà e bambino, niente intrusi, specialmente se assassini. Ma... che affidamento si poteva fare su Goku? Insomma... se il custode di quella sua idea di serenità familiare doveva essere il Son Goku che conosceva lei, chi poteva garantire che Piccolo se ne sarebbe stato alla larga? Era probabile che, in una eventuale disputa, Goku avrebbe indossato i panni dell'avvocato del diavolo... pardon, del demone. E poi c'era quell'altra questione, quella solita mancanza di Goku, quel punto su cui Chichi non era mai riuscita a ottenere soddisfazione da lui...
Ogni volta che si guardava allo specchio, Crilin si rendeva conto che, suo malgrado, non era cambiato quasi per niente in tutti quegli anni. Manteneva quell'aspetto adolescenziale, nonostante il volume della sua muscolatura fosse cresciuto. Eppure, il suo viso era rimasto praticamente identico, e nessuno gli avrebbe mai dato l'età anagrafica che aveva; su Namecc tutti i nemici continuavano a dargli l'epiteto di “moccioso”. Il suo animo era in sintonia col suo aspetto: anche dentro era rimasto il ragazzino un po' smaliziato che si era fatto accogliere alla Kame House corrompendo il maestro Muten con un fagotto di pornazzi; ma restava una persona di animo nobile e premuroso, generoso e volenteroso come pochi al mondo. Lui e Goku avevano stretto un legame indissolubile; Crilin non lo sapeva ma, quando Freezer lo aveva ucciso brutalmente, Goku lo aveva definito “una persona eccezionale”.
Per alterne vicende, aveva accettato di affrontare mostri terribili e completamente fuori dalla sua portata e, anche se la grinta a volte gli mancava, non gli si poteva rimproverare di essere un codardo, al massimo un prudente. Dopo l'esperienza su Namecc, era tornato alla pace, alla serenità e alla spensieratezza. Il guerriero era tornato a sonnecchiare, lasciando che il suo ragazzino interiore potesse di nuovo godere dei momenti di serenità. Forse era questa sua immaturità ad impedirgli di trovarsi una fidanzata. Questa era stata la sua massima aspirazione da quando aveva iniziato a praticare le arti marziali... anche se, fortunatamente, nel corso degli anni era passato da “voler far colpo sulle ragazze” a “voler stare con una ragazza”; il fatto di non esserci riuscito era il suo più grande cruccio.
Crilin e Gohan, con la benedizione di Chichi, avevano preso l'abitudine di andare a pesca insieme. Tutto era iniziato il giorno in cui Crilin era venuto a prenderlo per una delle loro uscite domenicali, portandosi dietro una bella canna da pesca sportiva nuova.
«Cos'è quella, Crilin? A che serve?» chiese con aria curiosa e candida il bambino.
«Ma come? Hai quasi sei anni, vivi in mezzo alla natura e nessuno ti ha mai fatto vedere una canna da pesca?» rimase stupefatto Crilin.
«Non ho mai visto un oggetto simile... ma quindi possiamo andare a pesca con quella?» Il volto del bambino si illuminò di un sorriso entusiasta.
«Certo! Saluta la mamma, che ti porto al lago qua vicino.»
«Sì! Subitissimo!»
Arrivati al lago, Crilin preparò l'amo, infilò l'esca e con un colpo deciso gettò la lenza a una certa distanza dal bordo del lago. Poi invitò il bambino a sedersi, ed egli stesso fece altrettanto.
«E ora che si fa?»
«Beh... ora si aspetta che il pesce abbocchi all'amo... no?» rispose il giovane uomo in leggero imbarazzo, dato che considerava la pesca come un'attività quasi naturale.
«E come ti accorgi se ha abboccato o meno?»
«Perché il pesce che abbocca inizia a strattonare l'amo per portarsi via l'esca... e più gli strattoni sono forti, più il pesce è grosso.»
«Ho capito... Mi sembra un po' noioso...» commentò deluso Gohan.
«Scusa eh... prima di iniziare a scontrarsi con Vegeta, tuo padre ti aveva promesso che, una volta finiti i guai, ti avrebbe portato a pesca... non ti ci aveva mai portato prima?»
