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Quando il più britannico dei film riesce a conquistare critica e pubblico, risultando trasversale nella sua fruizione, polivalente ed emozionante, si può dire di avere di fronte un gran film.
D'altra parte come non apprezzare lo spettacolo delizioso di spaccato di vita umana che si cela dietro l'austerità tutta british di una delle cariche più importanti dell'epoca: l'impaccio, l'insicurezza, la violenza eruttiva improvvisa del parlato iroso di un balbuziente, il passato fatto di soprusi psicologici, il complesso d'inferiorità verso un fratello più spigliato e gagliardo, l'affetto dei cari e la vicinanza della moglie nella sua battaglia minacciata dalla crescente sfiducia. Tutto questo e altro è Bertie, futuro re Giorigo VI, interpretato da un fantastico e giustamente premiato Colin Firth, così meticolosamente calato nella parte faticosa. Hooper è bravissimo nel voler concentrare l'attenzione del pubblico su questo
retroscena che precede le manifestazioni pubbliche, sui preparativi, sulle crisi che minano la fiducia di Bertie. Ma fantastici sono tutti gli altri attori, a partire dalla sempre poco lodata Helena Bonham Carter fino a Geoffrey Rush, vero co-protagonista, magistrale, spalla perfetta di Firth in una coppia da annali.
In tutto poi traspira la sobrietà inglese, dalla fotografia dove dominano il grigio e il nero, la fumosità londinese, la regia è quasi marziale nella sua linearità, lentezza, geometria, l'humour è quello britannico (a tratti wildiano). E inglese è anche il messaggio etico, il senso di appartenenza alla nazione, di unione e responsabilità civile. Fantastico quando poi ad uno dei discorsi pubblici di Hitler, ad un'innocente domanda della bambina che chiedeva cosa stesse dicendo il fuhrer nel suo idioma germanico, Bertie risponde "Non ne ho idea, ma pare che lo dica estremamente bene": ancora una volta, il diritto alla parola, la magnificenza della parola ma anche la sua pericolosità.
Ed è grazie alla parola che Bertie riesce a superare i fantasmi che lo terrorizzavano, ad accettare il proprio ruolo: ha diritto di parlare "perchè lui ha una voce".