«Certo che mi ci ha portato! Però lui utilizzava un sistema diverso.» lo informò Gohan.
«Ah sì?» Crilin si incuriosì. «E come pescava?»
«Con le mani!» affermò Gohan, come se fosse la cosa più semplice del mondo.
«Con le mani?» Crilin pensò che quella fosse un'altra delle bizzarrie del suo migliore amico.
«Sì! Se vuoi ti posso mostrare io come si fa! È come un gioco! Da quando Piccolo mi ha insegnato come usare la mia forza, so farlo anche io!»
«Ok, sono proprio curioso... anche se immagino che questo giochetto farà scappare tutti i pesci del lago!»
«Non preoccuparti! Ne prenderò uno talmente grosso che il filo della tua canna si sarebbe spezzato per via del peso!»
Gohan si spogliò completamente; piegò per bene i suoi vestitini casual sull'erba e, completamente nudo, si tuffò in acqua. Riemerse dopo pochi secondi, sotto lo sguardo attonito di Crilin.
«Brrrrr! Scusami, l'acqua è fredda!»
Crilin scoppiò a ridere: «Ma bravo! E il grosso pesce che ti vantavi tanto di poter catturare con le mani?»
«Te l'ho promesso, e te lo porterò! Sta' a vedere!»
Detto ciò, il piccolo si immerse. Per alcuni lunghi istanti il suo amico non lo vide emergere, ma non si preoccupò perché riusciva a seguirne la traiettoria sotto la superficie dell'acqua, indice del fatto che il piccolo mezzo Saiyan stesse nuotando a gran velocità. A un certo punto si fermò; subito dopo, riemerse sollevando una grossa cupola d'acqua; teneva per la pinna caudale un pesce enorme, molto più grosso di lui. Crilin restò allibito: «Non ci credo... ma come hai fatto?»
«Non è difficile, sono sicuro che ci riusciresti anche tu! Ne insegui uno, lo colpisci alla testa e lo acchiappi! Tutto sta nell'essere più veloci di loro nel nuotare! Ma di questo non dobbiamo preoccuparci!»
«Giusto... non ci avevo pensato».
Gohan depose la preda sul suolo. Crilin gli diede una tovaglia con la quale il bambino si asciugò; poi sedettero sull'erba.
«Quindi è così che Goku pesca?»
«Sì! Prima che sulla Terra arrivasse mio zio Radish, ogni tanto venivamo qui anche con la mamma. Lei però era contraria al fatto che papà si spogliasse completamente in un luogo del genere...»
«In effetti, questo comportamento è degno di Goku!» rise Crilin.
«Però non è stato lui a insegnarmi a pescare... ho imparato da solo quando Piccolo mi allenava. Nel posto dove mi ha lasciato per diversi mesi, dovevo procurarmi da mangiare da solo.»
«Anche fare una cosa simile ad un bambino è degno di Piccolo» osservò Crilin con tono di disapprovazione.
«Non dire così: io lo conosco bene ed è una persona molto gentile, anche se è stato un maestro severo... si aspettava molto da me...»
«Piccolo sarebbe “molto gentile”?» chiese dubbioso il pelato. Non perché considerasse Piccolo un essere malvagio... non più, ora. In più occasioni, aveva dato prova di affidabilità... ma quanto a garbo e cortesia, gli sembrava che lasciasse ancora a desiderare.
«Sì...» rispose Gohan sorridendo; probabilmente, ripensava a qualche scena vissuta all'epoca degli insegnamenti del namecciano. «Crilin... ma secondo te...»
«...mhm?»
« …secondo te, quando tornerà il mio papà?»
«E-ehm.. non saprei...» rispose imbarazzato Crilin che, conoscendo l'imprevedibilità del suo amico, non sapeva sinceramente cosa rispondere per non intristire il bambino. «Anche io spero che torni presto, comunque... saperlo nello spazio non è molto confortante... però può anche darsi che sia in viaggio o che stia per partire a breve!»
«Sì, forse hai ragione tu!» esclamò Gohan risollevato; Crilin era riuscito ad incoraggiarlo.
Gohan era apparentemente così simile a Goku, nella sua natura infantile e sincera, spontanea in tutte le sue manifestazioni. Ciononostante, fin dalla tenera età aveva dimostrato un’indole più calma e, sotto certi aspetti, matura; per non parlare dell'intelligenza di certe sue considerazioni, e della precisione e accuratezza di certi suoi gesti. Chissà – pensò Crilin – forse da grande sarebbe davvero diventato uno studioso, come lui stesso desiderava e come sua madre caldeggiava: era dotato di un intelligenza che a suo padre mancava, al di fuori del combattimento. Fin quando fosse rimasto un bambino, Gohan sarebbe stato quasi uguale al suo genitore che era un adulto, con ben poche speranze di crescere. Il giovane pelato sorrise, pensando a quel tipo di considerazione che nutriva per la maturità del suo migliore amico. Era strano pensare che il bambinone di tutti i giorni era l'eroe delle grandi battaglie, colui su cui tante volte il mondo aveva potuto fare affidamento a buon diritto, colui che per due volte aveva riportato il suo amico Crilin nel mondo dei mortali.
Vegeta era rientrato alla Capsule Corporation, dopo mesi di assenza. La possibilità che Goku fosse tornato sulla Terra si era rivelata un'aspettativa infondata; e così anche l'eventualità di incontrarlo nello spazio profondo.
Il viaggio di ritorno era stato tranquillo. Era durato forse un po' meno dell’andata, con la differenza che questa volta aveva dovuto fermarsi alcune volte per fare provviste alimentari: gli esercizi fisici erano giunti a un livello tale di fatica da richiedergli più calorie, quindi più cibo. Per questo ogni tanto atterrava su qualche pianeta e dava la caccia a qualche animale del luogo, sempre evitando di fare qualche seccante incontro con gli indigeni. L'allenamento proseguiva senza novità; in quel periodo, Vegeta aveva avuto modo di riflettere sull'esperienza di quel viaggio, a cui aveva ormai deciso di porre fine. L’allenamento si era comunque rivelato proficuo, ma – a quanto sembrava - non era stato sufficiente a farlo arrivare al Super Saiyan. Gli mancava ancora qualcosa... sì, ma cosa? Il problema era tutto lì. Davanti al Peyote Team, era riuscito ad attingere per qualche momento al potere di Super Saiyan, e su questo non c'era dubbio. “Maledizione!” pensava fra sé, pestando energicamente un piede sul pavimento dell'astronave. “Quella volta c'ero quasi! O almeno, così pare! Solo che non ricordo proprio nulla di quelle allucinazioni... come avrò fatto ad arrivare alle porte della trasformazione?” Vegeta aveva così scoperto che in lui covava un Super Saiyan; bisognava adesso farlo uscire allo scoperto. Kakaroth aveva confermato che la leggenda era vera, e il Super Saiyan esisteva; adesso Vegeta era pronto a tutto dimostrare che la leggenda era falsa: non uno ogni mille anni; questa volta, ce ne sarebbero stati due. Altro lato positivo della gita: aveva rivisto Kodinya, dopo tanto tempo. Zucchero non guasta bevanda, come dicono i terrestri.
In conclusione, dal punto di vista di Vegeta il viaggio si era rivelato un mezzo fallimento. Non aveva trovato Kakaroth, come del resto sarebbe stato prevedibile: la pianificazione del viaggio era fondata su semplici congetture, nulla gli assicurava il successo delle sue intenzioni e il tragitto si era svolto in maniera totalmente casuale, senza alcuna traccia da seguire. Ma che ci vogliamo fare? Questo è il Principe dei Saiyan: un testone che decide d'impulso, molte volte senza valutare i pro e i contro, e si butta a capofitto anche se sa che il comportamento seguito è quello meno razionale. Spesso bisogna aspettare che un lampo di illuminazione gli faccia capire che sta sbagliando, e quando ciò accade si inalbera e preferisce ritirarsi nella sua solitudine a rimasticare la propria rabbia.
Vegeta, tornato alla solita vita di solitudine alla Capsule Corporation, continuava ad usare l'astronave come sala di allenamento, col permesso del dr. Brief. Del resto, considerava ormai naturale la gravità cento volte superiore a quella terrestre.
Adesso aveva allentato di poco il ritmo: era consapevole che torturare il corpo fino allo sfinimento non lo avrebbe aiutato. Aveva iniziato ad indossare comodi abiti terrestri, nei momenti di relax.
Ovviamente i suoi sentimenti verso i residenti della casa non erano cambiati: lo infastidiva l'idea di frequentarli; provava indifferenza per lo scienziato, mentre gli davano fastidio le chiacchiere delle due donne, del terrestre con le cicatrici, del gattino svolazzante e del porcellino depravato. Meno male che la comunità dei musi verdi se ne era andata via. A Bulma era sorto l'istinto tipicamente femminile di cambiare il carattere di uno degli uomini con cui divideva la casa. Lei e sua madre avevano chiesto a Yamcha, l'altro guerriero di casa, di provare un approccio amichevole col Saiyan, giusto per avvicinarlo; Yamcha accettò, anche se l'idea non lo elettrizzava. Aveva percepito l'aura di Vegeta che si avviava ad uscire dalla dimora e l'aveva raggiunto. «Salve, Vegeta!» salutò affabilmente. «Posso parlarti?»
«Dimmi, ma fai in fretta. Ho da fare.» rispose seccamente.
«Perché non ci alleniamo insieme? Credo che potrei imparare molto da te» propose Yamcha.
«Non mi interessa perdere tempo con te, sei troppo debole e c'è troppa differenza» chiuse rapidamente, e si innalzò in volo. Yamcha lo inseguì, in uno scatto di determinazione. Per Vegeta sarebbe stato facile seminarlo, eppure non lo fece, e lasciò che il terrestre gli si parasse davanti: «Guarda che parlavo sul serio! Perché ti comporti in questo modo?»
«Perché non vai fuori dalle palle? Anche io parlo sul serio» lo parodiò Vegeta, con un ghigno antipatico. Quindi stese il braccio in avanti e sparò una semplice deflagrazione di energia spirituale che, dopo essere passata di striscio accanto al viso sconvolto di Yamcha, andò a schiantarsi ed esplodere oltre la loro vista. «Credo che stavolta tu abbia afferrato il messaggio, seccatore». Da quel giorno, Yamcha desistette da ogni tentativo di instaurare un rapporto col Saiyan.
Vegeta aveva preso anche l'abitudine di uscire per molte ore al giorno per andare ad allenarsi fuori negli strati più elevati dell'atmosfera, dove l'aria era più rarefatta. Riteneva che allenarsi in modo da risparmiare il fiato e regolarizzare il respiro potesse risultargli fruttuoso. Un giorno, mentre levitava negli strati alti dell'atmosfera, sentì a una certa distanza una familiare aura molto potente in movimento, e decise di raggiungerla, per curiosità. Conosceva l'individuo a cui apparteneva l'aura: del resto, aveva già conosciuto tutti gli individui dalla forza decente o almeno appariscente sulla Terra. In particolare, in quel caso di trattava di Piccolo, che in quel momento stava dritto in piedi dandogli le spalle, anche non aveva potuto fare a meno di percepirne la presenza. «Dimmi cosa diavolo vuoi, o sparisci» affermò Piccolo con freddezza, sempre dandogli le spalle.
«Quindi anche tu ti alleni, eh?» chiese Vegeta con un sorriso sarcastico.
«Mi tocca farlo, fino a quando in questo mondo ci sarà un delinquente a piede libero come te».
«Oh, invece immagino che tu sia un santerellino... o sei forse un giustiziere?» ribatté con accento di evidente derisione.
«Non sono un santo, lo so... ma quello che conta di più è che mi basterebbe poco per umiliarti, caro Principe. Lo sai a cosa mi riferisco... Ma sarebbe infantile da parte mia» ghignò Piccolo, consapevole che quella insinuazione gli avrebbe fatto abbassare la cresta.
«Non temere, manca poco... prima o poi lo supererò!» ringhiò Vegeta. Poi, giusto per avere l'ultima parola, chiuse: «Stammi bene, dannato muso verde! E continua così con gli allenamenti... stai andando forte!» e volò via, adirato ma sorridente. Piccolo commentò soddisfatto: «Che immaturo.»